Riforma Cartabia: al vaglio della Corte l’applicabilità del nuovo art. 573 c.p.p. nei giudizi precedenti alla sua entrata in vigore

L’immediata operatività della norma novellata art. 573, comma 1– bis , cod. proc. pen. non lede in alcun modo il principio di affidamento delle parti nello svolgimento del processo secondo le regole vigenti al tempo del compimento degli atti e della conoscenza del momento in cui sorgono diritti o oneri con effetti per loro pregiudizievoli.

In questo senso si è espressa la Terza Sezione della Corte di Cassazione nella sentenza in commento, dichiarando l'ammissibilità del ricorso con conseguente rinvio per la prosecuzione del giudizio, ai sensi dell' art. 573 comma 1– bis , c.p.p. , alla sezione civile competente. Il caso. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Cagliari riformava integralmente la sentenza del Tribunale di Cagliari, assolvendo l'imputato da tutti i reati ascrittigli per insussistenza dei fatti. Il Tribunale del merito, infatti, con sentenza del 4.12.2018, aveva condannato l'imputato, S.A., per i seguenti reati emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti , ex art. 8 d.lgs. 74/2000 dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 d.lgs. 74/2000 false comunicazioni sociali delle società quotate, ex art. 2622 c.c. appropriazione indebita , con l'aggravante di aver commesso il fatto cagionando alla persona offesa un danno di rilevante gravità e con abuso di autorità, ex artt. 61 nnumero 7 e 11 e 646 c.p. aver compiuto atti diretti in modo non equivoco a disporre di beni della società cagionando alla stessa un danno patrimoniale , ex artt. 56 c.p. e art. 2634 c.c. condannando altresì l'imputato al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili. Avverso la sentenza de qua proponevano ricorso per Cassazione le persone offese, costituitesi parti civili, contestando il ragionamento giuridico della Corte d'Appello in ordine a tutti i capi di imputazione, evidenziandone la mancata e manifesta illogicità, il vizio, nonché la contraddittorietà di motivazione. Il Pubblico Ministero concludeva chiedendo l'applicazione dell' art. 573, comma 1– bis , c.p.p. , con trasmissione degli atti alle sezioni civili. Di contro, la difesa delle parti civili chiedeva l'inapplicabilità del predetto articolo e l'annullamento della sentenza agli effetti civili. La decisione della Corte. La Suprema Corte ha primariamente affrontato la questione dell' applicabilità ratione temporis dell' art. 573, comma 1– bis , c.p.p. , così come introdotto dal d.lgs. numero 150/22, art. 33, comma 1, lettera a , numero 2 – con decorrenza dal 30 dicembre 2022, ai sensi dell'art. 6 del d.l. numero 162/2022 , convertito con modificazioni dalla legge 199/2022 . La disposizione così novellata, nel caso di impugnazione ai soli effetti civili , impone al giudice d'appello e alla Corte di Cassazione, qualora ritengano il ricorso ammissibile, di rinviare per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale. La novella de qua , tuttavia, non ha previsto un regime transitorio per cui, pacifica e indiscussa l'applicazione del principio del tempus regit actum , bisogna individuare esattamente l'atto di riferimento, nell'ambito della concatenazione degli atti processuali potenzialmente rilevanti. Il ragionamento della Suprema Corte muove dalla disposizione di cui all'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, il quale, in mancanza di una apposita disciplina transitoria, impone di far riferimento alla normativa vigente al momento in cui deve essere svolta l'attività processuale che viene in rilievo. Di talché, i singoli atti del procedimento sono disciplinati dalla norma in vigore al momento del loro compimento e non già da quella vigente all'epoca di instaurazione del giudizio. Tale assunto, tuttavia, presuppone necessariamente una esatta individuazione dell'atto processuale. Invero, occorre distinguere a seconda che si tratti di un atto processuale già perfezionatosi al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina, ovvero di un'attività plurifasica, estrinsecantesi in una pluralità di atti, la quale si protrae nel tempo. In questo caso, al contrario del primo, gli atti processuali posti in essere sotto l'operatività della nuova legge sono regolati da quest'ultima, ferma la perdurante validità degli effetti già prodottisi degli atti ormai compiuti. La Corte prosegue richiamando i principi enunciati dalle Sezioni Unite Lista sentenza numero 27614 del 29.03.2007 in materia di impugnazioni, le quali hanno operato una distinzione tra modifiche legislative attinenti il regime delle impugnazioni”, e quindi la facoltà di impugnare, la sua estensione, i modi e tempi per esercitarla , e il procedimento di impugnazione. Da ciò ne consegue che ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline senza disposizioni transitorie, in virtù del principio del tempus regit actum occorre far riferimento al momento della pronuncia del provvedimento da impugnare e non a quello in cui si propone l'impugnazione. E ciò perché è in relazione a questo momento che vanno valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione e i modi e tempi per esercitarla. Inoltre, il riferimento alla pronuncia del provvedimento da impugnare soddisfa anche l'esigenza di assicurare ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritti eventualmente già maturati, senza il timore che questi subiscano l'incidenza di mutamenti legislativi improvvisi, garantendo così il principio di affidamento. L'applicazione dei principi enucleati dalle Sezioni Unite Lista” presuppone, tuttavia, una corretta disamina dell' art. 573, comma. 1– bis , c.p.p. , il quale introduce una nuova disciplina nel caso di impugnazione per i soli interessi civili. Detta norma, a ben vedere, non interviene sull'individuazione del giudice cui va presentata l'impugnazione. Infatti, il trasferimento di competenza al giudice civile è subordinato alla previa verifica di ammissibilità dell'impugnazione da parte del giudice penale secondo i criteri propri del giudice penale e desumibili dagli artt. 581, 591 e 606 c.p.p. L' immediata operatività della norma novellata, dunque, non lede in alcun modo il principio di affidamento delle parti nello svolgimento del processo secondo le regole vigenti al tempo del compimento degli atti e della conoscenza del momento in cui sorgono i diritti o oneri con effetti loro pregiudizievoli. La Suprema Corte ha perciò affermato il seguente principio di diritto L'art. 573, comma 1– bis , c.p.p., introdotto dall' art. 33, comma 1, lettera a , numero 2, del d.lgs. numero 150/22 , in vigore dal 30 dicembre 2022 in forza del d.l. numero 162 del 2022 , convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, numero 199 , trova applicazione anche nei giudizi da impugnare per i soli effetti civili introdotti prima o relativi a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore . In applicazione di tale principio di diritto, il Supremo Consesso ha dichiarato il ricorso ammissibile con conseguente rinvio per la prosecuzione del giudizio, ai sensi dell'art. 573, comma 1– bis , c.p.p., alla sezione civile competente.

Presidente Andreazza – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4 dicembre 2018, il Tribunale di Cagliari ha condannato l'imputato - anche al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, con liquidazione di provvisionale - per i reati di cui a il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, perché, nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione dell'Associazione S.O., al fine di consentire alla P. Società Cooperativa Sociale di evadere l'imposta sul valore aggiunto, emetteva fatture per operazioni inesistenti b al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, perché, nella qualità di amministratore unico della P. Società Cooperativa Sociale, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto, avvalendosi delle fatture relative ad operazioni inesistenti di cui al capo a , indicava nella dichiarazione annuale IVA relativa all'anno 2011 elementi passivi fittizi per Euro 196.932,76, realizzando così l'evasione di tale imposta per Euro 39.386,55 c all' art. 2622 c.c. , perché nella qualità di amministratore unico della P. Società Cooperativa Sociale, preposto alla redazione dei documenti contabili societari, con l'intenzione di ingannare i soci e il pubblico ed al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé e per altri, esponendo, nel bilancio della società relativo all'esercizio 2011, fatti materiali non corrispondenti al vero, cagionava alla società ed ai soci un danno patrimoniale, quantificabile in Euro 196.932,76, pari alla differenza tra il patrimonio netto risultante dal bilancio e quello, maggiore, che sarebbe risultato laddove non vi fosse stata l'indicazione di costi fittizi d all' art. 61, nn. 7 e 11, e art. 646 c.p. , perché, dapprima emettendo, nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione dell'Associazione S.O., le fatture relative ad operazioni inesistenti di cui al capo a , e successivamente, nella qualità di amministratore unico della P. Società Cooperativa Sociale, versando all'Associazione S.O. la somma di Euro 321.574,76 più IVA, risultante dalle predette fatture, si appropriava di tale somma, di proprietà della società, di cui aveva il possesso in ragione della sua qualità di amministratore, al fine di trarne profitto e all' art. 56 c.p. e art. 2634 c.c. , perché, nella qualità di amministratore unico della P. Società Cooperativa Sociale, avendo un interesse in conflitto con quello della società in relazione alla contemporanea qualità di amministratore unico della omissis Società Cooperativa Sociale , al fine di procurare alla predetta omissis un ingiusto profitto o comunque un vantaggio, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a disporre dei beni della P. ed a cagionare intenzionalmente alla stessa un danno patrimoniale, in particolare con riferimento all'utilizzazione di un bene immobile. Con la sentenza del 20 gennaio 2022, la Corte di Appello di Cagliari ha riformato integralmente.1a sentenza del Tribunale di Cagliari, assolvendo l'imputato dai reati ascrittigli per insussistenza dei fatti. 2. Avverso la sentenza le parti civili costituite, tramite il difensore, hanno proposto, con un unico atto, ricorsi per cassazione, chiedendone l'annullamento agli effetti civili. - 2.1. Con un primo motivo di censura, si deducono la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al capo a della rubrica. Si lamenta che la Corte di appello, con una motivazione succinta, non si sia confrontata adeguatamente con gli elementi di fatto e di diritto posti alla base della sentenza di condanna, limitandosi ad affermare l'insussistenza di un conflitto di interessi nel fatto che l'imputato rivestiva al contempo il ruolo di amministratore unico, presidente del consiglio di amministrazione di S.O., dipendente co.co.co., della prima e lavoratore subordinato a tempo pieno della seconda l'effettiva erogazione, da parte di S.O. in favore di P., delle prestazioni pagate in forza delle fatture indicate nel capo a , ritenendo provati questi fatti sulla base delle testimonianze di alcuni soci lavoratori e considerando irrilevante la circostanza che non furono redatti contratti volti a regolare i rapporti tra i due enti. I giudici di merito non avrebbero preso posizione su molte delle questioni affrontate dal Tribunale, in particolare sulla rilevanza a dell'assenza di delibere assembleari che autorizzassero l'amministratore ad instaurare i rapporti tra i due enti b dell'impossibilità statutaria, per l'associazione S.O., di prestare servizi in favore di altri enti c della sproporzione tra i costi sostenuti da S.O. per le prestazioni dedotte in fattura circa 47.000,00 Euro e quelli addebitati da S.O. a P. circa 244.000,00 Euro . Pertanto, si sarebbero discostati dal consolidato principio di diritto, secondo il quale, nel caso di riforma della sentenza di primo grado, il giudice ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio attraverso una motivazione rafforzata. 2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si lamentano la violazione degli artt. 125 e 178 c.p.p. , nonché vizi della motivazione, per l'omesso esame di una memoria difensiva di parte civile e delle questioni in essa trattate. La difesa dei ricorrenti ha evidenziato che nella succitata memoria si rilevava che a nell'anno 2007, l'imputato aveva rassegnato le proprie dimissioni da lavoratore dipendente di P. Società Cooperativa Sociale e, subito dopo, si era riassunto come collaboratore coordinato continuativo, nonostante anche tale atto fosse vietato dalla legge b nel settembre 2010, si era anche auto-assunto nell'Associazione S.O., con un contratto, in cui vi è la sua doppia firma, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, che ha affermato che il rapporto di lavoro presuppone un vincolo di subordinazione che non esiste quando l'organo amministrativo è monocratico c l'assunzione con l'Associazione S.O. violava il divieto di somministrazione di lavoro d dalla carenza di vincolo di subordinazione discendeva che il contratto di lavoro stipulato dall'imputato fosse da considerare inesistente, per carenza di un elemento essenziale della fattispecie, quale è la sottoposizione all'altrui direzione del lavoratore dipendente e la prestazione di lavoro del Sa. in favore della S.O. non poteva dirsi esistente e, quindi, le prestazioni di coordinamento e similari indicate nelle fatture emesse dalla S.O. alla P. non potevano rappresentare un costo, dato che le svolgeva il suo amministratore unico, il quale già percepiva uno stipendio per le attività di collaborazione coordinata continuativa. La Corte di appello avrebbe omesso qualsivoglia considerazione della memoria summenzionata, essendosi limitata ad affermare che l'imputato, quale dipendente di S.O., svolgesse delle prestazioni di fatto in favore di P., ma non spiegando a che titolo P. gli pagasse uno stipendio come co.co.co. Ulteriormente, avrebbe dovuto valutare che la legittimità della percezione di determinati compensi si basa sulla legittimità dei rapporti giuridici sottostanti conseguentemente, l'appropriazione di quelle somme è debita o indebita a seconda che la causa sia conforme o contraria al diritto. 2.3. Con un terzo motivo di doglianza, la difesa di parte civile contesta la contraddittorietà della motivazione per travisamento delle prove. Si lamenta che la sentenza impugnata contraddice dati probatori certi e pacifici, in quanto afferma che i soci di P. erano a conoscenza fin dal 2010 che questa si serviva di S.O. per la gestione di determinate incombenze che non era in grado di gestire in autonomia e che anch'essa era riconducibile ad Sa.An. pag. 12 della sentenza impugnata , senza valutare che nessuno di loro ha mai sostenuto che P. non fosse in grado di gestire in autonomia le prestazioni che S.O. le forniva. Inoltre, l'imputato era amministratore unico di P. e aveva un contratto di collaborazione con essa, per cui aveva in organico la stessa persona di cui si avvaleva S.O. per fornirle i servizi. Si tratta di una circostanza che risulta provata - secondo la prospettazione di parte civile - anche da un documento prodotto dalla stessa difesa dell'imputato, che è una attestazione del Comune di Cagliari a firma del dirigente del Servizio politiche sociali, in cui si legge che negli anni 2010 e 2011 il Comune si è avvalso della collaborazione della Società Cooperativa Sociale P., per il servizio di comunità protetta e che Sa., nell'ambito di questo rapporto di collaborazione, nella sua qualità di responsabile della Cooperativa, ha svolto la funzione di referente, non risultando che vi sia mai stato alcun rapporto con l'Associazione S.O Ulteriormente, ci si duole del fatto che la sentenza afferma che i testi hanno evidenziato quale fosse, in concreto, il contenuto delle prestazioni fatturate ed indicate con le voci assertivamente generiche pag. 13 della sentenza impugnata , così contrastando con un dato probatorio di primaria importanza le testimonianze delle due segretarie amministrative, T.M. e La.Ma., che lavoravano per P. e che hanno affermato che venivano emesse fatture per prestazioni inesistenti. Inoltre, la Corte di appello sostiene che la scelta di esternalizzare i servizi della P. costituisce una legittima opzione imprenditoriale, nonostante - per la difesa di parte civile - la legittimità della scelta sarebbe da escludere dal momento che l'assemblea dei soci della Società Cooperativa Sociale P. non ha mai autorizzato tale operazione. Inoltre, i ricorrenti affermano che la sentenza impugnata avrebbe dovuto spiegare, specificatamente, quali erano le attività, ritenute oggettivamente esistenti, dal momento che le fatture elencate nel capo di imputazione hanno oggetti eterogenei e pacificamente generici. 2.4. In quarto luogo, si deduce l'erronea applicazione della legge penale con riferimento al capo a dell'imputazione, in ordine all'omessa valutazione della mancanza di corrispondenza tra realtà commerciale e sua espressione documentale. La difesa lamenta che la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere sussistente il reato contestato, presupposto logico-giuridico inscindibile della decisione assunta con riferimento ai capi c e d della rubrica, sia che si ritengano realmente inesistenti, perché non eseguite, le prestazioni di S.O. in favore di P. come affermato dal Tribunale , sia che si ritenga provato che la S.O., grazie al lavoro del proprio amministratore-dipendente Sa.An., fosse in qualche modo di supporto a P., in quanto, affinché sia esistente una prestazione dedotta in una fattura, non è sufficiente che una qualche opera sia stata realmente offerta, ma è necessario anche che vi sia corrispondenza tra la realtà commerciale e la sua rappresentazione documentale. Sarebbe stata erroneamente esclusa la configurabilità del reato, ritenendo raggiunta la prova che la S.O. di fatto svolgesse attività in favore di P., e che questa dovesse pagare a S.O. le fatture emesse, nonostante la S.O. non apparisse nei rapporti coi terzi destinatari finali di quei servizi. 2.5. Con una quinta doglianza, si censura l'erronea applicazione della legge penale, con riferimento al capo d dell'imputazione. La Corte di appello si sarebbe limitata a sostenere che, essendo legittime le prestazioni eseguite da Sa.An. nelle sue plurime vesti, nessun reato di appropriazione indebita è stato commesso, nonostante l'illegittimità delle retribuzioni che Sa. si era autonomamente riconosciuto, non essendoci stata alcuna approvazione delle stesse con Delib. assembleare art. 2389 c.c. . Si evidenzia che, in ipotesi di tal genere, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in mancanza di una Delib. societaria di fissazione del compenso, la condotta del soggetto apicale configura il reato Sez. 2, n. 6080 del 09/01/2009 . In contrapposizione con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la Corte territoriale non avrebbe considerato l'assoluta incongruità e l'omessa giustificazione contrattuale degli stipendi che l'imputato si è auto-riconosciuto. 