Si dedica alla famiglia e perciò comincia a lavorare a 35 anni: alla donna va riconosciuto un assegno divorzile più corposo

Per i Giudici non può essere trascurata la riconducibilità della modesta condizione economica della donna alla comune determinazione del suo ruolo e di quello dell’allora marito in famiglia. Rilevante, poi, il riferimento alla sua età, alla sua condizione di salute, alla sua mancanza di capacità professionali.

Assegno divorzile più corposo all’ex moglie che si è dedicata soprattutto alla famiglia e per questa ragione ha cominciato a lavorare tardi, cioè superata la soglia dei 35 anni. Per i Giudici la scelta compiuta dalla donna ha agevolato il marito nella propria carriera ma le è costato un sacrificio rilevante, sia come capacità professionali che come possibilità di guadagni lavorativi. Vittoria piena in Appello per la donna. I giudici di secondo grado le riconoscono, nonostante l’opposizione dell’ex marito, 600 euro al mese come assegno divorzile. Decisivo, secondo i giudici, il raffronto delle situazioni patrimoniale e reddituale dei due ex coniugi. In particolare, è ritenuto evidente lo squilibrio in favore dell’uomo , anche tenendo conto della impossibilità della ex moglie, da sempre dedita alla famiglia e priva di capacità professionali, di procurarsi redditi adeguati . Per certificare la maggiore solidità economica dell’uomo, infine, i giudici sottolineano che egli, ex militare, ha percepito un indennizzo per un drammatico incidente subito in servizio ed è titolare di un trattamento economico determinato da una pensione mensile di 1.600 euro per tredici mensilità, incrementata da un’altra pensione privilegiata, esente da imposte in forza della normativa speciale di favore per le vittime del dovere, per complessivi 3.162 euro . A fare da contraltare alla posizione forte dell’uomo vi è, osservano i giudici, la condizione precaria della ex moglie , occupata solo stagionalmente come cameriera o collaboratrice domestica, con percezione saltuaria di modesti importi, intervallati da periodici assegni di disoccupazione . Per chiudere il cerchio, infine, i giudici d’Appello aggiungono che alla indubbia diseguaglianza economica fra i due ex coniugi ha fatto riscontro il ménage familiare e la partecipazione della ex moglie alla vita domestica durante la lunga vicenda coniugale – durata oltre trent’anni –, quando ella si era dedicata alla cura della famiglia e della prole, avendo iniziato a lavorare stagionalmente solo all’età di 35 anni . Di conseguenza, considerata l’età della donna , che viaggia verso i 60 anni, considerate le sue condizioni di salute, comprovate da documentazione medica , e considerate anche la mancanza di una specifica formazione e la mancanza di competenze professionali , è verosimile, secondo i giudici, ipotizzare che la donna non abbia possibilità, nel corso degli anni, di incrementare la propria capacità di ricavare un reddito dall’attività di pulizie presso terzi . Inutile il ricorso proposto in Cassazione dall’uomo. Inutili le contestazioni da lui proposte in merito agli elementi considerati in Appello per valutarne la solidità e le osservazioni mirate a sostenere la possibilità per l’ex moglie di trovare un lavoro e di ottenere un adeguato reddito. Innanzitutto, l’uomo sostiene sia stato commesso un errore in Appello, errore consistito nell’ aver computato nel calcolo del suo reddito anche quanto percepito a titolo di pensione privilegiata e quindi nell’ aver illegittimamente provveduto ad aumentare l’assegno divorzile all’ex moglie, portandolo da 250 euro mensili, come stabilito in primo grado, a 600 euro mensili . I magistrati di Cassazione ribattono in modo chiaro nessun errore è attribuibile ai giudici d’Appello. Ciò perché è possibile riconoscere e quantificare il contributo , ossia l’assegno divorzile, col fine di consentire al coniuge più debole non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare , anche tenendo conto delle aspettative sacrificate e delle possibilità di miglioramento economico ancora esistenti . Di conseguenza, il riconoscimento dell’assegno di divorzio deve essere correlato all’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge che lo ha richiesto e della impossibilità per lui di procurarseli per ragioni oggettive . Sempre ragionando in questa ottica, la valutazione comparativa implica un evidente riferimento alle condizioni economico-patrimoniali dei due ex coniugi e la valutazione del contributo fornito alla conduzione della vita familiare – e in questo senso alla formazione del patrimonio comune – non può andar disgiunto dalla considerazione del patrimonio oltre che del reddito personale di ciascuno degli ex coniugi, della durata del matrimonio e dell’età del coniuge economicamente più debole . Passando dalla teoria alla pratica, i Giudici della Cassazione chiariscono, replicando alle osservazioni proposte dall’uomo, che l’ammontare della pensione privilegiata integra per lui le entità patrimoniali a disposizione . Di conseguenza, è corretto tener conto anche della pensione privilegiata ai fini del giudizio sulla determinazione dell’assegno divorzile per il coniuge più debole . Su questo punto i Giudici precisano che è vero che la pensione privilegiata percepita dall’uomo non è dipesa direttamente dal contributo fornito dalla ex moglie alla vita matrimoniale, essendo correlata a un indennizzo periodico riconosciuto all’uomo per fatti gravi derivanti dal servizio , ma è altrettanto vero che la relativa percezione è oggettiva e rende ben evidente la ragguardevole discrasia delle condizioni economiche reciproche dei due ex coniugi. Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici sottolineano anche la condizione economica di coniuge più debole riconosciuta alla donna, condizione conseguente alle scelte familiari . E a questo proposito viene sottolineata la riconducibilità della modesta condizione economica della donna alla comune determinazione dei ruoli in famiglia, anche tenuto conto della sua età e della durata del matrimonio .

