Legge di Bilancio: non definibile in via agevolata la lite pendente nel giudizio di revocazione

Va disattesa la richiesta di sospensione del giudizio ai fini della definizione della lite fiscale di cui alla legge 197/22 se l’unico rimedio esperibile è la revocazione. La definizione agevolata delle liti fiscali, il cui processo non si è concluso con pronuncia definitiva alla data di presentazione della domanda, ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari.

Definizione liti fiscali ai sensi della Legge di Bilancio per il 2023 Ai sensi dell'articolo 1, comma 197, legge 197/22 , in vigore dal 1° gennaio 2023, le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle Entrate pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della legge 197/22 primo gennaio 2023 , possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia . Una volta che il contribuente ha fatto apposita richiesta al giudice, per avvalersi della definizione agevolata , il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023 ed entro la stessa data il contribuente ha l'onere di depositare, presso l'organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata. In caso di deposito, poi, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione mentre l'eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di condono fiscale, la richiesta di sospensione ha riguardo alle sole controversie eventualmente definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle nelle quali l'unico rimedio esperibile sia la revocazione. In tal senso Cass. 23/02/2012, n. 2750 , ha affermato tale principio di diritto con riferimento all' articolo 39, comma 12, d.l. 6 luglio 2011, n. 98 , convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111 nello stesso senso Cass. 15/06/2016, n. 13306 Cass. 02/08/2017, n. 19261 ha affermato analogo principio in relazione all'articolo 11, comma 3, d.l. n. 50 del 2017 la cosiddetta rottamazione dei ruoli non può trovare applicazione in sede di revocazione, essendo ostativa alla definizione agevolata l'intervenuta pronuncia di sentenza definitiva, ex articolo 11, comma 3, d.l. n. 50 del 2017 Cass. 11/11/2019, n. 29037 infine ha applicato tali principi anche alla definizione ex articolo 6, comma 10, del d.l. n. 119 del 2018 , conv., con modif., in l. n. 136 del 2018 , affermando che essa è ammissibile solo per le controversie definite con sentenza non ancora impugnabile con i mezzi ordinari e non anche per quelle definite con decisione per la quale l'unico rimedio esperibile sia la revocazione. La ratio di tali pronunce è che le disposizioni in parola hanno riguardo alle sole controversie eventualmente definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari , ma non anche a quelle definite dalla Corte di cassazione con sentenza di rigetto , atteso che la pendenza del termine per la revocazione non impedisce, a norma dell'articolo 391- bis c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto, senza che rilevi il disposto di cui all' articolo 324 c.p.c. , il cui riferimento alla sentenza soggetta a revocazione ai sensi dell' articolo 395, nn. 4 e 5, c.p.c. riguarda esclusivamente quella pronunciata dal giudice di merito. Il caso concreto. Rigettata la richiesta dell'impresa controricorrente in un ricorso per revocazione , di sospensione del giudizio, ai sensi dell'articolo 1, comma 197, l. n. 197/22 , in quanto la contribuente riteneva la controversia definibile in via agevolata. In base a questa norma le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle entrate pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della legge 197/22 primo gennaio 2023 , possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Una volta che il contribuente ha fatto apposita richiesta al giudice, per avvalersi della definizione agevolata, il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023. L'istanza non può essere accolta, in quanto, il legislatore, nel consentire la definizione delle controversie per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva , ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari , ma non anche a quelle in cui l'unico rimedio esperibile sia la revocazione, atteso che la pendenza del termine per la revocazione non impedisce, a norma dell'articolo 391- bis c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto cfr. Cass. 26939/2022 . In presenza di un ricorso per revocazione , come nel caso in esame, va disattesa, dunque, la richiesta di sospensione del giudizio, avanzata invocando il procedimento di definizione agevolata della lite fiscale relativa a controversie per le quali il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, di cui al comma 192 dell'articolo 1 l. n. 197/22 .

