Gli oneri del giudice di merito in tema di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari

Uno straniero ricorre in Cassazione in seguito al rigetto delle domande di accertamento del diritto alla protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c , d.lgs. n. 251/2007 e al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il primo motivo è inammissibile, non essendo il ricorrente un apolide. Il secondo motivo, invece, è fondato. Il decreto impugnato non rispetta i principi, già espressi da questa Corte, in tema di diritto alla protezione umanitaria . Ne consegue che in funzione della decisione sulla domanda di concessione ovvero di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari in applicazione dell' art. 5, comma 6, del t.u. immigrazione contenuto nel d.lgs. n. 286/1998 applicabile ratione temporis il giudice di merito deve operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine , in raffronto alla situazione d'integrazione da lui raggiunta in quello di accoglienza tale valutazione comparativa va eseguita attribuendo alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d'origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall' art. 8 della Convenzione EDU , sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell' art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998 , per riconoscere il permesso di soggiorno .

Presidente Meloni Relatore Vannucci Fatti di causa 1. Con il decreto in epigrafe indicato il Tribunale di Bologna rigettò le domande di R.A. di nazionalità marocchina volte a ottenere, rispettivamente, l'accertamento dello status di rifugiato ovvero, in subordine, del diritto alla protezione sussidiaria o, in ulteriore subordine, al rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari. 1.1 Per quanto qui ancora interessa, la motivazione di tale decreto può così essere sintetizzata alla luce del contenuto delle acquisite fonti qualificate di informazione nell'atto specificamente indicate in Marocco non è riscontrabile alcun conflitto armato, con conseguente non sussistenza del vantato diritto alla protezione sussidiaria di cui a al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c neppure meritevole di accoglimento è la domanda di accertamento del diritto al rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, di seguito indicato come t.u. immigrazione in considerazione delle ragioni di carattere economico che hanno indotto il ricorrente a emigrare, non è ravvisabile una sua situazione di persecuzione o di forte discriminazione è vero che egli ha un fratello residente in Italia e che ivi sta svolgendo attività lavorativa da pochi mesi a tempo indeterminato, mentre la pregressa situazione lavorativa in condizione di irregolarità è stata anch'essa descritta in maniera generica, senza alcuna indicazione o specificazione di dettaglio ciò però non sufficiente all'accertamento di tali dritto, non accompagnandosi tali fatti a specifici indicatori di vulnerabilità e di necessità di tutela che sconsiglino, anche solo temporaneamente, il rientro in Patria dello straniero . 2. R.A. chiede la cassazione di tale decreto, nella sola parte dispositiva del rigetto delle domande di accertamento del diritto alla proiezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c , e al rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari, con ricorso contenente due motivi di impugnazione 3. L'intimato Ministero dell'Interno non ha svolto difese. 4. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria con cui sollecita l'accoglimento del secondo motivo di ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce che il decreto impugnato è caratterizzato da omessa valutazione di fatto gli accadimenti caratterizzanti la, temporanea, permanenza di esso ricorrente in Libia, ove aveva la dimora abituale , dopo la sua emigrazione dal Marocco decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti, da conseguente violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c , essendo la Libia caratterizzata, a partire dal 2011, da violenza diffusa conseguente a conflitto armato interno. 2. Il motivo, per come dedotto, è inammissibile sul semplice rilievo che il ricorrente non è un apolide egli ha la cittadinanza del Marocco, Stato da cui emigrò, e non deduce per quale specifica ragione egli dovrebbe essere espulso dall'Italia verso la Libia , con la conseguenza che la sua espulsione dal territorio dello Stato non potrà che essere eseguita verso lo Stato di provenienza. Invero, in funzione dell'accertamento del diritto ai una delle protezioni internazionali cosiddette maggiori , la situazione politica, economica e sociale dello Stato, in cui è transitata la persona che uno di tali diritti vanti, è affatto irrilevante ai fini della decisione, perché, alla luce della disciplina desumibile dal contenuto precettivo dell'art. 2, lett. k , della direttiva CE n. 83 del 2004, dell'art. 3, n. 3, della direttiva UE n. 115 del 2008 e del D.Lgs . n. 251 del 2007, art. 2, lett. n , l'indagine relativa al rischio persecutorio o al danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento allo Stato di origine di tale persona ovvero alla sua dimora abituale ove si tratti di un apolide potendo rilevare la situazione dello Stato di transito nel caso di accordi comunitari ovvero bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale Stato giurisprudenza costante cfr. comunque, per tutte . Cass. n. 2861 del 2018 Cass. n. 31676 del 2018 Cass. n. 10835 del 2020 . Correttamente, pertanto, in funzione dell'accertamento del diritto alla protezione sussidiaria disciplinata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c , il decreto impugnato contiene specifica valutazione fondata sul contenuto dei documenti predisposti dalle fonti qualificate di informazione nel decreto stesso indicate della situazione politica e sociale solo dello Stato di provenienza del ricorrente il Marocco e non di quella dello Stato la Libia in cui egli transitò prima di giungere in Italia. 3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce che il decreto impugnato è caratterizzato da violazione ovvero falsa applicazione dell' art. 5, comma 6, del t.u. immigrazione , non contenendo alcun giudizio di comparazione fra la sua situazione personale in Marocco e il significativo livello di radicamento personale e sociale da lui conseguito in Italia, desumibile dall'esistenza di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, dalla detenzione di immobile per uso di abitazione derivata da rapporto di locazione, dalla presenza in Italia di un suo fratello. 4. In via preliminare, si osserva che, se è vero che con l'entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 , convertito con la L. n. 132 del 2018 , è stata soppressa la disciplina della protezione umanitaria di cui all' art. 5, comma 6, del t.u. immigrazione , è altrettanto vero che le domande relative al diritto in questione, proposte, come quella oggetto della pronuncia recata dalla sentenza impugnata, prima dell'entrata in vigore il 5 ottobre 2018 del citato decreto-legge, sono regolate dalla disciplina legale in vigore al momento della loro presentazione è in tale momento, infatti, che, in tesi, sorge il diritto fatto valere con l'azione giudiziale in questo senso, cfr. Cass. S.U., 13 novembre 2019, n. 29459 . In tema di diritto alla protezione umanitaria, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che a in funzione della decisione su tale domanda il giudice di merito deve operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d'integrazione raggiunta in quello di accoglienza, senza che abbia rilievo l'esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente e astrattamente considerato così, Cass. S.U. n. 29459 del 2019 , cit. b tale valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine e la situazione d'integrazione raggiunta in Italia, va eseguita attribuendo alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d'origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall' art. 8 della Convenzione EDU , sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per riconoscere il permesso di soggiorno in questo senso, cfr. Cass. S.U. n. 24413 del 2021 . Il decreto impugnato non si conforma a tale principio di diritto come del resto evidenziato dal Procuratore Generale , non contenendo alcun effettivo giudizio di comparazione nel senso testè precisato, in quanto a fronte di un significativo livello di integrazione, personale e sociale, del ricorrente in Italia presenza del fratello rapporto di lavoro a tempo indeterminato rapporto di locazione di immobile ad uso di abitazione , pur preso in considerazione, la motivazione fondante la decisione di segno negativo è affidata a mera formula di stile pagg. 4 e 5 del decreto . Il decreto impugnato, nella parte dispositiva del rigetto della domanda del ricorrente di accertamento del vantato diritto alla concessione di permesso di soggiorno per motivi umanitari, è dunque da cassare con rinvio al Tribunale di Bologna che, in diversa composizione, nel decidere su tale domanda dovrà uniformarsi al seguente principio di diritto In funzione della decisione sulla domanda di concessione ovvero di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari in applicazione dell' art. 5, comma 6, del t.u. immigrazione contenuto nel D.Lgs. n. 286 del 1998 applicabile ratione temporis il giudice di merito deve operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d'integrazione da lui raggiunta in quello di accoglienza tale valutazione comparativa va eseguita attribuendo alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d'origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall' art. 8 della Convenzione EDU , sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per riconoscere il permesso di soggiorno . Al giudice di rinvio è anche rimessa la decisione sulla ripartizione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa il decreto impugnato quanto al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, cui rimette anche la decisione relativa alla ripartizione delle spese processuali del giudizio di cassazione.