Lui e lei ubriachi e pronti a far festa: ciò non rende meno grave la violenza sessuale compiuta dall’uomo ai danni della donna

Respinta definitivamente la tesi difensiva, mirata a vedere riconosciuta la minore gravità della condotta tenuta dall’uomo sotto processo. Irrilevante il riferimento alla condizione di ubriachezza dell’uomo e della donna, presentatasi già alticcia nel locale dove avvenne poi la violenza. Irrilevante anche il richiamo a una vecchia conoscenza tra l’uomo e la donna e alla disinvolta vita sessuale di lei.

Impensabile considerare meno grave la violenza sessuale perpetrata ai danni di una donna se quest’ultima e l’uomo che l’ha aggredita erano, in quei drammatici frangenti, entrambi ubriachi e pronti a far festa e vantavano una vecchia conoscenza con un bacio risalente a tre anni prima. Irrilevante, aggiungono poi i Giudici, anche il riferimento alla presunta disinvolta vita sessuale della donna. A far scoppiare il caso giudiziario è stato non il fatto in sé, ossia l’accertata violenza sessuale perpetrata da uomo ai danni di una donna sua conoscente, bensì il riconoscimento, fatto dal Gup del Tribunale, della attenuante prevista per i fatti di minore gravità. In sostanza, l’inequivocabile condotta tenuta dall’uomo, e culminata nella costrizione della donna a un rapporto sessuale orale, è stata ritenuta non particolarmente grave, soprattutto tenendo presenti i dettagli dell’episodio e le condizioni psico-fisiche, cioè lo stato di ubriachezza , sia dell’uomo che della donna. Proprio su questo elemento, ossia la presunta minore gravità dell’azione compiuta dall’uomo, si è soffermata l’attenzione dei magistrati nel corso della lunga vicenda giudiziaria, con tanto di doppia tappa in Cassazione. Poco meno di un anno fa è arrivata la decisione con cui i giudici d’Appello hanno sancito la condanna dell’uomo e, soprattutto, hanno escluso l’applicazione dell’attenuante prevista per i fatti di minore gravità. Inevitabile il ricorso in Cassazione proposto dal legale che ha rappresentato l’uomo e che ha richiesto nuovamente di vedere riconosciuta la non particolare gravità della condotta tenuta dal suo cliente, richiamando, a questo proposito, la lontana risalente al 2016 prima sentenza che aveva, in sostanza, evidenziato l’assenza di un rapporto sessuale completo e la minima invasività degli atti l’occasionalità e la brevità del lasso temporale in cui si erano consumate le condotte la modestia della violenza . In particolare, il Gup aveva sottolineato, quasi sette anni fa, che la giovane aveva raggiunto il locale nel cui bagno si era consumata la violenza oltre la mezzanotte e quando era già alticcia e predisposta a una serata festosa . I Giudici di Cassazione hanno ribattuto osservano che in realtà il Gup del Tribunale aveva riconosciuto l’attenuante sì ma solo sulla base della tipologia dell’atto compiuto, senza tener conto di tutti gli altri elementi probatori a disposizione. Quest’ultima sottolineatura è fondamentale, poiché consente di apprezzare i dettagli posti in evidenza in Appello e sottolineati anche in Cassazione. In sostanza, i Giudici hanno escluso che lo stato di ebbrezza dell’uomo fosse un elemento scriminante della condotta e hanno, al contempo, evidenziato che lo stato di ebbrezza della ragazza fosse invece un elemento di maggiore vulnerabilità . Allo stesso tempo, irrilevante la pregressa conoscenza tra l’uomo e la donna che si erano scambiati un bacio , però tre anni prima , anche perché si è appurato che nel locale la donna aveva chiaramente respinto gli approcci sessuali dell’uomo . Prive di valore, infine, le considerazioni della difesa in merito alla disinvolta vita sessuale della donna . Tirando le somme, è palese, secondo i Giudici, la gravità della condotta di violenza perpetrata dall’uomo all’interno del bagno di un locale e consistente nell’imposizione di un rapporto orale, allorché la donna era caduta a terra in seguito a una colluttazione, rapporto terminato per l’eiaculazione precoce dell’uomo e non già per una sua volontaria desistenza . A certificare, infine, la gravità delle azioni compiute dall’uomo è anche la compromissione della libertà sessuale e le conseguenze traumatiche subite dalla donna, la quale ha ben descritto la paura di trovarsi da sola in bagno con l’uomo, senza possibilità di chiedere aiuto e ha raccontato la necessità di essere seguita da uno psicologa dopo il drammatico episodio.

