Le intercettazioni che non riguardano l'indagato costituiscono prova diretta o de relato?

Le intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l'imputato costituiscono fonte di prova diretta, in relazione alle quali il giudice può liberamente assegnare il significato probatorio che ritiene più corretto – purchè ne offra congrua motivazione – e senza necessità che occorra reperire elementi di riscontro esterno.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4875, depositata il 3 febbraio 2023. La 'ndrangheta in trasferta. È noto che il meridione d'Italia costituisce un'inesauribile risorsa per gli amanti della buona tavola. Le esportazioni verso il nord dello Stivale oltre che nel resto del mondo di prodotti culinari o dolciari rappresentano una buona parte dell'economia del Mezzogiorno. Che, però, talvolta esporta anche prodotti molto meno salutari. La criminalità organizzata e i suoi collaudati metodi ne sono un funesto esempio. La vicenda che accompagna la sentenza che oggi vi offriamo trae le sue origini investigative, perché si tratta di una decisione de libertate proprio da un'inchiesta su un'ipotesi di trasferimento fraudolento di valori aggravato dall'aver agevolato una consorteria criminale organizzata che, da quel che leggiamo, sarebbe di matrice 'ndranghetista. Come sempre in casi analoghi, vista la mutevolezza delle vicende cautelari, non ci soffermeremo sui fatti di causa – basterà dire che un ristorante aperto nel Lazio è sospettato di essere un paravento per attività illecite – quanto piuttosto sui principi di diritto che hanno guidato la decisione. Nel caso di specie, dopo il rigetto da parte del Tribunale della Libertà, all'indagato rimasto invischiato in questa scomoda situazione non restava che la strada del ricorso per cassazione. Un po' di ripasso. I Giudici, prima di rigettare le doglianze proposte loro dalla difesa, colgono l'occasione per rammentarci che nel caso in cui sia censurata una decisione de libertate , è consentito alla Cassazione verificare soltanto le censure riguardanti l'adeguatezza motivazionale e il rispetto dei principi di diritto che governano la materia d'interesse. Non è permesso al giudice di terzo grado di controllare censure che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito . Il principio, già espresso in numerosi precedenti ultradecennali, è stato qui ribadito a mò di introduzione molte delle doglianze, infatti, ad avviso dei supremi giudici erano proiettate verso una diversa e alternativa lettura degli elementi indiziari. Operazione, quest'ultima, notoriamente preclusa al giudice di legittimità. Le intercettazioni inter alios che valore hanno? Una delle questioni più interessanti proposte nel ricorso è quella che riguarda il valore delle intercettazioni di conversazioni alle quali non prende parte l'indagato. Chi parla di un assente offre elementi utili alla valutazione della sua condotta o le parole captate che coinvolgono un terzo hanno un valore probatorio inferiore””? Secondo la Cassazione, che ripropone un proprio precedente orientamento, gli elementi di prova che si traggono da conversazioni inter alios hanno natura di prova diretta che, come tale, può essere liberamente valutata dal giudice di merito sul quale incombe il generale dovere di motivare le ragioni del proprio convincimento. Non è invece necessario, aggiungono da Piazza Cavour, che si reperiscano elementi di riscontro esterno per validare” gli elementi probatori ricavabili da quelle conversazioni. Esse, semmai, se assumono valenza indiziaria, saranno soggette alla consueta regola della pluralità, gravità, precisione e concordanza richiesta dal codice di rito per la valutazione della cosiddetta prova logica”. Riportando il discorso al microsettore dei reati in materia di criminalità organizzata, un recente orientamento risalente al 2020 afferma il principio secondo il quale i contenuti informativi provenienti da soggetti intranei - come tali frutto del patrimonio cognitivo circolante tra gli aderenti al sodalizio, e quindi funzionale a raggiungere gli obiettivi illeciti comuni - sono utilizzabili in modo diretto e non già secondo le regole delle dichiarazioni de relato . Non sarà quindi necessario saggiare l'attendibilità della fonte di riferimento”.

Presidente Relatore Rago Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 07/06/2022 il Tribunale di Roma ha confermato l'ordinanza Gip dello stesso Tribunale del 23/03/2022, che ha applicato a S.G. la misura cautelare della custodia in carcere in ordine ai reati di cui al capo 9 e capo 10 della rubrica trasferimento fraudolento di valori, art. 512-bis c.p. , entrambi aggravati ai sensi dell'art. 416-bis.1 c.p. . 2. S.G., per mezzo dei propri difensori, ha presentato ricorso per cassazione deducendo quattro motivi di ricorso, che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p. . 2.1. Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di legge in relazione all' art. 512-bis c.p. e art. 416-bis.1. c.p. quanto al capo 9 dell'incolpazione. La mancata indicazione tra i soggetti responsabili del S., nella formulazione del capo di imputazione, non è un mero refuso ma risponde alla realtà dei fatti sulla base delle risultanze di indagine. La difesa ha eccepito una mancata valutazione in concreto da parte del Tribunale del riesame della posizione relativa all'incensurato S.G., atteso che la complessiva descrizione del contesto non lo riguarda direttamente e si adduce quale elemento incriminante il dato della presenza fisica dello stesso nel contesto osservato in una sola occasione in data 23/03/2018 in relazione a tale capo di imputazione provvisoria sussistono seri dubbi quanto al riconoscimento dell'aggravante contestata, mancano difatti elementi univoci sulla base dei quali affermare che lo stesso fosse assolutamente consapevole non solo di agevolare l'associazione, ma anche della conoscenza effettiva dell'esistenza dell'associazione e del suo programma criminoso. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di legge in relazione all' art. 512-bis c.p. e art. 416-bis.1. c.p. quanto al capo 10 dell'incolpazione il Tribunale ha basato la sua decisione su due elementi del tutto insufficienti per poter ritenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza - da una parte la mera presenza fisica in data 23/03/2018 presso il ristorante Binario 96 del ricorrente, senza che tuttavia sia stata evidenziata e dimostrata alcuna conversazione attiva dello stesso, in assenza di qualsiasi consapevolezza circa la sussistenza di misure di prevenzione pregresse - dall'altra è stata richiamata una conversazione del 15/05/2017 tra soggetti diversi dalla quale si desume il rilevante contributo del S. ad operazioni di trasferimento fraudolento di valori sulla base del mero richiamo ad un soprannome. La difesa ha, inoltre, sostenuto che la partecipazione a fini lavorativi e di sostentamento non può essere identificata con la finalità agevolatrice oggetto di contestazione. Viene poi contestato il dato estremamente significativo secondo il quale il dipendente dell'esercizio commerciale Omissis una volta riscontrata la presenza di microspie all'interno del locale aveva provveduto ad avvisare sia il S. che il C. da tali elementi non si potrebbe poi dedurre che lo stesso fosse consapevole del successivo sopraggiungere sui luoghi dell' A 2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge quanto all'effettiva ricorrenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1. c.p., con inosservanza o erronea applicazione delle norme incidenti sulla fattispecie incriminatrice rispetto ai capi e 9 e 10 dell'incolpazione l'ordinanza è superficiale quanto alla affermata sussistenza del dolo di agevolazione e il rimando fatto all'ordinanza genetica non risulta esaustivo manca, secondo la difesa, qualsiasi descrizione del supporto necessario da parte del S. e non è stata riscontrata la consapevolezza che quanto meno il concorrente A. agisse per agevolare la consorteria della quale si dice che faccia parte. 2.4. Con il quarto motivo di ricorso è stata dedotta violazione di legge in relazione all' art. 273 c.p.p. e art. 416-bis.1. c.p. per inosservanza o erronea applicazione delle norme incidenti sulla fattispecie incriminatrice secondo la difesa non è condivisibile l'osservazione del Tribunale secondo la quale il pericolo di reiterazione consisterebbe nella possibilità di accedere alle operazioni del registratore fiscale del ristorante Binario 56, i sequestri in atto e la gestione amministrata rendono evidente l'assenza di pericolo di reiterazione, soprattutto perché il S. non si occupava della contabilità. La difesa ha, quindi, sostenuto l'assenza di pericolo concreto e del requisito di cui all' art. 274 c.p.p. , lett. c , tenuto conto delle condizioni e stile di vita del S. e in mancanza di elementi di attualità in tal senso. Il quadro indiziario è da ritenere risalente, con una conseguente attenuazione del pericolo di reiterazione che deve condurre quanto meno ad una sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Il tempo silente trascorso dall'epoca alla quale si riferisce la contestazione provvisoria avrebbe dovuto essere preso in considerazione dal Tribunale del riesame. Gli elementi richiamati hanno erroneamente portato a desumere indizi di reità per una condotta che non doveva essere ritenuta rilevante penalmente. 3. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta e conclusioni ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23 ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve conseguentemente essere rigettato. 2. Occorre preliminarmente rilevare come il Tribunale abbia fornito una considerazione ampia, approfondita e priva di illogicità od aporie, nella ricostruzione del complesso degli elementi indicativi della ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del S. tenuto conto delle contestazioni allo stesso elevate, con l'aggravante di cui all'art. 416-bis.1. c.p. capi 9 e 10 della rubrica In tal senso giova ribadire il costante principio che chiarisce che in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito. Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976-01, Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400-01, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Rv. 237012-01, Sez.3, n. 40873 del 21/10/2010, Rv. 248698-01 . Il controllo di legittimità, dunque, non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, sicché sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400-01 . 2.1. Il primo, secondo e terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, atteso che gli stessi attengono alla analisi della condotta oggetto di imputazione provvisoria, anche con riferimento all'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p., da diverse prospettive, comunque tutte tendenti a contestare il ruolo del S. e si caratterizzano per l'articolazione di una serie di argomentazioni che, sebbene approfondite, si caratterizzano all'evidenza per la proposizione di una diversa prospettazione delle circostanze già ampiamente esaminate dal giudice di merito. In tal senso occorre considerare come, quanto al ruolo specifico svolto dal S. in relazione agli interessi della consorteria criminale facente capo senza alcun dubbio all' A., il ricorrente ometta di confrontarsi con le ampie argomentazioni rese dal Tribunale del riesame, in piena assonanza con l'ordinanza genetica, nel ricostruire metodi di azione ed organizzazione per giungere alla realizzazione di condotte oggettivamente caratterizzate da trasferimento fraudolento di valori al fine di agevolare la locale di ‘ndrangheta capeggiata dall' A. e dal C Dall'analisi del Tribunale del riesame emerge una congerie di interessi radicati e relativi all'esercizio di diversi esercizi commerciali, tra i quali quelli direttamente riferibili al ricorrente, come si desume chiaramente dalla logica argomentazione e considerazione dei dati indiziari, a carattere grave e concordante. Una serie di attività, dunque, indirettamente gestite dall' A., con la collaborazione di una serie consistente di soggetti tra i quali senza alcun dubbio anche il ricorrente, al fine di schermare la sua presenza e gli interessi della consorteria della quale era a capo con funzione di vertice e autorevolezza esplicitamente riconosciuta anche nell'ambito dei dialoghi intercettati. Tale pluralità di elementi indiziari sono stati riscontrati non solo sulla base delle attività di captazione, di osservazione e pedinamento, ma anche con riferimento alle rilevantissime dichiarazioni ammissive, rese proprio dalla moglie del S. durante il proprio interrogatorio, esplicitamente richiamate dal Tribunale sui punti di specifico interesse, indicativi del pieno coinvolgimento del ricorrente nelle attività dell' A Le dichiarazioni della moglie del S., infatti, contribuivano, nella logica e persuasiva argomentazione del Tribunale, a confermare tutta una serie di dati obiettivi con riferimento ai diversi passaggi societari e intestazioni che avevano riguardato la pasticceria Omissis e il ristorante Omissis nell'interesse dell' A. e del C. che gestivano