In caso di danno c.d. lungolatente, quando sorge il diritto al risarcimento del danno biologico?

Il caso in esame riguarda la richiesta di risarcimento per una trasfusione di sangue infetto, a seguito della quale veniva diagnosticata l’infezione cronica da epatite C.

La Corte di Cassazione accoglie, nel caso di specie, il ricorso incidentale del Ministero della salute, enunciando i seguenti principi di diritto in caso di danno c.d. lungolatente nella specie, contrazione di epatite C, asintomatica per più di venti anni, derivante da trasfusione , il diritto al risarcimento del danno biologico sorge solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell'infezione, in quanto esso non consiste nella semplice lesione dell'integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno in re ipsa , privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica necessario ex art. 1223 c.c. tra evento ed effetti dannosi . ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da lesione della salute secondo le Tabelle di Milano 2018 , ove si accerti la sussistenza, nel caso concreto, tanto del danno dinamico-relazionale cd. biologico quanto del danno morale, il quantum risarcitorio deve essere determinato applicando integralmente i valori tabellari che contemplano entrambe le voci di danno , costituendo duplicazione risarcitoria il riconoscimento di un ulteriore importo a titolo di liquidazione del danno morale, calcolato in una percentuale del danno biologico liquidato . l'eccezione di compensatio lucri cum damno è un'eccezione in senso lato , vale a dire non l'adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all'esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed è, come tale, rilevabile d'ufficio dal giudice, il quale, per determinarne l'esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell'acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio .

Presidente Travaglino – Relatore Rubino Fatti di causa 1. N.P. propone ricorso per cassazione articolato in due motivi, nei confronti del Ministero della Salute nonché della Azienda Ospedaliera omissis , avverso la sentenza della Corte d'Appello di Salerno n. 65 del 2021, depositata e pubblicata il 21.1.2021. 2.Resiste il Ministero della Salute con controricorso contenente anche tre motivi di ricorso incidentale illustrati da memoria. 3. L'Azienda Ospedaliera non ha svolto attività difensive in questa sede. 4. Questa la vicenda giudiziaria, per quanto ancora di interesse - il N. conveniva in giudizio il Ministero della Salute e l'Azienda Ospedaliera indicata, allegando di essersi sottoposto nel 1969 ad una trasfusione di sangue presso gli Ospedali Riuniti di Salerno, a seguito della quale gli veniva diagnosticata l'infezione cronica da epatite C, e di aver subito nel 2001 un aggravamento delle proprie condizioni di salute chiedeva quindi di essere risarcito dei danni conseguenti alla trasfusione - il Tribunale di Salerno rigettava la domanda, assumendo che nel 1969 non era ancora nota l'epatite di tipo C, e che pertanto non potesse porsi a carico dell'amministrazione sanitaria l'obbligo di prevenirne la diffusione - la Corte d'appello di Salerno, con sentenza parziale sull'an, riformava la decisione di primo grado, affermando la carenza di legittimazione passiva dell'Azienda ospedaliera e, quanto alla posizione del Ministero, statuiva che gravava comunque sull'amministrazione sanitaria, già al tempo della trasfusione, l'obbligo di controllare la provenienza e l'utilizzabilità del sangue impiegato per le trasfusioni - all'esito del successivo giudizio sul quantum, il giudice di appello riconosceva in capo all'appellante un danno biologico fondato su una invalidità permanente del 40%, a partire dal 2009, anno in cui la malattia cessava di essere latente e si manifestava in tutta la sua forza, comportando anche la necessità, per il N., di sottoporsi ad un trapianto di fegato. La corte d'appello faceva così decorrere il risarcimento del danno e i relativi accessori a partire da tale data, e condannava il Ministero della Salute, previo un ampio excursus ricostruttivo dello stato della giurisprudenza di legittimità sul punto, a corrispondergli per danno biologico e morale la complessiva somma di Euro 334.902,60. In particolare, procedeva alla liquidazione del danno biologico fondandosi sulle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, sulla base di una percentuale di invalidità del 40%, negando il diritto ad una ulteriore personalizzazione liquidava il danno morale nella misura del 30% del danno biologico riconosciuto. 5. Il ricorso è stato avviato dapprima alla trattazione in adunanza camerale della Sesta Sezione civile e quindi da questa rimesso all'esame della Terza Sezione civile, affinché venisse esaminata la questione della rilevanza del danno latente. 