Esce di strada e impatta contro un traliccio ferroviario: responsabile il Comune che ha omesso di installare il guard rail

La condotta colposa del danneggiato, anche se non integra gli estremi del caso fortuito, può però assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno, ex art. 1227 c.c

Così si è espressa la Terza Sezione della Cassazione Civile, nell'ordinanza n. 5116 del 8 novembre 2022 , depositata il 17 febbraio 2023. Il caso. I genitori, in proprio nonché per conto dei figli minori, di un giovane fuoriuscito di strada con la propria auto riportando gravi danni, avevano convenuto in giudizio il Comune proprietario della strada ritenendolo responsabile, sia ai sensi dell' art. 2043 c.c. che dell' art. 2051 c.c. , della causazione del sinistro. Affermavano infatti che l'uscita di strada sarebbe derivata dalla presenza di ghiaccio , imputando al Comune l'omesso spargimento di sale, nonché dalla mancanza di guard rail , sempre imputata al Comune, che avrebbe determinato l'impatto contro un traliccio della ferrovia posto a un metro dalla sede stradale. In primo grado la domanda veniva rigettata e la responsabilità dell'evento attribuita integralmente al conducente dell'auto, per non aver tenuto una condotta di guida adeguata allo stato dei luoghi, ritenendo al contempo insussistente un obbligo a carico del Comune di installare un guard rail. Nel successivo giudizio d'appello, viceversa, venne affermata la responsabilità del Comune , ed attribuito al conducente un concorso di colpa nella misura del 50%. Secondo la Corte d'Appello l' art. 2 D.M. n. 223/1992 prevede implicitamente che i punti pericolosi di qualsiasi viabilità pubblica e tale è stato ritenuto essere la strada comunale ove era avvenuto l'evento, in considerazione della pericolosità del traliccio ferroviario posto a meno di un metro dalla carreggiata anche se preesistenti al predetto D.M. debbano essere muniti di guard rail. Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto che la condotta colposa del conducente non fosse idonea ad integrare gli estremi del caso fortuito , dovendosi quest'ultimo individuare in ciò che interrompe il nesso con il pericolo insito nella cosa e non in ciò che concorre a concretizzare tale pericolo. La sentenza è stata quindi impugnata dal Comune. La natura oggettiva della responsabilità ex art. 2051 c.c Il ricorso è stato rigettato dalla Terza Sezione della Cassazione, che ha anzitutto ritenuto corretta la decisione della Corte d'Appello di affermare la responsabilità del Comune anche sulla base dell' art. 14 del Codice della Strada , ricordando come l'obbligo di proteggere il punto in cui si era verificato il sinistro era imposto sia da regole generiche il C.d.S. , appunto che specifiche il D.M. n. 223/1992 . La circostanza poi che alla causazione dell'evento abbia contribuito la condotta colposa del conducente non è stata giudicata idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo invece accertare con valutazione che spetta al giudice del merito se la presenza di una adeguata barriera avrebbe potuto evitare l'urto con il traliccio ferroviario. Per quanto concerne, in particolare, la struttura della responsabilità ex art. 2051 c.c., che ha natura oggettiva , la Corte ha ricordato come l'onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzi nella duplice dimostrazione dell'esistenza ed entità del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando a carico del custode l'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito. A nulla rilevano altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura insidiosa o la circostanza che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato. Per escludere il nesso causale fra la cosa e il danno , la condotta colposa del danneggiato deve avere caratteristiche di imprevedibilità tali che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa. Il comportamento negligente nel caso di specie l'eccessiva velocità tenuta dal conducente , se può non integrare l'ipotesi del caso fortuito, ben può invece avere rilevanza ai fini della liquidazione del danno, ai sensi dell' art. 1227 c.c. che è norma che, in virtù del richiamo operato dell' art. 2056 c.c. , è operativa anche per la liquidazione della responsabilità extracontrattuale.

