Quali requisiti deve rispettare il ravvedimento operoso per salvare l’imprenditore accusato di reati fiscali?

Per poter invocare la causa di non punibilità di cui all’art. 13- bis d.lgs. n. 74/2000 all’imprenditore non basta dimostrare di aver pagato integralmente il debito tributario, comprese sanzioni ed interessi. Anche la tempistica del pagamento assume infatti rilevanza.

Il GIP del Tribunale di Firenze applicava a due imprenditori la pena concordata in sede di patteggiamento per il reato di cui all' art. 2 d.lgs. n. 74/2000 , previo riconoscimento dell' attenuante del pagamento del debito tributario , compresi interessi e sanzione. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione dolendosi della mancata applicazione retroattiva della causa di non punibilità di cui all' art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74/2000 , entrata in vigore con la novella di cui alla l. n. 157/2019 , e relativa alla circostanza dell'avvenuto integrale pagamento del debito. Il ricorso risulta infondato. La novella normativa invocata dai ricorrenti ha esteso alla fattispecie in parola la causa di non punibilità che si verifica laddove siano pagati integralmente i debiti tributari , compresa la sanzione e gli interessi , a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine per la presentazione di quella per il successivo periodo di imposta, sempreché tali iniziative siano intervenute prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque altra attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. Fermo restando, come affermato dalla difesa, che tale causa di punibilità può avere anche efficacia retroattiva trattandosi di norma penale più favorevole v. Sez. Unite n. 13681 del 25/02/2016 , è necessario l'accertamento di tutti i requisiti previsti. Oltre al pagamento integrale del debito tributario, delle sanzioni e degli interessi, deve infatti essere accertato anche il secondo requisito relativo alle tempistiche del ravvedimento operoso. Difatti con riferimento ai reati tributari dichiarativi richiamati dall' art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74/2000 ossia quelli contemplati dagli artt. 2, 3, 4 e 5 l'integrale pagamento del debito comprensivo di sanzioni amministrative e interessi assume una duplice connotazione . Se infatti esso si verifica prima della formale conoscenza dell'avvio di ispezioni e verifiche o di attività di accertamento penale, integra la causa di non punibilità in parola. Se invece il pagamento avviene successivamente ma prima dell'apertura del dibattimento, consente all'imputato di accedere al patteggiamento e ai correlativi benefici premiali, integrando al contempo la circostanza attenuante ex art. 13- bis , comma 1, d.lgs. n. 74/2000. Nel caso di specie, pur essendo astrattamente applicabile la causa di punibilità invocata dai ricorrenti, il GIP ha correttamente escluso in concreto la sussistenza dei presupposti applicativi, sia per essere state messe a disposizione dell'autorità somme di denaro inferiori rispetto a quelle evase, sia perché ciò è avvenuto successivamente all'avvio delle indagini. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Presidente Di Nicola – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza, il G.i.p. del Tribunale di Firenze applicava, ai sensi dell' art. 444 c.p.p. , a F.R.F. e ad N.A. la pena concordata in relazione a plurimi fatti ex D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 2, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13-bis , comma 1. 2. Avverso l'indicata sentenza, gli imputati, per il tramite del comune difensore di fiducia, con un unico atto propongono ricorso per Cassazione, affidato ad un motivo, che deduce l'erronea applicazione della legge penale in riferimento alla causa di non punibilità di cui all' art. 13 D.Lgs. n. 74 del 2000 e l'inosservanza dell' art. 2, commi 2 e 4, c.p. Assume il difensore che il G.i.p. avrebbe dovuto applicare retroattivamente - come già riconosciuto da questa Corte si indica Sez. 3, n. 15218 del 2019 - la causa di non punibilità di cui all' art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000 , entrata in vigore con la novella di cui alla L. n. 157 del 2019 , una volta verificata la sussistenza dei requisiti esigibili dalla stessa norma, quali l'avvenuto integrale pagamento del debito, non però di quelli inesigibili , come la spontaneità della