Inammissibile la sospensione del giudizio in attesa della definizione della querela di falso

Il ricorrente proponeva in via principale querela di falso allo scopo che venisse accertata la falsità di alcune firme apposte sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate INPS e chiedeva alla Cassazione di sospendere il procedimento, essendo l'accertamento della falsità un indispensabile antecedente logico-giuridico rispetto alla vicenda. La Suprema Corte ha dato decisione enunciando un importante principio di diritto.

«È inammissibile il ricorso per cassazione che, senza censurare specificamente un error in procedendo o in iudicando della sentenza impugnata, si limiti a richiedere la sospensione del giudizio ai sensi dell'articolo 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione della querela di falso proposta in via principale, dopo la sentenza d'appello, con riguardo agli atti su cui la sentenza medesima si fonda. L'eventuale falsità di tali atti, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può esser fatta valere soltanto come motivo di revocazione, con una compiuta valutazione dell'incidenza delle prove dichiarate false sul merito della controversia. Questa Corte non può procedere a una mera declaratoria d'invalidità e/o nullità dei precedenti gradi di merito, in virtù dell'accertata falsità degli atti». La Corte di Cassazione ha affermato questo principio di diritto in una recente sentenza in materia di contributi relativi alla gestione previdenziale aziende agricole, al cui obbligo di versamento, l'odierno ricorrente veniva condannato dalla Corte territoriale, che disattendeva le sue censure volte a negare la natura di atti pubblici degli avvisi di ricevimento delle missive prodotti in giudizio dall'INPS, ricordando i principi della giurisprudenza di legittimità che ritengono che l'avviso di ricevimento prova, fino a querela di falso, che l'atto sia consegnato al destinatario. Con il proprio ricorso, il suddetto deduceva di aver proposto querela di falso in via principale allo scopo di sentire accertare la falsità delle firme apposte sui quattro avvisi di ricevimento delle raccomandate, dichiarazione che priverebbe di efficacia probatoria gli avvisi di accertamento che l'INPS aveva prodotto come atti interruttivi della prescrizione. Chiedeva quindi venisse sospeso il giudizio in attesa della definizione della controversia riguardante la falsità delle firme. La doglianza è stata tuttavia ritenuta inammissibile dalla Suprema Corte, posto che nessuna censura idonea errore in procedendo o giudicando è stata posta contro l'argomentazione offerta dal Giudice di seconde cure così da poterne giustificare la sua cassazione. Una volta accertata la falsità degli atti con sentenza passata in giudicato, continua la Corte, «è la revocazione, regolata dall'articolo 395, primo comma, numero 2, cod. proc. civ., il solo mezzo per rescindere la sentenza fondata su atti dichiarati falsi».

Presidente Esposito – Relatore Cerulo Fatti di causa 1.- Con sentenza pubblicata il 15 marzo 2017 con il numero 174/2017, la Corte d'appello di Salerno, in parziale accoglimento del gravame interposto dal signor D.D. , ha dichiarato illegittimi e ha annullato l'avviso di addebito numero omissis , notificato il 21 dicembre 2001, per l'importo di Euro 96.043,08, e l'intimazione di pagamento numero omissis , notificata il 4 giugno 2014, per l'importo di Euro 100.035,31. La Corte salernitana ha accertato l'obbligo D. di versare i soli contributi relativi alla gestione previdenziale aziende agricole per gli anni dal 1982 al 1992, oltre agl'interessi e alle somme aggiuntive come per legge, e ha confermato nel resto la decisione pronunciata dal Tribunale della medesima sede numero 2493-2015 , compensando per intero le spese di entrambi i gradi di giudizio. 2.- A fondamento della pronuncia, la Corte territoriale ha disatteso gli argomenti dell'appellante, che si prefiggevano di negare la natura di atti pubblici degli avvisi di ricevimento delle missive prodotte in giudizio dall'INPS la tesi, propugnata anche in fase d'appello, è che si tratti di mere scritture private, suscettibili di essere disconosciute ai sensi dell'articolo 214 c.p.c., con il conseguente onere, per la parte interessata ad avvalersene, di promuovere il giudizio di verificazione. I giudici d'appello, al fine di confutare i rilievi dell'appellante, hanno richiamato i principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte. L'avviso di ricevimento prova, fino a querela di falso, che l'atto sia stato consegnato al destinatario, quando l'atto sia stato consegnato al suo indirizzo e il consegnatario abbia apposto la propria firma, pur se illeggibile, nello spazio dell'avviso di ricevimento relativo alla firma del destinatario o di persona delegata. È ininfluente che, nell'avviso, non sia stata sbarrata la casella riguardante la consegna a mani proprie e che non sia stata indicata la qualità del consegnatario, in quanto tali mancanze non integrano alcuna delle ipotesi di nullità previste dall'articolo 160 c.p.c. La disciplina postale, difatti, non prescrive di annotare sull'avviso di ricevimento l'identità della persona cui è stato consegnato il plico e l'atto pervenuto all'indirizzo del destinatario si deve intendere a lui consegnato, in ragione della presunzione di conoscenza di cui all'articolo 1335 c.c., che può essere superata solo con la prova dell'impossibilità incolpevole di prendere cognizione dell'atto. Correttamente, pertanto, il giudice di primo grado ha ritenuto regolare la notificazione al D. degli atti interruttivi della prescrizione e ha rilevato che il destinatario avrebbe dovuto proporre querela di falso per contestare l'autenticità delle sottoscrizioni apposte in calce agli avvisi di ricevimento. La Corte d'appello soggiunge che il D. non ha sollevato obiezioni di sorta rispetto all'avviso di ricevimento datato omissis , inviato al medesimo indirizzo omissis cui sono giunti gli altri avvisi, di cui si contesta la regolare notificazione. Alla luce di tale dato, riesce davvero difficile comprendere per quale ragione uno solo degli atti inviati al medesimo indirizzo sarebbe stato ritualmente notificato, a differenza di altri che risultano parimenti ricevuti da persone che hanno apposto le loro sottoscrizioni senza obiettare alcunché e, in particolare, senza far valere la mancanza di qualsivoglia collegamento con il destinatario della notifica pagina 9 della sentenza d'appello . La Corte territoriale, poste tali premesse, ha fatto applicazione del D.L. 12 settembre 1983, numero 463, articolo 2, comma 19, convertito, con modificazioni, nella L. 11 novembre 1983, numero 638, che ha sospeso per un triennio i termini di prescrizione relativi ai contributi dovuti o la cui riscossione è affidata a qualsiasi titolo all'INPS o all'INAIL. In aggiunta al termine decennale di prescrizione e alla sospensione triennale sancita dal D.L. numero 463 del 1983, si deve poi tener conto della sospensione che è stata disposta, per un periodo complessivo di otto mesi e un giorno, dai decreti-legge che si sono avvicendati nel 1983, prima di approdare alla disciplina a regime del citato D.L. numero 463 del 1983. La prescrizione si è compiuta per i contributi relativi agli anni 1980 e 1981, ma non per i contributi dovuti per l'anno 1982, in quanto la prescrizione è stata interrotta dall'INPS con le missive pervenute al destinatario il omissis e l' omissis . La indubbia complessità delle questioni controverse e la fondatezza solo parziale delle pretese dell'INPS consentono di ravvisare i presupposti per la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio. 3.- D.D. impugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Salerno, con ricorso notificato il 15 settembre 2017 e affidato a un motivo, illustrato da memoria in prossimità dell'adunanza in camera di consiglio. 4.- L'INPS resiste con controricorso. 5.- Agenzia delle Entrate - Riscossione, già omissis s.p.a., non ha svolto in questa sede attività difensiva. 6.- Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt . 375, comma 2, e 380-bis.1. c.p.c. 7.- Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte. Ragioni della decisione 1.