Presidente Marini Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1.Con sentenza in data 21 giugno 2016 il GUP del Tribunale di Modena ha condannato l'imputato alle pene di legge per violenza sessuale aggravata ai danni di una giovane donna, escludendo l'attenuante del fatto di minore gravità. Con sentenza n. 38481 del 20 giugno 2019 la Corte di cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna relativo all'applicazione dell'attenuante1ed ha annullato con rinvio la sentenza impugnata. Con sentenza in data 7 gennaio 2020, confermata con sentenza dell'8 marzo 2022 dalla Corte di appello di Bologna, il GUP del Tribunale di Modena ha invece escluso l'attenuante. 2. Ricorre per cassazione la difesa dell'imputato sulla base di tre motivi. Con il primo deduce la violazione di legge perché il Giudice del rinvio non si era attenuto alla regola di giudizio enunciata dalla Corte di cassazione. Richiama la prima sentenza/ che aveva applicato l'attenuante, evidenziando l'assenza di un rapporto sessuale completo, la minima invasività degli atti, l'occasionalità e la brevità del lasso temporale in cui si erano consumate le condotte, la modestia della violenza. La giovane aveva raggiunto il locale, nel cui bagno si era consumata la violenza, oltre la mezzanotte, già alticcia e predisposta a una serata festosa. Con il secondo denuncia il vizio di motivazione perché non ricorrevano i presupposti per l'esclusione dell'attenuante. Lamenta l'inadeguata analisi delle dichiarazioni dei testi. Con il terzo eccepisce l'apparenza della motivazione perché il Giudice del rinvio non aveva valutato il fatto di minore gravità con riguardo alle modalità della condotta e ai postumi che ne erano seguiti. Considerato in diritto 3. Il ricorso è nel complesso infondato. È pacifico in giurisprudenza che, ai fini dell'applicazione dell'attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall' art. 609-bis c.p. , deve farsi riferimento a una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, in modo da accertare che la libertà sessuale non sia stata compressa in maniera grave e che non sia stato arrecato alla vittima un danno grave, anche in termini psichici tra le più recenti, Sez. 3, n. 50336 del 10/10/2019, L., Rv. 277615-01 . Nel caso in esame, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna, perché il GUP del Tribunale di Modena aveva riconosciuto l'attenuante solo sulla base della tipologia dell'atto compiuto, senza tener conto di tutti gli altri elementi di giudizio, indispensabili alla relativa applicazione. A differenza di quanto prospettato dalla difesa, sia il secondo GUP che la Corte di appello di Bologna hanno scrupolosamente assolto al compito di valutare il fatto nel suo complesso, secondo quanto prescritto né la sentenza di annullamento con rinvio, formulando un argomentato giudizio di non minore gravità del fatto di violenza sessuale. La Corte territoriale ha, infatti escluso che lo stato di ebbrezza dell'imputato fosse un elemento scriminante della condotta e ha al contempo evidenziato che lo stato di ebbrezza della ragazza fosse invece un elemento di maggiore vulnerabilità ha escluso la rilevanza della pregressa conoscenza tra i due che si erano scambiati un bacio tre anni prima, dal momento che la donna aveva chiaramente respinto gli approcci sessuali dell'imputato ha reputato irrilevanti le considerazioni della difesa in merito alla disinvolta vita sessuale della vittima, da cui anche l'irrilevanza delle dichiarazioni dei testi sul punto ha evidenziato, per contro, la gravità della condotta di violenza perpetrata all'interno del bagno del locale, consistente nell'imposizione di un rapporto orale, allorché la donna era caduta a terra in seguito alla colluttazione, terminato per l eiaculazione precoce e non già per la volontaria desistenza dell'uomo infine, ha valutato anche la compromissione della libertà sessuale e le conseguenze traumatiche subite dalla donna, la quale aveva ben descritto la paura di trovarsi da sola in bagno con l'imputato senza possibilità di chiedere aiuto e la necessità di essere seguita da uno psicologo dopo il fatto. In definitiva, i Giudici hanno esaminato tutti gli elementi a disposizione, hanno risposto alle doglianze della difesa e hanno motivato con argomenti immuni da vizi il diniego dell'attenuante del fatto di minore gravità. Alla stregua delle considerazioni esposte, il ricorso va pertanto rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell' art. 616 c.p.p. L'imputato va condannato altresì al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli art. 541 c.p.p. e D.P.R. 30 maggio 2002 art. 110, n. 115. Tali spese devono essere liquidate dal Giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato a mezzo del decreto di pagamento ai sensi degli art. 82 e 83 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 , come stabilito dalle Sez. U n. 5464 del 26/09/2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760-01. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Bologna con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 8 2 e 8 3 disponendo il pagamento in favore dello Stato. In caso di diffusione del presente provvedimento o ettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52 , in quanto imposto dalla legge.