Pronunciandosi sul ricorso di un proprietario che aveva visto respinta la propria domanda di arretramento del fabbricato dei convenuti dal suo, la Cassazione ha ribadito che le norme sulle distanze si applicano anche ai cortili, quindi indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio.
Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze . Lo ha affermato la Corte di Cassazione in accoglimento del ricorso del proprietario di un fabbricato che agiva in giudizio per ottenere dai proprietari di un fondo confinante, l' arretramento del loro fabbricato , costruito a distanza inferiore di quella legale. La domanda veniva respinta dalla Corte d'appello, in riforma della statuizione del giudice di prime cure, che a seguito di una nuova ctu riteneva che lo spazio tra i due fabbricati presentasse le caratteristiche di cortile e non di intercapedine come invece stabilito dalla consulenza svoltasi in primo grado. Col proprio ricorso il proprietario contestava quindi la qualificazione in termini di cortile dello spazio esistente tra i due edifici, ritenendo che tale qualificazione potesse essere riconosciuta unicamente allo spazio interno di un edificio, caso diverso rispetto a quello in esame. Deduceva quindi che dovesse applicarsi la disciplina in materia di distanze tra edifici , ivi comprese quelle del Regolamento edilizio comunale che impone una minima distanza di 10 metri. La Corte richiama quindi il suddetto principio, più volte richiamato dalla giurisprudenza di legittimità si vedano, tra le altre, Cass. civ. n. 29644/2020 e Cass. civ. n. 25890/2019 e rileva che la decisione della Corte territoriale sia del tutto divergente da questo nel momento in cui ha ritenuto che le previsioni del Regolamento edilizio comunale in materia di cortili fossero idonee ad integrare una deroga alle previsioni codicistiche nonché alle previsioni integrative di queste ultime in tema di distanze tra fabbricati. Il ricorso viene accolto.
Presidente Cosentino Relatore Rolfi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 29 novembre 2017, la Corte d'appello di Bari, in riforma della decisione assunta dal Tribunale di Bari in data 14 novembre 2012, respinse la domanda proposta da B.G. nei confronti di L.P. e R.M. , con la quale era stata chiesta la condanna di questi ultimi a procedere all'arretramento del fabbricato da essi realizzato, in quanto posto a distanza inferiore a quella legale rispetto al fabbricato confinante, di titolarità, appunto, di B.G. . Il giudice di prime cure, infatti, aveva accolto la domanda disattendendo le deduzioni dei convenuti in ordine all'applicabilità della disciplina dettata dall'art. 48 del Reg. Ed. del Comune di omissis , in materia di cortili, concludendo, sulla scorta di una consulenza tecnica d'ufficio, che lo spazio tra i due fabbricati andava qualificato come mera intercapedine, come tale assoggettato alla disciplina in tema di distanze legali tra edifici. 2. Proposto appello da L.P. e R.M. , la Corte d'appello di Bari, dopo aver disposto una nuova consulenza tecnica d'ufficio, ritenne, invece, anche sulla scorta delle misurazioni effettuate dal consulente tecnico da essa nominato, che lo spazio tra i due fabbricati presentasse le caratteristiche di cortile e non di intercapedine. La Corte territoriale, quindi, evidenziò che il già citato art. 48 del Reg. Ed. del Comune di omissis , disciplinando lo spazio libero da rispettare davanti ad ogni finestra, determina una distanza minima di 8 metri, escludendo, quindi, che la medesima distanza potesse ritenersi regolare ai sensi di tale Regolamento e invece irregolare ai sensi della disciplina in tema di distanze tra costruzioni, perché ciò avrebbe significato creare una contraddizione insolubile , dovendosi invece ritenere indubbia la pertinenza al tema delle distanze dell'art. 48 medesimo. La Corte, quindi, concluse che anche i minimi scostamenti dalla distanza di 8 metri rilevati dal C.T.U. non valevano a giustificare l'arretramento sollecitato dall'appellato, il quale avrebbe potuto, al più, vantare una pretesa risarcitoria che, tuttavia, nella specie non era stata indicata da B.G. . 3. Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Bari ricorre ora B.G. . Resistono con controricorso L.P. e R.M. . 4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis. 1, c.p.c. . 5. Le parti hanno depositato memorie. Considerato in diritto 1. Il ricorso è affidato a cinque motivi. 1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3, la violazione di legge ed erronea interpretazione e applicazione di norme di diritto con riferimento al D.M. n. 1444 del 1968, artt. 873 c.c. 9 30, comma 5, N. T.A. del P.R.G. del Comune di omissis approvato in data 6 dicembre 2005 79, Reg. Ed. allegato al nuovo P.R.G. del Comune di omissis approvato in data 6 dicembre 2005 3, comma 2, N. T.A. del P.R.G. del Comune di omissis approvato in data 27 ottobre 1977 48, Reg Ed. annesso al P.R.G. del Comune di omissis approvato in data 27 ottobre 1977. Il motivo di ricorso contesta in primo luogo la qualificazione in termini di cortile dello spazio esistente tra gli edifici di ricorrente e controricorrenti, deducendo che tale qualificazione può essere riconosciuta unicamente allo spazio interno ad un edificio, laddove questa caratteristica non ricorre nella specie. Deduce, conseguentemente, che in relazione a detto spazio trova applicazione la disciplina in materia di distanze tra edifici, ivi comprese le previsioni del Reg. Ed. del Comune di omissis le quali impongono una distanza minima di dieci metri. Contesta, in ogni caso, che la disciplina dettata dal Reg. Ed. per i cortili possa comportare la disapplicazione della normativa nazionale in materia di distanze, operando inderogabilmente tale ultima disciplina in relazione a qualunque spazio intermedio esistente tra edifici. Lamenta, conseguentemente, che la decisione della Corte d'appello abbia violato la disciplina in materia di distanze, disapplicando la disciplina della fonte nazionale a favore di una previsione del locale Reg. Ed. che peraltro non risulta neppure applicabile allo spazio intermedio esistente tra gli edifici delle parti. 