6. Della causa è stato quindi disposto la trattazione in pubblica udienza. 7. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede il rigetto del ricorso principale. Ragioni della decisione Il ricorso principale del danneggiato. 1.Con il primo motivo del ricorso principale, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1226 e 2043 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c. là dove l'ammontare del danno biologico è stato determinato avendo riguardo al tempo in cui la malattia ebbe a manifestarsi in tutta la sua virulenza, e cioè soltanto dal maggio 2009, e non piuttosto nel momento in clú, a seguito della trasfusione di sangue infetto, il ricorrente ebbe a contrarre la malattia cronica. Sostiene che il diritto al risarcimento del danno debba essere retrodatato al momento in cui la condotta antigiuridica è stata posta in essere e quindi all'ottobre 1969 già in quel momento, con la contrazione dell'infezione permanente, lil danneggiato ebbe a subire il danno. Segnala che l'accoglimento della sua ricostruzione sulla decorrenza del diritto al risarcimento del danno in illecito lungolatente avrebbe una consistente ricaduta pratica, comportando un considerevole aumento dell'importo dovuto a titolo di danno biologico, che dovrebbe essere calcolato prendendo a parametro di riferimento la condizione di una persona di anni ventidue, anziché, come è stato fatto, una persona di anni sessantadue ne deriverebbe un aumento in proporzione anche dell'importo liquidato a titolo di danno morale, attualmente quantificato nella misura del 30% del danno biologico, e degli interessi e rivalutazione. 2. Con il secondo motivo di ricorso il N. denuncia la violazione dell' art. 360, comma 1, numero 5 c.p.c. , per omessa motivazione della sentenza nella parte in cui fa decorrere il danno biologico dal momento della manifestazione virulenta della malattia senza indicare l'iter logico giuridico seguito per giungere a quella determinazione. Il ricorso incidentale del Ministero della salute. 3. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,1223,2699 e 2729 c.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3, in quanto la corte d'appello, pur avendo correttamente riportato i più recenti principi di diritto enunciati da questa Corte, quanto alla liquidazione del danno biologico e del danno morale, avrebbe poi errato ad applicarli, al momento della quantificazione, avendo attribuito, a titolo di danno morale, una somma ulteriore rispetto a quanto liquidato per il danno biologico, e ragguagliata al 30% di essa. 4. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 per motivazione apparente, perplessa ed obiettivamente incomprensibile su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. 5. Con il terzo motivo denuncia omessa pronuncia nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,20562041,2697 e 2727 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. criticando la decisione impugnata anche per non avere il giudice d'appello, in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno, detratto da quanto liquidato a titolo risarcitorio, quanto l'odierno ricorrente ha percepito a titolo di indennizzo ex lege n. 210 del 1992. Il ricorrente incidentale illustra il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale congiuntamente. Ricostruisce l'iter per il riconoscimento dell'indennizzo ex lege n. 210 percorso dal N., che dapprima, nel 1997, si è visto riconoscere un importo a titolo di indennizzo per epatite C post trasfusionale, e successivamente, nel 2001, un importo aggiuntivo per la degenerazione dell'epatite in cirrosi epatica con conseguente passaggio ad una categoria diversa dell'infermità e dell'indennità conseguente. Afferma, quanto alla questione della compensatio lucri cum damno tra quanto liquidato a titolo di indennizzo e le somme da corrispondere a titolo di risarcimento del danno, trattarsi di eccezione in senso lato, rilevabile anche d'ufficio ed emergente dagli atti di causa. Sostiene quindi che la corte d'appello avrebbe dovuto, nel dare atto dell'avvenuto riconoscimento in capo al danneggiato dei benefici di cui alla L. n. 210 del 1992 , procedere allo scomputo degli importi percepiti e percipiendi da parte del danneggiato, venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento. 7.Il ricorso principale è infondato. La questione della decorrenza del diritto al risarcimento del danno provocato ad un privato da un illecito lungolatente, costituito anche quel caso da una trasfusione di sangue infetto verificatasi molti anni addietro rispetto alla proposizione della domanda, è stata di recente esaminata e risolta da questa Corte, con sentenza n. 25887 del 2022, i cui principi si condividono appieno e sono idonei a risolvere uniformemente anche la presente controversia. 