tali attività in cooperazione con soggetti affiliati alle cosche di Sanluca. Emergeva nelle dichiarazioni della moglie del S. e del Santucci, sostanziale testa di legno nelle attività di interesse dell' A. e del C., il timore che derivava dall'essere coinvolti in attività con personaggi di calibro della ‘ndrangheta, circostanza questa esplicitamente ammessa anche durante gli interrogatori. Il ricorrente non si confronta compiutamente con tali rilevanti elementi, tra i molti evidenziati dal Tribunale del riesame, e si limita ad affermare una non meglio giustificata estraneità del S. in quanto soggetto incensurato, senza aver fornito alcuna valida e convincente giustificazione ed ipotesi ricostruttiva alternativa in ordine al proprio coinvolgimento nella gestione del complesso meccanismo di trasferimento fraudolento di valori descritto dall'ordinanza impugnata in modo logico, lineare, e privo di aporie. Il Tribunale del riesame ha, difatti, chiarito come la gestione delle due attività commerciali di cui al capo 9 e 10 fosse riferibile ad una compagine sociale della quale il S. era certamente parte in tal senso esplicitamente anche la richiamata conversazione del 28 settembre del 2016 tra l' A. e il P. . I diversi passaggi societari, i conferimenti di denaro da parte del S., tramite la schermatura della moglie Marlene, su incarico dell' A. e con destinazione delle somme secondo quanto indicato dalla moglie del S., sono stati ampiamente considerati e ricostruiti dal Tribunale del riesame che ha chiarito in modo esplicito il ruolo di assoluta rilevanza svolto dal ricorrente come uomo di fiducia e di punta nella considerazione dell' A., con riscontro evidente in tal senso nell'ambito della conversazione captata in data 23 marzo 2018. Con tale complessiva ricostruzione che chiariva il ruolo di primo piano dello stesso, intervenuto con l' A. per rappresentare gli interessi della locale di Roma nel confronto con soggetti provenienti da San Luca, il ricorrente non si confronta, richiamando in modo del tutto generico ed aspecifico tale contesto, rispetto alle approfondite valutazioni non solo del Tribunale del riesame, ma anche dell'ordinanza genetica. Tale complesso ed articolato insieme di elementi gravemente indiziari è stato anche esplicitamente preso in considerazione dal Tribunale per ricostruire e riscontrare la piena consapevolezza da parte del S. del contesto nel quale si inseriva la sua attività e quella di sua moglie, la caratura mafiosa dell' A., la oggettiva contribuzione agli interessi della consorteria criminale dallo stesso capeggiata, con diretta e persuasiva considerazione del chiaro configurarsi nel caso in esame sia dell'elemento soggettivo del delitto di cui all' art. 512-bis c.p. che dell'aggravante contestata ai sensi dell'art. 416-bis.1 c.p Il ricorrente, dunque, si limita a proporre una propria interpretazione dei comportamenti oggetto di accertamento, di fatto non contestati, ma semplicemente diversamente valutati in una lettura alternativa e parziale dei dati acquisiti, ipotizzando una diversa connotazione dell'incidenza delle condotte poste in essere. Gli elementi in tal senso ampiamente e persuasivamente considerati dal Tribunale del riesame - che anche sulla base delle dichiarazioni della Ci.Ma. ha puntualmente ricostruito le due condotte di intestazione fittizia oggetto di imputazione provvisoria - hanno quindi riscontrato un quadro indiziario di deciso rilievo con il quale il ricorrente non si è confrontato, introducendo elementi astratti e non coerenti né con la fase cautelare in corso, né con l'ampia mole di elementi acquisiti, senza che effettivamente possa essere riscontrata alcuna violazione di legge. In tal senso deve essere letta anche l'ampia svalutazione dei dati captativi, dei quali il ricorrente tende ad introdurre una lettura del tutto alternativa da quella compiutamente e persuasivamente articolata dal Tribunale del riesame in conformità all'ordinanza genetica. In tal senso occorre evidenziare che il giudice di merito ha correttamente applicato il principio secondo cui gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l'imputato costituiscono fonte di prova diretta, soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, senza che sia necessario reperire dati di riscontro esterno, con l'avvertenza che, ove tali elementi abbiano natura indiziaria, essi