1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 5, l'omesso esame di un fatto decisivo. Il ricorso si duole dell'omessa valutazione, da parte della Corte territoriale, delle considerazioni svolte dal medesimo ricorrente in ordine alla inapplicabilità dell'art. 48 del citato Reg. Ed. all'area esistente tra i fabbricati delle parti in virtù della collocazione esterna di tale area, laddove la previsione secondaria applicata dalla Corte d'appello concernerebbe le sole aree interne agli edifici, potendosi considerare solo queste ultime come cortili. Tale omissione, conclude il ricorso, si sarebbe tradotta nel vizio di omessa motivazione, determinando la nullità della sentenza. 1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 delle Disposizioni sulla legge in generale. Il ricorso, pur contestando che l'art. 48, Reg. Ed. del Comune di omissis sia applicabile allo spazio esistente tra gli edifici delle parti in causa, argomenta che, in caso di diversa interpretazione, lo stesso avrebbe dovuto essere disapplicato dalla Corte territoriale, in quanto fonte secondaria, subordinata alla fonte primaria costituita, in particolare, dal D.M. n. 1444 del 1968, artt. 873 c.c. e 9. La Corte, conclude il ricorso, avrebbe quindi violato il principio di gerarchia delle fonti dando prevalenza alla fonte secondaria rispetto a quella primaria. 1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3, la violazione di legge ed erronea interpretazione e applicazione di norme di diritto degli artt. 873 c.c. 79, Reg. Ed. allegato al nuovo P.R.G. del Comune di omissis approvato in data 6 dicembre 2005 48, Reg Ed. annesso al P.R.G. del Comune di omissis approvato in data 27 ottobre 1977. Il ricorso lamenta che la Corte non abbia rilevato che l'edificio realizzato dai controricorrenti risulta in ogni caso difforme anche rispetto alla previsione del citato art. 48 Reg. Ed. in tema di cortili, in quanto posto a meno di 8 metri dal fabbricato antistante e con affaccio di vani abitativi. Il ricorso si duole, conseguentemente, del fatto che non sia stata accolta la domanda di arretramento dell'edificio medesimo quantomeno alla distanza di 8 metri, in quanto la Corte territoriale, pur riconoscendo che l'edificio dei controricorrenti in diversi suoi punti non rispettava la distanza degli 8 metri, ha però escluso l'arretramento, violando il suddetto art. 48 Reg. Ed. 1.5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55-2014, art. 4 . Il ricorso lamenta che la Corte d'appello abbia liquidato le spese dei due gradi di giudizio, riconoscendole separatamente per ognuno dei due originari convenuti nonché appellanti, sebbene essi fossero patrocinati dal medesimo legale, da ciò derivando che la liquidazione del compenso avrebbe dovuto essere effettuata al più applicando la maggiorazione sul compenso del 20% per la difesa di più parti in giudizio. 2. Il primo motivo di ricorso è fondato. Questa Corte ha reiteratamente chiarito che le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico od a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni che si riferiscono alle costruzioni su fondi finitimi e, pertanto, non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze Cass. Sez. 2 - Ordinanza n. 29644 del 28/12/2020 - Rv. 660067 - 01 Cass. Sez. 2 - Sentenza n. 25890 del 31/10/2017 - Rv. 645803 - 01 Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 22081 del 25/10/2011 - Rv. 619954 - 01 . Da tali principi consegue che le disposizioni che stabiliscono le prescrizioni sulle dimensioni e l'ampiezza dei cortili e degli spazi interni non escludono l'applicazione delle norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra fabbricati, le quali sono dirette ad impedire la creazione di intercapedini dannose. Infatti, da un lato, le previsioni sulle dimensioni e l'ampiezza dei cortili e degli spazi interni, prescindendo dall'esistenza di fabbricati su fondi finitimi, non hanno alcun riguardo alle eventuali relazioni intersoggettive fra privati nè alla distanza degli edifici che insistono sui cortili, dall'altro lato, la presenza di un cortile non esclude l'idoneità del medesimo a creare intercapedini dannose fra gli edifici che su di esso insistono. La decisione della Corte territoriale risulta del tutto divergente rispetto a questi principi, in quanto ha ritenuto che le previsioni del Regolamento edilizio del Comune di omissis in materia di cortili fossero idonee ad integrare una deroga alle previsioni codicistiche - nonché alle previsioni integrative di queste ultimein tema di distanze tra fabbricati. Va invece osservato e ribadito che, indipendentemente della stessa correttezza della qualificazione dell'area esistente tra i fabbricati delle parti come cortile, in ogni caso l'applicazione delle previsioni del Regolamento edilizio del Comune di omissis in materia di cortili non risulterebbe idonea a determinare una deroga alla disciplina in tema di distanze tra costruzioni, secondo il costante insegnamento di questa Corte. Non risultano idonee ad incidere efficacemente su queste conclusioni neppure le deduzioni dei controricorrenti circa il fatto che l'edificio da essi realizzato costituirebbe, in realtà, ricostruzione di un preesistente manufatto demolito, dal momento che tale circostanza risulta del tutto estranea alla ratio decidendi della decisione impugnata, la quale, invece, si è posta in diretto conflitto con i principi reiteratamente affermati da questa Corte. 3. L'accoglimento del primo motivo di ricorso determina l'assorbimento dei residui. La decisione impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Bari, la quale, nello statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, si atterrà al seguente principio Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.