2.6. Con una sesta censura, si denuncia l'erronea applicazione della legge penale con riferimento al capo c dell'imputazione. Si lamenta l'erroneità dell'affermazione della sentenza secondo cui i debiti di P. erano esistenti, e perciò non si poteva configurare il reato di falso in bilancio. 2.7. Infine, si denunziano l'erronea applicazione della legge penale e il connesso vizio di motivazione, con riferimento al capo e , per omesso esame della memoria difensiva. La Corte territoriale avrebbe erroneamente qualificato come atti meramente preparatori la condotta dell'imputato, che, successivamente all'acquisto da parte di P. di un immobile nel comune di Nuoro, in cui vi sarebbe dovuta essere una struttura sanitaria, aveva chiesto alla Regione Sardegna la verifica di compatibilità del fabbricato per la realizzazione di una struttura sanitaria, dando ad intendere che la stessa non sarebbe stata gestita dalla P., ma dalla omissis Società Cooperativa Sociale, di cui Sa. era amministratore unico. 3. La difesa di Sa. ha presentato memorie difensive, chiedendo il rigetto del ricorso delle parti civili ed illustrandone le ragioni. 4. La difesa delle parti civili ha presentato memoria, ribadendo le doglianze già sollevate con il ricorso principale. Considerato in diritto 1. Deve preliminarmente essere affrontata la questione dell'applicabilità ratione temporis dell' art. 573 c.p.p. , comma 1-bis, nel presente procedimento. Si tratta di una disposizione introdotta dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 33, comma 1, lett. a , n. 2 , - con decorrenza dal 30 dicembre 2022, ai sensi del D.L. n. 162 del 2022, art. 6, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 , la quale recita Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile . La mancata previsione di un regime transitorio pone un problema di successione di leggi nel tempo fenomeno regolato, nel settore processuale penale, dal principio tempus regit actum, la cui applicazione è assolutamente pacifica, ma comporta l'esatta individuazione dell'actum di riferimento, nell'ambito della concatenazione degli atti processuali potenzialmente rilevanti. 2. Il principio, fissato dall'art. 11 delle disposizioni preliminari al c.c., impone, in mancanza di specifica disposizione transitoria che statuisca in senso contrario, di fare riferimento alla normativa vigente nel momento in cui deve essere svolta l'attività processuale che viene in rilievo. Esso implica, pertanto, che la validità degli atti è regolata dalla legge in vigore al momento della loro formazione Sez. 5, n. 15666 del 16/4/2021 e comporta che i singoli atti del procedimento sono disciplinati dalla norma in vigore al momento del loro compimento e non da quella vigente all'epoca di instaurazione del giudizio sez. 6, n. 10260 del 14/2/2019 . E tali affermazioni si pongono in armonia con la giurisprudenza costituzionale Corte Cost. ord. n. 207 del 2016 , la quale, in materia di norme processuali penali, ha affermato che l'inapplicabilità dell'istituto della messa alla prova ai processi in corso, in cui sia stata già dichiarata l'apertura del dibattimento, è conseguenza non della mancanza di retroattività della norma penale ma del normale regime temporale della norma processuale, retto dal principio tempus regit actum in questione, che potrebbe essere derogato da una diversa disciplina transitoria ma la cui mancanza non è censurabile in forza dell'art. 7 CEDU mentre l'opposto principio di retroattività della lex mitior riguarda esclusivamente le norme penali e, quindi, la fattispecie incriminatrice e la pena Corte Cost. sent. n. 240 del 2015 e n. 236 del 2011 . Analogamente, in materia civile, la Corte Costituzionale ha più volte chiarito che le decadenze e le preclusioni processuali possono essere liberamente modificate dal legislatore anche se la procedura è iniziata, con il solo limite della non manifesta irragionevolezza della disciplina dettata e, quindi, della sua idoneità a non pregiudicare o gravemente comprimere posizioni soggettive preesistenti ex multis, Corte Cost., sent, n. 309 del 2008 . 3. Le peculiarità del diritto processuale penale in relazione al principio in esame sono state più volte sottolineate dalla giurisprudenza di legittimità, consapevole della difficoltà dell'individuazione della natura puramente processuale o anche sostanziale di alcune disposizioni incidenti sul processo. Il procedimento penale e', infatti, caratterizzato non solo dalla correlazione tra più attività poste in essere da soggetti distinti, ma dalla compresenza di norme regolatrici aventi contenuto e finalità molto diverse tra di loro, la cui considerazione appare utile ai fini dell'individuazione del regime giuridico dell'atto da compiersi nella vigenza di una nuova disposizione. In questa ottica, si è generalmente esclusa la possibilità di aderire ad una visione parasostanziale delle norme processuali, tale da incrinare salva espressa disciplina transitoria la regola del tempus regit actum Sez. U, n. 44895 del 17/07/2014, Pinna, Rv. 260927 Sez. U, n. 27919 del 31/03/2011, Fulle, Rv. 250169, in tema cautelare Sez. U, n. 24561 del 30/05/2006, A., Rv. 233976, in tema di esecuzione , ma si è al contempo imposta un'attenta ricognizione del contenuto delle singole innovazioni, così da rapportarsi in modo ragionevole alla ricostruzione della disciplina regolatrice della specifica attività processuale in sé considerata nei casi di successione di norme nel tempo. Si e', in particolare, specificato che, ai fini dell'applicazione del principio tempus regit actum, occorre distinguere a seconda se si abbia a che fare con un atto processuale già perfezionatosi e che abbia già prodotto i propri effetti prima dell'entrata in vigore della nuova legge ovvero con un'attività plurifasica, o comunque con un rapporto processuale o un procedimento che si protragga nel tempo e si articoli in una pluralità di atti, che sia ancora in atto e non sia ancora pervenuto ad una conclusione al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina . Mentre nel primo caso l'atto rimane indifferente rispetto alla nuova normativa e mantiene inalterati i propri effetti, come prodottisi in conformità alla disciplina previgente giusta il principio del fatto esaurito , nel secondo caso, ferma la perdurante validità degli effetti già prodottisi degli atti ormai compiuti , gli atti del procedimento che siano posti in essere sotto l'operatività della nuova legge non possono che essere regolati dalla nuova disciplina. Diversamente opinando, tutti i procedimenti pendenti continuerebbero ad essere regolati sempre e soltanto dalle norme vigenti al momento della relativa instaurazione, con conseguente efficacia differita delle nuove norme in contrasto con la disposizione dell'art. 11 preleggi Sez. 6, n. 10260 del 14 febbraio 2019, Rv. 275201 . 