Gli enti di previdenza privatizzati non possono imporre un contributo di solidarietà

Bocciato il ricorso con cui la Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti mirava a ribaltare la decisione della Corte di Appello di Milano che ha condannato l’ente a restituire ai commercialisti in pensione il contributo trattenuto, per ragioni di equilibrio di bilancio , per diversi anni.

La Corte d'Appello di Milano confermava la decisione di prime cure con cui la Cassa di previdenza e assistenza dei commercialisti era stata condannata a restituire a diversi assistiti, dottori commercialisti in quiescenza, il contributo di solidarietà trattenuto per diversi anni, oltre agli interessi, ritenendo illegittimo il prelievo. La Cassa ha proposto ricorso in Cassazione ribadendo la legittimità del contributo di solidarietà, anche in relazione alla realizzazione di equilibri di bilancio. Nel rigettare il ricorso, il Collegio richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale e in particolare la sentenza n. 603/2019 secondo cui gli enti previdenziali privatizzati non possono adottare, sia pure in funzione dell'obbiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta nella specie, un contributo di solidarietà su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost. , la cui imposizione è riservata al legislatore . Viene dunque ribadito che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal Legislatore . In riferimento al profilo della prescrizione , la pronuncia precisa che non si è in presenza di un'ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, ma di un credito conseguente all'indebita ritenuta derivante dall'applicazione di una misura illegittima sui singoli ratei di pensione. Tale voce di credito condivide dunque la medesima natura pensionistica e soggiace al termine di prescrizione decennale ordinario ex art. 2946 c.c

