Quale dies a quo di prescrizione per la vittima imputata di condotta illecita e poi assolta in sede penale che chiede il risarcimento dei danni?

La Suprema Corte affronta la questione del termine di prescrizione dell’azione di risarcimento danni promossa da un commercialista che aveva subito dei procedimenti penali, da quali era stato assolto. Il termine di prescrizione decorre dall’esecuzione della misura cautelare? Dal rinvio a giudizio? Dall’assoluzione?

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabili ad un determinato soggetto, ovvero nel momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza. Questa volta è il commercialista a chiedere i danni! La particolarità della decisione risiede nel fatto che la vittima della condotta illecita è essa stessa imputata . Normalmente, invece, il danneggiato da reato non è imputato. Da qui la questione di individuar il dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione civile di risarcimento danni per l'ingiusta accusa. Il caso. Un commercialista era stato incaricato di costituire delle società all'estero , che dovevano avere lo scopo di verificare la correttezza dei rapporti della società italiana all'estero. Tuttavia, dopo la costituzione di dette società estere emerse che venivano utilizzate per attività illecite. Il commercialista si vedeva, così, coinvolto in procedimenti penali , all'esito dei quali veniva assolto e incardinava azione civile di risarcimento dei danni patrimoniali per la cessazione dell'attività professionale e non patrimoniali per il pregiudizio alla salute cagionato dal processo penale nei confronti delle società che gli avevano conferito l'incarico per l' ingiusto coinvolgimento nel processo penale. Tribunale e Corte di Appello ritenevano prescritta la domanda iniziata nel 2015 dopo l'assoluzione , sul presupposto che il dies a quo dell'azione di risarcimento dei danni doveva individuarsi nella data della misura cautelare 2006 o al massimo del rinvio a giudizio 2008 , non nell'assoluzione 2015 . In sostanza i Giudici di merito richiamano un principio di diritto pacifico, secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso , nonché della sua riferibilità al soggetto individuato, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'orinaria diligenza. Tale consapevolezza si poteva avere già al momento del rinvio a giudizio. La Cassazione va di diverso avviso , evidenziando gli equivoci in cui sono incorsi i giudici del merito 1 dall'indiscussa autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale non si può inferire che si possa iniziare il processo civile senza attende la conclusione di quello penale . Sono due questioni diverse l'autonomia dei processi attiene ai rapporti tra i due procedimenti, che in sostanza non si influenzano l'individuazione del dies a quo della prescrizione dell'azione civile non dipende dalla regola della separazione dei due giudizi, ma da un criterio esclusivamente civilistico. Non a caso vi sono casi nei quali la prescrizione si ritiene decorrere, ad esempio, dalla falsità della denunzia in caso di calunnia, oppure dall'innestarsi della comparsa del danno psico-fisico nella vittima di violenza carnale. Dunque, l'individuazione del dies a quo è basata sulla consapevolezza dell'accusato di aver subito un'ingiusta accusa e varia a seconda dei casi. 2 è errato supporre che, ove fosse necessaria la sentenza penale per la consapevolezza, allora bisognerebbe attendere il passaggio in giudicato , divenendo così la sentenza e non il danno l'elemento costitutivo dell'illecito civile. La giurisprudenza della Cassazione mai ha richiesto il passaggio in giudicato, ma solo l'identificazione di un atto da cui desumere che il danneggiato ha avuto o avrebbe avuto se diligente una conoscenza del danno subito e della sua riferibilità ad un determinato agente. Una sentenza è sufficiente/indice di conoscenza del danno subito, non il suo passaggio in giudicato. 