7.1. In quel caso, ove la controversia aveva ad oggetto pur sempre la contrazione di epatite a seguito di trasfusione effettuata in epoca risalente, la corte d'appello aveva riconosciuto il danno a far data dal sinistro, e il Ministero della Salute aveva proposto ricorso chiedendo che, trattandosi di illecito lungolatente,, il diritto al risarcimento del danno fosse riconosciuto solo a far data dal suo effettivo manifestarsi, accadimento che il Ministero stesso, in quella causa ricorrente, ancorava alla presentazione della domanda di indennizzo. 7.2. Con la sentenza n. 25887 del 2022 questa Corte ha accolto il ricorso del Ministero, affermando il principio di diritto così massimato Il danno biologico non consiste nella semplice lesione dell'integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno in re ipsa , privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica necessario ex art. 1223 c.c. tra evento ed effetti dannosi ne consegue che, in caso di danno c. d. lungolatente nella specie, contrazione di epatite B, asintomatica per più di venti anni, derivante da trasfusione , il risarcimento deve essere liquidato solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell'infezione. . Sulla falsariga di quanto affermato, a posizioni invertite, nella sentenza citata, deve qui ribadirsi che il criterio adottato dalla Corte d'appello, che ha riconosciuto che il danno dovesse essere calcolato dal momento in cui esso si è manifestato e non dall'epoca di contrazione del contagio, è conforme a diritto nonché alle risultanze istruttorie, in base alle quali il N., contagiato come è stato accertato a posteriori da una trasfusione di sangue del 1969, non ebbe, per decenni, alcun sentore di essere stato contagiato, né di ha provato di aver accusato significative conseguenze dinamico-relazionali nel corso di quegli anni precedenti all'emergere della malattia, ‘evolutasi in cirrosi epatica, in tutta la sua violenza. Ai fini della stima del danno, occorre considerare che a nel danno lungo latente, il nesso tra fatto lesivo e conseguenze pregiudizievoli non è sincronico ma diacronico, il che significa che il danno-conseguenza si esternalizza non già immediatamente, bensì dopo un certo lasso temporale, di durata variabile - e, a volte, anche a distanza di anni - dal fatto illecito b finché l'agente patogeno innescato dal fatto illecito non si manifesta, non si realizza alcun danno risarcibile in quanto solo il danno conseguenza costituisce il parametro di determinazione del danno ingiusto. Nel caso di specie, è stato accertato che solo nel 2009 il danno affiorò in tutta la sua virulenza, tanto che il N. dovette essere sottoposto al trapianto del fegato. 7.3. Il danno biologico è stato quindi correttamente risarcito dal suo verificarsi come danno conseguenza. Se il risarcimento fosse stato riconosciuto, come vorrebbe il ricorrente, dal ben più risalente momento del contagio, il risarcimento del danno biologico si risolverebbe, nella sostanza, in un danno in re ipsa, risarcito, sul piano della causalità materiale, sotto il profilo meramente eventistico, del tutto a prescindere dal disposto dell' art. 1223 c.c. , che quel risarcimento consente esclusivamente in relazione alle conseguenze dannose immediate e dirette dell'evento, sul diverso piano della causalità giuridica. La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha da lungo tempo affermato che per danno biologico deve intendersi non la semplice lesione all'integrità psicofisica in sé e per sé, ma piuttosto la conseguenza del pregiudizio stesso sul modo di essere della persona . Il danno biologico misurato percentualmente è pertanto la menomazione all'integrità psicofisica della persona la quale esplica una incidenza negativa sulle attività ordinarie intese come aspetti dinamico-relazionali comuni a tutti ex multis, Sez. 3, Ordinanza n. 19153 del 19.7.2018 . Pertanto il danno da lesione della salute, per essere risarcibile, deve avere per effetto la compromissione d'una o più abilità della vittima nello svolgimento delle attività quotidiane, nessuna esclusa dal fare, all'essere, all'apparire. Se non avesse alcuna di queste conseguenze, la lesione della salute non sarebbe nemmeno un danno medico-legalmente apprezzabile e giuridicamente risarcibile così, ex multis, Sez. 3, Ordinanza n. 7513 del 27.3.2018 . Una diversa soluzione - quale quella suggerita dal ricorrente - risulta, pertanto, come già accennato in premessa, non conforme a diritto, in quanto in primo luogo si consentirebbe, in tal modo, il risarcimento d'un danno in re ipsa, e cioè affermato in astratto e non accertato in concreto dall'altro, tale soluzione finirebbe