Stalking e violenza domestica: qual è la nozione di convivenza rilevante ai fini dell’allontanamento d’urgenza?

La Cassazione, anche in considerazione dell'evolversi del costume sociale, chiarisce come debba essere inteso il requisito della convivenza previsto dall'articolo 384-bis c.p.p. ai fini dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare.

Il GIP rigettava la richiesta di convalida del provvedimento disposto con urgenza dei Carabinieri, previa autorizzazione del PM, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ai sensi dell'articolo 384-bis c.p.p. Allontanamento d'urgenza dalla casa familiare , disponendo poi la misura cautelare corrispondente per il reato di stalking. L'indagato era infatti accusato di condotte persecutorie a danno della compagna consistite nell'accedere alla sua abitazione, tentando in tutti i modi di riallacciare la relazione anche attendendola lungo la strada, inviandole numerosi messaggi, con la creazione di uno stato di ansia e paura per la donna che si era dunque rivolta alla Polizia. Il provvedimento precautelare non aveva potuto essere convalidato perché difforme dal modello legale che presuppone la “convivenza”, mentre nella vicenda in oggetto non poteva parlarsi di “casa familiare”. Il PM ha proposto ricorso per cassazione proprio in relazione a tale aspetto. Sul tema dell'allontanamento d'urgenza, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che il giudice deve verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'allontanamento valutando la legittimità dell'operato della polizia, in particolare per quanto attiene al fumus commissi delicti. Con riguardo all'ulteriore requisito della convivenza nella casa familiare, il Collegio preciso che la norma non richiede che l'indagato abiti attualmente presso l'immobile dal quale deve essere allontanato. Dovendo comunque delineare la nozione di convivenza rilevante a tal fine, anche alla luce dei cambiamenti sociali relativi ai rapporti affettivi a distanza, la pronuncia afferma il principio secondo cui «allorquando la convivenza, intesa come coabitazione già esistita, non sia più in atto, ma sussistono degli elementi in concreto che depongono per una perdurante frequentazione del soggetto di quel domicilio domestico anche in maniera occasionale nel caso di specie risulta dall'ordinanza cautelare che la sere del omissis l'indagato aveva dormito a casa della donna o che consistono nel violento ripristino da parte dell'agente della situazione di condivisione del domicilio nel caso di specie l'indagato era più volte entrato nella casa della persona offesa anche quando la stessa si era recata in Questura per denunciare l'accaduto , appare corretto ravvisare anche l'ulteriore presupposto che legittima l'allontanamento da una casa che l'indagato continua a frequentare, anche contro la volontà della donna con cui ha intrattenuto la relazione». La Cassazione annulla dunque l'ordinanza impugnata con la formula «senza rinvio per essere stata legittimamente applicata la misura cautelare dell'allontanamento dall'abitazione».    

Presidente Zaza – Relatore Pilla   Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 5 settembre 2022, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha rigettato la convalida del provvedimento disposto di urgenza dai Carabinieri della medesima città, previa autorizzazione del Pubblico ministero, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ai sensi dell'articolo 384 bis c.p.p., applicando successivamente la misura cautelare corrispondente per il reato di cui all'articolo 612-bis c.p La contestazione cautelare ha ad oggetto le condotte persecutorie poste in essere dall'indagato B.V. nei confronti di R.V. consistite nell'accedere presso la abitazione della donna o ponendo in essere attività a ciò finalizzate al fine di volere riallacciare la relazione affettiva attendendola lungo la strada sempre nei pressi dell'abitazione e inviandole numerosi messaggi sempre con la medesima finalità, determinando nella donna uno stato di ansia e di paura tale da costringerla a rivolgersi in più occasioni agli organi di Polizia. Il Giudice della impugnata ordinanza non ha convalidato il provvedimento precautelare adottato di urgenza del divieto di avvicinamento dai luoghi frequentati dalla persona offesa in quanto non conforme al modello legale che presuppone la convivenza , motivo per cui non può parlarsi di casa familiare . Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa disposto in via di urgenza isolatamente considerato non è previsto quale misura precautelare, ma diventa una conseguenza dell'allontanamento dalla casa familiare. 2. Avverso la mancata convalida ha proposto ricorso il Pubblico ministero deducendo violazione di legge avuto riguardo all'articolo 384- bis c.p.p Erroneamente il Giudice delle indagini preliminari, lamenta il ricorrente, non ha convalidato il provvedimento precautelare sul presupposto dell'assenza della convivenza tra l'indagato e la persona offesa, ritenendo che il provvedimento di urgenza possa essere adottato solo nel caso in cui il destinatario dello stesso coabiti con la persona offesa giustificandosi così l'espressa dizione obbligo di allontanamento e solo conseguentemente divieto di avvicinamento . Il Pubblico ministero ricorrente evidenzia che la motivazione adottata dal giudice, seppure formalmente aderente alla normativa, nella sostanza ne pregiudica la compiuta attuazione poiché nonostante sussistano i presupposti per l'intervento di urgenza, si impedisce il raggiungimento del fine per il quale la misura precautelare è stata prevista. L'obbligo di allontanamento è strettamente correlato al divieto di avvicinamento e la persona non convivente sarebbe discriminata, rispetto a quella già convivente, in maniera irrazionale e solo in conseguenza di un presupposto che, venuto meno al momento, pone i soggetti su piani identici. Se è vero che la norma è insuscettibile di interpretazione analogica o estensiva, tuttavia, deve potersi applicare a quei casi, quali l'odierno, perfettamente sovrapponibili in parte alla fattispecie disciplinata in un momento conseguente al venire meno della coabitazione, con persistenza del divieto di avvicinamento. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per le ragioni e nei termini di cui in seguito. 1. L'articolo 384-bis c.p.p. recita Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per via telematica, l'allontanamento di urgenza dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all'articolo 282-bis, comma 6, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa . . Il contrasto interpretativo tra il Pubblico ministero ricorrente ed il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Perugia è relativo alla condizione di convivenza presso la casa familiare secondo il giudice il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, adottato quale misura precautelare di urgenza, si lega indissolubilmente allo stato di convivenza in atto nella casa familiare tra agente e soggetto passivo, che ne costituisce indefettibile presupposto. 1.1.Con specifico riferimento alla misura precautelare in esame questa Corte ha chiarito che in tema di convalida dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, il giudice deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'eseguito allontanamento, valutando la legittimità dell'operato della polizia in relazione allo stato di flagranza e all'ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dall'articolo 282-bis c.p.p., comma 6, Sez. 6, numero 17680 del 27/05/2020, Rv. 278965 . In particolare, il giudice della convalida deve valutare la sussistenza del fumus commissi delicti secondo una verifica ex ante , tenendo conto della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria al momento dell'esecuzione del provvedimento. Analogamente a quanto avviene per le altre misure precautelari e in particolare in sede di convalida dell'arresto, il giudice, oltre all'osservanza dei termini, deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'eseguito allontanamento, ossia valutare la legittimità dell'operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all'ipotizzabilità di uno dei delitti di cui all'articolo 282-bis c.p.p., comma 6, in una chiave di lettura che non deve riguardare nè la gravità indiziaria e le esigenze cautelari valutazione questa riservata all'applicabilità delle misure cautelari coercitive , nè l'apprezzamento sulla responsabilità, riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito. Nel caso in esame non è emersa alcuna criticità nella valutazione effettuata dal giudice della convalida quanto al rispetto dei termini, nè all'astratta configurabilità di una delle ipotesi di reato di cui all'articolo 282-bis c.p.p., comma 6. La criticità è, quindi, ravvisabile nell'ulteriore presupposto legittimante l'eseguito allontanamento, ossia, secondo il provvedimento impugnato, la condizione di convivenza nella casa familiare. In realtà, la norma che scaturisce dalla necessaria correlazione tra l'articolo 384-bis e la portata dell'articolo 282-bis, comma 6, espressamente richiamato dalla prima previsione, non richiede, già per ragioni letterali, che l'autore del delitto abiti attualmente presso l'immobile dal quale deve essere allontanato per ragioni di tutela della persona offesa. Quanto precede non pone in discussione la premessa che, per effetto dell'indicato richiamo normativo, le fattispecie delittuose ivi indicate - tra le quali la fattispecie di cui all'articolo 612-bis c.p. ivi inserita dal D.L. 4 ottobre 2018, numero 113, articolo 16, comma 1 convertito con modificazioni nella L. 1 dicembre 2018, numero 132 - sono quelle commesse in danno dei prossimi congiunti o del convivente, ma pone piuttosto il problema di delineare la nozione di convivenza rilevante, che va calibrata in termini attenti e rispettosi della lettera della legge, ma tenendo conto anche delle finalità di protezione, perseguite attraverso la misura precautelare, di scongiurare il grave e attuale pericolo per la vita e l'integrità fisica della persona offesa. 