3 soprattutto bisogna distinguere i casi nei quali il danneggiato da un reato è egli stesso imputato nel processo penale nei casi nei quali non lo è. Nel caso di vittima non imputata, è ragionevole supporre che al momento del rinvio a giudizio dell'autore del reato, la vittima possa avere una consapevolezza di aver subito il danno o che si tratti di danno ingiusto. Nel caso, invece, di vittima imputata, le parti sono invertite il danneggiato è l'imputato e l'autore dell'illecito è parte civile , quindi il danneggiato dovrebbe avere la consapevolezza di essere tale ossia di essere stato ingiustamente accusato dal suo stesso rinvio a giudizio. In questo caso il rinvio a giudizio indica la responsabilità del danneggiato, a differenza del caso tipico di vittima di illecito penale, ove il rinvio a giudizio indica la responsabilità altrui del danneggiante . Dunque, il principio di diritto già affermato, Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2016, n. 4899 Cass. civ., sez. III, 17 settembre 2013, n. 21255 Cass. civ., sez. VI, 27 gennaio 2012, n. 1263 è nel senso che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso , nonché della sua addebitabili ad un determinato soggetto, ovvero nel momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza. Si richiede, inoltre, che il danneggiato abbia consapevolezza del fatto che il danno è non solo causalmente riferibile ad un determinato autore , ma anche che lo è dal punto di vista soggettivo, del dolo e della colpa. Se questo principio di diritto era stato individuato dai giudici di merito, poi ne è stata fatta erronea applicazione, nel momento in cui si è ritenuto che il rinvio a giudizio possa costituire atto da cui dedurre che la responsabilità di parte civile nel coinvolgimento ingiusto nel processo penale. Tale consapevolezza si può aver avuto quando dal reato si è stati assolti, evidenziandosi la consapevolezza che l'accusa era infondata. Considerazioni. Nel caso specifico, ove il danneggiato è imputato, pare indicativo che la vittima possa avere la consapevolezza del danno ingiusto al momento della sua assoluzione, in quanto emerge, dal punto di vista soggettivo, l'elemento dell' art. 2043 c.c. della colpevolezza della parte civile che aveva ingiustamente coinvolto l'imputato in un processo penale. Ma oltre al profilo soggettivo, viene in considerazione anche l'elemento oggettivo dell'ingiustizia del danno, di cui può aversi consapevolezza al momento dell'assoluzione. In questo senso, a mente dell' art. 2935 c.c. la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. La possibilità legale di esercitare il diritto al risarcimento del danno implica la consapevolezza del danno ingiusto e della colpevolezza come delineato dalla Suprema Corte.

Presidente Spirito – Relatore Cricenti Fatti di causa 1. G.M. , in qualità di commercialista, è stato incaricato da un dirigente del gruppo omissis di costituire alcune società di diritto estero, sempre per conto di omissis . Le società avrebbero avuto lo scopo di controllare la correttezza dei rapporti che omissis aveva all'estero, ossia, la regolare condotta dei suoi rappresentati ed agenti e quella altresì dei suoi clienti in parte dunque l'oggetto sociale era rappresentato da attività di due diligente. 2. Il G. ha eseguito l'incarico, costituendo alcune società di diritto inglese, che hanno operato anche per conto di Telecom, dopo che il controllo del pacchetto azionario di quest'ultima è passato proprio a omissis . 3. Ma dopo ben poco dalla loro costituzione, è emerso che le società di diritto estero non operavano precisamente secondo il loro oggetto sociale, ma venivano utilizzate per condotte illecite, tra cui l'acquisizione illegittima di dati personali altrui e di notizie rilevanti anche sul piano strategico. 3.1. Ne è scaturita una indagine, che ha visto coinvolti i vertici delle due società, ma altresì lo stesso G. , che dapprima, nel 2006, è stato sottoposto a misura cautelare personale, poi nel 2008 rinviato a giudizio, ed infine assolto in diversi procedimenti penali collegati alla vicenda e nei quali le società Telecom e omissis si sono costituite parti civili. Per contro, sono stati condannati i dipendenti che operavano strumentalizzando le società di diritto estero. 3.2. Dopo la sua assoluzione, e precisamente nel 2015, il G. ha agito in sede civile davanti al Tribunale di Milano, nei confronti di Telecom e omissis addebitando ad esse il suo ingiusto coinvolgimento nel processo penale, da cui sarebbero derivati sia danni patrimoniali, consistenti nella cessazione dell'attività professionale, sia non patrimoniali per il pregiudizio alla salute che il processo penale ha comportato. 3.3. Il Tribunale di Milano ha tuttavia ritenuto prescritta la domanda, sul presupposto che il dies a quo dell'azione di risarcimento da illecito civile era da identificarsi con la data della misura cautelare ossia il 2006 o tutt'al più con quella del rinvio a giudizio del 2008 poiché in quel momento era già possibile avere contezza del danno subito a causa della condotta illecita altrui. Questa decisione ha trovato piena conferma nella successiva sentenza della Corte di Appello di Milano, che qui il G. contesta, con un motivo di censura, e che invece omissis e Telecom difendono con rispettivo controricorso. omissis ha altresì depositato memorie. Ragioni della decisione 4. Le controricorrenti formulano pressoché identiche eccezioni di inammissibilità del ricorso. 2Esse sono a il ricorso non rispetterebbe il requisito della esposizione sommaria dei fatti, non tanto per carenza della loro narrazione, quanto piuttosto perché vengono trascritte intere parti dell'atto impugnato, in modo tale che esso si risolve, quanto a tale parte, o in una mera trascrizione degli atti di giudizio secondo Telecom oppure in un assemblaggio secondo omissis , ossia in quella modalità di redazione del ricorso consistente nel riportare ampi ed integrali passaggi di atti diversi, assemblati insieme al contenuto del ricorso stesso, con il risultato di rende di difficile comprensione il tutto. Questa eccezione è del tutto infondata. Come è agevole ricavare dalla lettura del ricorso, è,sì, vero che vengono riportati passi della sentenza impugnata il che di suo non è difetto alcuno , ma allo scopo di sottoporli a critica, e onde farne meglio comprendere la ratio a chi legge lungi dall'essere una tecnica che vizia l'atto di inammissibilità, è invece una modalità espositiva che consente di formulare più adeguatamente la censura. Non è cioè mero assemblaggio di parti nè mera ossia fine a se stessa riproduzione, ma citazione delle rationes decidendi al fine di una loro censura. b Il ricorso sarebbe inammissibile in quanto la sentenza impugnata è conforme a giurisprudenza costante, ed alcunché viene addotto per superarla o suggerirne il mutamento. Secondo i controricorrenti, la sentenza impugnata farebbe applicazione del principio per il quale la prescrizione decorre non da quando si è verificato il danno bensì da quando il danneggiato lo ha percepito come ingiusto, ossia ne ha avuto, o avrebbe potuto averne consapevolezza usando l'ordinaria diligenza. Ognuno vede come l'infondatezza di tale eccezione deriva dal fatto che il ricorrente non contesta, nè trascura, affatto tale regola, ma piuttosto ritiene che, proprio applicandola, si dovrebbe arrivare a conclusione diversa. Egli fa questione in altri termini di come essa si specifica nel caso concreto, ossia se, facendone per l'appunto applicazione, il dies a quo consista nel rinvio a giudizio o nella sentenza di assoluzione. c Il ricorso è inammissibile perché mira a rivalutare fatti o prove. Eccezione infondata in quanto non di accertamento in fatto del dies a quo si tratta, ma di sua rilevanza giuridica non di quando e come si sia verificato il dies a quo, ma quale esso sia secondo la regola giuridica riconosciuta come applicabile. 5. Ciò premesso, l'unico motivo di ricorso denuncia violazione dell' art. 2947 c.c. e dell' art. 2935 c.c. . La tesi, ampiamente argomentata, può essere così sintetizzata. La Corte di Appello ha ritenuto che, facendo applicazione del principio di diritto di questa Corte, il dies a quo doveva identificarsi se non nella data della misura cautelare 2006 , perlomeno in quella del rinvio a giudizio 2008 . Il principio di diritto richiamato dai giudici di merito è nel senso, per l'appunto, che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua riferibilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza. Cass. 576/2008 Cass. 28464/2013 Cass. 4899/2016 . Facendo applicazione di tale regola, la corte di merito ha ritenuto che tale consapevolezza si possa avere già dal rinvio a giudizio, senza attendere l'assoluzione nel merito inoltre i giudici di merito hanno escluso che la costituzione di parte civile di Telecom e omissis possa costituire condotta permanente idonea a prolungare il dies a quo fino alla cessazione della condotta medesima. Il ricorrente censua queste rationes osservando come, proprio facendo applicazione del principio di diritto, si deve escludere che egli potesse avere consapevolezza della ingiustizia del danno e della sua addebitabilità ai convenuti già a partire dal rinvio a giudizio, che peraltro lo vedeva interessato come imputato. Nè a partire da quel momento egli avrebbe potuto instaurare una causa civile, mancando un elemento costitutivo dell'illecito, che si sarebbe perfezionato invece successivamente con l'assoluzione. Con la conseguenza che, al momento del rinvio a giudizio, l'esercizio del diritto era ostacolato proprio da un impedimento giuridico art. 2935 c.c. . Nè alcun rilievo, ai fini della individuazione del dies a quo, può avere la riconosciuta autonomia del giudizio penale da quello civile, usata dalla Corte di Appello per dire che non occorre attendere la conclusione del giudizio penale per instaurare quello civile questione che al ricorrente appare estranea al tema da lui posto. 6. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. 7. Intanto va sgomberato il campo dall'equivoco in cui incorre la decisione di merito nel momento in cui dalla indiscussa autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale e dalla circostanza che, di conseguenza, si può iniziare il giudizio civile senza attendere la conclusione definitiva di quello penale, fa discendere la conclusione che quindi il dies a quo è costituito dal rinvio a giudizio proprio perché non occorre attendere la conclusione del processo penale e l'azione civile può essere esercitata prima, allora va da sé che il termine di sua prescrizione decorre anche esso da prima. Si tratta di due questioni diverse. L'autonomia del processo penale da quello civile è una regola che attiene solamente al rapporto trai i due procedimenti e mira sostanzialmente a disporre che l'uno, in certi termini, non influenza l'altro non se ne può ovviamente dedurre che un certo atto del processo penale ad esempio il rinvio a giudizio costituisce dies a quo per l'azione civile al posto di un altro ad esempio la sentenza . L'individuazione del dies a quo della prescrizione dell'azione civile non dipende dalla regola della separazione tra i due giudizi, ma da un criterio esclusivamente civilistica. Nè si capisce perché, ove il principio di separazione tra giudizio penale e giudizio civile avesse una qualche influenza sulla individuazione del dies a quo della prescrizione dell'azione civile , si dovrebbe considerare come tale il dies del rinvio a giudizio anziché quello della assoluzione. Ed infatti, la stessa sentenza impugnata, immediatamente dopo aver ricordato che i due giudizi sono separati, riporta alcuni esempi di azione civile fatta dal danneggiato di un reato, pur in pendenza del processo penale, in cui la prescrizione è ritenuta decorrere da momenti diversi a seconda del danno lamentato dal rinvio a giudizio, dalla conoscenza del danno, dall'innestarsi nella vittima di violenza carnale dalla comparsa del danno psico-fisico, dalla conoscenza, nel caso di calunnia, della falsità della denunzia p. 12 ciò a conferma del fatto che l'autonomia del processo civile da quello penale non significa affatto che il dies a quo debba essere il rinvio a giudizio, ed anzi a conferma del fatto che esso si identifica con la percezione della ingiustizia del danno da parte del danneggiato, che varia a seconda dei casi. In sostanza, l'individuazione del dies a quo è basata sulla consapevolezza dell'accusato di aver subito una ingiusta accusa, e varia a seconda dei casi non può ritenersi automaticamente discendere dal rinvio a giudizio in ragione della separazione del processo penale da quello civile, che è regola rivolta a tutt'altro scopo. 