Presidente Acierno – Relatore Terrusi Fatti di causa La Corte d'appello di Trento, in parziale accoglimento dell'impugnazione proposta da L.D. contro la decisione di primo grado, determinava in 600,00 Euro mensili, rivalutabili annualmente secondo Istat, l'ammontare dell'assegno divorzile posto a carico dell'ex coniuge P.G Motivava la decisione in base al raffronto delle situazioni patrimoniale e reddituale delle parti, considerata incomparabilmente squilibrata in favore del P., tenuto conto dell'impossibilità della ex moglie, da sempre dedita alla famiglia e priva di capacità professionali, di procurarsi redditi adeguati. Secondo la ricostruzione operata dalla corte, P., in qualità di ex carabiniere sopravvissuto all'attentato di Nassiriya, oltre ad aver percepito un indennizzo per tale evento, era titolare di un trattamento economico determinato da una pensione mensile di 1.600,00 Euro per tredici mensilità, incrementata da un'altra pensione privilegiata, esente da imposte in forza della normativa speciale di favore per le vittime del dovere L. n. 232 del 2016 , per complessivi 3.162.94 Euro ciò a fronte della condizione precaria della ex moglie, occupata solo stagionalmente come cameriera o collaboratrice domestica, con percezione saltuaria di modesti importi intervallati da periodici assegni di disoccupazione. La corte d'appello osservava che alla indubbia diseguaglianza economica aveva fatto riscontro il menage familiare e la partecipazione della ex moglie alla vita domestica durante la lunga vicenda coniugale protrattasi dal 1987 al 2018 , quando ella si era dedicata alla cura della famiglia e delle due figlie, avendo iniziato a lavorare stagionalmente solo nel 2001. Donde, considerata l'età della medesima classe 1966 e le condizioni di salute comprovate da documentazione medica, considerata anche la mancanza di una specifica formazione e la mancanza di competenze professionali, era da ritenere verosimile che in futuro la stessa non avrebbe potuto incrementare la propria capacità di ricavare un reddito dall'attività di pulizie presso terzi. In questo quadro, già del resto ritenuto dal tribunale, la corte d'appello rilevava che la composita funzione dell'assegno divorzile non consentisse di determinarlo nella misura stabilita dal giudice di primo grado 250,00 Euro , ma che invece l'assegno medesimo dovesse esser computato nell'importo infine stabilito di 600,00 EUR mensili, rivalutabili annualmente. P. ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrati da memoria. L'intimata ha replicato con controricorso. Ragioni della decisione 1. - Col primo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 1092 del 1973, artt. 67 e 68, il ricorrente lamenta che la corte d'appello abbia operato la quantificazione dell'assegno divorzile erroneamente affermando che nel calcolo della condizione reddituale del ex marito dovesse esser compresa anche la pensione cd. privilegiata dallo stesso percepita per infermità dipendenti dai fatti di servizio, dapprima sotto forma di assegno rinnovabile ai sensi del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 68 e successivamente quale pensione privilegiata ai sensi dell'art. 67 del medesimo D.P.R In tal modo la corte del merito avrebbe fatto rientrare la detta pensione tra le voci di reddito derivanti direttamente dall'attività di lavoro, quando invece essa costituisce una misura risarcitoria, avendo trovato la propria fonte causale in un illecito subito in servizio, determinativo di lesioni permanenti tali da rendere il percipiente inabile al lavoro. Ad avviso del ricorrente la pronuncia sarebbe altresì contraddittoria, avendo simultaneamente escluso dal computo della condizione reddituale le ulteriori somme percepite una tantum a titolo di risarcimento del danno e sarebbe altresì errata nell'affermazione in ordine al difetto di prova del bisogno del ricorrente a una specifica assistenza alla persona, a fronte invece del dato implicitamente desumibile dall'ampia documentazione relativa all'infermità conseguente all'attentato. 