per accordare il risarcimento del danno limitandosi all'accertamento del nesso di causalità materiale tra condotta illecita ed evento, senza indagare sulla necessaria causalità giuridica tra evento e conseguenze dannose, pur necessaria ai sensi dell' art. 1223 c.c. . Questa Corte infatti, da tempo ha stabilito che il danno risarcibile non è costituito dalla lesione d'un diritto questa è solo il necessario presupposto per l'esistenza del danno, il quale dovrà comunque manifestarsi con una perdita patrimoniale o di altro tipo, ma pur sempre una perdita concreta, inteso tale lemma nella sua più ampia accezione Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4991 del 29/05/1996 , nella cui motivazione si afferma che per il danno biologico non vale la regola che, verificatosi l'evento, vi sia senz'altro un danno da risarcire. Il risarcimento del danno vi sarà se vi sarà perdita di quelle utilità che fanno capo all'individuo nel modo preesistente al fatto dannoso il principio è rimasto fermo nella giurisprudenza di questa Corte, sino alla già ricordata Cass. 7513/08 , cit. . La stessa definizione legislativa di danno biologico esclude ipso facto la risarcibilità del soló evento di danno, consentendola, viceversa, a condizione che la lesione della salute abbia esplicato un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato art. 138 C.d.A. , come riformato dalla L. 124/2017 . Ne consegue che, sotto il profilo dinamico-relazionale, nessun danno risarcibile poteva e doveva ritenersi predicabile nell'an e risarcibile nel quantum da parte della Corte territoriale a far data dalla trasfusione. 7.4. Va altresì sottolineato come i principi appena esposti non si pongono in contrasto con l'affermazione, pure ripetutamente compiuta da questa Coi-te, secondo cui per danno biologico permanente deve intendersi non solo la lesione permanente o temporanea dell'integrità psicofisica, ma anche l'aumentato rischio di contrarre malattie in futuro, ovvero l'aumentato rischio di morte ante tempus Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26118 del 27/09/2021 , Rv. 662498 02 . Ed infatti, quando il danno alla salute consista in tino di questi ultimi pregiudizi, sarà pur sempre necessario, ai fini della risarcibilità, che il danneggiato abbia visto pregiudicate in qualunque modo le proprie attività quotidiane, ovvero almeno che sia consapevole dell'esistenza del contagio, e che questa conoscenza abbia prodotto un apprezzabile turbamento. In mancanza tanto dell'una, quanto dell'altra di queste conseguenze, mancherebbe quella perdita non patrimoniale che, come s'e' detto, rappresenta l'essenza stessa del danno risarcibile. Deve aggiungersi, da ultimo, che la data della presentazione della domanda di indennizzo, se viene in considerazione come data ultima del decorso iniziale della prescrizione per la risarcibilità del danno in capo al danneggiato, non rileva automaticamente anche come data cui associare l'avvenuta produzione del danno conseguenza, in difetto di una prova del verificarsi già a quell'epoca di quei danni alla sfera dinamico relazionale della persona fondanti il diritto al risarcimento del danno biologico. 8. Parimenti è infondato il secondo motivo, che prospetta la medesima questione sotto il profilo del vizio di motivazione, atteso che i fatti segnalati sono stati presi in considerazione nell'iter ricostruttivo, non meramente apparente, seguito dalla corte d'appello. 9. Passando all'esame del ricorso incidentale, il primo motivo del ricorso incidentale, che lamenta l'erronea quantificazione del danno, perché pur essendo stata negata al N., sulla base dell'esame della sua concreta situazione, il diritto ad una ulteriore personalizzazione del danno, è comunque riconosciuto, a parte, il danno morale, e quantificato in una percentuale pari al 30% del biologico, deve essere accolto. La quantificazione del danno non patrimoniale è stata eseguita applicando le tabelle milanesi del 2018, che liquidavano unitariamente danno biologico e danno morale prendendo a base di calcolo il punto percentuale di invalidità, riconoscendo un importo più congruo a titolo di danno non patrimoniale qualora al danneggiato, come in questo caso, fosse stato riconosciuto anche il diritto al risarcimento del danno morale, per la sofferenza interiore legata alla scoperta della malattia. Pertanto, in difetto del riconoscimento del diritto ad una particolare personalizzazione del danno, il danno morale era stato già liquidato all'interno della liquidazione unitaria del danno non patrimoniale che constava, in relazione ad una determinata età del danneggiato e alla percentuale di invalidità, di una componente per il danno biologico più una componente per il danno morale , e l'aumento del 30 % di quanto liquidato a titolo di biologico per il risarcimento del danno morale viene a costituire una duplicazione della liquidazione, non essendo stato riconosciuto il diritto ad un aumento dei valori tabellari in virtù di una particolare personalizzazione del danno. 