1.2. Occorre, quindi, in relazione allo specifico caso in esame e nel pieno rispetto del divieto di applicazioni analogiche della norma in ragione del contenuto della stessa relativo alla limitazione della libertà personale, verificare il contenuto della nozione di convivenza e di casa familiare. Attraverso l'esame della giurisprudenza civile di questa Corte, emerge una nozione di convivenza non coincidente con la semplice coabitazione Sez. 3 civ., ord. numero 9178 del 13/04/2018, Rv. 648590 Sez. 3 civ., numero 7128 del 21/03/2013, Rv.625496 . In particolare, il rapporto di convivenza, da intendere quale stabile legame tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti, è ravvisabile anche quando non sia contraddistinto da coabitazione. La giurisprudenza richiamata, nell'interpretazione adeguatrice delle norme, evidenzia che è necessario prendere atto del mutato assetto della società, collegato alle conseguenze di una prolungata crisi economica, ma non originato soltanto da queste, dal quale emerge che ai fini della configurabilità di una convivenza di fatto, il fattore coabitazione è destinato ad assumere ormai un rilievo recessivo rispetto al passato. Il cambiamento sociale che è ormai verificato nella società comporta che si instaurino e si mantengano rapporti affettivi stabili a distanza con frequenza molto maggiore che in passato e devono indurre a ripensare al concetto stesso di convivenza, la cui essenza non può risolversi nella coabitazione. Il dato della coabitazione, all'interno dell'elemento oggettivo della convivenza è quindi attualmente un dato recessivo. La nozione di convivenza di fatto peraltro trova ora il suo supporto normativo nella L. numero 76 del 2016, che all'articolo 1, definisce i conviventi di fatto come due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile , individuando sempre l'elemento spirituale, il legame affettivo, e quello materiale o di stabilità, la reciproca assistenza morale e materiale, fondata in questo caso non sul vincolo coniugale e sugli obblighi giuridici che ne scaturiscono, ma sull'assunzione volontaria di un impegno reciproco. 1.3. Lo stesso dicasi avuto riguardo alla nozione di vita familiare rilevante a norma dell'articolo 8 CEDU, per la quale è necessario un legame affettivo qualificato da un progetto di vita in comune Sez. 1, Ordinanza numero 7427 del 18/03/2020, Rv. 657489 . 1.4. Tali premesse dimostrano che, all'interno del nostro ordinamento, la nozione di convivenza non coincide con quella di coabitazione. Le specifiche esigenze di protezione delle previsioni penalistiche - oltre che di raccordo tra le varie fattispecie incriminatrici e, si veda, al riguardo, lo sforzo ricostruttivo di Sez. 6, numero 15883 del 16/03/2022, D., Rv. 283436 - 01, all'indomani di Corte Cost., sent. numero 98 del 2021 - impongono, in armonia con le superiori indicazioni, di ritenere che la convivenza, pur quando non si accompagni alla coabitazione continuativa, permanga anche nelle fasi di crisi del rapporto quando quest'ultima non sia divenuta ormai irreversibile. 2. Alla luce delle considerazioni espresse, può dunque ritenersi che allorquando la convivenza, intesa come coabitazione già esistita, non sia più in atto, ma sussistono degli elementi in concreto che depongono per una perdurante frequentazione del soggetto di quel domicilio domestico anche in maniera occasionale nel caso di specie risulta dall'ordinanza cautelare che la sera del omissis l'indagato aveva dormito a casa della donna o che consistono nel violento ripristino da parte dell'agente della situazione di condivisione del domicilio nel caso di specie l'indagato era più volte entrato nella casa della persona offesa anche quando la stessa si era recata in Questura per denunciare l'accaduto , appare corretto ravvisare anche l'ulteriore presupposto che legittima l'allontanamento da una casa che l'indagato continua a frequentare, anche contro la volontà della donna con cui ha intrattenuto la relazione. 2.1. A ciò si aggiunga che l'allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi alla stessa hanno un identico contenuto prescrittivo l'articolo 282-bis c.p.p. quando descrive la condotta che deve osservare il destinatario della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare utilizza due espressioni lasciare immediatamente la casa ovvero non farvi rientro e, dunque, non avvicinarsi. 2.2. Non senza considerare, inoltre, che una lettura di segno contrario susciterebbe più di un dubbio di frizione costituzionale della norma e dell'intero assetto sistematico della tutela, risultando manifestamente irragionevole che, proprio laddove l'esigenza di tutela si connota per intensità massima come nei confronti di chi, nelle fasi di cessazione della relazione affettiva, intenda riaffermare autoritativamente e prepotentemente, nonostante la contraria volontà della persona offesa, la coabitazione intesa come condivisione fisica del domicilio, assieme alla vittima che abbia continuato a dimorarvi , essa risulti irrealizzabile. Può dunque ritenersi che l'operato della polizia giudiziaria sia stato legittimo e coerente con i presupposti applicativi dell'articolo 384 bis c.p.p 3. L'ordinanza impugnata di diniego di convalida ai sensi dell'articolo 384 bis c.p.p., appare illegittima e deve essere annullata. L'annullamento che ne consegue deve tuttavia essere pronunciato con la formula senza rinvio perché l'allontanamento è stato effettuato legittimamente , in quanto trattasi di situazione nella quale appare superfluo lo svolgimento di un giudizio rescissorio con riferimento ad una fase ormai esauritasi, e nella quale il giudice di merito dovrebbe limitarsi a statuire formalmente sulla correttezza della iniziativa a suo tempo assunta dalla polizia giudiziaria Sez.5, numero 30114 del 06/02/2018, Rv.273279 . La natura del reato per cui si procede e il legame sussistente tra le parti comportano l'oscuramento dei dati identificativi ai sensi del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata per essere stata legittimamente applicata la misura cautelare dell'allontanamento dall'abitazione, e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Perugia, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.