Ad inchiodare l’uomo sotto processo sono le parole delle sue vittime, due ragazze minorenni. I loro racconti, difatti, rendono inequivocabile il deprecabile significato dei gesti compiuti dall’uomo e mirati a molestare le minorenni.
Catalogato come violenza sessuale il palpeggiamento a tradimento del fondoschiena di una donna. Evidente, secondo i Giudici, non solo la natura dell’azione compiuta, nel caso specifico, da un uomo ai danni di due ragazze minorenni ma anche l’intrusione nella sfera intima della persona presa di mira. A finire sotto processo è un uomo, accusato di avere molestato due ragazze minorenni che erano intente ad assistere ad un evento musicale. Ricostruito, grazie alle dichiarazioni delle due ragazzine, l’episodio, i giudici di merito ritengono doverosa, sia in primo che in secondo grado, la condanna dell’uomo sotto processo, colpevole di violenza sessuale e sanzionato in Appello con venti mesi di reclusione. Col ricorso in Cassazione l’avvocato che difende l’uomo prova a mettere in discussione la pronuncia di condanna, arrivando addirittura a mettere in dubbio la realtà della violenza sessuale addebitato al suo cliente. Su questo punto, difatti, il legale sostiene che la condotta contestata, cioè il palpeggiamento dei glutei delle due ragazzine, non è realmente avvenuta, in quanto tale circostanza è stata smentita dalle stesse ragazzine . Per i Giudici di Cassazione, però, l’obiezione difensiva è assolutamente fragile, poiché, come certificato nella pronuncia d’Appello, alla luce delle dichiarazioni rese dalle persone offese si possono ritenere accertate le condotte contestate all’uomo , ossia cingere la vita con un abbraccio e palpeggiare i glutei di una ragazzina e abbracciare in analoga maniera l’altra ragazzina, spostando la mano verso il basso cercando di palpeggiarle i glutei . Questi comportamenti, aggiungono poi i Giudici, sono catalogabili, senza alcun dubbio, come violenza sessuale. Soprattutto tenendo presente il modus agendi dell’uomo, il quale si è avvicinato con estrema disinvoltura alle persone offese, intente ad assistere ad un evento musicale, e, repentinamente, ha cinto i fianchi di una ragazzina e, poi, ha spostato la mano verso il basso palpeggiandole i glutei , e immediatamente dopo, ha cinto i fianchi dell’altra ragazzina, spostando la mano verso il basso con l’evidente finalità di palpeggiarle il fondoschiena. Tirando le somme e considerando le complessive modalità dell’azione ed il contesto in cui si sono realizzati i fatti , è evidente, secondo i Giudici, la natura sessuale delle azioni compiute dall’uomo in maniera repentina e con intrusione nella sfera sessuale delle due vittime .
Presidente Liberati Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15/04/2020, la Corte di appello di Messina confermava la sentenza emessa in data 17/09/2019 dal Tribunale di Messina, con la quale M.S. era stato dichiarato responsabile del reato di cui all' art. 609 bis c.p. commesso nei confronti di due ragazze minorenni, ritenuta l'ipotesi attenuata di cui all'ulteriore comma del predetto articolo e la diminuente di cui all' art. 89 c.p. , e condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.S., a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per travisamento della prova in relazione alla sussistenza del reato di cui all' art. 609 bis c.p. . Argomenta che la Corte territoriale aveva confermato l'affermazione di responsabilità con motivazione illogica e travisamento della prova, avendo ritenuto che la condotta contestata - palpeggiamento dei glutei delle persone offesefosse realmente avvenuta, in quanto tale circostanza era stata smentita dalle stesse persone offese. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'applicazione della misura accessoria ai sensi dell' art. 219, comma 3, c.p.p. e omessa motivazione in ordine al motivo di appello di procedere ai sensi dell' art. 603 c.p.p. . Argomenta che nei motivi di appello si era dedotto il difetto di prova in ordine all'accertamento della pericolosità sociale dell'imputato rimesso in libertà in data omissis per aver interamente espiato la pena inflitta con la sentenza di primo grado per l'applicazione della misura di sicurezza di cui all' art. 219 comma 3 c.p. la Corte territoriale aveva reinterpretato la prova centin atti della non pericolosità inoltre, i Giudici di appello erano rimasti silenti in ordine alla richiesta ex art. 603 c.p.p. di disporre ctu al fine di accertare l'eventuale ed attuale pericolosità sociale dell'imputato, così incorrendo in violazione di legge per assoluta mancanza di motivazione. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. 3. Il difensore del ricorrente ha chiesto, a norma del D.L n. 137 del 2020 art. 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020 , la trattazione orale del ricorso, non comparendo, poi, all'udienza fissata. Considerato in diritto 1.II primo motivo di ricorso è inammissibile. La Corte territoriale, riportando e valutando le dichiarazioni rese dalle persone offese, ha ritenuto che le condotte accertate a cingere la vita con un abbraccio e palpeggiare i glutei di una delle persone offese e abbracciare in analoga maniera l'altra persona offesa spostando la mano verso il basso cercando di palpeggiarle i glutei -, integrassero il reato di violenza sessuale contestato cfr pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata i Giudici di appello hanno evidenziato che l'imputato si era avvicinato con estrema disinvoltura alle persone offese, intente ad assistere ad un evento musicale, e, repentinamente aveva cinto i fianchi di una delle ragazze e, poi, spostato la mano verso il basso palpeggiandole i glutei indi, immediatamente dopo aveva cinto i fianchi dell'altra ragazza, spostando la mano verso il basso con l'evidente finalità di compiere analogo gesto. Considerando le complessive modalità dell'azione ed il contesto in cui si erano realizzati i fatti, risultava evidente la natura sessuale degli atti posti in essere, in maniera repentina, con intrusione nella sfera sessuale delle vittime. Le argomentazioni, congrue e non manifestamente incongrue, sono in linea con i principi di diritto affermati da questa Corte in subiecta materia. Va ricordato che nella nozione di atti sessuali, poi, debbono farsi rientrare tutti quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona e ad invadere la sua sfera sessuale in questa facendo rientrare anche le zone erogene con modalità connotate dalla costrizione violenza, minaccia o abuso di autorità , sostituzione ingannevole di persona, ovvero abuso di inferiorità fisica o psichica. Tra gli atti idonei ad integrare il delitto di cui all' art. 609 bis c.p. vanno ricompresi anche quelli insidiosi e rapidi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenzientecome ad es. palpamenti, sfregamenti, baci Sez.3, n. 42871 del 26/09/2013, Rv.256915 la nozione di violenza nel delitto di violenza sessuale non è limitata alla esplicazione di energia fisica direttamente posta in essere verso la persona offesa, ma comprende qualsiasi atto o fatto cui consegua la limitazione della libertà del soggetto passivo, così costretto a subire atti sessuali contro la propria volontà Sez.3, n. 6643 del 12/01/2010,Rv.246186 ai fini della configurabilità del reato di cui all' art. 609 bis c.p. , violenza sessuale, non è, dunque, necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo Sez.3, n. 6340 del 01/02/2006,Rv.233315 . Inoltre, ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, la rilevanza di tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo, anche con finalità del tutto diverse, come i baci o gli abbracci, costituisce oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto in cui l'azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti fra le persone coinvolte, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, del contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante Sez.3, n. 10248 del 12/02/2014, Rv.258588 Sez.3, n. 964 del 26/11/2014, dep.13/01/2015, Ikv.261634 Sez.3, n. 47265 del 08/09/2016, Rv.268280 . A fronte di un percorso argomentativo congruo e corretto, il ricorrente propone, in sostanza, censure in punto di fatto, tese a sollecitare una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità. 2. Il secondo motivo di ricorso è fondato. La motivazione della Corte territoriale, in punto di pericolosità sociale dell'imputato - quale presupposto per l'applicazione della misura di sicurezza di cui all' art. 219 c.p. - non è calibrata sui criteri indicati dall' art. 203 c.p. la predetta norma, dopo avere individuato la cifra qualificante della pericolosità sociale, rilevante agli effetti della legge penale, nella probabilità che il soggetto, che abbia commesso un fatto preveduto dalla legge come reato, ne commetta di nuovi, esige che il relativo accertamento sia compiuto sulla base delle circostanze indicate dall' art. 133 c.p. . Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, agli effetti penali la pericolosità sociale rilevante ai fini dell'applicazione di una misura di sicurezza consiste nel pericolo di commissione di nuovi reati e deve essere valutata autonomamente dal giudice che deve tener conto dei rilievi peritali sulla personalità, sugli effettivi problemi psichiatrici e sulla capacità criminale dell'imputato, per valutare l'effettivo pericolo di recidiva, ma anche degli altri parametri desumibili dall' art. 133 c.p. Sez.1, n. 50164 del 16/05/2017, Rv.271404 - 01 Sez. 1 n. 40808 del 14/10/2010, Rv. 2484401 e si è precisato che il Giudice che ritenga di applicare una misura di sicurezza personale ha l'obbligo di motivare in ordine alla accertata ed attuale pericolosità sociale dell'imputato Sez.6, n. 41677 del 30/09/2010, Rv. 248805 - 01 Sez.5, n. 22193 del 20/02/2008, Rv. 240434 - 01 . Nella specie, la motivazione offerta dalla Corte di appello risulta carente e contraddittoria, in quanto basata solo sulle modalità del fatto fatto, peraltro, ricondotto nella ipotesi di minore gravità di cui all' art. 609 bis, ult. comma, c.p. e sul mero rilievo del disturbo psichiatrico dell'imputato, senza completa valutazione dei parametri di cui all' art. 133 c.p. difetta una specifica valutazione della condotta di vita dell'imputato antecedente, contemporanea e successiva al reato, delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo, della capacità criminale dell'imputato anche alla luce di eventuali precedenti penali e della persistenza ed attualità del suo disturbo psichiatrico che in sentenza, peraltro, si valuta fronteggiabile con adeguata terapia farmacologica, rispetto alla quale si esprime una assertiva prognosi, di segno negativo, circa la spontanea futura adesione al trattamento terapeutico da parte dell'imputato e del suo grado di rilevanza ai fini del giudizio di pericolosità sociale dell'imputato. Deve, pertanto, ribadirsi che il concetto di pericolosità sociale come fissato dall' art. 203 c.p. va riferito alla condizione della persona che ha commesso un fatto-reato o un quasi-reato e si trovi in condizioni per cui è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati la prognosi di pericolosità sociale rilevante agli effetti della legge penale non può limitarsi a richiamare la valutazione criminologica degli esperti, ma deve necessariamente verificare l'esistenza delle condizioni che consentono di affermare un persistente pericolo di commissione in futuro di altri reati, esaminando - di certo - Ma personalità e gli effettivi problemi psichiatrici rilevati dai sanitari ma non obliterando l'analisi dei fatti già commessi dal reo e gli altri parametri stabiliti dalla legge, in primis dall' art. 133 c.p. , per valutare ratione cognita l'effettivo pericolo di recidiva cfr. Sez.1, n. 50164 del 16/05/2017 cit, in motivazione . La motivazione offerta dai Giudici dell'appello sulla questione sollevata con specifico motivo di gravame, si appalesa, dunque, inadeguata e contraddittoria e si traduce nella non corretta applicazione degli artt. 219 e 203 c.p. . 3. In accoglimento del secondo motivo di ricorso, pertanto, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla misura di sicurezza, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina per nuovo giudizio sul punto il ricorso nel resto va dichiarato inammissibile ed ai sensi dell' art. 624 c.p.p. va dichiarata irrevocabile l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura di sicurezza e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Messina. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto ed irrevocabile l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato.