Violazione degli obblighi di mantenimento ed effetti del giudicato penale sulla prescrizione

Ove il giudice penale si sia pronunciato sulla responsabilità penale dell'imputato ai sensi dell’art. 570 c.p. e lo abbia condannato al risarcimento dei danni per l’omessa corresponsione dell'assegno di mantenimento, resta soggetto a prescrizione decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c. anche il credito inadempiuto presupposto, perché anche codesto, integrando l’oggetto della statuizione, rimane definitivamente e irrevocabilmente accertato” in conseguenza del passaggio in giudicato della statuizione medesima.

Lo ha affermato la Suprema Corte in un recente sentenza pronunciata nell'ambito di una causa per omesso mantenimento dei figli da parte del padre. Lo stesso opponeva il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale su ricorso della moglie e i giudici, posta la natura periodica della prestazione, ritenevano il credito della donna prescritto ai sensi dell' art. 2948, comma 4, c.c. La statuizione veniva successivamente in parte riformata dalla Corte d'appello, che, posto che il marito era stato condannato per il reato di cui all' art. 570 c.p. con relativa condanna alla moglie costituita parte civile, accoglieva la domanda monitoria per una minor somma comprensiva del credito maturato in data anteriore alla proposizione della querela, essendo giustificabile in termini di risarcimento del danno e come tale soggetta a prescrizione decennale . Con il proprio ricorso in Cassazione, l'uomo si dogliava di come la circostanza della sentenza penale non avrebbe potuto sortire alcun effetto quanto alla prescrizione quinquennale del credito riferito alla prestazione periodica inadempiuta, dichiarando erroneo l'assunto secondo il quale la costituzione di parte civile avrebbe potuto interrompere la decorrenza del termine di prescrizione per i ratei scaduti, quando invece la detta sentenza non aveva comportato la sostituzione del titolo dell'obbligazione azionata in monitorio, discendente dalla sentenza di divorzio, ma solo la nascita di una distinta obbligazione risarcitoria, così da non poter essere valorizzata quale base di una conversione del termine quinquennale di prescrizione di cui all' art. 2948 cod. civ. . La Suprema Corte afferma il principio di diritto per il quale ove il giudice penale si sia pronunciato sulla responsabilità penale dell'imputato ai sensi dell' art. 570 cod. pen. e lo abbia condannato al risarcimento dei danni per l'omessa corresponsione dell'assegno di mantenimento, resta soggetto a prescrizione decennale, ai sensi dell' art. 2953 cod. civ. , anche il credito inadempiuto presupposto, perché anche codesto, integrando l'oggetto della statuizione, rimane definitivamente e irrevocabilmente accertato” in conseguenza del passaggio in giudicato della statuizione medesima . I Giudici rigettano il ricorso ritenendo necessaria solo la correzione della motivazione della sentenza d'appello.

Presidente Acierno – Relatore Terrusi Fatti di causa Il Tribunale di Genova accolse l'opposizione di B.M. contro il decreto ingiuntivo notificatogli a istanza della ex moglie C.D. , sulla base del mancato pagamento del contributo di mantenimento delle figlie nel periodo giugno 2002-novembre 2007. Ritenne prescritto il credito ai sensi dell' art. 2948, comma 4, c.c. , attesa la natura periodica della prestazione. La sentenza è stata parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Genova perché B. era stato condannato in sede penale, per i medesimi fatti integranti il reato di cui all' art. 570 c.p. , con sentenza passata in giudicato il 18-11-2011 sentenza che lo aveva appunto condannato al risarcimento dei danni nei confronti della C. costituitasi parte civile nel processo, con liquidazione in separato giudizio sicché la domanda di condanna avanzata col monitorio doveva trovare accoglimento per la minor somma comprensiva del credito maturato in data anteriore alla proposizione della querela, essendo giustificabile in termini di risarcimento del danno e come tale soggetta a prescrizione decennale decorrente dal mese di agosto 2002, nei limiti indicati dalla sentenza penale irrevocabile facente stato nel giudizio civile. Contro la sentenza d'appello B. ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi. La C. ha replicato con controricorso e memoria. Ragioni della decisione I. - Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell' art. 2948 cod. civ. , in relazione agli artt. 2953 e 2943 stesso codice, giacché la sentenza penale di condanna al risarcimento era da intendere come avente a oggetto il risarcimento del danno materiale sofferto dalla parte civile secondo la domanda in quella sede prospettata cosa che non consentiva di considerare la statuizione come riferita ai ratei scaduti relativi al contributo di mantenimento per le figlie, quanto piuttosto al danno ulteriore, derivante dalla commissione del reato sicché la circostanza della sentenza penale non avrebbe potuto sortire alcun effetto quanto alla prescrizione quinquennale del credito riferito alla prestazione periodica inadempiuta. Col secondo motivo il ricorrente ulteriormente deduce la violazione o falsa applicazione dell' art. 2944 e dall'art. 2953 cod. civ. , per essere la corte territoriale partita dall'erroneo assunto che la costituzione di parte civile, nelle date condizione, avrebbe potuto interrompere la decorrenza del termine di prescrizione per i ratei scaduti di mantenimento, quando invece la detta sentenza non aveva comportato la sostituzione del titolo dell'obbligazione azionata in monitorio, discendente dalla sentenza di divorzio, ma solo la nascita di una distinta obbligazione risarcitoria, così da non poter essere valorizzata quale base di una conversione del termine quinquennale di prescrizione di cui all' art. 2948 cod. civ. Infine col terzo motivo egli censura la sentenza per ultrapetizione o extrapetizione, ai sensi dell' art. 112 cod. proc. civ. , poiché la C. , finanche in sede di gravame, non aveva affatto proposto una domanda risarcitoria, sebbene chiesto unicamente la condanna dell'ex coniuge al pagamento della somma di cui al decreto ingiuntivo a titolo di assegni di mantenimento arretrati dovuti in forza della sentenza di divorzio, sicché la delimitazione della domanda non consentiva alla corte d'appello di statuire nel senso infine indicato. II. - Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente, è infondato, anche se la motivazione della sentenza va integrata e in parte corretta. III. - Occorre muovere dalla considerazione che questa Corte ha affermato il principio secondo il quale la sentenza penale passata in giudicato, che ai sensi dell' art. 570 c.p. condanni l'obbligato in relazione all'omessa corresponsione dell'assegno di mantenimento con riferimento ai mesi per i quali fu sporta denunzia penale, comporta che sono soggetti a prescrizione decennale ai sensi dell' art. 2953 c.c. i crediti oggetto del giudicato penale v. Cass. Sez. 3 n. 18097-05 . Non anche invece naturalmente quelli successivi a tale data, perché tali prestazioni, avendo natura periodica, sono assimilabili alla nozione di pensioni alimentari e sono soggette alla prescrizione quinquennale decorrente dalle singole scadenze, in relazione alle quali sorge l'interesse all'adempimento. IV. - Di tale insegnamento è nel caso concreto essenziale la prima parte, che trova giustificazione nell' art. 2953 c.c. Di essa si impone di chiarire cosa debba intendersi, e cosa abbia inteso dire quel precedente, per crediti oggetto del giudicato penale . L'espressione va associata al testo della norma, che è formulato in modo parzialmente differente ma chiaramente allusivo dell'actio iudicati, in rapporto all'effetto preclusivo determinato dall'accertamento sottostante sono soggetti a prescrizione decennale tutti i diritti per i quali la legge prescrive una prescrizione più breve, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato . L'inciso appena riportato non presuppone l'identità del titolo risarcitorio, come invece nella sostanza reputa il ricorrente a monte del terzo motivo di ricorso, ma semplicemente che gli stessi diritti, in relazione col bene della vita presupposto, siano stati riconosciuti come esistenti, e lo siano stati mediante una sentenza di condanna passata in giudicato. La sentenza può anche contenere una condanna generica al risarcimento dei danni, donde l'azione, in questo caso volta - poi - alla quantificazione