Agevolazione prima casa su immobile acquistato in regime di separazione dei beni

In tema di agevolazioni prima casa, il riferimento alla residenza di famiglia, che consente di ottenere l’agevolazione ove uno solo dei coniugi abbia posto la residenza nell’immobile agevolato opera solo per i coniugi in comunione legale, mentre non può trovare applicazione all’acquisto del diritto di abitazione operato, in comproprietà, dai coniugi in separazione dei beni.

Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza 3123 del 2 febbraio 2023 , con cui ha rigettato il ricorso di alcuni contribuenti. Agevolazioni prima casa su immobile in comunione legale. Il contribuente usufruisce dei benefici fiscali sulla prima casa anche se uno solo dei coniugi trasferisce la residenza nell'immobile. Sul punto la Cassazione ha infatti precisato che in tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa , ai fini della fruizione degli stessi, ai sensi dell' art. 2 della l. n. 118/1985 , il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che il cespite acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in senso contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell' art. 177 c.c. , quindi sia in caso di acquisto separato che congiunto dello stesso cfr. Cass. 16604/2018 e 16635/2013 . Confermato, dunque, il più recente orientamento di legittimità Cassazione nn. 25889 e 16355 del 2015 e 13334 del 2016 secondo cui, ai fini dell'agevolazione prima casa , nell'ipotesi di acquisto compiuto da due coniugi in regime di comunione legale , il requisito della residenza va riferito alla famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi. Trattasi invero di un'interpretazione estensiva del dato letterale, che trova la sua ratio nella tutela costituzionale della famiglia di cui all' articolo 29 della Costituzione , in base al quale la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio . In detta prospettiva costituzionalmente orientata, pertanto, assume rilievo il requisito della residenza della famiglia rispetto a quella dei singoli coniugi cui ancorare la fruibilità del beneficio prima casa. Considerato che l' articolo 144 c.c. consente ai coniugi di concordare tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissare la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa, il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un'altra entità, quale la famiglia. Per cui ove l'immobile acquistato sia adibito a soddisfare le esigenze della famiglia, non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione , essendo essi tenuti non a una comune sede anagrafica ma alla coabitazione. Caso concreto. Il caso riguarda l'acquisto, di una casa da parte dei coniugi, unitamente ai figli - i primi quali titolari del diritto di abitazione, ciascuno per il 50% indiviso, e i secondi della nuda proprietà, ancora ciascuno per il 50% indiviso - avvenuto in regime di comunione ordinaria. In particolare, l'Agenzia delle entrate aveva emesso l'avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni a causa del mancato trasferimento della residenza nel Comune dell'abitazione, da parte di uno dei coniugi, entro i 18 mesi dal rogito, con conseguente decadenza dai benefici prima casa . La Cassazione ha precisato che, la condizione affinché il coniuge non residente possa comunque godere del beneficio è che l'acquisto ricada nella comunione legale, solo in tal caso può dunque venire in rilievo il concetto di residenza della famiglia . Infatti, in tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell' articolo 177 c.c. , quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso cfr. Cass. nn. 22557/2022 , 11225/2020 . Tuttavia, nel caso in esame, l'acquisto del diritto assume una connotazione egoistica o individualistica in capo a ciascuno dei coniugi, e i bisogni della famiglia non sono riferiti al diritto del nucleo familiare in quanto tale a quest'ultimo si attribuisce rilevanza in via meramente indiretta, cioè per il tramite del titolare del diritto di abitazione, che resta il protagonista della fattispecie. Sarebbe dunque errato estendere il principio prima richiamato in tema di acquisto in comunione al caso di specie ove è stato acquistato, in regime di separazione dei beni, un diritto di abitazione, seppur da parte di entrambi i coniugi, con destinazione univoca e complessiva dell'abitazione a residenza familiare.