Presidente Rubino Relatore Pellecchia Rilevato che 1. Nel 2012, L.S. e G.M., in proprio e per conto dei figli minori I. e L.D., convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bolzano, il Comune di Chiusa, per chiedere l'accertamento della sua responsabilità nella causazione del sinistro occorso a L.S. lungo una strada comunale di collegamento tra strade provinciali, in seguito al quale quest'ultimo aveva subito gravi danni. Esposero che il L. sarebbe uscito di strada per la presenza di ghiaccio sulla sede viaria, andando a collidere contro un traliccio della ferrovia che il Comune convenuto doveva essere ritenuto responsabile, sia ai sensi dell' art. 2051 c.c. , sia ai sensi dell' art. 2043 c.c. , per aver omesso di spargere sale sulla strada ghiacciata e per non aver provveduto all'installazione di un guard rail che impedisse la fuoriuscita di strada e la collisione con il traliccio. Si costituì il Comune di Chiusa, contestando l'an e il quantum della pretesa. Nel procedimento così instaurato intervenne volontariamente la AG, assicuratore per la responsabilità civile del Comune convenuto, aderendo alle difese del proprio assicurato. Istruita la causa mediante ctu, il Tribunale adito, con la sentenza n. 724/2016, rigettò la domanda, attribuendo l'intera responsabilità dell'incidente al L., per non aver tenuto una condotta adeguata allo stato della strada, visibilmente ghiacciata, e in assenza di obblighi del Comune di installare un guard rail nel luogo del sinistro. 2. La Corte d'appello di Trento - Sezione distaccata di Bolzano, con la sentenza non definitiva n. 80/2017, depositata il 16 giugno 2017, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto configurabile la responsabilità del Comune convenuto e ha attribuito all'attore un concorso di colpa del 50%, per non aver tenuto una velocità consona allo stato dei luoghi. In particolare, secondo la Corte territoriale, il D.M. n. 223 del 1992, art. 2 prevede implicitamente che i punti pericolosi di qualsiasi viabilità pubblica, anche se preesistenti al medesimo D.M. e non oggetto di interventi di adeguamento, come la strada comunale ove era avvenuto il sinistro che aveva visto coinvolto il L., debbano essere dotati di guard rail. Pertanto, in base a quanto previsto dall'art. 3 delle Istruzioni tecniche sulla progettazione, omologazione e impiego delle barriere di sicurezza stradale allegate al citato D.M. n. 223 del 1992 , la strada comunale in questione doveva essere considerata zona da proteggere, in considerazione della pericolosità del traliccio ferroviario posto a meno di un metro dalla carreggiata. La pericolosità della strada sarebbe del resto confermata dalla circostanza che, successivamente all'incidente, la strada è stata provvista di barriere di protezione. La Corte ha peraltro ritenuto il Comune responsabile anche ex art. 2051 c.c. , ritenendo che, a fronte di un tratto di strada oggettivamente pericoloso per la presenza, a meno di un metro dal bordo, di un traliccio della ferrovia, la mera condotta colposa del conducente non fosse idonea ad integrare il caso fortuito, dovendosi quest'ultimo individuare in ciò che interrompe il nesso con il pericolo insito nella cosa e non in ciò che concorre a concretizzare tale pericolo. Quindi, con la sentenza definitiva n. 52/2019, depositata l'11 maggio 2019, ha provveduto alla liquidazione del danno a favore di L.S. e degli altri appellanti. Per quel che qui ancora rileva, a favore del primo, la Corte di merito ha riconosciuto, oltre al danno biologico, liquidato applicando le tabelle milanesi e la personalizzazione del danno con riferimento alla verosimile limitazione delle attività sportive e ricreative che, secondo quanto era emerso dall'istruttoria, il L. era solito praticare, anche il danno morale, consistente, secondo i giudici dell'appello, nel danno alla vita di relazione e in una sofferenza interiore conseguente alle lesioni subite estranea a pregiudizi di tipo medico-legale. La Corte ha altresì liquidato in via equitativa, in mancanza di prove sulla loro reale entità, le voci di danno emergenti consistenti nei danni ai vestiti indossati al momento del sinistro ed al veicolo . 