8.-Altro equivoco in cui incorre il giudice di merito è nel supporre che, ove fosse necessaria alla consapevolezza del danneggiato la sentenza del giudizio penale, allora bisognerebbe attendere che questa passi in giudicato, diventando dunque la sentenza e non il danno subito l'elemento costitutivo dell'illecito civile p. 13 . Questa asserzione è confusa. La giurisprudenza di questa Corte non richiede che la sentenza passi in giudicato, ma pretende solo l'identificazione di un atto da cui desumere che il danneggiato ha avuto, o l'avrebbe potuta avere se diligentemente si fosse applicato, una conoscenza del danno subito e della sua riferibilità ad un determinato agente. In questa prospettiva, ovviamente, una sentenza di primo grado che accerti quel danno, o da cui quel danno possa desumersi, è sufficiente il passaggio in giudicato è del tutto irrilevante. La sentenza del giudice penale in questo caso di assoluzione è indice di conoscenza del danno subito da calunnia , cioè fa presumere che il danneggiato a quel punto ha consapevolezza di aver subito un danno ingiusto, ma non è essa stessa il danno, e non si vede dunque come possa assurgere ad elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità. 8.1. Infine una ulteriore chiarificazione i casi addotti dalla decisione di merito, e quelli a cui essa fa applicazione del principio di diritto, sono del tutto diversi, e per certi versi opposti, a quello di cui qui si discute si tratta di casi in cui il danneggiato da un reato non è esso stesso imputato nel processo penale. Qui, invece, la vittima della condotta illecita, è essa stessa imputata. In altri termini, nel caso di danno da reato, è ragionevole supporre che al momento del rinvio a giudizio dell'autore del reato, la vittima possa avere una qualche consapevolezza di aver subito il danno o meglio che si tratta di un danno ingiusto attribuibile all'imputato. Nel caso presente invece, le parti sono invertite nel processo penale da cui si pretende di ricavare la consapevolezza della ingiustizia del danno, il danneggiato è imputato e l'autore dell'illecito civile è parte civile. Quindi il danneggiato dovrebbe ricavare la consapevolezza di essere tale ossia di essere ingiustamente accusato dal suo stesso rinvio a giudizio. Nel caso tipico di vittima di un illecito penale, quest'ultima può ben ricavare dall'altrui rinvio a giudizio la consapevolezza che l'imputato è responsabile del danno ma nell'ipotesi presente, è piuttosto singolare che il danneggiato abbia consapevolezza della responsabilità altrui cioè dell'accusa ingiusta mossagli da altri dal proprio rinvio a giudizio nel primo caso il rinvio a giudizio indica la responsabilità altrui del danneggiante , in questo caso invece indica quella del danneggiato. 9. Il principio di diritto enunciato da questa Corte, e correttamente inteso dalla decisione di appello, è nel senso che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza. Cass. 576/2008 Cass. 28464/2013 Cass. 4899/2016 . Si richiede inoltre che il danneggiato abbia consapevolezza del fatto che il danno è non solo causalmente riferibile ad un determinato autore, ma che anche lo è da un punto di vista soggettivo, del dolo o della colpa. Se è così, allora i giudici di merito hanno fatto erronea applicazione di questa regola nel momento in cui hanno ritenuto che il rinvio a giudizio del danneggiato potesse costituire un atto da cui costui avrebbe dovuto dedurre che la parte civile lo aveva coinvolto ingiustamente in un processo penale. Piuttosto una tale consapevolezza costui può aver avuto non nel momento in cui è stato accusato del reato per il quale i convenuti si sono costituiti parte civile, ma quando semmai da quel reato è stato assolto. In quel momento può avere avuto, ed avrebbe dovuto averla usando l'ordinaria diligenza, la consapevolezza che l'accusa nei suoi confronti era infondata e che di tale accusa potevano essere in qualche modo responsabili le società Telecom e omissis o i loro agenti. La decisione va dunque cassata con rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.