Straniero trovato in possesso di 2 chili di cocaina: legittima la revoca dell’autorizzazione a permanere in Italia per accudire le figlie minorenni

Inutili le obiezioni proposte dallo straniero. Sacrosanto, secondo i giudici, il decreto di espulsione emesso dalla Prefettura. Decisivo il riferimento alla palese pericolosità sociale dello straniero.

Costa cara allo straniero presente in Italia la detenzione di ben 2 chili di cocaina. Legittimo ritenere palese, difatti, la pericolosità sociale dell’uomo, che, perciò, vede prima revocata l’originaria autorizzazione concessagli a permanere in Italia per accudire le figlie minorenni e poi vede messo nero su bianco il decreto che ufficializza la sua espulsione Cassazione, ordinanza n. 5527, sez. VI civile, depositata oggi . Espulsione. Riflettori puntati su un cittadino albanese prossimo all’allontanamento dall’Italia. Ciò alla luce del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dalla Prefettura . Per il Giudice di pace sono prive di fondamento le obiezioni proposte dallo straniero e centrate soprattutto sulla necessità per lui di rimanere in Italia per occuparsi delle figlie minorenni. In sostanza, il magistrato osserva, innanzitutto, che il cittadino albanese è stato espulso a seguito del rifiuto del ‘permesso di soggiorno’ e aggiunge poi che detto rifiuto è stato disposto in ragione della revoca, da parte del Tribunale per i minorenni, dell’autorizzazione concessagli per consentirgli di permanere in Italia al fine di poter accudire le figlie minorenni . E la revoca dell’autorizzazione originaria è intervenuta , osserva il magistrato, sulla scorta di un’informativa della Questura che evidenziava la pericolosità sociale dello straniero , pericolosità desunta da precedenti penali , incluso quello relativo alla detenzione di due chili di cocaina . Pericolosità. Per il Giudice di pace il quadro è chiarissimo, inchioda lo straniero alle proprie responsabilità e sancisce la validità dell’espulsione decisa dalla Prefettura. Questa posizione viene condivisa e fatta propria anche dalla Cassazione. Inutile, quindi, il ricorso proposto dallo straniero e centrato soprattutto sulla presunta mancata considerazione del suo legame con le figlie minori presenti in Italia . Prima di esaminare in dettaglio la vicenda, comunque, i giudici di terzo grado tengono a ribadire che in tema di autorizzazione temporanea all’ingresso o alla permanenza nel territorio nazionale di un genitore non è sufficiente l’esigenza di tutelare la coesione familiare, ma è necessaria l’allegazione di un concreto pregiudizio che i figli minori rischino di subire per effetto dell’allontanamento del genitore . Di conseguenza, il diniego dell’autorizzazione non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna del genitore extracomunitario per uno dei reati che la norma considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero nel Paese. Tuttavia, la condanna è destinata a rilevare, al pari di altre attività incompatibili con la permanenza in Italia solo se suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale , chiariscono i giudici. Passando dalla teoria alla pratica, i giudici sottolineano le peculiarità del caso riguardante il cittadino albanese. Il riferimento è, nello specifico, alla accertata legittimità della revoca dell’autorizzazione alla permanenza in Italia rilasciata in origine allo straniero per consentirgli di accudire le figlie minorenni , revoca motivata dalla sopravvenuta considerazione dell’incompatibilità tra tale autorizzazione e la condotta penale dello straniero, condotta oggettivamente connotata sfavorevolmente anche dalla detenzione di due chili di cocaina .

Presidente Scotti – Relatore Casadonte Rilevato che 1. Il sig. T.E., cittadino Omissis nato il Omissis , impugna per cassazione l'ordinanza con cui il giudice di pace di Chieti ha respinto l'opposizione da lui proposta nei confronti del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Chieti. 2. Il giudice di pace dà atto che il T. è stato espulso ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lett. b a seguito del rifiuto del permesso di soggiorno. 3. Detto rifiuto è stato disposto in ragione della revoca da parte del tribunale per i minorenni dell'autorizzazione a permanere in Italia rilasciatagli al fine di poter accudire le figlie minorenni ed era intervenuta sulla scorta di un'informativa della questura che evidenziava la pericolosità sociale del T 4. Il giudice di pace ha altresì dato atto che la corte d'appello avanti alla quale egli aveva reclamato la revoca dell'autorizzazione, aveva rigettava l'impugnazione sottolineando la pericolosità del T. desunta dai precedenti penali tra cui quello di detenzione di due chili di cocaina. 5. In considerazione di tali rilievi il giudice di pace ha ritenuto la validità dell'espulsione. 6. La cassazione dell'ordinanza depositata e comunicata il 22/12/2021 è chiesta con ricorso avviato per la notifica il 19/01/2022 ed affidato ad un unico motivo di ricorso, cui resistono con controricorso il Ministero dell'interno e la prefettura di Chieti. Considerato in diritto 7. Con l'unico motivo violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 1, punto 1, art. 13, comma 2-bis e comma 3, art. 31, comma 3 il ricorrente denuncia la mancata considerazione del legame del T. con le figlie minori presenti in Italia. 8. La censura è inammissibile. 8.1.In tema di autorizzazione temporanea all'ingresso o alla permanenza nel territorio nazionale di uno dei genitori ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31 non è sufficiente ad integrare i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione l'esigenza di tutelare la coesione familiare, ma è necessaria l'allegazione di un concreto pregiudizio che i minori rischino di subire per effetto dell'allontanamento del genitore cfr. Cass.773/2020 id. 4496/2022 . 8.2. Il diniego di detta autorizzazione non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all'ingresso o al soggiorno dello straniero. 8.3. Nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all'esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l'interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto cfr. Cass. Sez. Un. 15750/2019 . 8.4. Ebbene, nel caso di specie, il giudice di pace nel dare conto delle circostanze che avevano portato all'espulsione, si è attenuto ai suddetti principi interpretativi evidenziando l'accertata legittimità della revoca dell'autorizzazione alla permanenza in Italia rilasciata al T. al fine di poter accudire le figlie minorenni e motivata dalla sopravvenuta considerazione dell'incompatibilità con tale autorizzazione della condotta penale del T., oggettivamente connotata sfavorevolmente dalla detenzione di due chili di cocaina, oltre che da altri reati accertati irrevocabilmente nei suoi confronti e richiamati dai controricorrenti. 8.6. A fronte di ciò il ricorrente non ha allegato circostanze per mutare i richiamati orientamenti e la ratio decidendi limitandosi a sostenere una generica irrilevanza degli stessi ai fini del rilascio dell'autorizzazione per motivi familiari. 9.Il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo. Il presente processo è esente dall'applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 2.200,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.