- Il signor D. articola un motivo di ricorso per cassazione, che denuncia, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numeri 3 e 5, c.p.c., violazione di legge, in riferimento agli articolo 221 e seguenti c.p.c. e della L. 8 agosto 1995, numero 335, articolo 3, commi 9 e 10. A sostegno della censura, il ricorrente deduce di aver proposto querela di falso in via principale allo scopo di sentire accertare la falsità delle firme apposte sui quattro avvisi di ricevimento delle raccomandate del omissis , del omissis e del omissis . La querela di falso priverebbe di ogni efficacia probatoria gli avvisi di accertamento che l'INPS ha prodotto come atti interruttivi della prescrizione. Peraltro, gli avvisi di ricevimento si atteggerebbero come scritture private e non come atti pubblici. L'INPS, per giovarsi della documentazione disconosciuta ai sensi dell'articolo 214 c.p.c., avrebbe dovuto instaurare un giudizio di verificazione. Il ricorrente chiede, in conclusione, di sospendere il presente giudizio in attesa della definizione della controversia instaurata dinanzi al Tribunale di Salerno. L'accertamento della falsità delle sottoscrizioni degli avvisi di accertamento rappresenterebbe un indispensabile antecedente logico-giuridico rispetto alla vicenda oggetto del presente giudizio . 2.- L'INPS ha eccepito la manifesta inammissibilità del ricorso, per violazione del principio di specificità dei motivi , e ha chiesto, nel merito, di rigettarlo. 3.- Nella memoria illustrativa, il D. ha specificato che, con la sentenza numero 2139 del 14 giugno 2022, il Tribunale di Salerno ha dichiarato inammissibile, per carenza d'interesse, la querela di falso. La parte ricorrente, nel contestare le motivazioni della pronuncia di primo grado, soggiunge che è in corso di predisposizione atto di appello e ribadisce l'istanza di sospensione del presente giudizio, in attesa della definizione del giudizio sulla querela di falso. 4.- Il ricorso è inammissibile. 5.- Il ricorrente non ha mosso critiche pertinenti alle statuizioni della pronuncia impugnata pagine 5, 6 e 7 , che ha ritenuto imprescindibile la proposizione della querela di falso allo scopo di dimostrare l'estraneità della persona che ha sottoscritto l'avviso alla sfera personale o familiare del destinatario. Pur coltivando anche in sede di legittimità la tesi che gli avvisi di ricevimento siano mere scritture private, suscettibili di essere disconosciute ai sensi dell'articolo 214 c.p.c. pagina 34 del ricorso , la parte ricorrente non ha indirizzato censure idonee contro l'ampia argomentazione delineata a tale riguardo dalla Corte territoriale e, nella memoria illustrativa pagine 4 e 5 , mostra di farla propria, come traspare in modo inequivocabile dal fatto stesso che sia stato promosso un giudizio di querela di falso in via principale. Il motivo di ricorso non denuncia, dunque, alcun error in procedendo o in iudicando in cui sia incorsa la sentenza impugnata, così da giustificarne la cassazione, ed è sotto questo profilo, pertanto, inammissibile. 6.- Il motivo, lungi dal censurare in termini specifici l'erroneità della sentenza impugnata e dall'introdurre una critica deducibile nel giudizio di cassazione, che si atteggia come giudizio a critica vincolata, si limita a far leva su una sopravvenienza la proposizione in via principale, dopo la sentenza d'appello, della querela di falso, con riguardo agli atti posti a fondamento di tale decisione. A tale riguardo, si deve ribadire che, nel giudizio di cassazione, la querela di falso può essere proposta limitatamente agli atti del relativo procedimento, come il ricorso o il controricorso, o ai documenti che possono essere prodotti ai sensi dell'articolo 372 c.p.c., o ai soli vizi di nullità della sentenza per mancanza dei requisiti essenziali, di sostanza o di forma Cass., sez. I, 22 novembre 2006, numero 24856 viene dunque in rilievo la sola nullità che inficia direttamente la sentenza, e non anche la nullità che si è verificata nel processo e che solo indirettamente si riverbera sulla decisione Cass., S.U., 25 luglio 2007, numero 16402 . La querela di falso, per contro, non può riguardare atti e documenti che il giudice di merito abbia posto a fondamento della decisione impugnata o che siano stati prodotti nel giudizio di merito, senza essere stati impugnati per