Accolta l’istanza di risarcimento avanzata da una donna vittima dell’aggressione compiuta ai suoi danni da un cane di un’altra donna. Inequivocabile, secondo i giudici, il fatto che il quadrupede sia stato sottoposto obbligatoriamente a un controllo in epoca successiva all’aggressione.
Sufficiente il riferimento al provvedimento amministrativo con cui è stato ordinato il controllo del cane per certificare l'aggressione compiuta in precedenza dall'animale ai danni di una persona. A dare il la alla vicenda giudiziaria è l'istanza con cui Tizia nome di fantasia chiede a Caia nome di fantasia il risarcimento dei danni derivanti dall' aggressione subita dal suo cane da parte del cane di proprietà di Caia . Per dare forza alla richiesta di ristoro economico, poi, Tizia aggiunge che il proprio cane è deceduto a causa dell'aggressione e che lei stessa è stata morsa ad una mano dal cane di Caia. In primo grado, però, la richiesta di risarcimento viene respinta. Di parere opposto, invece, i giudici di secondo grado, i quali condannano Caia a pagare a Tizia quasi 7mila e 500 euro a titolo di danni personali . Decisivo, secondo i giudici d'Appello, è il dato rappresentato dal provvedimento amministrativo con cui, in epoca successiva all'aggressione subita da Tizia, è stato ordinato a Caia di portare il suo cane ad un controllo . Questo riferimento è inequivocabile e non in discussione, osservano anche i giudici di Cassazione. Ciò significa che va confermato il risarcimento in favore di Tizia. In sostanza, l'aggressione subita da Tizia ha trovato logica conferma nel provvedimento amministrativo che aveva ordinato a Caia di portare il cane ad un controllo , così come previsto dal Regolamento di polizia veterinaria' che prescrive che i cani che hanno morso persone devono essere sottoposti a osservazione domiciliare, se del caso , qualora non presentino sintomi di rabbia .
Presidente Cirillo Relatore Valle Fatto e diritto GI.Mi. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Velletri, G.A.M. chiedendo il risarcimento dei danni derivanti dall'aggressione del suo cane da parte del cane di proprietà della convenuta, lamentando che il proprio cane era deceduto a causa dell'aggressione e che lei stessa era stata morsa ad una mano. Il Tribunale di Velletri, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1028 del 2017, rigettò la domanda. Su impugnazione della GI., la Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 8563 del 31/12/2021, ha riformato la decisione del primo giudice ed ha accolto la domanda, condannando la G. a pagare alla GI. la somma di Euro 7.405,06 a titolo di danni personali e di Euro 750,77 a titolo di esborsi, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza. Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre G.A.M. con un ricorso su sei motivi. Resiste con controricorso GI.Mi La causa è stata avviata a trattazione secondo il rito di cui agli artt. 375 e 380-bis c.p.c La proposta di manifesta inammissibilità, e comunque di manifesta infondatezza del ricorso, è stata ritualmente comunicata. La sola ricorrente ha depositato memoria. I motivi di ricorso censurano la sentenza d'appello per violazione e o falsa applicazione dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 in relazione all' art. 116 c.p.c. , artt. 1176,2043,2236 e 2697 c.c. , artt. 41 e 42 c.p. Il terzo motivo è proposto in via subordinata rispetto al secondo e i motivi quinto e sesto sono proposti in via subordinata, rispettivamente, rispetto al quarto e rispetto al quarto e al quinto. Il quarto e il sesto motivo si riducono a poche righe ciascuno, rispettivamente sette ed otto, e sono manifestamente inammissibili per difetto di specificità, dato che, in particolare, il quarto mezzo si risolve in una petizione di principio e il sesto si limita ad affermare che la Corte territoriale avrebbe errato nell'individuazione del nesso di causalità materiale. I motivi restanti, ossia il primo, il secondo, il terzo e il quinto, si compongono di una serie di richiami di massime di giurisprudenza e contestano, per il resto, in via meramente fattuale, il ragionamento presuntivo della Corte d'Appello di Roma. La sentenza d'appello ricostruisce i fatti sulla base di una deposizione testimoniale de relato e di un provvedimento amministrativo - successivo all'aggressione del molosso della G. ai danni del più piccolo cane della GI. - non impugnato, che aveva ordinato alla G. stessa di portare il cane ad un controllo, ai sensi del D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, art. 86 regolamento di polizia veterinaria , che prescrive che i cani e i gatti che hanno morso persone devono essere sottoposti a osservazione, se del caso domiciliare, qualora non presentino sintomi di rabbia. Il ragionamento presuntivo effettuato dalla Corte d'Appello di Roma nella sentenza impugnata non risulta adeguatamente contestato, sia in quanto nei motivi di ricorso l' art. 2729 c.c. in tema di presunzioni non è neppure richiamato, se non genericamente a mezzo dell' art. 2697 c.c. , sia in quanto Cass. n. 09054 del 21/03/2022 Rv. 664316 - 01 la critica mossa dalla G. si sostanzia in una diversa ricostruzione delle circostanze di fatto o nella prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella applicata dal giudice di merito, e comunque senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma. Il ricorso, pertanto, è rigettato. Le spese di lite seguono l'ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate, in favore della parte controricorrente, valutata l'attività processuale espletata, come da dispositivo, e devono essere distratte in favore dell'avvocato F.C., il quale ha reso la dichiarazione di cui all' art. 93 c.p.c. , comma 1. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, stante il rigetto del ricorso, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo per contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controparte, che liquida in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre C.P.A. e IVA per legge, da distrarsi in favore dell'avvocato F.C. antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.