Pronunciandosi sul sequestro preventivo disposto dal Gip nell’ambito di frodi fiscali volte a cedere crediti d’imposta inesistenti per bonus edilizi, la Cassazione ha ripreso la differenza tra prodotto del reato, suo profitto e prezzo.
Il ricorrente veniva accertato essere a capo di un'associazione a delinquere volta a realizzare frodi fiscali attraverso la strumentalizzazione delle disposizioni agevolative previste in epoca Covid-19 tramite un meccanismo di creazione di crediti d'imposta inesistenti per bonus edilizi previsti dal d.l. n. 34/2020 per l'accusa, lo stesso fungeva da primo cessionario del credito d'imposta per inesistenti o ridotti lavori di ristrutturazione edilizia, per poi cederli ad acquirenti di buona fede. Veniva quindi disposto il sequestro preventivo dal Gip, il cui riesame veniva rigettato dal Tribunale. Con il proprio ricorso in Cassazione, l'imputato lamentava la violazione dei principi riguardanti il profitto confiscabile e censurava l'assunto del Tribunale per il quale il credito generato, poiché ha quel valore economico di scambio, è da considerarsi profitto . La Suprema Corte, investita del ricorso, ha ritenuto tuttavia infondato il ricorso e ha ricordato che già nel 1996 le sezioni Unite avevano già affermato che in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita il profitto a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato il prezzo , infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato Cass. pen., sez. Unite, 3 luglio 1996, n. 9149 . Il prodotto è quindi il risultato dell'azione criminosa, ovvero la cosa materiale creata, trasformata e acquisita mediante l'attività delittuosa, che con quest'ultima abbia un legame diretto e immediato si tratta del frutto diretto e immediato dell'attività criminosa, ossia il risultato ottenuto dalla stessa. Esso comporta un accrescimento del patrimonio dell'autore. Il prezzo è invece il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, quale fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato. Si può procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto che del profitto del reato, dovendo identificarsi, nel caso in esame, il prodotto nel credito illecitamente creato e il profitto nella cessione dello stesso. Il ricorso viene rigettato.
Presidente D'Agostini Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Rimini, con ordinanza del 19 marzo-13 aprile 2022, rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di S.G. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini. 1.1 Avverso l'ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore di S.G. premette che al ricorrente era contestato il ruolo di capo e promotore di un'associazione a delinquere finalizzata a frodi fiscali, attraverso la strumentalizzazione delle diposizioni agevolative normativamente previste durante la fase emergenziale anti Covid 19, tramite un meccanismo di creazione di crediti di imposta inesistenti per bonus edilizi, previsti dal D.L. n. 34 del 2000, ovvero inferiori a quelli reali, registrazione degli stessi sul cassetto fiscale e successiva commercializzazione quale amministratore di fatto della omissis s.r.l. e omissis s.r.l.s capo 1, art. 416 c.p. in particolare, secondo l'accusa, l'indagato fungeva da primo cessionario del credito di imposta dichiarato dalla omissis s.r.l. per inesistenti o ridotti lavori di ristrutturazione edilizia, per poi cedere a sua volta crediti ad acquirenti di buona fede capo 27 operando quale amministratore di fatto e primo cessionario per crediti di imposta maturati dalla omissis s.r.l. e omissis per inesistenti lavori di riqualificazione edilizia, ottenendo un indebito credito di imposta cedibile a terzi capo 32 nel fungere da primo cessionario, quale amministratore della omissis , del credito di imposta maturato fittiziamente da F.A. , [ ] s.r.l., B.N. e G.P. per interventi edilizi non veritieri relativi ai cd. bonus facciate capo 33 così commettendo il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche il giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro a impeditivo e finalizzato alla confisca diretta del profitto, dei crediti di imposta fittiziamente maturati e coinvolgenti l'indagato b finalizzato alla confisca per equivalente al valore dei profitti realizzati dal reati a lui ascritti c impeditivo delle società omissis e omissis amministrate dall'indagato. Ciò premesso, il difensore lamenta che il Tribunale di Rimini non avesse fatto buon governo dei principi inerenti la questione del profitto confiscabile infatti, non poteva condividersi l'osservazione contenuta nell'ordinanza impugnata per la quale il credito generato, poiché ha quel valore economico di scambio, è da considerarsi profitto , posto che il corrispettivo di una prestazione regolarmente eseguita dall'obbligato ed accettata dalla controparte non può costituire una componente del profitto confiscabile, perché trova legittimo titolo nella fisiologica dinamica contrattuale e, pertanto, non può ritenersi sine causa nel momento in cui il Tribunale ritiene che la res abusiva prodotta quale conseguenza immediata e diretta, laddove suscettibile di essere messa in circolazione, produce a sua volta una ricchezza illecita aggiuntiva al suo valore intrinseco, ammettendosene la doppia e separata sottoposizione a provvedimento ablatorio, non teneva in considerazione la distinzione tra reati contratto e reati in contratto solo in presenza dei primi il contratto è radicalmente nullo, con la conseguenza che l'intero profitto è confiscabile, mentre nei reati in contratto l'utilitas direttamente collegata al reato è quella consistente nel vantaggio economico, diverso ed ultroneo rispetto all'utilità comunque conseguita dal danneggiato, per effetto della correlata esecuzione contrattuale ne discende che il soggetto ha diritto di ritenere il corrispettivo derivante dalla commercializzazione, in quanto corrispettivo che trova nella dinamica contrattuale la sua origine e non nel reato direttamente, non ponendosi quindi nè sine causa, nè sine re. 1.2 Il difensore, premesso che è possibile fare ricorso alla confisca per equivalente solo quando non è possibile l'aggressione diretta del profitto derivante da reato, osserva che al momento della realizzazione del reato fine l'utilità andava intesa come credito di imposta ed in quel momento la successiva cessione e non liquidazione/monetizzazione del credito rappresentava un vantaggio per l'indagato solo futuro e per giunta eventuale se poi si fosse voluto prendere in considerazione la ricchezza derivante dalla circolazione commerciale di quel credito attraverso la sua alienazione ad acquirenti di buona fede, il fatto tipico generativo di ricchezza da sequestrare, in via diretta o per equivalente, sarebbe consistito o nella azione truffaldina perpetrata nei confronti di acquirenti di buona fede, o nel reimpiego di utilità economiche per fini speculativi/imprenditoriali da parte dell'autore del reato presupposto art. 648 ter 1 c.p. , e nessuna delle due fattispecie costituiva titolo cautelare, nè contestata all'indagato. 1.3 Il difensore rileva che il provvedimento ablatorio era caratterizzato da una duplicazione della misura nel momento in cui, da un lato, considerava bene suscettibile di valutazione economica il credito di imposta maturato per effetto della falsa dichiarazione, facendo incidere su di esso gli effetti del sequestro finalizzato alla confisca diretta e, dall'altro, scindeva la fase genetica del credito dal profitto derivante dalla sua circolazione, considerando quest'ultimo un incremento patrimoniale ancorato in termini di utilità immediata e diretta allo stesso reato base, ed applicandovi il sequestro finalizzato alla confisca di valore su tale aspetto, la motivazione dell'impugnato provvedimento appariva carente in quanto agganciava l'avvenuta monetizzazione dei crediti contestati come fittizi alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dai coindagati prive di riscontri specifici anche in ordine alla esatta quantificazione, e contraddittoria perché non teneva conto di quanto emerso a seguito delle indagini delegate, proprio con riferimento alla posizione delle società omissis s.r.l. e omissis s.r.l., in quanto era stato chiarito che, con riferimento ai codici tributo riferibili alle predette società, si trattava di operazioni riguardanti crediti ancora nella disponibilità dei soggetti indicati e non utilizzati in compensazione tramite mod. f24 oppure ulteriormente ceduti. Considerato in diritto 1.Il ricorso è infondato. 1.1 Come osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta, l'ordinanza impugnata ha correttamente evidenziato che all'illecita operazione contestata all'indagato si ricolleghi, sotto un diverso profilo, sia il sequestro del credito di imposta generato illecitamente, quale profitto direttamente derivato dalla condotta di cui all' art. 316 tee c.p. e sottoposto a vincolo reale in via diretta e impeditiva, sia il sequestro preventivo per equivalente del successivo profitto che dalla cessione di tale credito è stato realizzato nel patrimonio dell'indagato e nelle società coinvolte. Premesso che in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l' art. 325 c.p.p. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge nella cui nozione di violazione di legge rientrano, in particolare, gli errores in iudicando o in procedendo , ma anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal Giudice, vedi Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013 , Gabriele, Rv. 254893 e che non può, invece, essere dedotta l'illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui all' art. 606 c.p.p. , lett. e v., per tutte Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 , P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003 , Pellegrino S., Rv. 224611 , il Tribunale ha spiegato perché non vi sia stata alcuna duplicazione del profitto rispetto al già avvenuto credito di imposta a pag. 6 dell'ordinanza impugnata si deve poi osservare che la commercializzazione del credito ottenuto illecitamente può sicuramente essere oggetto di sequestro. A tale proposito, già dal 1996 le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato su un piano generale che in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato Cass., Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996 , Chabni Samir, Rv 205707 Volendo, quindi, schematizzare il prodotto è il risultato dell'azione criminosa, ovvero la cosa materiale creata, trasformata o acquisita mediante l'attività delittuosa, che con quest'ultima abbia un legame diretto e immediato si tratta del frutto diretto ed immediato dell'attività criminosa, ossia del risultato ottenuto direttamente con l'attività illecita. Il profitto comporta invece un accrescimento del patrimonio dell'autore del reato ottenuto attraverso la acquisizione la creazione o la trasformazione di cose suscettibili di valutazione economica, corrispondente all'intero valore delle cose ottenute attraverso la condotta criminosa vantaggio economico di diretta derivazione del reato, vedi Sez. U, Sentenza n. 31617 del 26/06/2015 , Lucci Rv. 264436 - 01 Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell'illecito. . Prezzo, infine, è il compenso dato o promesso per indurre istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, quale fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato. Da quanto si è detto, è del tutto evidente che si può procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto che del profitto del reato, dovendo identificarsi, nel caso in esame, il prodotto nel credito illecitamente creato ed il profitto nella cessione dello stesso. 2.Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.