2. - Col secondo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell'art. 5 legge div., il ricorrente addebita alla corte d'appello di avere applicato in modo errato i criteri di legge riguardanti la valutazione della condizione economico-patrimoniale, essendo pacifica l'inesistenza in capo al ricorrente di ulteriori fonti di reddito rispetto alla pensione da lavoro, pari a circa 1.600,00 Euro mensili. Da tale punto di vista il ricorrente evidenzia che la ex moglie aveva ripreso a lavorare già nel 2001, all'età di 35 anni, per desumerne che gli ex coniugi non avevano formato alcun patrimonio comune in costanza di matrimonio, considerato che la fonte di reddito di entrambi derivava dal lavoro dipendente svolto da ciascuno negli anni. Non sarebbe stato dunque possibile ricondurre al contributo fornito dalla ex-moglie alla vita matrimoniale quanto percepito dal ricorrente stesso a titolo risarcitorio, a seguito dell'evento tragico di Nassiriya. 3. - Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati unitariamente per connessione, è in parte infondato e in parte inammissibile. 4. - L'errore ascritto alla corte d'appello consisterebbe nell'aver computato nel calcolo del reddito del ricorrente, ai fini dell'art. 5 legge div., anche quanto percepito a titolo di pensione privilegiata, e quindi di aver illegittimamente provveduto ad aumentare l'assegno divorzile alla ex moglie da 250,00 Euro, stabiliti in primo grado, a 600,00 Euro mensili. Viceversa, nessun errore è individuabile nella decisione costì assunta. Dalla giurisprudenza di questa Corte, a proposito della natura assistenziale, oltre che perequativo-compensativa, dell'assegno declinazione del principio costituzionale di solidarietà , deriva la possibilità per il giudice del merito di riconoscere e di quantificare il contributo col fine di consentire al coniuge più debole non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, anche tenendo conto delle aspettative sacrificate e delle possibilità di miglioramento economico ancora esistenti Cass. Sez. U n. 18287-18 . Tale è il criterio guida al quale deve attenersi il giudice del merito. E' stato infatti precisato che il riconoscimento dell'assegno di divorzio deve essere correlato all'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, sulla scorta di criteri equiordinati da porre, in base alla prima parte dell'art. 5 legge div., a parametro sia dell'attribuzione che della quantificazione dell'assegno. 5. - Il giudizio espresso dalla corte d'appello non contrasta coi criteri di legge. La valutazione comparativa implica un evidente riferimento alle condizioni economico-patrimoniali delle parti. E la valutazione del contributo fornito alla conduzione della vita familiare - e in questo senso alla formazione del patrimonio comune - non può andar disgiunto dalla considerazione del patrimonio oltre che del reddito personale di ciascuno degli ex coniugi, della durata del matrimonio e dell'età del coniuge economicamente più debole. 6. - Non è in discussione né può esserlo sul piano razionale che l'ammontare della pensione privilegiata integra, per il ricorrente, le entità patrimoniali a disposizione. Ne segue che non è in contrasto con l'art. 5 legge div. tener conto anche di codeste, ai fini del giudizio sulla determinazione dell'assegno divorzile per il coniuge più debole. E' vero che tali entità non sono dipese direttamente dal contributo fornito dalla ex moglie alla vita matrimoniale, essendo correlate a un indennizzo periodico riconosciuto al P. per i gravi fatti derivanti dal servizio, ma è altrettanto vero che la relativa percezione è oggettiva, e rende ben evidente la ragguardevole discrasia delle condizioni economiche reciproche. La funzione perequativo-compensativa resta identificabile anche in rapporto alla condizione economica del coniuge più debole siccome conseguente alle scelte familiari. E non risulta del resto contrastata l'affermazione della corte territoriale a proposito della riconducibilità della ben più modesta condizione economica della Leita alla comune determinazione dei ruoli endofamiliari, anche tenuto conto della durata del matrimonio e dell'età della medesima. 7. - Integra un accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice del merito, oltre tutto non sindacato sul versante della motivazione nei limiti in cui ciò è consentito dall'attuale art. 360 c.p.c. , n. 5 , l'affermazione che il ricorrente, invece, nel concreto non versa attualmente in una situazione di bisogno di specifica assistenza alla persona, tale da determinare per il futuro la necessità di sostenere costi aggiuntivi. Il ricorso pertanto va rigettato. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 4.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge. Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.