Presidente Cirillo – Relatore Cataldi Fatti di causa 1. L'Agenzia delle Entrate propose ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 203/02/2019, depositata in data 17/04/2019, che aveva rigettato l'appello erariale avverso la sentenza di primo grado, la quale aveva accolto il ricorso della società cooperativa La Mimosa Onlus avverso gli avvisi di accertamento emessi per recupero a tassazione ai fini IRPEF, IRAP ed IVA, per gli anni d'imposta 2010, 2011 e 2012, per costi indebitamente dedotti, per omesse ritenute alla fonte e per emissione di fatture con aliquota inferiore a quella applicabile. Argomentava la CTR che la sentenza di primo grado era stata adeguatamente motivata ed adottata a seguito della corretta valutazione delle risultanze istruttorie e dell'applicazione della normativa di riferimento, aggiungendo che comunque l'ufficio finanziario non aveva proposto nel ricorso d'appello specifici motivi di impugnazione. Costituitasi la contribuente con controricorso, questa Corte, con l'ordinanza n. 14426 del 6 maggio 2022, accogliendo l'eccezione della controricorrente, ha dichiarato inammissibile il ricorso, perché tardivamente proposto, così motivando 4. Invero, la sentenza d'appello è stata pubblicata in data 17 aprile 2019, sicché il termine semestrale di impugnazione, di cui all' art. 327, comma 1, c.p.c. , applicabile al caso di specie, maggiorato di trentuno giorni di sospensione per il periodo feriale, andava a scadere lunedì 18 novembre 2019, a tale data prorogato ex art. 155, comma 4, c.p.c. , il termine che ricadeva nel giorno di domenica 17 novembre 2019 Cass. n. 16234/2020 . Orbene, la data di scadenza del termine di impugnazione 18/11/2019 si pone al di fuori della forbice temporale, dal 23/10/2018 al 31/07/2019, prevista dall' art. 6, comma 11 del citato D.L. 119 del 2018 , sicché, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa erariale a pag. 2 del ricorso, nel caso di specie non è applicabile la sospensione straordinaria prevista da tale disposizione, di cui la ricorrente ha illegittimamente usufruito, né le successive sospensioni, per complessivi sessantaquattro giorni, previste dal D.L. n. 18 del 2020 , convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020 , art. 83, e del D.L. n. 23 del 2020 , convertito con modificazioni dalla L. n. 40 del 2020 , art. 36. 5. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, il che rende superfluo l'esame dei motivi di ricorso dedotti dalla ricorrente . . Il ricorso erariale era articolato in due motivi. Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduceva, ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. , la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all' art. 112 c.p.c. , nonché la violazione e falsa applicazione dell' art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. . Con il secondo motivo la ricorrente deduceva, ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, avendo la CTR rilevato l'inammissibilità del gravame per la sua genericità. 2. L'Agenzia propone ora ricorso, affidato ad un unico motivo, per la revocazione della predetta ordinanza di legittimità, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4, c.p.c. , assumendo che la decisione sarebbe viziata da errore di fatto risultante dagli atti interni al giudizio di legittimità. Deduce infatti la ricorrente che la Corte ha erroneamente omesso di considerare un dato obbiettivo, indiscusso e documentato negli atti interni del giudizio di legittimità, determinante ai fini dell'individuazione del termine di decadenza relativo alla proposizione del ricorso per cassazione, ovvero l'avvenuta notifica, da parte della contribuente alla stessa parte pubblica, della sentenza d'appello, perfezionatasi con la ricezione del plico in data 23 aprile 2019. Tale circostanza processuale risultava infatti dedotta dall'Ufficio nell'originario ricorso per cassazione nel paragrafo La sentenza della CTR e documentata dalla copia del provvedimento notificata in forma autentica e depositata unitamente al ricorso per cassazione e riprodotta in quello per revocazione . La notifica della sentenza impugnata, secondo la ricorrente, per mero errore percettivo pretermessa dalla Corte, determinerebbe infatti la decorrenza del termine breve d'impugnazione di sessanta giorni, di cui agli artt. 325, comma 2, e 326 c.p.c. , la cui scadenza sarebbe allora caduta nell'arco temporale tracciato dal D.L. 119 del 2018, art. 6, comma 11, rimanendo pertanto il termine prima sospeso per nove mesi per effetto di tale ultima disposizione, e successivamente sospeso ulteriormente, per effetto della legislazione emergenziale pandemica. La notifica del ricorso per cassazione erariale, avvenuta il 12 maggio 2020, data coincidente con la fine della sospensione straordinaria per la pandemia, sarebbe stata quindi tempestiva. La ricorrente Amministrazione chiede quindi revocarsi l'ordinanza impugnata ed accogliersi l'originario ricorso per cassazione erariale. La contribuente si è costituita con controricorso ed ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso per revocazione, e comunque rigettarsi il ricorso per cassazione erariale. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso chiedendo di accogliere sia il ricorso per revocazione sia il ricorso per cassazione proposto dalla Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTR, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di II grado in diversa composizione. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente, deve darsi atto che la controricorrente ha depositato, ai sensi della L. 29 dicembre 2022, n. 197 , art. 1, comma 197, domanda di sospensione del giudizio, che ritiene definibile ai sensi del comma 190 del medesimo art. 1. L'istanza non può essere accolta, in quanto, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, ribadita con riferimento alle fattispecie di condono che si sono via via succedute nel tempo, in tema di definizione agevolata della lite fiscale il legislatore, nel consentire la definizione delle controversie per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle in cui l'unico rimedio esperibile sia la revocazione, atteso che la pendenza del termine per la revocazione non impedisce, a norma dell' art. 391 bis c.p.c. , il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto pertanto, in tali casi, va disattesa la richiesta di sospensione del giudizio, avanzata invocando il procedimento di definizione agevolata della lite fiscale da ultimo cfr. Cass. 13/09/2022, n. 26939 in precedenza, ex multis, Cass. 23/02/2012, n. 2750 Cass. 09/01/2014, n. 272 Cass. 28/06/2016, n. 13306 del 28/06/2016 Cass. 11/11/2019, n. 29037 . Non sussistono ragioni per non confermare tale orientamento anche con riferimento alla formula delle controversie per le quali il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva , di cui alla L. n. 197 del 2022 , comma 192 del ridetto art. 1. Può quindi formularsi il seguente principio di diritto In tema di definizione agevolata della lite fiscale, la l. n. 197 del 2022, art. 1, comma 192, nel consentire la definizione delle controversie per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle in cui l'unico rimedio esperibile sia la revocazione, per le quali va pertanto disattesa la richiesta di sospensione del giudizio . 3. Tanto premesso, il ricorso per revocazione è inammissibile. E' opportuno evidenziare che emerge ex tabulas e non risulta contestato non solo che la sentenza d'appello era stata notificata, il 23 aprile 2019, all'Agenzia, ma anche che tale circostanza era stata dedotta e documentata nel procedimento di legittimità. Peraltro, alle emergenze documentali già evidenziate dalla ricorrente con riferimento al suo ricorso per cassazione ed ai relativi allegati , si aggiunga che anche il controricorso della contribuente si apriva pag. 1 proprio con l'allegazione dell'avvenuta notifica il 23 aprile 2019. Tuttavia, il controricorso non si limitava a tale constatazione, ma formulava da pag. 9 a pag. 12 una specifica eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di tempestività, fondata sulla lettera del D.L. 119 del 2018, art. 6, comma 11 sulla natura di sospensione istantanea ed eccezionale e non di sistema della relativa disciplina processuale nonché sull'efficacia temporale della medesima norma, con riferimento specifico al momento nel quale la valutazione del termine di scadenza dell'impugnazione, ai fini della verifica dell'efficacia della sospensione legale, andrebbe effettuata, coincidente, secondo la controricorrente, con il deposito della sentenza. La conclusione, ripetuta, della controricorrente era che al fine di verificare se il termine d'impugnazione andasse o meno a scadere all'interno della forbice temporale che ne determinava la sospensione legale automatica dovessero essere presi in considerazione, nel caso di specie, il deposito della sentenza ed il conseguente termine lungo di impugnazione, essendo irrilevante l'eventuale comportamento successivo posto in essere dalle parti ed inerente la notificazione della sentenza . Proprio in ragione di tale irrilevanza della notifica della sentenza successivamente al momento del deposito della sentenza unico elemento cronologico determinante ai fini della valutazione dell'applicabilità della sospensione legale in questione la controricorrente ribadiva infine, nel controricorso, l'eccepita inammissibilità del ricorso erariale in quanto tardivo. Dunque, la circostanza che la sentenza fosse stata notificata all'Ufficio e la considerazione che tale notifica fosse nel caso di specie irrilevante ai fini dell'applicabilità della sospensione dei termini di cui al D.L. 119 del 2018, art. 6, comma 11, costituivano l'esplicito ed essenziale fondamento dell'eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, sollevata dalla controricorrente in contrapposizione all'altrettanto esplicita affermazione, contenuta nel ricorso erariale, che la stessa sospensione dovesse invece applicarsi. Tanto premesso, deve allora ritenersi che l'ordinanza revocanda, secondo cui Va preliminarmente esaminata ed accolta l'eccezione della controricorrente di inammissibilità` del ricorso perché tardivamente proposto , accogliendo l'eccezione abbia implicitamente, ma necessariamente, considerato pur non menzionandola espressamente l'avvenuta notifica della sentenza d'appello e l'abbia ritenuta irrilevante a determinare la sospensione legale. Nessun altro senso logico, altrimenti, avrebbe la condivisione esplicita, nella motivazione dell'ordinanza revocanda, della tesi della controricorrente, che su tali presupposti in fatto ed in diritto ovvero la notifica della sentenza d'appello, ma l'irrilevanza di tale circostanza ai fini di determinare l'applicabilità della sospensione legale de qua fondava la sua eccezione. Pertanto, l'assunto errore di fatto investe in realtà un punto controverso, solo in diritto, tra le parti, sul quale l'ordinanza della Corte si è pronunciata implicitamente, o quanto meno per relationem con la tesi in diritto della contribuente che ha espressamente condiviso. E comunque, proprio perché la ratio decidendi dell'ordinanza revocanda, per quanto si è detto, non può prescindere dal fatto processuale della notificazione della sentenza d'appello, il preteso errore, qualora sussistesse, investirebbe piuttosto le conseguenze giuridiche di tale notificazione, esorbitando quindi dall'oggetto ammissibile della proposta revocazione. Infatti, non spetta a questo Collegio, in questa sede, valutare se sia corretta o meno la soluzione in diritto che costituisce, per quanto già detto, la ratio decidendi della decisione di legittimità impugnata. 4. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna alle spese, secondo soccombenza. 5. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.