3. Avverso entrambe le suddette sentenze propongono ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, il Comune di Chiusa e AG. Resistono con controricorso i signori L.S. e G.M., anche per conto dei figli minori D. e L.I Considerato che 4.1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, della disciplina contenuta nel D.M. n. 223 del 1992 e successive circolari del Ministero dei Trasporti , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. Secondo i ricorrenti, la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l'obbligo, a carico del Comune, di installare un guard rail nel punto del sinistro. Contrariamente a quanto previsto nella sentenza impugnata, tale obbligo non sarebbe imposto dal citato D.M., che si applicherebbe soltanto a strade costruite o restaurate dopo l'entrata in vigore del medesimo decreto. D'altra parte, l'obbligo di installare un guard rail previsto nel decreto non sarebbe nemmeno applicabile per le strade, come quella di specie, in cui vige un limite di velocità inferiore a 70 km/h. Peraltro, per dette strade, l'art. 2 D.M. prevedrebbe solo l'obbligo di incaricare un ingegnere al fine di redigere un progetto riguardante la possibilità o meno di installare barriere protettive. Ne' vi sarebbero altre disposizioni, anche solo di rango secondario, che imporrebbero tale condotta. In particolare l'art. 3 della Circolare del Ministero dei trasporti del 25 agosto 2004 indicato erroneamente dalla sentenza impugnata come art. 3 delle Istruzioni tecniche allegate al D.M. si limiterebbe ad indicare i particolari manufatti meritevoli di essere protetti secondo le previsioni del D.M. n. 223 del 1992, art. 2 e nei limiti dallo stesso previsti. Infine, in assenza di un obbligo previsto dalla normativa, non rileverebbe la circostanza che il Comune di Chiusa, dopo l'incidente abbia installato un guard rail sul tratto di strada interessato. Ciò sarebbe avvenuto a distanza di anni, in occasione di opere di rifacimento del manto stradale e delle relative pertinenze. 4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli art. 2051 c.c. , artt. 40,41 c.p. e art. 111 Cost. e art. 115 c.p.c. ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, in relazione alla ritenuta pericolosità dei luoghi teatro del sinistro e per l'esclusione del caso fortuito, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . La sentenza impugnata non avrebbe fatto buon governo dei principi giuridici che regolano la materia della responsabilità da cose in custodia. Infatti, le controparti non avrebbero assolto all'onere di provare la pericolosità dello stato dei luoghi ove il sinistro si è verificato. La Corte d'appello avrebbe ritenuto sussistente tale pericolosità con una motivazione solo apparente, in violazione dell' art. 111 Cost. . Inoltre, la Corte d'appello non avrebbe tenuto nella benché minima considerazione, senza fornire alcuna motivazione a riguardo, la ctu assunta in primo grado, dalla quale emergeva sia l'assenza di pericolosità della strada, sia la prova positiva del caso fortuito, consistente nella condotta di guida del L., il quale, pur conoscendo la strada per averla percorsa più volte, viaggiava ad una velocità superiore a quella consentita e a quell'a imposta dalle particolari condizioni in cui si trovava il manto stradale. 4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 2059 e 2697 c.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. La Corte d'appello avrebbe riconosciuto il risarcimento del danno morale in capo al signor L. in assenza di prova circa la reale sussistenza di un pregiudizio interiore determinato dall'evento dannoso. 4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 1223 e 1226 c.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 . I giudici di secondo grado avrebbero liquidato equitativamente i danni riportati al vestiario del L. e all'autovettura condotta dallo stesso al momento del sinistro senza prima accertare che l'impossibilità di offrire una prova dell'entità del danno dipendesse da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata. 5. Il primo motivo è infondato. La sentenza impugnata fonda la propria decisione su plurime rationes decidendi. La Corte d'Appello dopo essersi soffermata sul D.M. n. 223 del 1992 ha ritenuto il Comune, comunque, responsabile sulla base dell' art. 14 C.d.S. cfr. pag. 7 della sentenza n. 80/2017 . La sentenza impugnata infatti ha ritenuto che il Comune oltre a rispondere quale custode ai sensi dell' art. 2051 c.c. fosse comunque in colpa per non aver dotato la strada che costeggiava il fossato di una protezione. Pertanto ha ritenuto l'Amministrazione comunale responsabile di non aver segnalato e/o eliminato una situazione di pericolo che andava protetta da un adeguato guard rail. E l'obbligo di proteggere anche il punto in cui si è verificato il sinistro era imposto dal Comune sia da regole generiche che da regole specifiche. In materia di responsabilità ex art. 2051 c.c. , la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicché, ove si lamenti un danno derivante dalla loro assenza o inadeguatezza , la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un'adeguata barriera avrebbe potuto opporre all'urto da parte del mezzo Cass. n. 26527/2020 . Nel caso in esame, i giudici di secondo grado hanno proceduto a verificare in concreto la pericolosità del tratto di strada in cui era avvenuto l'incidente, rilevando che la presenza del traliccio ferroviario posto a poca distanza dalla carreggiata integrava una delle ipotesi per cui la normativa prevista non solo quella amministrativa prevedeva l'apposizione di una barriera di sicurezza. 5.1. Anche il secondo motivo è infondato. La Corte ha seguito un percorso giuridico corretto, che tiene conto dei principi ormai consolidati in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. , di individuazione del fortuito e di rilevanza dell'eventuale condotta colposa del danneggiato. E' stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, da ultimo, con la sentenza n. 20943/2022 che la responsabilità di cui all' art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode. La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e discende dall'accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima tale essendo la struttura della responsabilità ex art. 2051 c.c. , l'onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza ed entità del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando, a carico del custode - come dettol'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito nell'ottica della previsione dell' art. 2051 c.c. , tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo causale della derivazione del danno dalla cosa e dell'eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito , senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura insidiosa o la circostanza che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato trattandosi di elementi consentanei ad una diversa costruzione della responsabilità, condotta alla luce del paradigma dell' art. 2043 c.c. al cospetto dell' art. 2051 c.c. , la condotta del danneggiato può rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all'origine del danno al riguardo, deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in c ustodia e l'agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa giova richiamare, al riguardo, le lucide considerazioni svolte da Cass. n. 25837/2017 già recepite, fra le altre, da Cass. n. 26524/2020 e da Cass. n. 40 35/2021 , secondo cui la eterogeneità tra i concetti di negligenza della vittima e di imprevedibilità della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode. Questa è infatti esclusa dal caso fortuito, ed il caso fortuito è un evento che praevideri non potest. L'esclusione della responsabilità del custode, pertanto, quando viene eccepita dal custode la colpa della vittima, esige un duplice accertamento a che la vittima abbia tenuto una condotta negligente b che quella condotta non fosse prevedibile. La condotta della vittima d'un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata. Stabilire se una certa condotta della vittima d'un danno arrecato da cose affidate alla custodia altrui fosse prevedibile o imprevedibile è un giudizio di fatto, come tale riservato al giudice di merito ma il giudice di merito non può astenersi dal compierlo, limitandosi a prendere in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima . Occorre anche precisare che, essendo la funzione del guard-rail quella di evitare che qualsiasi condotta di guida non regolare possa portare il mezzo in transito a pericolose uscite fuori dalla sede stradale, la mancanza del guard-rail rende potenzialmente dannosa la normale utilizzazione della res, così integrando il requisito richiesto per la responsabilità ex art. 2051 qualora la cosa custodita sia di per sé statica e inerte Cass. civ. Sez. III, Sent., 22/03/2011, n. 6537 , Cass. civ. Sez. III, 13-03-2013, n. 6306 . Nel caso specifico l'incidente stradale che si è verificato la Corte d'Appello ha ritenuto fonte di pericolo il traliccio, cfr. pag. 13 sentenza impugnata , non può essere ritenuto che sia imprevedibile e imprevenibile sussistendo, di norma, la possibilità di apporre una protezione di sicurezza o, almeno, di segnalarlo adeguatamente pertanto deve ritenersi che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che