Le Sezioni Unite intervengono sul potere di proroga delle concessioni demaniali marittime

L’art. 1, commi 682 e 683 l. n. 145/2018, in tema di proroga transitoria delle concessioni demaniali marittime ha carattere transitorio ed opera esclusivamente in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle dette concessioni. La sua finalità è quella di contemperare il rispetto degli obblighi comunitari in materia di tutela della libera concorrenza, con l’esigenza di consentire, ai titolari di concessioni valide, l’ammortamento dei propri investimenti, in attesa del riordino legislativo della materia [ ].

[ ] Pertanto, la proroga introdotta per l'anno 2020 deve essere intesa come riferibile alle sole concessioni nuove e a quelle ancora in corso, alla data di entrata in vigore della detta legge, mentre non può essere estesa a quelle scadute. Con la sentenza n. 4591/23, depositata il 14 febbraio 2023, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute per affrontare una complessa questione processuale, correlata al tema molto controverso della proroga delle concessioni demaniali marittime, in attesa dell'adozione di un regime legislativo definitivo. Il fatto. La controversia giudiziale era stata scatenata dal rifiuto di un comune pugliese di concedere il rinnovo della concessione al gestore di uno stabilimento balneare, sul presupposto che la natura stagionale dell'originaria concessione, di cui lo stesso aveva beneficiato, non consentisse una proroga per l'anno 2020. Il provvedimento amministrativo era oggetto di impugnazione innanzi al TAR di Lecce, che però la rigettava. La vicenda, a seguito di impugnazione della pronuncia di primo grado, approdava poi al Consiglio di Stato, che, pur introducendo dei differenti profili di valutazione, finiva per confermare quanto deciso dal primo giudice amministrativo, rigettando le richieste del ricorrente. Secondo il Consiglio di Stato, la concessione di cui aveva beneficiato il ricorrente aveva natura annuale e non di lunga durata e quindi era cessata in data 30/12/2018, ovvero prima dell'entrata in vigore della l. n. 145/2018 , che aveva introdotto una proroga delle concessioni ancora in essere, anche per l'anno 2020. Avverso tale seconda pronuncia, veniva proposto ricorso, innanzi alla Corte di Cassazione. I presupposti dell'eccesso di giurisdizione del giudice amministrativo. Le Sezioni Unite della Corte sono intervenute sulla questione dell'eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo, erroneamente invocato dal ricorrente nel proprio motivo di ricorso, sottolineando come tale eventualità ricorra solo quando il giudice speciale non si sia limitato ad applicare o interpretare una norma esistente, ma ne abbia creata una ex novo , così esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete sentenze n. 36593/2021 e n. 22711/2019 . Se, invece, il giudice si limita ad esplicare il ruolo di interprete, che di fatto gli appartiene, andando a ricercare la ratio posta alla base delle norme considerate, eventualmente anche desumendola non dal tenore letterale del testo normativo, ma piuttosto dalla concreta volontà del legislatore, non potrà mai configurarsi un eccesso di giurisdizione, con conseguente violazione dei limiti esterni della giurisdizione, ma tuttalpiù un error in iudicando , che dev'essere rilevato mediante specifico motivo di ricorso. Il regime transitorio e la ratio della proroga delle concessioni demaniali marittime. Addentrandosi più nel merito della vicenda, le Sezioni Unite chiariscono un altro punto rilevante della vicenda, ovvero la delimitazione della portata dell' art. 1, commi 682 e 683 l. n. 145/2018 , in tema di proroga transitoria delle concessioni demaniali marittime. Accedendo ad una precedente pronuncia della Corte Costituzionale sentenza n. 6/2018 , la Suprema Corte chiarisce che tale disposizione ha carattere transitorio ed opera esclusivamente in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle dette concessioni, che dovrà essere incardinata sul rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, di valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti effettuati. Tale assunto rivela come la finalità del legislatore fosse quella di contemperare il necessario rispetto degli obblighi comunitari in materia di tutela della libera concorrenza, con l'esigenza di consentire, ai titolari di concessioni valide, l'ammortamento dei propri investimenti, in attesa del riordino legislativo della materia. Partendo da tali presupposti la Corte di Cassazione giunge ad affermare che la proroga introdotta dalla legge del 2018, entrata in vigore nel 2019 e valida per l'anno 2020 debba essere intesa come riferibile alle sole concessioni nuove e a quelle ancora in corso, alla data di entrata in vigore del richiamato provvedimento legislativo, mentre non potrà essere estesa a quelle scadute, non ravvisandosi, in quest'ultimo caso, il presupposto oggettivo della tutela dell'investimento effettuato, dal momento che la durata temporale dello stesso si è esaurita, proprio allo scadere della relativa concessione.

Presidente Virgilio – Relatore Fuochi Tinarelli Fatti di causa 1. Con Det. Dirig. 27 luglio 2007, la Regione Puglia concedeva a Z.V. l'utilizzo di un'area, situata in località Omissis del Comune di Omissis , per il periodo dal 1 gennaio 2009 al 31 dicembre 2009, destinata a parcheggio, spiaggia attrezzata e con realizzazione di un chiosco, sulla quale era avviata un'attività stagionale di stabilimento balneare. Negli anni successivi Z.V. - che, peraltro, prospettava di essere titolare della concessione in questione sin dal 1999 - chiedeva, ed otteneva, il rinnovo della concessione di anno in anno, fino, da ultimo, al 30 ottobre 2014. Quest'ultima determinazione, limitativa del periodo attribuito per la valutata esigenza di procedere all'individuazione del concessionario con procedure comparative, era impugnata con ricorso innanzi al TAR Lecce, con cui veniva altresì chiesto il riconoscimento della proroga fino al 31 dicembre 2020 in forza del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, art. 1, comma 18, come modificato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 34 duodecies . Il giudice amministrativo, peraltro, constatato che sulla citata disciplina era stato disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea per valutarne la compatibilità con i principi della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, sospendeva il giudizio fino a che non fosse intervenuta la suddetta pronuncia. Pure la Regione Puglia disponeva, in via di autotutela, la proroga delle concessioni in essere fino alla decisione della Corte di giustizia e, quindi, avviate le procedure di alienazione dei terreni che includevano le aree situate nella Omissis , con successive determinazioni, anno per anno, concedeva al sig. Z. di continuare ad utilizzare il bene in attesa della individuazione dell'acquirente e, poi, fino alla chiusura delle procedure di definizione della dividente demaniale, nel frattempo avviate. 2. Con istanza del 18 aprile 2019 Z.V. chiedeva al Comune di Omissis il rilascio di un provvedimento di proroga della concessione per ulteriori 15 anni ai sensi della L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, commi 675 e 682 che veniva denegato dall'amministrazione comunale per carenza dei presupposti oggettivi e formali, trattandosi di concessione non riconducibile a quella demaniale marittima e, inoltre, carente sul piano procedurale quanto alle modalità di scelta del concessionario. L'impugnazione del diniego era respinta dal TAR della Puglia - sez. staccata di Lecce posto che, estinto il precedente giudizio avverso il provvedimento di rinnovo della concessione fino all'ottobre 2014 per mancata riassunzione, la proroga prevista dal D.L. n. 194 del 2009 non era mai stata applicata per l'efficace apposizione di un termine annuale ai rinnovi concessi, riconosciuti solo per motivi di opportunità, neppure potendosi qualificare l'assegnazione dell'area in termini di concessione demaniale marittima, da cui l'inapplicabilità di quanto stabilito dalla L. n. 145 del 2018 . La decisione era confermata dal Consiglio di Stato che, con la sentenza in epigrafe, riteneva sì, contrariamente al giudice di primo grado, che il provvedimento concessorio avesse ad oggetto un bene demaniale marittimo, ma escludeva a favore della parte la sussistenza dei requisiti oggettivi per il riconoscimento della proroga prevista dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, commi 682 e 683. 3. Per quanto qui rileva, a tale conclusione il Consiglio di Stato perveniva in base al seguente ragionamento a tutti i provvedimenti concessori avevano durata stagionale e definita la concessione rilasciata il 27 luglio 2007 aveva durata limitata alla stagione estiva le concessioni degli anni successivi, fino al 2016, pur con decorrenze differenti, erano per periodi sostanzialmente annuali parimenti limitata era stata la proroga adottata in attesa della decisione della Corte di giustizia pure per il 2017 e 2018 i provvedimenti, mirati ad acconsentire la continuazione del godimento dei beni alle pregresse condizioni avevano termine finale di durata al 31 dicembre tutti i provvedimenti concessori, in ogni caso, avevano validità stagionale atteso, tra l'altro, il costantemente previsto obbligo di rimozione delle strutture al termine della stagione estiva e che al termine di durata della concessione le aree dovevano essere riconsegnate libere da cose e persone la stessa parte era consapevole di tale fatto poiché la sua istanza era per il rinnovo della concessione b il richiamo operato dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 683, al D.L. n. 194 del 2009 non comportava l'applicazione della proroga a tutte le concessioni in atto a quella data se così fosse stato sarebbe bastato indicare la data del 30 dicembre 2009 senza alcun richiamo al D.L. n. 194 del 2009 il riferimento andava pertanto inteso come diretto ad identificare quali fossero le concessioni demaniali marittime destinatarie della nuova proroga, da individuare in quelle che già avevano fruito della precedente ed erano vigenti alla data del 1 gennaio 2019. Ne ha derivato che il ricorrente, in quanto titolare di concessioni di durata annuale o stagionale e non di concessioni di lunga durata con scadenza fino al 31 dicembre 2012, più volte prorogato fino al 31 dicembre 2018 , non aveva fruito, né poteva fruire, della proroga fino al 31 dicembre 2020 prevista dal D.L. n. 194 del 2009, e, quindi, cessata la concessione alla data del 31 dicembre 2018, non poteva neppure fruire della nuova proroga prevista dalla L. n. 145 del 2018 , entrata in vigore dal 1 gennaio 2019. 4. Avverso tale sentenza Z.V. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, cui il Comune di Omissis ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 380.bis.1 c.p.c., con cui ha chiesto il rinvio in attesa della decisione della Corte di giustizia sulla rimessione operata dal TAR Puglia sez. distaccata di Lecce, la cui ordinanza ha depositato con nota del 9 gennaio 2023, e, comunque, il rinvio per la trattazione della causa alla pubblica udienza. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente vanno disattese le richieste di rinvio articolate con la memoria ex art. 380.bis.1 c.p.c. 1.1. Quanto all'istanza in relazione alla pendenza della decisione della Corte di giustizia sull'ordinanza n. 743/2022 del TAR Puglia , la richiesta è inammissibilmente generica neppure essendo specificata la pertinenza della questione ivi sollevata rispetto al presente giudizio, né essendo stato riprodotto il relativo provvedimento, solo tardivamente depositato. In ogni caso, ove la questione risulti riferibile alla compatibilità della disciplina nazionale alle direttive unionali in ispecie, alla direttiva n. 2006/123, cd. direttiva Bolkestein , la problematica risulta non attuale, estranea e neppure pertinente al presente giudizio posto che lo stesso Consiglio di Stato ha esplicitamente escluso la ricorrenza delle condizioni per l'applicazione della disciplina nazionale, concludendo che non v'e' ragione di domandarsi nel presente giudizio se la disposizione sia coerente ai principi dell'Unione Europea . 1.2. Va altresì escluso che sussistano i presupposti per il rinvio della trattazione alla pubblica udienza posto che la questione attiene a profili, in punto di giurisdizione, su cui è dato rinvenire un'ampia e consolidata giurisprudenza di queste Sezioni Unite Cass. S.U., n. 14437 del 2018 , neppure vertendosi in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica Cass. S.U., n. 8093 del 2020 . 2. L'unico motivo di ricorso denuncia eccesso di potere giurisdizionale per superamento dei limiti esterni della giurisdizione, avendo il Consiglio di Stato superato la sfera riservata alla discrezionalità del legislatore, nonché per aver deciso la controversia in violazione dell' art. 73, comma 3 cod. proc. amm. , prescindendo dalle deduzioni ed eccezioni delle parti senza attivare il contraddittorio processuale, realizzando così un diniego di giustizia. 2.1. Sotto il primo profilo sostiene la parte ricorrente che il Consiglio di Stato, nel limitare l'applicabilità della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 683, alle sole concessioni di lunga durata , ha introdotto un requisito non previsto da alcuna norma. Non condivisibile è poi l'assunto, fatto proprio dalla sentenza impugnata, per cui il riferimento al D.L. n. 194 del 2009 operato dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 683, debba intendersi limitato alle concessioni di lunga durata di cui al D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, invece che a tutte le concessioni comunque in atto, posto che le prime sarebbero state di per sé operative alla data del 1 gennaio 2019 in forza della proroga al 31 dicembre 2020. Rileva, in particolare, che l'intento del legislatore del 2018 era quello di protrarre il rapporto di tutte le concessioni vigenti alla data di entrata in vigore del D.L. n. 194 del 2009 a prescindere dalla loro natura di breve o lunga durata e dalle modalità, in concreto, di proroga, mentre la diversa interpretazione del Consiglio di Stato oblitera la distinzione tra i commi 682 e 683 art. 1 cit. 2.2. Sotto il secondo profilo lamenta che la sentenza abbia risolto la controversia - relativa ad una attività vincolata e, quindi, con estensione della cognizione all'intero rapporto ed ai relativi presupposti costitutivi, la cui allegazione è onere delle parti - in relazione alla natura non di lunga durata della concessione, derivandone la non applicabilità dell'estensione temporale prevista dal comma 683 cit., senza preventivamente attivare il contraddittorio con le parti in violazione dell' art. 73, comma 3 cod. proc. amm. 3. Il controricorrente contesta l'ammissibilità e la fondatezza del ricorso. Il Consiglio di Stato si è limitato ad interpretare le norme su cui era incardinato il giudizio ed oggetto delle deduzioni di entrambe le parti ed ha statuito sulla base dei fatti allegati e provati dalle parti, senza nessun rilievo officioso e/o a sorpresa. 4. Il motivo è inammissibile per entrambi i profili dedotti. 5. Quanto al primo profilo, va osservato che in tema di sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni giurisdizionali del giudice contabile o amministrativo, l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete così Cass. S.U., n. 36593 del 2021, Cass. S.U., n. 22711 del 2019, Cass. S.U., n. 32175 del 2018 . Questa ipotesi non ricorre quando il giudice speciale si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto, anche se l'abbia desunta non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela, potendo tale operazione ermeneutica, tutt'al più, dar luogo ad un error in iudicando, non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale così ancora Cass. S.U., n. 22711 del 2019, Cass. S.U., n. 22784 del 2012 . 5.1. Invero, il percorso argomentativo perseguito dal Consiglio di Stato si articola sul complesso delle norme con cui sono state introdotte le diverse proroghe delle concessioni e si fonda su elementi logici, sistematici e letterali. 5.2. In primo luogo, la circostanza che l' art. 1, comma 683, richiami il D.L. n. 194 del 2009 senza ulteriori precisazioni le concessioni di cui al comma 682, vigenti alla data di entrata in vigore del D.L. 31 dicembre 2009, n. 194 , a sua volta il comma 682 dispone Le concessioni disciplinate dal D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, art. 01, comma 1 convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 494 , vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge non può, per ciò solo, escludere che la rilevanza del richiamo sia intesa dal giudice in riferimento al carattere e alla natura delle concessioni come regolate dalla normativa richiamata anziché alla mera data di entrata in vigore della stessa. Coerente e logica, dunque, è l'opzione esegetica del Consiglio di Stato per cui l'indicazione del dettato normativo non poteva equivalere alla sola indicazione della data perché se ciò avesse voluto fare, sarebbe bastato indicare la data del 30 dicembre 2009 senza alcun richiamo al D.L. n. 194 del 2009 , e ciò, tanto più, che proprio il D.L. n. 194 del 2009 , come pure esplicitato dal giudice amministrativo, all'art. 1, comma 18, si riferiva alla proroga - fino al 2020 - del termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della disciplina e rilasciate a seguito di una procedura amministrativa attivata prima del 31 dicembre 2009 in scadenza entro il 31 dicembre 2018. E, del resto, quanto alla natura di lunga durata delle suddette concessioni, il D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, art. 01, comma 2, convertito con modifiche dalla L. 4 dicembre 1993, n. 494 , nel testo ratione temporis vigente nel 2009, prevedeva Le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni . In tal senso, neppure può ritenersi opaco il riferimento al 2012 per la scadenza delle concessioni in essere e soggette a proroga, contenuto nella sentenza impugnata, posto che proprio il suddetto comma era stato abrogato dalla L. 15 dicembre 2011, n. 217, art. 11 in vigore dal 17 gennaio 2012. 5.3. La ricostruzione compiuta dal Consiglio di Stato, inoltre, si ancora ad una evidente prospettiva sistematica, mirata a non ampliare l'ambito dei provvedimenti concessori destinati ad essere beneficiari di proroga solo quelli in essere e solo quelli già oggetto di proroga sono destinatari delle ulteriori misure di estensione temporale. Una tale impostazione, e, quindi, la riconducibilità della statuizione del Consiglio di Stato ad una attività esegetica - nell'alveo delle interpretazioni possibili -, trova anche riscontro nell'interpretazione operata dalla Corte costituzionale della L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, con la sentenza n. 213 del 18 luglio 2011. Nel valutare la legittimità costituzionale di alcune disposizioni regionali in tema di proroga automatica di concessioni demaniali, la Corte ha precisato che detta disposizione ha carattere transitorio, in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento, sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al citato art. 37, comma 2, c.n. La finalità del legislatore è stata, dunque, quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare l'ammortamento degli investimenti nelle more del riordino della materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni . Il logico corollario, pertanto, era nel senso che la proroga ivi prevista si riferiva solo alle concessioni nuove e in corso e non a quelle scadute. In coerente sviluppo, dunque, è la prospettiva del Consiglio di Stato con riguardo alla portata del successivo intervento del 2018. 5.4. Non si ravvisa pertanto lo sconfinamento lamentato il giudice non ha affatto travalicato i limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma ha esercitato, nel definire i presupposti e i limiti di applicabilità della proroga delle concessioni demaniali marittime nella controversia promossa dal sig. Z., l'attività ermeneutica che gli compete come suo proprium, applicando la norma esistente e non una norma da lui creata. Ne' rileva che tale attività interpretativa possa aver dato luogo - nella prospettazione della parte ricorrente - ad un provvedimento abnorme o anomalo, ovvero abbia comportato uno stravolgimento delle norme di riferimento. Infatti, in questi ultimi casi può profilarsi, eventualmente, un error in iudicando, ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione e il presunto errore di interpretazione rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa a prescindere dalla sua gravità, visto che l'interpretazione delle norme costituisce il proprium distintivo dell'attività giurisdizionale v. da ultimo Cass. S.U., n. 29900/2022 , Cass. S.U., n. 36899/2021 , Cass. S.U., n. 27770/2020 . 6. La doglianza è inammissibile anche con riguardo al secondo profilo, con cui vien denunciato, in realtà, un error in procedendo, dunque fuori dal perimetro del giudizio di legittimità per motivi attinenti alla giurisdizione, che resta fermo, come su rilevato, alla verifica dell'eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione. 6.1. Il ricorrente cita la sentenza di questa Corte n. 4297/2013, secondo la quale la violazione o falsa applicazione di norme processuali, può tradursi in eccesso di potere giurisdizionale, denunciabile con ricorso per cassazione, soltanto nei casi in cui l'error in procedendo abbia comportato un radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia . Occorre tuttavia osservare che, in tempi più recenti e dopo il dialogo sul punto con la Corte costituzionale sent. n. 6 del 2018 , la posizione delle Sezioni Unite in merito ai ben circoscritti limiti della verifica consentita alla Corte di cassazione in punto di giurisdizione sui provvedimenti dei giudici speciali è bene espressa da Cass. n. 8311 del 2019 , e successive conformi, secondo la quale L'eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione - che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale -, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i cd. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici conseguentemente, in coerenza con la nozione di eccesso di potere giurisdizionale esplicitata dalla Corte costituzionale sent. n. 6 del 2018 , che non ammette letture estensive neanche se limitate ai casi di sentenze abnormi , anomale ovvero di uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento, tale vizio non è configurabile per errores in procedendo , i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell'esercizio del potere medesimo. 7. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese, regolate per soccombenza, sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, in favore del Comune di Omissis , in complessivi Euro 4.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre Iva ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto. ​