La prova dell’atto dispositivo nell’azione revocatoria

L’accoglimento della domanda revocatoria, disciplinata dall’art. 2901 c.c. ed avente ad oggetto un atto di cessione dei crediti a terzi, non contempla, quale necessario requisito probatorio, la produzione in giudizio dell’atto di cessione, ma consente il raggiungimento della relativa prova in qualsiasi modo, ivi comprese sia la comunicazione che il cedente faccia ai debitori dell’avvenuta cessione, sia la non contestazione, da parte del convenuto nel giudizio revocatorio.

Con l'ordinanza numero 5736/23, depositata il 24 febbraio 2023, la Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha affrontato una particolare questione inerente la domanda revocatoria , proposta dal creditore per ottenere la dichiarazione di inefficacia degli atti di disposizione sul patrimonio del debitore, che gli rechino pregiudizio. L' art. 2901 c.c. , a tal proposito, esige la sussistenza di due presupposti l'anteriorità dell'atto dispositivo, rispetto al sorgere del credito e la sua onerosità. Il fatto. All'origine dell'intera vicenda processuale c'è un credito nascente da una sentenza penale di condanna al risarcimento per calunnia. Una volta divenuto esecutivo il titolo, la creditrice aveva notificato l'atto di pignoramento a vari soggetti terzi, che erano a loro volta debitori del debitore pignorato. Quest'ultimo, intervenendo nella procedura esecutiva, depositava memoria, con la quale eccepiva la precedente cessione , in favore della propria consorte, di tutti i crediti oggetto del pignoramento , facendo espresso riferimento ad una successiva comunicazione con la quale rendeva edotti i propri debitori della detta cessione, che lo stesso aveva inviato ai suoi debitori, tramite il proprio legale. La creditrice agiva per ottenere la declaratoria di inefficacia dell'atto di cessione , ma la sua domanda veniva rigettata dal giudice di primo grado, sul presupposto del difetto di prova dell'avvenuta cessione, dal momento che, fra gli atti del procedimento, non veniva rinvenuta traccia della comunicazione richiamata dal debitore pignorato. In secondo grado la decisione veniva confermata, ma sulla base di una diversa motivazione, ritenendo che la detta comunicazione non fosse idonea a provare l'atto dispositivo e pertanto, non consentisse di valutare la sussistenza delle condizioni previste dall' art. 2901 c.c. l'anteriorità dell'atto dispositivo al sorgere del credito e la sua onerosità. Avverso tale decisione, la creditrice proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. La prova dell'atto dispositivo di cui si chiede la revoca. La Terza Sezione ha voluto preliminarmente compiere delle necessarie precisazioni, sul rapporto fra l'atto dispositivo e l'azione revocatoria. Essa ha chiarito che la detta azione non presuppone, come condizione indispensabile per l'accoglimento della relativa domanda, la produzione in giudizio dell'atto dispositivo di cui si chiede la revoca . La Corte sottolinea, infatti, che, dal momento che essa è finalizzata alla dichiarazione di inefficacia dell'atto dispositivo, se quest'ultimo risulta provato in altro modo, non sarà necessario produrre in giudizio il documento che lo contiene Cass. civ. numero 5972/2005 . Tale riflessione, applicata al caso di specie, ha condotto la Corte ad affermare che l'accoglimento della domanda revocatoria, disciplinata dall' art. 2901 c.c. ed avente ad oggetto un atto di cessione dei crediti a terzi, non contempla, quale necessario requisito probatorio, la produzione in giudizio dell'atto di cessione, ma consente il raggiungimento della relativa prova in qualsiasi modo, ivi comprese sia la comunicazione che il cedente faccia ai debitori dell'avvenuta cessione, sia la non contestazione, da parte del convenuto nel giudizio revocatorio. Il principio della non contestazione in caso di azione revocatoria. Allo stesso modo, prosegue la Suprema Corte, il fatto che la cessione dei propri crediti, sia un atto negoziale , consente di affermare che, con riferimento alla domanda volta alla sua dichiarazione di inefficacia, essa possa essere considerata anche come fatto costitutivo del diritto azionato. Logica conseguenza di questo assunto è la piena applicabilità del principio della non contestazione , che opera appunto con riferimento ai fatti costitutivi, modificativi e estintivi del diritto azionato Cass. civ. numero 21460/2019 , in relazione ai quali la controparte abbia scelto di adottare una linea difensiva improntata su argomentazioni che non disconoscano tali fatti, finendo anzi per renderli pacificamente acquisiti Cass. civ. numero 23862/2020 .

Presidente Scarano – Relatore Guizzi Fatti di causa 1. M.P. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 1134/19, del 15 marzo 2019, della Corte di Appello di Milano, che - nel rigettarne il gravame esperito avverso l'ordinanza n. 3209/17, del 4 dicembre 2017, del Tribunale di Milano - ha confermato la reiezione domanda ex art. 2901 c.c. , proposta dall'odierna ricorrente per conseguire la declaratoria di inefficacia dell'atto di cessione con il quale, nel maggio 2012, il proprio debitore P.D. cedeva alla di lui moglie, Z.A. , crediti verso terzi, nascenti da sentenza la n. 172/16 resa dalla medesima Corte milanese. 2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di essere creditrice del P. , in forza di titolo costituito dalla sentenza n. 3269/15, del 24 aprile 2015, della Corte di Appello di Milano confermativa della decisione resa dal locale Tribunale n. 2 560/14, del 16 luglio 2014 , che riconosceva il medesimo responsabile del reato di calunnia, condannandolo, tra l'altro, a risarcire - per quanto qui di interesse - il danno e le spese legali alle parti civili costituite, tra le quali, appunto, la predetta M.P. . In forza di detto titolo esecutivo, la M. notificava - tra il 19 febbraio e il 2 marzo 2016 - atto di pignoramento presso terzi, nei riguardi di U.A. , B.A.M. , R.D. e A. , nonché della società omissis S.p.a., tutti debitori del P. , secondo quanto risultante della già indicata sentenza n. 172/16 della Corte ambrosiana. Nel corso di tale procedura esecutiva, il P. depositava memoria - qualificata dal giudice dell'esecuzione come contestazione ex art. 549 c.p.c. - nella quale eccepiva l'intervenuta cessione in favore della moglie Z.A. , in virtù di atto del maggio 2012, dei crediti oggetto del pignoramento, cessione della quale assumeva di aver dato comunicazione, per interposta persona, ai debitori ceduti, in data 8 febbraio 2016 ovvero, sottolinea la ricorrente, appena tre giorni dopo che un primo atto di precetto, da essa notificato al P. , era stato dallo stesso ricevuto . Orbene, per la declaratoria di inefficacia di tale atto di cessione ha agito in giudizio la M. , ex art. 702-bis c.p.c. . Il primo giudice, non ritenendo necessaria alcuna attività istruttoria, pronunciava - nella contumacia della Z. - il rigetto della domanda, sul rilievo del difetto di prova dell'avvenuta cessione, in ragione del mancato rinvenimento tra gli atti di causa della comunicazione dell'8 febbraio 2016. Esperito gravame dall'attrice soccombente, il giudice di appello lo respingeva, ma sulla base di diversa motivazione, ritenendo, infatti, che quel documento non fosse l'atto di cessione, ma solo la comunicazione con la quale il cedente comunica al legale dei debitori ceduti l'avvenuta cessione , e dunque, come tale, non idoneo a provare il revocando atto dispositivo, ritenuto presupposto indispensabile ai fini di valutare la sussistenza delle condizioni previste dall' art. 2901 c.c., comma 1 , nn. 1 e 2 , ossia l'anteriorità al sorgere del credito e l'onerosità dello stesso . 3. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, il P. peraltro, indicando dello stesso, erroneamente, il numero di ruolo generale del presente giudizio come RG 15159/19 e non come 15591/19 , chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. 4. È rimasta solo intimata la Z. . 5. Questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 14 settembre 2021, n. 24707, rilevato che il controricorrente P. - in ragione dell'errore di cui sopra - non aveva ricevuto comunicazione dell'adunanza camerale fissata per il 7 maggio 2021, ha disposto rinvio del giudizio a nuovo ruolo. 6. In data 20 dicembre 2022 è stata effettuata la rinnovata trattazione del ricorso, ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c 7. La ricorrente ha presentato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni. Ragioni della decisione 8. Il ricorso va accolto, per le ragioni di seguito illustrate. 8.1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell' art. 115 c.p.c. e degli artt. 2901 , 2697 e 1264 c.c. . Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto indispensabile la produzione dell'atto di cessione distinto dalla sua comunicazione ai debitori ceduti , quale presupposto per l'esercizio dell'azione revocatoria, reputando, inoltre, non idonea a provare l'avvenuta cessione neppure la mancata contestazione della stessa da parte del P. . Quanto al primo profilo, la ricorrente evidenzia che - secondo la giurisprudenza della Corte - la produzione dell'atto revocando non costituisce presupposto dell'azione ex art. 2901 c.c. , non occorrendo, per provarne l'esistenza, la produzione del documento che lo contiene, potendo tale prova raggiungersi in altro modo, sicché del tutto idonea a tale scopo avrebbe dovuto ritenersi la comunicazione fatta dal creditore cedente - per interposta persona, ovvero attraverso il loro legale - ai debitori ceduti. Una conclusione, questa, non solo conforme alla natura consensuale della cessione, negozio, oltretutto, non formale, ma anche alla previsione dell' art. 1264 c.c. , e ciò sul piano logico, prima ancora che giuridico. Difatti, se la comunicazione data al debitore ceduto vale a rendergli la stessa opponibile nonché a risolvere eventuali conflitti tra più terzi cessionari , non si comprende perché si debba pretendere, invece, per l'efficacia - o meglio, per la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c. - verso il creditore del cedente, che agisca in revocatoria, una forza maggiore di quella necessaria per l'efficacia della cessione verso il debitore ceduto . In ogni caso, anche ad ammettere che la comunicazione dell'8 febbraio 2016 non fosse idonea a provare l'avvenuta cessione, la mancata contestazione della stessa, in giudizio, da parte del P. giacché il medesimo, nel costituirsi in giudizio, ha concluso affinché l'adito giudicante dichiarasse che la cessione del credito è intervenuta senza che il cedente e i cessionari - recte, la cessionaria Z. - potessero immaginare alcun pregiudizio per la M. , avrebbe determinato la cd. relevatio ab onere probandi . Errata, dunque, sarebbe la sentenza impugnata pure nel punto in cui esclude l'operatività del principio di non contestazione, sul presupposto che la cessione non è un fatto, bensì un atto giuridico che ha valore di elemento costitutivo dell'azione promossa , 8.2. Con il secondo motivo è denunciata sia violazione e falsa applicazione dell' art. 115 c.p.c. e degli artt. 2901 e 2697 c.c. , sia omessa valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si censura la sentenza per aver ritenuto necessaria la produzione dell'atto di cessione ai fini della valutazione dell'onerosità della stessa e della sua anteriorità al sorgere del credito e ciò anche con riferimento alla cessione di crediti futuri , ponendo, inoltre, a carico dell'attrice in revocatoria la prova sia dell'onerosità della cessione, che dell'anteriorità del suo credito rispetto all'atto revocando. In relazione a questo secondo profilo, la ricorrente - sul presupposto che la cessione ha riguardato crediti spettanti al P. in forza di sentenza intervenuta solo nell'anno 2016, mentre dalla comunicazione dell'avvenuta cessione comunicazione risalente al febbraio di quello stesso anno risulta che l'atto dispositivo in questione fu compiuto nel maggio 2012 - deduce che la cessione non poteva che investire crediti futuri. Di conseguenza, nella valutazione dell'anteriorità - o meno - dell'atto di cessione rispetto al credito dell'attrice in revocatoria, la Corte territoriale avrebbe dovuto avere riguardo, non già al momento perfezionativo della cessione, bensì a quello dell'efficacia verso i debitori ceduti, dando rilievo alla comunicazione agli stessi dell'avvenuta cessione. In ogni caso, anche a ritenere rilevante il momento del perfezionamento della cessione maggio 2012 , la ricorrente evidenzia che il giudice non avrebbe potuto dubitare dell'anteriorità del credito di essa M. , visto che esso ha tratto titolo da una prima sentenza provvisoriamente esecutiva, risalente all'anno 2011 e pronunciata all'esito di un giudizio penale incardinato nell'anno 2007. In merito, invece, all'altro profilo, quello del difetto di prova dell'onerosità o gratuità della cessione, la ricorrente assume che, in mancanza di maggiori indicazioni ricavabili dalla già più volte citata comunicazione dell'8 febbraio 2016, la cessione deve presumersi gratuita, giacché, ai fini e agli effetti della revocatoria, è prevista una sola presunzione di onerosità dell'atto dispositivo, ovvero quella di cui all' art. 2901 c.c., comma 3 . Comunque, anche ad ammettere la ricorrenza di una cessione onerosa, la Corte territoriale, nell'ipotesi che occupa, avrebbe dovuto ritenere comunque provata la scientia damni della cessionaria, in ragione del suo rapporto di coniugio con il cedente, oltre che sulla base di una serie di ulteriori circostanze delle quali non ha, invece, operato alcuna valutazione donde, allora, anche la censura di omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio . In particolare, la sentenza impugnata avrebbe dovuto attribuire rilievo al coinvolgimento della Z. in altre iniziative giudiziarie a catena contro l'odierna ricorrente, alla sua partecipazione ad altre cessioni di analogo tenore, al contenuto dei precetti azionati dalla cessionaria verso i debitori ceduti recando essi riferimenti alle precedenti vicende intercorse tra il marito e la M. , alla coincidenza del procuratore legale di cedente e cessionaria e, soprattutto, alla pervicacia della donna nell'avviare l'azione esecutiva verso i debitori ceduti, quantunque il legale degli stessi l'avesse avvertita dell'avvenuta assegnazione proprio alla M. , in sede esecutiva, del credito oggetto di cessione. 8.2.1. I due motivi - da scrutinare congiuntamente, data la loro connessione - sono fondati, per quanto di ragione. Fondata è, innanzitutto, la censura con cui la ricorrente lamenta l'erroneità dell'affermazione della Corte territoriale, che individua quale presupposto dell'azione revocatoria la produzione dell'atto dispositivo revocando . Invero, come correttamente osserva la M. , questa Corte, sul presupposto che oggetto dell'azione ex art. 2901 c.c. , è solo la dichiarazione di inefficacia di un atto di disposizione patrimoniale , ha affermato che se detto atto risulta provato in altro modo non vi è necessità della produzione del documento che lo contiene così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 18 marzo 2005, n. 5972 . La Corte territoriale, dunque, non avrebbe dovuto negare rilievo, quale prova dell'avvenuta cessione, alla comunicazione inviata dal cedente - per interposta persona, ovvero tramite il loro legale – ai debitori ceduti, attribuendo rilevo, inoltre, nella medesima prospettiva, anche al comportamento di non contestazione della circostanza ad opera del convenuto costituito nel giudizio ex art. 2901 c.c. . Invero, la circostanza - enfatizzata dalla sentenza impugnata che la cessione sia un atto giuridico o meglio, un atto negoziale , non esclude che, in relazione alla domanda ex art. 2901 c.c. , proposta per la sua declaratoria d'inefficacia, essa rilievi pure come fatto costitutivo del diritto azionato in giudizio. Ne consegue, allora, la piena applicabilità del principio di non contestazione, se è vero che esso opera rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato da ultimo, Cass. Sez. Lav., sent. 18 agosto 2019, n, 21460 , Rv. 654812-01 , ed in relazione a quei casi in l'altra parte abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento dei fatti medesimi , sicché essi addirittura possono considerarsi pacifici così, da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 29 ottobre 2020, n. 23862 , Rv. 659532-01 . Tale è, appunto, l'evenienza che ricorre nel caso che occupa, visto che il P. ha impostato la propria linea difensiva non sulla contestazione della cessione, bensì sull'argomento che cedente e cessionaria non potessero immaginare alcun pregiudizio per la M. . D'altra parte, il rilievo da attribuire, nella specie, alla