del danno, resta soggetta al termine decennale di prescrizione, ex art. 2953 c.c. , con decorrenza dalla data in cui la sentenza di condanna sia divenuta irrevocabile Cass. Sez. 3 n. 405409, Cass. Sez. 3 n. 6070-12, Cass. Sez. 3 n. 6901-15 . V. - Ora la norma va intesa in senso ampio, integrato dall'effetto di giudicato sui diritti, così da imporsi anche e proprio nei casi in cui l'azione di adempimento concerne prestazioni derivanti da un titolo diverso da quello risarcitorio, che tuttavia ne abbia cristallizzato l'accertamento. Ciò trova ampio riscontro nella giurisprudenza di questa Corte in materia di violazioni di obblighi di legge, come quelle finanziarie e doganali v. Cass. Sez. 1 n. 1965-96, Cass. Sez. 1 n. 1980-96 . In definitiva deve essere affermato il seguente principio - ove il giudice penale si sia pronunciato sulla responsabilità penale dell'imputato ai sensi dell' art. 570 c.p. e lo abbia condannato al risarcimento dei danni per l'omessa corresponsione dell'assegno di mantenimento, resta soggetto a prescrizione decennale, ai sensi dell' art. 2953 c.c. , anche il credito inadempiuto presupposto, perché anche codesto, integrando l'oggetto della statuizione, rimane definitivamente e irrevocabilmente accertato in conseguenza del passaggio in giudicato della statuizione medesima. VI. - La motivazione dell'impugnata sentenza va quindi semplicemente corretta laddove ha ritenuto di dover giustificare l'accoglimento della domanda di condanna al pagamento dei ratei arretrati del contributo di mantenimento per la minor somma di 20.947,87 EUR, oltre interessi di mora facendo riferimento a un certo qual nesso con la domanda di liquidazione del danno da reato nel giudizio civile. Al punto 4.3 in fine della motivazione, la corte d'appello ha detto che il tenore del ricorso per decreto ingiuntivo indica chiaramente che le somme richieste sono a titolo di risarcimento del danno e che, quanto alla C. , nella specie si tratta di risarcimento del danno materiale sofferto in ragione della mancata percezione per diversi anni delle somme dovutele come sopra indicate . Questa cosa in effetti non trova giustificazione nella domanda che era stata formulata dall'avente diritto condannare il signor B.M. al pagamento in favore della signora C.D. a titolo di assegni di mantenimento arretrati dovuti n forza della sentenza di divorzio del tribunale di Genova n. 3140/2002 per un importo pari a quanto oggetto del detto provvedimento di ingiunzione . Tuttavia, un simile erroneo riferimento non traduce la statuizione finale in una nullità da extrapetizione, perché l'affermazione è stata fatta a valle di una motivazione altrimenti spesa per dire cioè a che la sentenza di condanna di B. era intervenuta, in sede penale, ai sensi dell' art. 570 c.p. in relazione agli stessi fatti di mancato pagamento del contributo di mantenimento, ovviamente considerati nell'ottica della violazione degli obblighi di assistenza familiare b che il giudizio penale era conseguito a una querela della C. in data 20-10-2006 c che la C. si era costituita parte civile nel procedimento penale d che la domanda in monitorio aveva avuto a oggetto il pagamento delle somme arretrate a titolo di mantenimento delle figlie, secondo la quantificazione operata nella sentenza di divorzio. VII. - Il riferimento all'avere la C. richiesto la conferma del decreto ingiuntivo, che aveva disposto il pagamento delle somme arretrate in forza della sentenza di divorzio, integrava già la domanda suscettibile di esser supportata dal termine decennale di prescrizione. Essendo stato azionato il diritto all'adempimento della prestazione, il termine decennale trovava e trova giustificazione direttamente nell' art. 2953 c.c. , a prescindere dalla qualificazione del sottostante credito come risarcitorio da reato o meno, perché quel che unicamente interessa per la conversione del termine è che il diritto all'adempimento della stessa prestazione e quindi lo stesso diritto sia accertato da una sentenza di condanna, anche solo generica, passata in giudicato. VIII. - Il ricorso è rigettato. Le spese processuali seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima misura di legge. Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.