4. Si tratta di affermazioni che si attagliano pienamente alla materia delle impugnazioni, nel caso in cui manchino disposizioni transitorie, come ampiamente già evidenziato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236537, che ha operato una rilevante distinzione tra modifiche legislative che attengono alla categoria del regime delle impugnazioni nelle quali rientrano le modifiche legislative relative alla facoltà di impugnazione, alla sua estensione, ai modi ed ai termini per esercitarla e modifiche legislative che, invece, si riferiscono al procedimento di impugnazione. Secondo tale decisione, ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline senza disposizioni transitorie, l'applicazione del principio tempus regit actum impone di fare riferimento al momento di pronuncia del provvedimento da impugnare e non a quello in cui si propone l'impugnazione. In particolare, si sono ritenuti irragionevoli gli esiti ai quali condurrebbe il riferire la legge applicabile a quella vigente al tempo in cui l'atto di impugnazione è proposto, potendosi determinare una asimmetria tra le posizioni di più parti impugnanti, collegata ai tempi, spesso differenti, per la proposizione dell'impugnazione stessa, a loro volta influenzati da eventi casuali o aleatori adempimenti di cancelleria, vicende della notifica ed altro . Si e', peraltro, evidenziata la necessità che l'actus sia individuato ed isolato, sì da cristallizzare la disciplina giuridica ad esso riferibile, avendo l'impugnazione una propria autonomia e una funzione autoreferenziale, che è quella di dare avvio al grado successivo di giudizio. 5. Tali essendo i principi applicabili in materia, va ora esaminata la natura della disposizione incisa dalla modifica legislativa. 5.1. Il legislatore delegato ha disciplinato l'ipotesi dell'impugnazione per i soli interessi civili, introducendo l'innovativa regola del trasferimento della decisione al giudice civile art. 573 c.p.p. , comma 1-bis , dopo la imprescindibile verifica, da parte del giudice penale, della non inammissibilità dell'atto. L'attuale art. 573, il quale continua ad intitolarsi Impugnazione per i soli interessi civili si compone, dunque, di due previsioni quella generale di cui al comma 1 , per la quale L'impugnazione per gli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale , che si riferisce - in contrasto con il titolo della disposizione - al caso in cui oggetto di impugnazione non siano i soli interessi civili ad esempio, quando vi sia l'impugnazione della parte civile e la concorrente impugnazione a fini penali dell'imputato o del pubblico ministero , in tal senso deponendo la eliminazione dell'aggettivo soli dalla previgente formulazione del comma 1, ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 33, comma 1, lett. a , n. 1 e quella del comma 1-bis che si riferisce al caso di impugnazione proposta ai soli effetti civili, come specificato nella rubrica dell'articolo e nello stesso comma 1-bis. La norma, a ben vedere, non interviene sull'individuazione del giudice al quale va presentata l'impugnazione infatti, il trasferimento di competenza, oltre a essere limitato al caso di impugnazione della sola parte civile, è subordinato alla verifica dell'ammissibilità dell'impugnazione che resta di competenza del giudice penale, come del resto avviene nella diversa ipotesi disciplinata dall' art. 578 c.p.p. , comma 1-bis, introdotto dalla L. n. 134 del 2021, art. 2, comma 2, lett. b, e modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 33, comma 1, lett. b, relativo alla declaratoria di improcedibilità per superamento dei termini di cui all' art. 344-bis c.p.p. , commi 1 e 2. In tale ultima ipotesi, peraltro, non si pone alcun problema di successione di leggi nel tempo, perché l'art. 2, comma 3, della citata legge contiene una disposizione transitoria che ne limita l'applicazione ai soli procedimenti di impugnazione con oggetto reati commessi a partire dal 1 gennaio 2020, ai quali il regime dell'improcedibilità si riferisce. 5.2. La ragione di tale scelta si rinviene nel fatto che, a fronte della definitività dei capi della decisione inerenti all'accertamento penale, la sede naturale per la prosecuzione del giudizio per gli interessi civili non può che essere quella civile, nell'ottica della realizzazione di un risparmio di risorse e di una maggiore efficienza giudiziaria nella fase delle impugnazioni penali. Come evidenziato nella relazione illustrativa al decreto attuativo, si è individuata una terza via , mediana rispetto alla soluzione di lasciare al giudice penale il compito di decidere sulla domanda risarcitoria e a quella di imporre una riproposizione della domanda al giudice civile di primo grado, intesa a ridurre il carico di lavoro del giudice penale nella fase delle impugnazioni, assicurando comunque il diritto della parte civile a una decisione sull'azione risarcitoria in tempi non irragionevoli. In altri termini, venuto meno il collegamento tra la pretesa risarcitoria e il processo penale, la tutela degli interessi civili sarà assicurata dalla traslatio della domanda civile nella sua sede naturale, in tal mondo realizzandosi l'esigenza che informa tutta la riforma del processo penale, improntata alla riduzione del carico lavorativo dei giudici dell'impugnazione penale, ferma restando la tutela degli interessi civili. 5.3. L'innovazione legislativa, inoltre, si pone in armonia con il percorso esegetico già tracciato dalla giurisprudenza costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 182 del 2021, con la quale si è dichiarata l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell' art. 578, c.p.p. - sollevate in riferimento all' art. 11 Cost. e art. 117 Cost. , comma 1, in relazione all'art. 6, paragrafo 2, CEDU , agli artt. 3 e 4 della direttiva UE 2016/343 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, e all' art. 48 Carta di Nizza - sul rilievo che, nelle ipotesi disciplinate dalla norma estinzione del reato per amnistia e prescrizione , per non incorrere in violazioni della presunzione d'innocenza dell'imputato, è necessario restringere l'oggetto dell'accertamento al solo diritto del danneggiato al risarcimento del danno, dopo lo spartiacque del giudicato. 6. La delineata natura della disposizione in esame deve essere ora posta in relazione con i richiamati principi espressi da Sez. U, n. 27614 del 29/3/2007, Lista, Rv. 236537, secondo cui, per l'individuazione del momento in cui il giudizio d'impugnazione deve essere governato dalla lex superveniens, deve farsi riferimento alla pronuncia dell'atto impugnato e non alla presentazione dell'impugnazione, posto che solo rispetto al tempus del suo perfezionamento possono essere apprezzati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, i modi e i termini per esercitarla. In particolare, la sentenza ha affrontato la questione del perdurante potere di appello, agli effetti penali, in capo alla persona offesa costituita parte civile avverso la sentenza emessa nei processi relativi ai reati di ingiuria e diffamazione, nonostante l'abrogazione per legge di tale rimedio. Le Sezioni Unite hanno stabilito che l'impugnazione conserva la sua efficacia anche dopo quella data, stante l'assenza di una disciplina transitoria espressa in senso derogatorio. Quindi, il riferimento alla data della sentenza ha trovato una sua collocazione armonica nella considerazione dell'individuazione del momento in cui sorge il diritto all'impugnazione e al correlato affidamento che ha il soggetto legittimato a proporre la stessa impugnazione sulle norme regolanti tale diritto. In altri termini, la questione su cui hanno deciso le Sezioni Unite concerneva l'an del diritto ad impugnare peraltro in un caso in cui tanto l'emissione della sentenza quanto la proposizione dell'impugnazione risalivano ad epoca precedente alla riforma , giacché il problema interpretativo afferiva all'applicabilità ai procedimenti in corso ovvero all'appello già proposto della norma di cui alla L. n. 46 del 2006, art. 9, che aveva abrogato l' art. 577 c.p.p. , sottraendo alla parte civile il potere di proporre gravame agli effetti penali nei casi di ingiuria e di diffamazione. Il riferimento temporale alla disciplina vigente al momento della pronuncia della sentenza è stato giustificato sulla base del fatto che è in rapporto a quest'ultimo actus e al tempus del suo perfezionamento che vanno valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, i modi e i termini per esercitarla . Si è richiamata, al riguardo, l'esigenza di tutela dell'affidamento maturato dalla parte in relazione alla fissità del quadro normativo . Infatti il principio dell'affidamento, come valore essenziale della giurisdizione, che va ad integrarsi con l'altro - di rango costituzionale - della parità delle armi , soddisfa l'esigenza di assicurare ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritti eventualmente già maturati, senza il timore che tali diritti, pur non ancora esercitati, subiscano l'incidenza di mutamenti legislativi improvvisi e non sempre coerenti col sistema, che vanno a depauperare o a disarticolare posizioni processuali già acquisite. Dunque, il potere d'impugnazione trova la sua genesi proprio nella sentenza e non può che essere apprezzato in relazione al momento in cui questa viene pronunciata, con la conseguenza che deve farsi riferimento al regime regolatore vigente in tale momento regime che rimane insensibile a eventuali interventi normativi successivi, non potendo la nuova legge processuale travolgere quegli effetti dell'atto che si sono già prodotti prima dell'entrata in vigore della medesima legge, né regolare diversamente gli effetti futuri dell'atto. D'altra parte - secondo le Sezioni Unite - non bisogna lasciarsi condizionare, nella soluzione della questione in esame, dall'ambiguità della natura dell'atto d'impugnazione. Se è vero che questo, isolatamente considerato, ha carattere istantaneo e natura autoreferenziale - connotati, questi, già sufficienti per ritenere ammissibile nel caso concreto l'appello ex art. 577 c.p.p. proposto dalle parti civili - non è meno vero che l'atto d'impugnazione è la risultante di un'attività preparatoria più lunga, avviata col sorgere del diritto d'impugnare, che è strettamente collegato alla pronuncia della sentenza. Il quadro normativo delle impugnazioni deve, pertanto, essere ricostruito tenendo presente la disciplina del tempo in cui è sorto il relativo diritto. Del principio enunciato dalle Sezioni Unite si è fatta applicazione anche in altri ambiti da parte delle sezioni semplici ad esempio Sez. 1, n. 5697 del 12/12/2014, dep. 2015, Rv. 262355 , in tema di competenza a decidere sul ricorso per cassazione proposto avverso la decisione del magistrato di sorveglianza in tema di reclamo giurisdizionale, emessa nel vigore dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 35-bis , comma 4, nel testo introdotto dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, art. 3, comma 1, lett. b , prima delle modificazioni apportate dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 10 oppure là dove si è affermato che la sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425 c.p.p. , emessa prima dell'entrata in vigore della L. n. 103 del 2017 , modificativa dell' art. 428 c.p.p. , è impugnabile mediante ricorso per cassazione secondo il regime previgente, in quanto le nuove disposizioni, in assenza di disciplina transitoria, trovano applicazione solo per i provvedimenti emessi successivamente all'entrata in vigore del nuovo testo normativo, dovendosi fare riferimento, in tale ipotesi, alla data di emissione del provvedimento impugnato, per stabilire la disciplina applicabile Sez. 5, n. 10142 del 17/01/2018, Rv. 272670 Sez. 1, n. 27004 del 29/04/2021, Rv. 281615 . 