non contestazione, ha come conseguenza che il momento del perfezionamento della cessione deve identificarsi - sempre in forza dell'applicazione dell' art. 115 c.p.c. - nel maggio 2012, ciò che rivela, vieppiù, l'erroneità dell'affermazione della Corte territoriale circa l'impossibilità di ravvisare se l'atto dispositivo revocando fosse anteriore o successivo all'insorgenza del credito dell'attore in revocatoria. Premesso, infatti, che tale valutazione deve compiersi avendo riguardo all'eventuale anteriorità del credito dell'attore in revocatoria rispetto al compimento della cessione, perché tale è il momento in cui cedente e cessionario impegnano la propria sfera giuridica del resto, la cessione è negozio bilaterale e non trilaterale, nel quale la comunicazione al debitore ceduto non rileva ai fini del perfezionamento dell'atto, ma al solo fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento effettuato dal debitore in favore del cedente, nonché di risolvere l'eventuale conflitto tra più cessionari dello stesso credito cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 19 febbraio 2019, n. 4713 , Rv. 652988-01 , nella specie, una volta individuata anche sulla scorta della non contestazione del convenuto costituito, la data dell'avvenuta cessione, il giudice disponeva di tutti gli elementi per ritenere il credito della M. anteriore all'atto di cessione. Invero, posto che il credito de quo viene indicato come risultante da una sentenza penale che ha ritenuto il P. responsabile del delitto di calunnia condannandolo anche a risarcire il danno cagionato alla parte civile costituita, ovvero alla predetta M.P. , la sua insorgenza, nascendo tale credito risarcitorio da un illecito, e non da una fonte contrattuale, va individuata - al fine di stabilirne l'anteriorità, o meno, rispetto al compimento dell'atto dispositivo oggetto di revocatoria - con riguardo alla data di realizzazione dell'illecito Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2020, n. 1121 , Rv. 658141-01 , e non del suo accertamento giudiziale. Nella specie, poiché il giudizio penale è stato radicato nel 2007, il fatto illecito commesso dal P. in danno della M. e fonte del credito risarcitorio di quest'ultima è sicuramente anteriore all'avvenuta cessione, con tutte le conseguenze da trarsi ai fini della verifica del presupposto soggettivo della revocatoria. Di conseguenza, in accoglimento delle censure illustrate, la sentenza impugnata deve essere cassata, spettando, poi, al giudice del rinvio stabilire se l'atto di cessione presenti natura gratuita o onerosa, questione, per vero, non affrontata dalla Corte milanese. 8.3. I motivi terzo e quarto di ricorso - con i quali è denunciata, rispettivamente, nullità del procedimento in relazione all' art. 702-ter c.p.c. , per mancata integrazione istruttoria e/o conversione del rito per l'acquisizione dell'atto di cessione, ove ritenuto indispensabile, nonché violazione di legge e nullità della sentenza, per omessa pronuncia della domanda di revoca dell'ordinanza con cui l'allora appellante è stata condannata, ai sensi dell' art. 283 c.p.c. , al pagamento di una sanzione pecuniaria - restano assorbiti dall'accoglimento dei primi due. 9. In conclusione, i primi due motivi di ricorso vanno accolti, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese processuali, comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in applicazione del presente principio di diritto l'azione ex art. 2901 c.c. , avente ad oggetto un atto di cessione di crediti a terzi non deve essere provata necessariamente attraverso la produzione in giudizio dell'atto di cessione, ma in qualsiasi modo, ivi comprese sia la comunicazione che il cedente faccia ai debitori ceduti dell'avvenuta cessione, sia la condotta di non contestazione dell'avvenuta cessione, da parte del convenuto nel giudizio revocatorio . P.Q.M. La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti il terzo e il quarto, cassando in relazione la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.