Il Tribunale di Benevento si è pronunciato sul ricorso di una donna che chiedeva la rettificazione di attribuzione del sesso all’anagrafe, e contestualmente, l’autorizzazione al trattamento medico-chirurgico necessario per l’adeguamento dei caratteri sessuali primari da femminili a maschili.
Con la sentenza in esame, il Tribunale di Benevento ha avuto modo di pronunciarsi sul ricorso presentato da una donna che, fin dalla tenera età, aveva intrapreso un percorso per «ricondurre ad armonia il suo vissuto psicologico rispetto alla identità di genere», sottoponendosi a trattamenti ormonali maschilizzanti. In particolare, la donna chiedeva «l'autorizzazione ad effettuare gli interventi chirurgici sulla sua persona di adeguamento dei caratteri sessuali primari e la rettificazione dell'attribuzione di sesso anagrafico in uno al cambiamento del proprio nome onde adeguarlo al sesso maschile». L'occasione offre il destro al Collegio per chiarire se per la domanda di rettifica del sesso anagrafico sia necessario l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. A tal proposito, il Tribunale ha affermato che per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio il preventivo intervento chirurgico demolitorio l'esclusione del carattere necessario dell'intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica, infatti, appare il corollario di un'impostazione che in coerenza con i supremi valori costituzionali -, rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l'assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, il quale deve, comunque, «riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere». Inoltre, l'ampiezza del dato normativo letterale dell'articolo 1, comma 1, l. numero 164/1992 e la mancanza di rigide griglie normative sulla tipologia dei trattamenti «rispondono alla irriducibile varietà delle singole situazioni soggettive». Rimane, così, ineludibile un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo rispetto ad esso «il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio, al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere fisico-psichico della persona». Per i Giudici, allora, il ricorso alla modificazione dei caratteri sessuali risulta da autorizzare «quando lo stesso sia volto a garantire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psico-fisico» sulla base di tale considerazione, l'intervento chirurgico non può essere considerato requisito indispensabile per accedere al procedimento di rettificazione, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un benessere psico fisico. Ciò posto, nel caso in esame, risultando la presenza di documenti di identità contenenti dati anagrafici femminili a fronte di un aspetto esteriore e di un vissuto interiore maschili, e del certificato di attestazione del trattamento mascolinizzante avviato, «la domanda di rettifica dell'atto di nascita, anche nelle more dell'esecuzione dell'intervento chirurgico, deve essere accolta».
Presidente Abbondandolo – Estensore Loffredo Fatto Con ricorso depositato in data 17/05/2022 , premesso di aver percepito sin dalla fanciullezza una identità di genere maschile non corrispondente al sesso attribuitole al momento della nascita che si era, poi, manifestata in modo completo in seguito, allorquando aveva intrapreso un percorso per ricondurre ad armonia il suo vissuto psicologico rispetto alla identità di genere, sottoponendosi a trattamenti ormonali maschilizzanti, di avere effettuato visita specialistica presso l'Unità di Endocrinologia dell'Università omissis che aveva definitivamente accertato nel suo caso la disforia di genere e che tutta la sua famiglia era consapevole del percorso dalla stessa iniziato dando con il passare del tempo la propria approvazione, tutto ciò premesso chiedeva al Tribunale adito l'autorizzazione ad effettuare gli interventi chirurgici sulla sua persona di adeguamento dei caratteri sessuali primari e la rettificazione dell'attribuzione di sesso anagrafico in uno al cambiamento del proprio nome onde adeguarlo al sesso maschile. All'udienza fissata per la comparizione delle parti veniva ascoltata la ricorrente, quindi, precisate le conclusioni la causa veniva riservata al collegio per la decisione senza i termini di cui all'articolo 190 c.p.c. vista la rinuncia agli stessi da parte del procuratore costituito. Diritto In via preliminare non essendovi figli né coniuge il giudizio può ritenersi correttamente introdotto con ricorso, essendo contraddittore necessario il solo Pubblico Ministero. Sempre in via preliminare va premesso che il procedimento giudiziale ex articolo 31 d.lgs. 150/2011 deve accertare le modalità attraverso le quali il cambiamento di genere è avvenuto ed il suo carattere definitivo, e, ove la parte abbia richiesto sia la rettificazione dell'atto di nascita sia l'autorizzazione ad eseguire l'intervento chirurgico, deve concludersi con un'unica sentenza divisa in due capi decisori, uno che dispone la rettificazione degli atti dello stato