7. Dall'analisi della richiamata sentenza delle Sezioni Unite emerge, dunque, che il principio affermato - secondo cui il momento di riferimento rilevante per l'applicazione della regola tempus regit actum è quello della pronuncia del provvedimento impugnato - vale per il caso in cui la nuova normativa intervenga sulla disciplina della facoltà di impugnazione, della sua estensione, dei modi e termini per esercitarla, incidendo sulle aspettative di tutela che il titolare del diritto di impugnazione aveva in tale momento. In quel caso, infatti, era in causa la sussistenza stessa del diritto a impugnare. La fattispecie qui in esame è invece diversa. L'immediata operatività della norma novellata art. 573 c.p.p. , comma 1-bis , non lede in alcun modo il principio di affidamento delle parti nello svolgimento del processo secondo le regole vigenti al tempo del compimento degli atti e della conoscenza del momento in cui sorgono diritti o oneri con effetti per loro pregiudizievoli. 7.1. La nuova disposizione lascia infatti invariata la competenza del giudice penale, destinatario dell'impugnazione, e lascia invariati i criteri di valutazione dell'ammissibilità dell'impugnazione stessa, che non sono quelli civilistici, ma quelli desumibili - per il giudizio di cassazione - principalmente dagli artt. 581,591 e 606 c.p.p. e applicati nella fase penale introduttiva del giudizio. Solo una volta superato il vaglio penalistico di ammissibilità si aprirà la fase di fronte al giudice civile, nella quale sarà possibile la formulazione di nuove conclusioni e la modificazione della domanda ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi dell'illecito civile Sez. 1 civ., n. 7474 del 08/03/2022, Rv. 664524 - 01 , in analogia con quanto già previsto per la translatio iudicii dinanzi al giudice competente per valore in grado di appello in caso di annullamento della sentenza penale ai soli effetti civili, a norma dell' art. 622 c.p.p. Dunque, la formulazione iniziale dell'impugnazione come destinata ad un giudizio interamente penale non pregiudica la posizione della parte civile nell'eventuale prosecuzione del giudizio, condizionata alla sua ammissibilità, di fronte al giudice civile, perché il contenuto dell'atto introduttivo potrà comunque essere adeguato alle diverse regole decisorie, proprie del giudizio civile. In altri termini, sotto il profilo dell'aspettativa di tutela, non vi è alcuna differenza apprezzabile fra la parte civile che abbia proposto ricorso per cassazione avverso una sentenza pronunciata prima dell'entrata in vigore dell' art. 573 c.p.p. , comma 1-bis, e quella che l'abbia proposto avverso una sentenza pronunciata dopo. 7.2. Inoltre, la parte civile non perde, né vede minacciato il suo diritto all'accertamento del danno e all'eventuale riconoscimento della pretesa risarcitoria, restando tale posizione sostanzialmente invariata, a prescindere dall'assegnazione della cognizione al giudice penale o civile, rispetto all'eventualità di un accertamento dell'illecito in sede civile e il giudice civile decide utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile art. 573, comma 1-bis, u.p. . Con il trasferimento dell'appello o del ricorso al giudice civile, l'oggetto dell'accertamento non cambia, ma si restringe, dal momento che la domanda risarcitoria da illecito civile è implicita in quella risarcitoria da illecito penale. Non vi e', pertanto, alcuna modificazione della domanda risarcitoria nel passaggio dal giudizio penale a quello civile, avendo il legislatore previsto la prosecuzione davanti alla sezione civile competente della Corte di cassazione o, per il caso di appello, davanti al giudice o alla sezione civile competente . A ciò può aggiungersi che l'art. 573, comma 1-bis si inserisce in un quadro dei rapporti fra azione civile e azione penale sostanzialmente immutato, dovendosi interpretare alla stregua di una mera precisazione terminologica l'introduzione nell' art. 78 c.p.p. , comma 1, lett. d , - da parte del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 art. 5, comma 1, lett. b , n. 1 , - della locuzione agli effetti civili . All'originaria previsione, secondo cui è requisito di ammissibilità della dichiarazione di Cost. di. parte civile l'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda, si aggiunge semplicemente il riferimento - già scontato nel sistema previgente, non potendo la parte civile interloquire sui profili strettamente penalistici - al fatto che tale domanda è proposta agli effetti civili . 7.3. Ne' può dirsi che le pretese civilistiche subiscano una sostanziale compressione ad opera della nuova normativa. Infatti, anche nel regime previgente - che vede la cognizione del giudice penale - il giudizio è funzionale alla conferma delle sole statuizioni civili, attraverso il completo esame dei motivi di impugnazione proposti dalla parte civile, al fine di verificare l'esistenza dei requisiti costitutivi dell'illecito civile che fonda l'obbligazione risarcitoria o restitutoria. Il giudice penale dell'impugnazione, dunque, è chiamato ad accertare solo la fattispecie aquiliana, senza alcun riferimento a profili inerenti alla responsabilità penale dell'imputato, tenuto conto delle coordinate interpretative poste dal giudice delle leggi come sopra richiamate , ma anche delle applicazioni concrete già operate dalla giurisprudenza di questa Corte. Si è già affermato, infatti, che il giudice penale, allorquando è chiamato a decidere sulle questioni civili, deve utilizzare la regola di giudizio della probabilità prevalente, in luogo di quella fissata nell' art. 533 c.p.p. , comma 1, Sez. 4, n. 37193 del 15/09/2022, Rv. 283739 Sez. 2, n. 11808 del 14 7L 14/1/2022, Rv. 283377 e che, in caso di rinvio al giudice civile individuato a norma dell' art. 622, c.p.p. , trovano applicazione le regole processuali e probatorie proprie del processo civile, atteso che l'accertamento richiesto al giudice del rinvio ha ad oggetto gli elementi costitutivi dell'illecito civile, prescindendosi da ogni apprezzamento, sia pure incidentale, sulla responsabilità penale dell'imputato, non potendo la Corte di cassazione penale neppure enunciare il principio di diritto al quale il giudice civile del rinvio dovrebbe uniformarsi Sez. U, n. 22065 del 4/6/2021, Cremonini, in motivazione . 7.4. L'immediata applicazione dell'art. 573, comma 1-bis, ai giudizi di cassazione in corso, indipendentemente dal momento della pronuncia della sentenza impugnata trova, inoltre, conferma nella scelta legislativa - già ricordata - di non prevedere una disposizione transitoria, a differenza di quanto avvenuto nel caso disciplinato dall' art. 578 c.p.p. , comma 1-bis, in ragione di evidenti ricadute di tipo organizzativo e di sistema che, viceversa, non sono prospettabili con riferimento alla norma in esame, la cui adozione appare ispirata all'esigenza di implementare l'efficienza giudiziaria nella fase delle impugnazioni. 7.5. Essa, inoltre, è coerente con la più recente elaborazione di principi della Corte costituzionale in ordine all'oggetto dell'accertamento che, in nessun caso, potrà più riguardare profili inerenti alla responsabilità penale su cui v. supra, par. 5.3. . 7.6. In ogni caso - come già anticipato - il principio del riferimento al momento della pronuncia del provvedimento impugnato, affermato dalle Sezioni Unite Lista non trova applicazione quanto alle innovazioni normative relative alla disciplina dello svolgimento del giudizio di impugnazione, ritenute immediatamente applicabili per il fatto di essere vigenti al mómento della pronuncia della sentenza di cassazione. 7.6.1. In questo senso, Sez. U, n. 11586 del 30/09/2021, D., dep. 2022, Rv. 282808, ha affermato che la riforma, in grado di appello, della sentenza di assoluzione non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva sia divenuta impossibile per decesso del dichiarante, evidenziando che il quadro normativo di riferimento è mutato per effetto dell'introduzione ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103 , art. 603 c.p.p. comma 3-bis, successiva sia alla sentenza della Corte di appello oggetto di annullamento, sia alla decisione della Corte di cassazione in quel giudizio. E le Sezioni Unite hanno espressamente precisato che la questione esaminata è di diritto intertemporale e non riguarda un singolo atto che abbia esaurito i propri effetti, quale quello di impugnazione, bensì un procedimento ricompreso nel giudizio di impugnazione, ancora non esaurito, rispetto al quale il principio tempus regit actum deve essere riferito al momento in cui l'atto complesso del procedimento stesso viene ad essere compiuto in questo senso, Sez. 5, n. 32011 del 11/06/2019, Rv. 277250 Sez. 6, n. 16860 del 19/03/2019, Rv. 275934 Sez. 6, n. 10260 del 14/02/2019, Rv. 275201 . 7.6.2. Analogamente, la sentenza Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, Matrone, dep. 2018, Rv. 271831 - nell'affermare che la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all'esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti - ha applicato tale principio, fissato dall' art. 620 c.p.p. , comma 1, lett. I , nella formulazione introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 67, a decorrere dal 3 agosto 2017 , nell'ambito di un procedimento nel quale la sentenza impugnata era stata pronunciata il 30 novembre 2016. 7.6.3. Per parte sua, Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 - 02, ha ritenuto applicabile la previsione dell' art. 578-bis c.p.p. secondo cui in caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per intervenuta prescrizione, il giudice d'appello e la Corte di cassazione sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, introdotta dal D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, art. 6, comma 4, ad un procedimento nel cui ambito la sentenza impugnata era stata pronunciata il 17 giugno 2013. Hanno infatti considerato il richiamato art. 578-bis, ai fini della sua applicazione alla confisca per lottizzazione abusiva, come norma processuale attinente al giudizio di impugnazione, attesa la peculiare natura di tale confisca, svincolata, già da prima dell'introduzione dell'art. 578-bis, dalla prescrizione del reato come confermato da Sez. 3, n. 21910 del 07/04/2022, Rv. 283325 - 02 . 7.7. Ne' può dirsi che l'art. 573, comma 1-bis, di cui si discute, sia una norma sulla competenza - con l'applicazione del relativo principio di perpetuatio, ancorata al momento della presentazione dell'atto introduttivo, ovvero, in questo caso, dell'impugnazione - perché attiene alla ripartizione degli affari non fra diversi uffici giudiziari, ma solo fra diverse articolazioni dello stesso ufficio Cass. civ., Sez. U, ord. n. 26296 del 31/10/2008 , Rv. 605187 Cass. civ., Sez. 6, ord. n. 13329 del 26/07/2012 , Rv. 623582 Cass. civ., Sez. 2, n. 316 del 06/02/1971, Rv. 349826 . 8. Deve perciò affermarsi il seguente principio di diritto L' art. 573 c.p.p. , comma 1-bis, introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 33, comma 1, lett. a , n. 2 , in vigore dal 30 dicembre 2022 in forza del D.L. n. 162 del 2022 , convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 , trova applicazione anche nei giudizi di impugnazione per i soli interessi civili introdotti prima o relativi a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore . 9. In applicazione della richiamata disposizione, è dunque necessario procedere allo scrutinio di ammissibilità dell'impugnazione nel caso di specie, secondo i criteri previsti dai già richiamati artt. 581,591 e 606 c.p.p. . Deve a tal fine rilevarsi che i motivi di ricorso appaiono formulati in modo sufficientemente specifico perché logicamente connessi a punti della sentenza di secondo grado compiutamente individuati e sottoposti a critica perché riconducibili, anche sul piano sostanziale, a vizi della motivazione e violazioni di legge compresi nelle categorie dell' art. 606 c.p.p. perché non manifestamente infondati. Essi investono sia la tenuta argomentativa del provvedimento impugnato, con riferimento alla valutazione del quadro istruttorio e agli standard motivazionali cui deve attenersi il giudice di secondo grado che riformi la sentenza di primo grado, sia l'interpretazione delle disposizioni incriminatrici e di connesse norme civilistiche rilevanti. 10. Il ricorso per cassazione deve, in conclusione, essere ritenuto ammissibile, con conseguente rinvio per la prosecuzione del giudizio, ai sensi dell' art. 573 c.p.p. , comma 1-bis, alla sezione civile competente, previa trasmissione degli atti al Primo Presidente per le sue determinazioni sul punto. P.Q.M. Rinvia per la prosecuzione alla sezione civile competente.