dovranno essere gravi, precisi e concordanti, come disposto dall' art. 192 c.p.p. , comma 2, Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611-01 Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, Valorosi, Rv. 278314-01 Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015, dep. 2016, Ambroggio, Rv. 265747-01 Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260842-01 . Principio questo che ha trovato fedele applicazione nella motivazione del provvedimento impugnato, mediante una considerazione analitica, compiuta, logica e strutturata, nel descrivere il contesto e le modalità che caratterizzavano le condotte poste in essere ed oggetto di imputazione provvisoria. E' bene, inoltre, ricordare che il medesimo principio è stato affermato anche in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso Sez. 2, n. 31920 del 23/08/2021, Alampi, Rv. 281811 -01 Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, Aiello, Rv. 276831 -01 Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414-01 Sez. 5, n. 42981 del 28/06/2016, Modica, Rv. 268042-01 Sez. 1, n. 40006 del 11/04/2013, Vetro, Rv. 257398-01 . In tal senso si è ribadito che i contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all'associazione mafiosa, frutto di un patrimonio conoscitivo condiviso derivante dalla circolazione all'interno del sodalizio di informazioni e notizie relative a fatti di interesse comune degli associati, sono utilizzabili in modo diretto, e non come mere dichiarazioni de relato soggette a verifica di attendibilità della fonte primaria Sez. 2, n. 10366 del 06/03/2020, Muià, Rv. 278590-01 . 3. Anche con il quarto motivo di ricorso - che si incentra sulla contestazione dell'effettiva ricorrenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p., e dunque da intendere come pur sempre riferito, seppure non esplicitamente dedotto in tal senso, alla ricorrenza della gravità del quadro indiziario, oltre che alla piena sussistenza delle esigenze cautelari - si caratterizza per un argomentare sostanzialmente generico, in assenza di reale confronto con le ampie argomentazioni del Tribunale del riesame. E' stato evidenziato compiutamente nel provvedimento impugnato, con richiamo puntuale all'ordinanza genetica, il tema della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p., con esplicito riferimento all'articolazione di una strutturata locale di ‘ndrangheta inserita ed operante sul territorio romano, connotando la chiara finalizzazione dell'attività posta in essere dal ricorrente nell'interesse della consorteria criminale gestita dall' A. e dal C., oltre che da altri soggetti coinvolti in procedimenti di sequestro e processi in tema di intestazione fittizia, anche con espliciti accertamenti di responsabilità in tal senso. L'attività del ricorrente risulta, dunque, ampiamente inquadrata e collegata al complesso delle condotte riferibili alla consorteria criminale identificabile nella locale di Roma riferibile a livello apicale, per dote e capacità organizzativa e gestionale, all' A.V Il Tribunale del riesame ha ampiamente ricostruito il radicamento di tale locale, la costruzione di un generale sistema di competenze in relazione al progressivo inserimento della stessa nel tessuto economico della capitale per il tramite di una serie di attività direttamente riferibili all' A. e al C., soggetti provenienti da Sinopoli, in diretto collegamento con la casa madre, dalla stessa autorizzati, e caratterizzati da una caratura mafiosa di assoluto rilievo, la predisposizione di mezzi e di uomini da parte degli stessi per raggiungere i propri obiettivi, l'evidente riconoscimento del ruolo apicale degli stessi e il diretto coinvolgimento del S. e della moglie, anche per il tramite degli esiti captativi acquisiti e dei riscontri documentali, che evidenziavano il ruolo di prestanome di diversi soggetti intestatari dei beni riferibili alla consorteria criminale in oggetto. Il Tribunale ha, dunque, applicato in modo corretto i principi già evidenziati da questa Corte, atteso che la condizione di assoggettamento e gli atteggiamenti omertosi, indotti nella popolazione, costituiscono, più che l'effetto di singoli atti di sopraffazione, la conseguenza del prestigio criminale dell'associazione che, per la sua fama negativa e per la capacità di lanciare avvertimenti, anche simbolici ed indiretti, sia accreditata come temibile, effettivo ed autorevole centro di potere Sez. 2, n. 12362 del 02/03/2021, Mazzagatti, Rv. 280997-01 Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, Buglisi, Rv. 275586-01 . Il Tribunale ha evidenziato con ragionamento logico non censurabile, con il quale il ricorrente non si confronta, l'appartenenza della cosca A.