condotta riparatoria, elemento che non era conoscibile al momento del pagamento, essendo la norma stata introdotta in epoca successiva. Nel caso in esame, con riferimento ai debiti tributari di cui all'imputazione, risulta accertato l'integrale pagamento degli importi dovuti, compresi sanzioni e interesse ad avviso del difensore, sarebbe perciò abnorme ed iniquo considerare ostativa, per gli effetti dell' art. 2 c.p. , la circostanza del mancato ravvedimento operoso accertato ex post, interpretazione che si pone in contrasto con il principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. Considerato in diritto 1. I ricorsi, pur ammissibili, sono infondati. 2. In punto di ammissibilità, si osserva che, pur con riferimento alla disciplina del patteggiamento precedente alla novella introdotta dalla L. n. 103 del 2017 , questa Corte ha affermato che nel giudizio definito ex art. 444 c.p.p. è inammissibile per genericità l'impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l'omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice l'assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell' art. 129 c.p.p. Sez. 6, n. 250 del 30/12/2014, dep. 07/01/2015, Barzi, Rv. 261802 . A contrariis, deve perciò ritenersi ammissibile l'impugnazione avverso la sentenza di patteggiamento in cui si eccepisca in maniera specifica la violazione di legge in relazione alla sussistenza di cause di non punibilità, con la puntuale delle ragioni di diritto che avrebbero dovuto imporre al giudice l'assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell' art. 129 c.p.p. . Tale conclusione deve ritenersi valida anche a seguito del comma 2-bis dell' art. 448 c.p.p. , come introdotto dall' art. 1, comma 50, L. n. 103 del 2017 , che circoscrive il ricorso per cassazione nei confronti della sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza . E ciò in forza del generale disposto dell' art. 129, comma 1, c.p.p. , cha fa obbligo al giudice, in ogni stato e grado del processo, della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, alla precisa condizione, con riguardo all'ipotesi qui in esame, che il ricorrente enunci in maniera sufficientemente specifica le ragioni per le quali il giudice avrebbe dovuto emettere una sentenza ai ‘sensi dell' art. 129, comma 1, c.p.p. , e che, ovviamente, ciò non comporti la necessità di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito evidentemente incompatibili con il perimetro entro cui si svolge il giudizio di legittimità. Nel caso in esame, il ricorrente ha assolto tale obbligo, avendo dedotto, in maniera specifica, la violazione di legge in relazione alla causa di non punibilità ex art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000 , il cui riconoscimento comporterebbe, appunto, la non punibilità del ricorrente. 3. I ricorsi, come anticipato, sono, tuttavia, manifestamente infondati. 4. Prendendo le mosse dal dato normativo, si rileva che la novella attuata con l' art. 39, comma 1, lett. q-bis , D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157 , ha esteso, per quanto di interesse, anche al reato di cui all' art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 la causa di non punibilità prevista dall'art. 13, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. Essa si realizza se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta ti successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali . 5. Ciò posto, in linea generale è certamente vero, come affermato dal ricorrente, che la causa di non punibilità ora prevista dall' art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000 possa trovare applicazione retroattiva ai sensi dell' art. 2, comma 4, c.p. , trattandosi di una norma sicuramente più favorevole, proprio perché introduce una causa di non punibilità prima non contemplata dall'ordinamento. In tal senso, del resto, si sono espresse le Sezioni Unite di questa Corte con riferimento all'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall' art. 131-bis c.p. , affermando che esso, avendo natura sostanziale, è applicabile, per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 16 marzo 2015, n. 28 , anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione, in applicazione degli artt. 2, comma 4, c.p. e 129 c.p.p., è deducibile e rilevabile d'ufficio ex art. 609, comma 2, c.p.p. anche nel caso di ricorso inammissibile Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 266593-01 . 