Presidente Manzon – Relatore Saija Fatti di causa I coniugi F.M. e P.I., unitamente ai figli F.M. e F.A., acquirenti di un immobile ad uso abitativo sito in Omissis in forza di atto pubblico del Omissis - i primi quali titolari del diritto di abitazione, ciascuno per il 50% indiviso, e i secondi della nuda proprietà, ancora ciascuno per il 50% indiviso - proposero ricorso avverso l'avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni loro notificato il Omissis , con cui l'Ufficio di Bari recuperava a tassazione il maggior importo per IVA all'aliquota del 10%, oltre accessori ciò a causa del mancato trasferimento della residenza nel comune di Omissis , da parte del solo F.M., entro i 18 mesi dal rogito, con conseguente decadenza dai benefici prima casa di cui al n. 21, Tabella A, parte seconda, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972 i restanti acquirenti venivano ritenuti responsabili in solido col predetto. L'adita C.T.P. di Bari accolse parzialmente il ricorso con sentenza n. 58/06/14 del 13.1.2014, rilevando che - poiché la P. ed i figli avevano assolto l'onere di trasferire la residenza entro il termine di legge - la decadenza dal beneficio fiscale era illegittima nei loro confronti, mentre non altrettanto poteva dirsi quanto a F.M Tutti i ricorrenti proposero appello avverso detta decisione, che venne tuttavia confermata dalla C.T.R. della Puglia con sentenza dell'8.10.2015 osservò, in particolare, il giudice d'appello che correttamente la C.T.P. aveva rigettato il ricorso di F.M., perché, secondo la giurisprudenza di legittimità, la condizione affinché il coniuge non residente possa comunque godere del beneficio è che l'acquisto ricada nella comunione legale, solo in tal caso potendo dunque venire in rilievo il concetto di residenza della famiglia . F.M., F.M. e F.A., nonché P.I., ricorrono ora per cassazione, sulla base di un unico motivo. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1.1 - Con l'unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 143,144,1100 e 1022 c.c. , nonché dell'art. 1, nota II-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 Rilevano i ricorrenti che, nella specie, l'acquisto dell'immobile è avvenuto in regime di comunione ordinaria sia quanto al diritto di abitazione 50% indiviso tra i coniugi , sia quanto al diritto di nuda proprietà 50% indiviso tra i figli . In queste condizioni, tenuto conto della peculiare funzione del diritto reale parziario in discorso l' art. 1022 c.c. stabilisce che Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia , diventa irrilevante che tra i coniugi sia vigente il regime della separazione patrimoniale dei beni, perché l'acquisto dell'immobile per cui è processo si è esteso a tutti i componenti della famiglia, e viene quindi in rilievo la residenza della famiglia stessa, al contrario di quanto ritenuto dal giudice d'appello. 2.1 - Il ricorso è infondato. E' costante l'orientamento di questa Corte secondo cui In tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell' art. 177 c.c. , quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso Cass. n. 22557 del 2022 conf. Cass. n. 16604 del 2018 Cass. n. 13335 del 2016 . Ovviamente, si tratta di principio estensibile all'IVA. 2.2 - Ora, la tesi sviluppata col mezzo in esame si fonda sull'argomento per cui, nella specie - ove pacificamente l'acquisto del diritto reale di godimento, tra i coniugi, avvenne in regime di separazione patrimoniale - il diritto acquistato è quello di abitazione ex art. 1022 c.c. , a mente del quale il titolare può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia . Questo, unitamente al contemporaneo acquisto dello stesso diritto da parte della moglie, accomunerebbe l'ipotesi suddetta a quella dell'acquisto in comunione legale, perché essa avvenne senz'altro in regime di separazione, ma nella sostanza con una originaria destinazione univoca e complessiva per la destinazione dell'abitazione a residenza familiare completata anche dall'acquisto del diritto di usufrutto da parte dei figli . In proposito, ritiene la Corte che la tesi non colga nel segno, perché la ratio della univoca giurisprudenza di legittimità, prima riportata, è che - poiché l'acquisto in comunione legale si estende ex lege alla posizione dell'altro coniuge, a prescindere dal proprio personale apporto, anche finanziario - in tal caso rileva la posizione della famiglia in sé, cui occorre dunque riferire la verifica della residenza il che rende sufficiente che anche uno solo dei coniugi rispetti il requisito soggettivo della residenza nel comune del luogo in cui si trova l'immobile. Nell'ipotesi qui in esame, invece, l'acquisto del diritto assume una connotazione egoistica o individualistica in capo a ciascuno dei coniugi, e i bisogni della famiglia non sono riferiti al diritto del nucleo familiare in quanto tale a quest'ultimo si attribuisce rilevanza in via meramente indiretta, cioè per il tramite del titolare del diritto di abitazione, che resta il protagonista della fattispecie. Non v'e' quindi ragione per discostarsi dal consolidato indirizzo prima rievocato, neanche in relazione alle peculiarità offerte dalla fattispecie. 3.1 - In definitiva, il ricorso è rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. In relazione alla data di proposizione del ricorso successiva al 30 gennaio 2013 , può darsi atto dell'applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, . P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.