- C. alla più generale struttura di ‘ndrangheta, dalla quale mutua il potere di egemonizzazione criminale sul territorio di pertinenza, così come la diretta riferibilità dell'attività dell' A. alla predetta locale, stabilmente inserita nella struttura principale, richiamando gli accertamenti di polizia giudiziaria, oltre alle numerose decisioni giudiziali, supportate dalla confluenza molteplice di dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Il richiamo di tali consistenti elementi rende evidente l'essenziale connotazione delle forme di delocalizzazione delle cosche storiche, caratterizzate dalla intrinseca e non implicita forza di intimidazione derivante dal collegamento con le componenti centrali dell'associazione e dalla riproduzione sul territorio delle strutture organizzative dell'associazione principale, dall'avvalimento della fama criminale conseguita nei territori di storico e originario insediamento Sez. 2, n. 31920 del 04/06/2021, Alampi, Rv. 281811-01 Sez. F, n. 56596 del 03/09/2018, Balsebre, Rv. 274753-01 Sez. 2, n. 24850 del 28/03/2017, Cataldo, Rv. 270290-01 . Si e', infatti, evidenziato come la locale romana tragga la sua origine dalla casa madre, secondo un progetto che si deve al promotore C.A., appositamente autorizzato dalla Provincia in virtù dei suoi stretti legami e dell'appartenenza con la casa madre, giudizialmente accertata. Si è inoltre persuasivamente riscontrato che la locale mantiene i contatti con la casa madre, cui faceva riferimento per il mantenimento degli equilibri generali, per il controllo delle nomine, per l'ottenimento del nulla osta ai fini del conferimento delle cariche e per la risoluzione di eventuali controversie sono descritte le modalità operative tipiche dei consessi di ‘ndrangheta, quali il possesso ed il conferimento di doti, le apposite riunioni per discutere di questioni di cosca, la distribuzione gerarchica dei ruoli, l'esistenza di una specifica struttura organizzativa e logistica il possesso di armi l'inquinamento diffuso, anche mediante la commissione di reati-tipo, del tessuto economico in variegati settori commerciali. A ciò si è aggiunto l'ulteriore dato, di spiccato rilievo, costituito dal rapporto con altre consorterie mafiose che insistono sul territorio romano e di carattere variegato, ove le interlocuzioni tra i vari personaggi avvengono notoriamente su un piano paritario di reciproco riconoscimento. Un dato, questo, di chiara percezione esterna di come la locale romana fosse accreditata nel contesto in cui intendeva operare quale articolazione dotata, stante il collegamento con la casa madre, di un capitale criminale concretamente ed all'occorrenza pienamente attivabile sulla rilevanza, quale indice dimostrativo di operatività e riconoscibilità della cosca delocalizzata, dell'apprezzata rilevanza nei rapporti con altri gruppi o soggetti criminali , Sez. 6, n. 6933 del 04/07/2018, dep. 2019, Audia, Rv. 275037 - 01 . Il Tribunale del riesame non si è arrestato alla constatazione dell'esistenza di un gruppo a vocazione ‘ndranghetista, ma ha riscontrato indici d'intrinseca forza mafiosa non soltanto potenziali, ma concretamente spendibili e all'occorrenza spesi, valorizzando dati di fatto, ricavati anche dal compendio intercettivo, del tutto coerenti con tali premesse di fatto, così superandosi, in tal modo, anche le obiezioni di una ricostruzione della fattispecie in termini di reato associativo c.d. puro, privo di quegli aspetti di necessaria dinamicità secondo l'insegnamento delle Sezioni unite Modaffari Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889-01 . 