la loro asserita falsità Cass., S.U., 31 maggio 2011, numero 11964 in senso conforme, Cass., sez. lav., 5 marzo 2004, numero 4603 Cass., sez. I, 14 novembre 2001, numero 14147 . Nel giudizio di cassazione, ove si deduca la falsità degli atti del procedimento di merito, dev'essere proposta la querela di falso in via principale, com'è avvenuto nel caso di specie. Dai principi richiamati, questa Corte trae il corollario, rilevante ai fini della soluzione del caso di specie, che l'eventuale falsità degli atti del giudizio di merito, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può esser fatta valere come motivo di revocazione Cass., sez. III, 16 gennaio 2009, numero 986, e 29 gennaio 2019, numero 2343 nello stesso senso, Cass., sez. V, 6 novembre 2020, numero 24846 . Una volta che sia stata accertata la falsità degli atti con sentenza passata in giudicato, è la revocazione, regolata dall'articolo 395, comma 1, numero 2, c.p.c., il solo mezzo per rescindere la sentenza fondata su atti dichiarati falsi. L'apprezzamento dell'incidenza delle prove false sulla sentenza che s'impugna per revocazione travalica i confini di un sindacato di pura legittimità e presuppone un giudizio, instaurato con l'indicazione di specifici motivi articolo 398, comma 2, c.p.c. e contraddistinto da una cognizione piena e dalla possibilità di svolgere ogni più appropriato approfondimento istruttorio. Nel giudizio di cassazione, non si può dar luogo ad una mera declaratoria d'invalidità e/o nullità dei precedenti gradi di merito, in virtù dell'accertata falsità degli atti Cass., sez. III, 27 aprile 2017, numero 10402, e 23 ottobre 2014, numero 22517 . Anche da questo punto di vista, l'odierno ricorso si rivela inammissibile. In caso di accertamento della falsità dei documenti depositati nel giudizio di merito, è la revocazione l'unico strumento che l'ordinamento accorda per rimuovere la sentenza viziata da prove dichiarate false, non potendo questa Corte cassare, sic et simpliciter, la sentenza sulla scorta dell'accertata falsità. Il ricorso per cassazione è dunque un rimedio strutturalmente inidoneo a rimuovere il vizio della falsità degli atti, posti a fondamento della decisione d'appello anche da questo punto di vista, si coglie l'inammissibilità dell'odierno ricorso. 7.- Ne consegue, in ultima analisi, l'inammissibilità del ricorso per cassazione, in applicazione del seguente principio di diritto È inammissibile il ricorso per cassazione che, senza censurare specificamente un error in procedendo o in iudicando della sentenza impugnata, si limiti a richiedere la sospensione del giudizio ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., in attesa della definizione della querela di falso proposta in via principale, dopo la sentenza d'appello, con riguardo agli atti su cui la sentenza medesima si fonda. L'eventuale falsità di tali atti, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può esser fatta valere soltanto come motivo di revocazione, con una compiuta valutazione dell'incidenza delle prove dichiarate false sul merito della controversia. Questa Corte non può procedere a una mera declaratoria d'invalidità e/o nullità dei precedenti gradi di merito, in virtù dell'accertata falsità degli atti . 8.- Il ricorrente deve rifondere all'INPS, parte controricorrente, le spese del presente giudizio articolo 385, comma 1, c.p.c. , che si liquidano nella misura indicata in dispositivo. Non si devono regolare le spese nel rapporto processuale con Agenzia delle Entrate - Riscossione, che non ha svolto attività difensiva. 9.- A norma del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17 , la declaratoria d'inammissibilità del ricorso impone di dare atto Cass., S.U., 27 novembre 2015, numero 24245 dei presupposti per il pagamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l'impugnazione, ove sia dovuto Cass., S.U., 20 febbraio 2020, numero 4315 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna parte ricorrente a rifondere all'INPS le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali e agli accessori di legge. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, comma 1-bis dell'articolo 13, ove dovuto.