10. Il secondo motivo del ricorso incidentale, neppure sviluppato nel contenuto della censura, è inammissibile mentre il terzo motivo del ricorso incidentale è fondato. Per consolidato orientamento giurisprudenziale, promanante, proprio in materia di danno da emotrasfusioni e corresponsione di indennizzo, da Cass. n. 20111 del 2014 più volte confermata, da Cass. n. 24177/2020 , da Cass. n. 26757 del 2020 e da ultimo da Cass. n. 23588 del 2022 , L'eccezione di compensatio lucri cum damno è un'eccezione in senso lato, vale a dire non l'adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all'esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed e', come tale, rilevabile d'ufficio dal giudice, il quale, per determinarne l'esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell'acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio . Pertanto, deve ritenersi che, sebbene il Ministero non avesse formulato una formale eccezione in questo senso, laddove la corte d'appello si è trovata a quantificare l'ammontare del risarcimento del danno dovuto al sig. N., avrebbe dovuto procedere a decurtare dall'importo riconosciuto a titolo di danno non patrimoniale l'importo dei ratei percepiti e percipiendi dell'indennizzo ex lege n. 210 del 1992, il cui pacifico riconoscimento in favore del N. era elemento introdotto in causa e non contestato. 11. Il ricorso principale è rigettato, il ricorso incidentale è accolto, nei termini di cui in motivazione. La sentenza è cassata, non avendo fatto corretta applicazione dei seguenti principi di diritto 1 In caso di danno c. d. lungolatente nella specie, contrazione di epatite C, asintomatica per più di venti anni, derivante da trasfusione , il diritto al risarcimento del danno biologico sorge solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell'infezione, in quanto esso non consiste nella semplice lesione dell'integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno in re ipsa , privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica necessario ex art. 1223 c.c. tra evento ed effetti dannosi. 2 Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da lesione della salute secondo le Tabelle di Milano 2018, ove si accerti la sussistenza, nel caso concreto, tanto del danno dinamico-relazionale cd. biologico quanto del danno morale, il quantum risarcitorio deve essere determinato applicando integralmente i valori tabellari che contemplano entrambe le voci di danno , costituendo duplicazione risarcitoria il riconoscimento di un ulteriore importo a titolo di liquidazione del danno morale, calcolato in una percentuale del danno biologico liquidato 3 L'eccezione di compensati lucri cum damno è un'eccezione in senso lato, vale a dire non l'adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all'esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed e', come tale, rilevabile d'ufficio dal giudice, il quale, per determinarne l'esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell'acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio. 12. Atteso che non sono necessari altri accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, in esercizio dei poteri di cui all' art. 384 comma 2 c.p.c. e sulla base dei principi sopra enunciati, come segue - dagli importi che il Ministero della Salute è tenuto a pagare al N. sulla base della sentenza impugnata, deve eliminarsi l'importo di Euro 65.870,10, liquidato in appello a titolo di danno morale - deve procedersi alla compensazione tra le somme dovute dal Ministero al N. e gli importi percepiti e percipiendi da questi a titolo di indennizzo ex lege n. 210 del 1992. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso principale è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente principale risulta soccombente, pertanto è gravato dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002., comma 1 bis dell'art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso incidentale, inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito, dispone che dalle somme che il Ministero della Salute è tenuto a pagare al N. in base alla sentenza di appello si elimini l'importo di Euro 65.870,10, liquidato in appello a titolo di danno morale dispone la compensazione tra le somme dovute e gli importi percepiti e percipiendi dal N. a titolo di indennizzo ex lege n. 210 del 1992. Ferma nel resto la sentenza impugnata. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 6.000,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.