l'incidente sia originato dalla prevedibile e prevenibile interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l'agire umano. E comunque, ciò non significa che tale condotta -ancorché non integrante il fortuitonon possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma ciò non può avvenire all'interno del paradigma dell' art. 2051 c.c. , bensì ai sensi dell' art. 1227 c.c. operante, ex art. 2056 c.c. , anche in ambito di responsabilità extracontrattuale , ossia sotto il diverso profilo dell'accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate ex art. 1227 c.c. , comma 1 , sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l'attore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza ex art. 1227 c.c. , comma 2 , fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un'espressa eccezione della controparte. Deve dunque affermarsi che, ove sia dedotta la responsabilità del custode per un incidente stradale in corrispondenza di una situazione di pericolo stradale, l'accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell' art. 2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini de la riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell' art. 1227 c.c. , commi 1 o 2 , richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell'evento di danno . Pertanto, queste sono le coordinate giuridiche della responsabilità ex art. 2051 c.c. che la Corte di Appello ha, correttamente identificato. 5.1.1. Per quanto riguarda poi la censura relativa al fatto che nel caso di specie, tuttavia, il ctu aveva evidenziato che in base alle particolari condizioni del tratto di strada in questione rettilineo, con ampia visibilità nei confronti dei veicoli provenienti dalla parte opposta, pressocché pianeggiante , il rischio di uscita di strada era estremamente modesto e che pertanto tale evento doveva essere ricondotto esclusivamente ad una perdita di controllo connessa con la velocità tenuta e con il comportamento di guida del conducente. La Corte ha con motivazione scevra da qualsivoglia vizio indicato i criteri per cui ha scelto di discostarsi dalle conclusioni della relazione peritale. Al riguardo, si deve ribadire che valutazioni espresse dal c.t.u. non hanno efficacia vincolante per il giudice e che detto giudice può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo indicare in particolare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico - giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u. Cass. 19661/2006 14849/2004 1 3468/2000 . 5.2. Anche il terzo e quarto motivo, che sono invece diretti a censurare il quantum del risarcimento disposto dalla Corte d'appello sono infondati, oltre che per quanto detto nel motivo precedente, in quanto la Corte d'Appello ha applicato correttamente, e con motivazione scevra da qualsivoglia vizio logico giuridico, i principi espressi da questa Corte. In materia di responsabilità civile, la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale deve essere interpretata nel senso che esso può riferirsi a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica, con conseguente obbligo, per il giudice di merito, di tenere conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze in peius derivanti dall'evento di danno, nessuna esclusa, e con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici ne deriva che, a fini liquidatori, si deve procedere ad una compiuta istruttoria finalizzata all'accertamento concreto e non astratto del danno, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, valutando distintamente, in sede di quantificazione del danno non patrimoniale alla salute, le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera interiore c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione rispetto agli effetti incidenti sul piano dinamico-relazionale che si dipanano nell'ambito delle relazioni di vita esterne , autonomamente risarcibili Cfr. Cass. 23469/2018 . L'esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito Cass. 5090/2019 . Nel caso di specie la Corte d'Appello ha adeguatamente motivato cfr. pag. 10 sentenza impugnata . 6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. 7. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti processuali a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315 per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra le innumerevoli altre successive Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 5.500 oltre 200 per esborsi, accessori di legge e spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.