4. Le stesse considerazioni valgono quanto alle sintetiche censure articolate in ordine alla attualità e sussistenza delle esigenze cautelari. In presenza di una motivazione approfondita e logica, che non si presenta contraddittoria o insufficiente, il ricorrente propone di fatto una mera rilettura degli elementi analiticamente considerati, anche quanto al profilo, meramente accennato e del tutto privo di allegazioni, del c.d. tempo silente, in mancanza di qualsiasi elemento concreto a supporto della censura sollevata. In tal senso, il giudice a quo, ha rilevato che quanto alle esigenze cautelari doveva essere richiamata la portata della presunzione relativa ex art. 275 c.p.p. , comma 3, rispetto alla quale la difesa, alla quale spettava fornire prova del fatto che non sussistano esigenze cautelari o che le stesse non impongano l'applicazione della misura più afflittiva, non aveva fornito alcun elemento di valutazione in senso effettivamente favorevole e significativo per il S Correttamente ne è conseguita una valutazione di sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie, tenuto conto delle caratteristiche della condotta oggetto di contestazione e della personalità dell'indagato, in assenza di qualsiasi elemento indicativo di reale allontanamento dal consorzio mafioso di riferimento che aveva inteso agevolare. Il Tribunale ha correttamente osservato, facendo buon governo dei principi affermati da questa Corte sul tema, come non potesse ritenersi significativo l'argomento posto dalla difesa relativo al c.d. tempo silente in mancanza di qualsiasi allegazione significativa da parte del ricorrente. 4.1. In tal senso, occorre ricordare che in tema di custodia cautelare in carcere, l' art. 275 c.p.p. , comma 3, pone una presunzione relativa di pericolosità sociale che determina, quanto alla motivazione del provvedimento cautelare, la necessità, non già di dar conto della ricorrenza dei pericula libertatis , ma solo di apprezzarne le ragioni di esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particolare, può rilevare il c.d. tempo silente , che deve essere parametrato alla gravità della condotta ed alla rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, che ha comunque valore risolutivo nella esclusione della sussistenza delle esigenze cautelari Corte Cost. n. 136 del 2017 . Si deve ricordare che a seguito dell'intervento riformatore di cui alla L. n. 47 del 2015 , a fronte della contestazione dei reati di associazione sovversiva, con finalità di terrorismo o di stampo mafioso, l' art. 275 c.p.p. , comma 3, continua a prevedere una doppia presunzione, relativa quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari ed assoluta con riguardo all'adeguatezza della misura carceraria. Pertanto, qualora sussistano i gravi indizi di colpevolezza e non ci si trovi in presenza di una situazione nella quale fa difetto una qualunque esigenza cautelare, deve trovare applicazione in via obbligatoria la misura della custodia in carcere. Sotto il primo profilo, vi è una presunzione relativa di concretezza ed attualità del pericolo di recidiva, superabile solo dalla prova circa l'affievolimento o la cessazione di ogni esigenza cautelare. Quanto al secondo aspetto, non è idonea la mera allegazione del tempo trascorso e della durata della restrizione sofferta. Ciò posto, quanto al tema del c.d. tempo silente, occorre ricordare che, pur dovendo il fattore tempo entrare nella valutazione cui è chiamato il giudice della cautela nel riscontrare, in concreto, l'attualità del pericolo di recidiva, tuttavia la presunzione relativa di pericolosità sociale, di cui all'attuale dettato dell' art. 275 c.p.p. , comma 3, per il partecipe ad associazione rnafiosa può essere superata solo quando dagli elementi a disposizione del giudice presenti agli atti o addotti dalla parte interessata emerga che l'associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l'organizzazione criminosa. Pertanto, in assenza di elementi a favore, specificamente allegati dalla difesa o presenti agli atti, sul giudice della cautela non grava un onere di argomentare in positivo circa la sussistenza o la permanenza delle esigenze Sez. 2, n. 7837 del 12/02/2021, Manzo, Rv. 28088901 Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021, Attento, Rv. 282590-01 Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Giardino, Rv. 282131-01 Sez. 5, n. 26371, del 24/07/2020, Carparelli, Rv. 279470-01 Sez. 1, n. 231113 del 19/10/2018, Fotia, Rv. 27631601 Sez. 5, n. 35847 del 11/06/2018, Rv. 274174-01 Sez. 5, n. 47401 del 14/09/2017, C., Rv. 271855-01 Sez. 2, n. 19283 del 03/02/2017, Cocciolo, Rv. 270062-01 Sez. 5, n. 52303 del 14/07/2016, Gerbino, Rv. 268726-01 Sez. 5, n. 44644 del 28/06/2016, Leonardi, Rv. 268197-01 . 