civile, consentendo il cambiamento dei documenti di identità con la correzione del sesso ed il nome in modo conforme allo stato di fatto, l'altro che, nel contempo, autorizza l'intervento richiesto. Orbene, fatta questa necessaria premessa va, invero, rilevato che dalle relazioni in atti risulta che la istante è affetta da disforia di genere e che, sin dall'infanzia, ha sentito di appartenere all'altro sesso, risulta, inoltre, indubbio che il comportamento, la gestualità, l'andatura, l'aspetto fisico, e l'abbigliamento siano decisamente maschili come emerso anche in sede di comparizione personale. Inoltre nel corso dell'audizione dell'attrice da parte del G.I. la stessa ha confermato quanto già esposto in atto di citazione, di assumere terapie ormonali mascolinizzanti e di essere consapevole del percorso di transizione intrapreso anche in ordine alla definitività dello stesso, ma di non avere alcuna intenzione di tornare indietro in quanto finalmente, grazie alle cure ed ai trattamenti cui si era sottoposta, aveva trovato la giusta serenità e corrispondenza del vissuto interiore rispetto all'aspetto esterno. Risulta, quindi, radicata la convinzione di appartenere al sesso maschile che, come evidenziato nelle relazioni in atti, costituisce un vero e proprio vissuto primario in assenza di condizioni psicopatologiche. Tali elementi inducono a ritenere non necessario l'espletamento di una CTU atteso che l'irreversibilità del mutamento sessuale risulta dalla documentazione medica in atti, dal fatto che sin dal marzo 2020 l'attrice si è sottoposta a terapia ormonale, e si è rivolta ad un centro specializzato per seguire il percorso di transizione verso il genere maschile. L'intervento chirurgico di riassegnazione del sesso, in tale ipotesi, sembra coerente con il sesso maschile nel quale l'attrice ormai da molti anni si identifica ed è conosciuta, e lo stesso appare quantomai funzionale al raggiungimento di un benessere psico-fisico. Ne consegue l'accoglimento della domanda tesa ad ottenere l'autorizzazione al trattamento chirurgico richiesto nell'atto introduttivo del giudizio. Per quanto concerne, invece, la domanda di rettifica del sesso anagrafico ed, in particolare, la necessità del preventivo intervento chirurgico demolitorio o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari preme rilevare che la giurisprudenza lo esclude come obbligatorio. Si afferma, infatti, che l'esclusione del carattere necessario dell'intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica appare il corollario di un'impostazione che in coerenza con i supremi valori costituzionali, rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l'assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, il quale deve, comunque, riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali, e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere. L'ampiezza del dato normativo letterale dell'articolo 1, comma 1 legge 164/1992 e la mancanza di rigide griglie normative sulla tipologia dei trattamenti rispondono alla irriducibile varietà delle singole situazioni soggettive. Rimane, così, ineludibile un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo. Rispetto ad esso il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio, al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere fisico-psichico della persona. Il ricorso alla modificazione dei caratteri sessuali risulta, allora, da autorizzare quando lo stesso sia volto a garantire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psico-fisico, sulla base di tale considerazione l'intervento chirurgico non può essere considerato requisito indispensabile per accedere al procedimento di rettificazione, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un benessere psico-fisico. Se, dunque, il trattamento chirurgico è solo un mezzo per realizzare il percorso di transizione verso l'altro sesso, e non anche il suo presupposto, nel caso di specie, risultando la presenza di documenti di identità contenenti dati anagrafici femminili a fronte di un aspetto esteriore e di un vissuto interiore maschili, con conseguenti disagi della ricorrente nella vita di relazione, alla luce della relazione psicologica allegata, del certificato di attestazione del trattamento mascolinizzante avviato, che dimostrano che la scelta è definitiva, la domanda di rettifica dell'atto di nascita, anche nelle more dell'esecuzione dell'intervento chirurgico, deve essere accolta. Nulla per le spese P.Q.M. Il Tribunale definitivamente pronunziando, ogni diversa domanda, eccezione, richiesta disattesa così decide 1. Autorizza omissis ad eseguire trattamento medicochirurgico di riassegnazione del sesso come richiesto nell'atto introduttivo del giudizio, con contestuale rettificazione del prenome da omissis ad omissis 2. Ordina allo stato civile del Comune di apportare le rettificazioni dell'atto di nascita di omissis come sopraindicate nei termini di legge. 3. Nulla per le spese. Cosi deciso in Benevento, 10/11/2022