Presidente Tria – Relatore Calafiore Rilevato che con sentenza depositata in data 9 gennaio 2019, la Corte di appello di Milano ha respinto l'impugnazione avverso la decisione di primo grado che aveva condannato la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti a restituire ai controricorrenti indicati in epigrafe, dottori commercialisti in quiescenza, il contributo di solidarietà trattenuto sul trattamento pensionistico per il periodo compreso tra gennaio 2009 e dicembre 2013 nonché tra gennaio 2014 e maggio 2015, oltre interessi dalle singole trattenute al saldo, dichiarando illegittimo il prelievo operato sulla pensione avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione, la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti, affidato a tre articolati motivi, illustrati da memoria resistono con controricorso A. , A.D.V. , A. , B. , B. , B. , B. , B. , C. , P.M. nella qualità di erede di C. , C. , F. , M. , N. , N. , P. , P. , R. , S. , S. , S. , T. , V. , C. , G. , M. , M. , T. . Considerato che con il primo motivo, la Cassa ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con il Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa e con la Delib. CNPADC 27 giugno 2013 violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763 violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, del D.L. n. 201 del 2011, art. 24 comma 24, conv. in L. n. 214 del 2011, degli artt. 3 e 38 Cost. , tutti in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale ritenuto l'illegittimità del regolamento di disciplima previdenziale della Cassa nella parte in cui istituiva il contributo con il secondo motivo - ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - la ricorrente si duole di violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1 violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 violazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763 violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con il Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa e con la Delib. CNPADC 27 giugno 2013, per avere la Corte di merito ritenuto che, nell'ambito dei poteri conferitile in ordine alla misura delle prestazioni pensionistiche al fine di assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine, non rientrasse la potestà di prevedere contributi di solidarietà a carico dei pensionati con il terzo motivo, la Cassa ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. n. 147 del 2013, art. 1 legge di stabilità 2014 , del R.D.L. n. 1827 del 1935, artt. 2946 e 2848 c.c. , del D.P.R. n. 639 del 1970 , art. 129 e, art. 47 bis , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, perché la Corte d'appello aveva erroneamente ritenuto applicabile il termine decennale, di cui all' art. 2946 c.c. , di prescrizione dei ratei pensionistici non liquidati, in luogo di quello quinquennale, che secondo la Corte d'appello sarebbe applicabile solo nel caso in cui il credito sia pagabile ovvero assistito da liquidità ed esigibilità preliminarmente va osservato che la rinunzia al mandato comunicata dall'avvocato P. D.B., domiciliatario delle parti controricorrenti, assistite dall'avvocato A. Z., non produce effetti sulla regolarità del procedimento, in quanto lo stesso si è esplicitamente impegnato a riferire qualsiasi comunicazione e ciò in conformità con i propri obblighi come chiarito da questa Corte di legittimità con particolare riferimento agli obblighi connessi alla ricezione degli atti per i quali sia avvenuta la domiciliazione in particolare, l'obbligo di informare il nuovo difensore dell'avvenuta notifica di atti emessi nei confronti della parte successivamente alla cessazione dell'incarico, rientra nel più generale dovere di diligenza professionale cui l'avvocato è tenuto nei confronti del cliente, anche in caso di rinunzia o revoca del mandato o anche di risoluzione consensuale del rapporto, e dalla relativa responsabilità il domiciliatario non può essere esonerato se non in virtù della prova, posta a suo carico, di avere dato notizia della notifica al nuovo difensore v. Cass., 12/10/2009, n. 21589 Cass. n. 16991 del 2015 i primi due motivi del ricorso vanno trattati congiuntamente in quanto attinenti alla natura del contributo di solidarietà ed alla sua ritenuta legittimità anche in relazione alla realizzazione di equilibri di bilancio a tale riguardo, la Corte non intende mettere in discussione il consolidato orientamento, confermato anche da recentissime decisioni fra tante, Cass. nn. 31527 del 2022 603 e 982 del 2019 n. 28054 del 2020, n. 6897 del 2022 , in base al quale si è chiarito che gli enti previdenziali privatizzati come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti non possono adottare, sia pure in funzione dell'obbiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta nella specie, un contributo di solidarietà su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti S. incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost. , la cui imposizione è riservata al legislatore così, da ult., Cass. nn. 27340, 28055, 28054 del 2020 in particolare, con la pronuncia n. 603 del 2019, la Corte, nel confermare l'estraneità del contributo di solidarietà, per natura e funzione, ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, ha richiamato, altresì, la sentenza della Corte Costituzionale n. 173 del 2016 che, nel valutare l'analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte dalla legge, ai sensi della Cost., art. 23, avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale sentenza n. 178 del 2000 ordinanza n. 22 del 2003 sulla base delle considerazioni che precedono, deve, dunque, ribadirsi che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione le ulteriori argomentazioni svolte in seno alla memoria depositata dalla Cassa non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non considerati in occasione delle molteplici occasioni in cui questa Corte si è pronunciata, per cui l'orientamento formatosi va mantenuto fermo ed i motivi devono essere rigettati, con assorbimento di ogni ulteriore censura anche il terzo motivo è infondato questa Corte di legittimità ex plurimis Cass. nn. 41320 del 2021 31527 del 2022 ha già avuto modo di confermare, in fattispecie analoga alla presente, l'orientamento accolto dalla sentenza impugnata ed ancor prima dalle Sezioni unite di questa Corte n. 17742 del 2015, secondo cui in materia di previdenza obbligatoria quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994 , la prescrizione quinquennale prevista dall' art. 2948 c.c. , n. 4 - così come dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129 - richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell'assicurato, sicché, ove vi sia in contestazione l'ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale di cui all' art. 2946 c.c. si è precisato che il rapporto assicurativo che lega la Cassa ai propri iscritti ha natura obbligatoria, dato che la CNRP è a tutti gli effetti una persona giuridica privata che gestisce una forma di previdenza e assistenza, cui è obbligatoria l'iscrizione e la contribuzione da parte degli appartenenti delle categorie interessate inoltre, l'applicazione dell'art. 2948, n. 4, allo stesso modo che il R.D.L. n. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 129, richiede la liquidità e l'esigibilità del credito, che deve essere pagabile , ovvero messo a disposizione del creditore, il quale deve essere posto nella condizione di poterlo riscuotere. Non basta, quindi, ai fini, sia dell'art. 129 che dell'art. 2948, la mera idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare, tanto che entrambe le norme non trovano applicazione nelle ipotesi di ratei di pensione la cui debenza sia in contestazione v. Cass. n. 16388 del 2004 e n. 1787 del 1997 , in motivazione, nonché sez. un. 10955 del 2002 se, dunque, il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l'applicazione del medesimo, che è oggetto della controversia ora in esame, la differenza tra l'importo liquidato e quello superiore richiesto non può ritenersi pagabile e, quindi, non può applicarsi la prescrizione quinquennale dell' art. 2948 c.c. , ma quella decennale ordinaria dell' art. 2946 c.c. tale orientamento va confermato, potendo aggiungersi che non induce a diversa soluzione il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 bis Attuazione delle deleghe conferite al Governo con la L. 30 aprile 1969, n. 153, artt. 27 e 29, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale , secondo cui si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni, nel testo introdotto del D.L. n. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, n. 2 , lett. d risulta decisiva la considerazione che la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, ma quale credito consequenziale all'indebita ritenuta derivante dalla applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di trattenute operate sui singoli ratei di pensione, ma che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata la Cassa ha esercitato unilateralmente un potere di prelievo che si è sovrapposto al diritto del pensionato, ma non si è confuso con l'obbligazione pensionistica a cui pretendeva di applicarsi. Il termine di prescrizione dell'azione di recupero delle somme indebitamente trattenute non può che essere quello ordinario decennale le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, con distrazione in favore dell'avv.to A. Z. che si è dichiarato antistatario. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 15.200,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore dell'avv.to A.Z. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.