4.2. Tale principio è stato affermato anche quando la gravità indiziaria concerna un reato con l'aggravante del metodo mafioso, ora prevista dall'art. 416-bis.1 c.p. la presunzione relativa di concretezza ed attualità del pericolo di recidiva è superabile solo dalla prova circa l'affievolimento o la cessazione di ogni esigenza cautelare, in difetto della quale l'onere motivazionale incombente sul giudice ai sensi dell' art. 274 c.p.p. deve ritenersi rispettato mediante il semplice riferimento alla mancanza di elementi positivamente valutabili nel senso di un'attenuazione delle esigenze di prevenzione Sez. 1, n. 23113 del 19/10/2018, Fotia, Rv. 276316-01 Sez. 5, n. 35847 del 11/06/2018, C., Rv. 274174-01 Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, Trifirò, Rv. 273631-01 Sez. 2, n. 3105 del 22/12/2016, dep. 2017, Puca, Rv. 269112-01 Sez. 3, n. 33051 del 08/03/2016, Barra, Rv. 268664-01 . Si deve, inoltre, considerare che questa Corte ha precisato che in tema di reato associativo la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all' art. 275 c.p.p. , comma 3, opera allo stesso modo con riferimento alle associazioni mafiose cosiddette nuove e può essere superata solo con il recesso dell'indagato dall'associazione o con l'esaurimento dell'attività associativa, mentre il cosiddetto tempo silente ossia il decorso di un tempo considerevole tra l'emissione della misura e i fatti contestati può essere valutato solo in via residuale, facendo stretto riferimento alla natura non stabile dell'associazione e alla sua scarsa forza attrattiva e intimidatrice Sez. 2, n. 7260 del 27/11/2019, Trombacca, Rv. 278569-01 . Si deve in concreto osservare come, specialmente per le mafie storiche che caratterizzano il caso di specie, essendo la nuova mafia nella considerazione della Corte una derivazione immediata e diretta della mafia originaria del territorio di Sinopoli , non possa essere attribuita valenza esclusiva effettivamente idonea a superare le presunzioni sopra richiamate al c.d. tempo silente. Il Tribunale del riesame, in tal senso, ha reso un'interpretazione rigorosa, effettuata in concreto e realizzata mediante una considerazione d'insieme degli elementi emersi dalle investigazioni, in assenza di qualsiasi significativa allegazione sul punto da parte della difesa, senza che siano emersi indici oggettivi ed espliciti di allontanamento dalla consorteria criminale investigata, ed anzi in presenza di chiari elementi, estremamente significativi, quanto al diretto collegamento del S. con l' A. quale persona di sua sicura fiducia. In altri termini, il tempo silente è stato semplicemente evocato dal ricorrente, in assenza di qualsiasi rilevante allegazione Sez. 2, n. 7837 del 12/02/2021, Manzo, Rv. 280889-01 Sez. 6, n. 28821 del 30/09/2020, Aloe, Rv. 279780-01 , sicché appare fondata la considerazione del Tribunale circa la sussistenza di esigenze cautelari sulla base di prova logica e basata su elementi riscontrabili, captazioni, servizi di osservazione e controllo, dichiarazioni univoche della moglie del S Il giudice della cautela ha reso sul punto una lettura significativa, approfondita e coerente, sulla base di una considerazione logica degli elementi acquisiti, circa la ricorrenza di facta concludentia talmente significativi da poter escludere qualsiasi rilevanza al mero decorso del tempo Sez. 2, n. 7837 del 12/02/2021, Manzo, Rv. 280889-01 . In conclusione, dunque, il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale in tema di custodia in carcere disposta per il reato di cui all'art. 416-bis c.p., la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall' art. 275 c.p.p. , comma 3, non è superata per effetto del decorso di un tempo considerevole tra l'emissione della misura e i fatti contestati qualora risultino accertate la consolidata esistenza dell'associazione, la pregressa partecipazione alla stessa dell'indagato e la sua perdurante adesione ai valori del sodalizio Sez. 6, n. 19787 del 26/03/2019, Bonforte, Rv. 275681-01 . Principio, come già detto, estensibile ed applicabile anche in caso di delitti, come nel caso di specie, aggravati ex art. 416-bis.1 c.p 5. In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dall'adozione del presente provvedimento non consegue la rimessione in libertà dell'indagato, deve quindi provvedersi ai sensi dell' art. 94 disp. att. c.p.p. , comma 1 ter. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.