6. E tuttavia, diversamente da quanto pretende il ricorrente, l'applicazione retroattiva della norma esige che siano accertati tutti i requisiti in essa previsti, nessuno escluso. In particolare, occorre, da un lato, che il debito tributario sia stato integralmente pagato, compresi sanzioni e interessi, e, dall'altro - in relazione all'ipotesi di reati qui in discorso - che il ravvedimento sia intervenuto prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. Pretendere, come pare insinuare il ricorrente, che sia sufficiente il solo verificarsi del primo dei due requisiti implicherebbe un'evidente quanto irragionevole disparità di trattamento, posto che l'applicazione retroattiva della causa di non punibilità soggiacerebbe a presupposti meno stringenti rispetto a quelli contemplati dalla norma e che devono essere accertati nei confronti di chi la invochi per fatti successivi alla sua entrata in vigore. 7. Del resto, la norma in esame deve essere coordinata con il disposto del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis , comma 2, che consente l'accesso al patteggiamento per i delitti di cui al presente D.Lgs. solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 , ossia l'estinzione del debito tributario prima dell'apertura del dibattimento, fatte salve le ipotesi di cui all'art. 13, commi 1 e 2 . Ciò significa che, con riferimento ai reati tributari dichiarativi richiamati dal D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13, comma 2, ossia quelli contemplati dagli artt. 2, 3, 4 e 5 , l'integrale pagamento del debito comprensivo di sanzioni amministrative ed interessi assume una duplice connotazione. Se esso si verifica prima della formale conoscenza, da parte dell'autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali ciò integra la causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000art. 13, comma 2, soltanto a questa condizione l'adempimento del debito integra gli estremi di una spontanea condotta resipiscente che può giustificare la rinuncia alla punibilità. Se, viceversa, viene effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento ma dopo la formale conoscenza dell'inizio di un accertamento fiscale o di un procedimento penale, esso, per un verso, consente all'autore del reato di accedere al patteggiamento ed ai correlativi benefici premiali, e, per altro verso, integra la circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13-bis , comma 1, cfr. Sez. 3, n. 9083 del 12/01/2021, dep. 05/03/2021, Matassini, Rv. 281709 Sez. 3, n. 47287 del 02/10/2019, Cetin Mehet Emin Rv. 277897 . In relazione ai più gravi delitti dichiarativi, non è irragionevole - e, comunque, rientra nella discrezionalità legislativa - subordinare l'accesso al patteggiamento ad un ravvedimento operoso che, pur indotto dalla scoperta del reato e perciò ovviamente non bastevole ad escludere la punibilità , valga almeno ad escludere la prosecuzione del contenzioso fiscale. 8. Venendo al caso di specie, pur ritenendo astrattamente applicabile la causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13, comma 2, anche a fatti antecedenti all'entrata in vigore della norma come novellata nel 2019, il G.i.p. ha escluso, in concreto, la sussistenza dei presupposti applicativi, sia perché sono state messe a disposizione dell'autorità somme in misure ridotta rispetto a quelle evase - e, sul punto, l'affermazione dei ricorrenti secondo cui risulta accertato l'integrale pagamento degli importi dovuti compresi sanzioni e interessi è meramente assertiva, non indicando alcun atto del procedimento da cui risulti detta circostanza -, sia perché ciò è avvenuto successivamente all'avvio delle indagini, requisito che, come detto, deve essere accertato anche in relazione ai fatti pregressi all'entrata in vigore della novella del 2019. Di conseguenza, non solo non sussistono gli estremi per l'applicazione dell'invocata causa di non punibilità, ma nemmeno gli imputati avrebbe potuto accedere al rito premiale, posto che l'estinzione del debito tributario - da quanto si apprende dalla sentenza - non è stato integrale. Stante la mancata impugnazione del pubblico ministero, la violazione di legge non può essere rilevata d'ufficio da questa Corte. 9. Per i motivi indicati, i ricorsi devono perciò essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.