Nessun legittimo impedimento per l’avvocato che richiede un differimento ad horas della trattazione dell’udienza

L’avvocato di un imputato, accusato di violazione degli obblighi famigliari, ricorre in Cassazione deducendo, in particolare, l’inosservanza degli artt. 178, lett c e 179 c.p.p., in quanto l’udienza del giudizio d’appello sarebbe stata celebrata nonostante il difensore avesse presentato una richiesta di differimento ad horas .

Il professionista espone di essere stato avvisato della trattazione orale dell'udienza in questione solo il giorno prima dell'udienza stessa, ma che in realtà aveva inviato tramite PEC alla cancelleria della Corte d'appello una richiesta di differimento della trattazione dell'udienza dalle ore 9.30 alle ore 11.00, per poter giungere in auto da Catania a Messina. Il Collegio, constatata l' assenza del legale , aveva nominato all'imputato un difensore d'ufficio, ai sensi dell' art. 97, comma 4, c.p.p. La doglianza è infondata. Ai sensi dell'art. 420- ter , comma 5, c.p.p., purchè sussista un legittimo impedimento del difensore , occorre che l'assenza del legale risulti dovuta ad assoluta impossibilità di comparire . L'impedimento a comparire dell'avvocato deve risolversi in una situazione tale da impedire all'interessato di partecipare all'udienza e non già in una mera difficoltà quale quella che ricorre nel caso di specie, prospettata come meramente eventuale, e comunque superabile scegliendo un diverso orario di partenza. Indi per cui, non sussisteva alcun obbligo per la Corte d'appello di rinviare l'udienza o differirne l'orario di trattazione. Per questi motivi, la S.C. dichiara inammissibile il ricorso oggetto di causa.

Presidente Petruzzellis – Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Messina ha tratto a giudizio P.G. per il reato di cui all' art. 570, primo e comma 2, c.p. , in quanto, serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sarebbe sottratto agli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge e di genitore, omettendo di corrispondere a L.M.C.F. la somma mensile di 400,00 Euro per il figlio minore L., obbligo posto a suo carico dal Tribunale di Messina, con provvedimento del 21 giugno 2011, nonché di contribuire al pagamento delle spese straordinarie per il mantenimento del predetto fatto commesso in Omissis dal mese di Omissis , con condotta permanente sino all'attualità. 2. Il Tribunale di Messina, con sentenza emessa in data 22 ottobre 2020, ha affermato la responsabilità penale dell'imputato, e, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di due mesi di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi in sede civile, in favore della parte civile costituita e alla rifusione delle spese del giudizio. 3. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza di primo grado, appellata dall'imputato, che ha condannato al pagamento delle spese processuali. 4. L'avvocato P.T.P., nell'interesse dell'imputato, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l'annullamento, deducendo tre motivi di ricorso. 4.1. Con il primo motivo, il difensore deduce l'inosservanza degli artt. 178, lett. c , e 179 c.p.p., in quanto l'udienza del giudizio di appello sarebbe stata celebrata nonostante il difensore avesse presentato una richiesta di differimento ad horas sulla quale la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi. Espone il difensore di essere stato avvisato della trattazione orale dell'udienza di appello solo il giorno prima dell'udienza stessa e che in tale data 28 settembre 2021 aveva inviato alla cancelleria della Corte di appello, mediante posta elettronica certificata, una richiesta di differimento della trattazione dell'udienza dalle ore 9,30 in orario successivo alle 11.00, per poter giungere in auto da Omissis . Il Collegio, tuttavia, chiamato il processo nei confronti del P. alle ore 9,36, e constatata l'assenza del difensore di fiducia, aveva nominato all'imputato un difensore di ufficio, ai sensi dell' art. 97, comma 4, c.p.p. , che si era limitato semplicemente a chiedere l'accoglimento dell'appello. Deduce, tuttavia, il difensore di essere giunto alle ore 10.55 nell'aula di udienza e di aver ricevuto la notizia che il processo era stato già trattato alle ore 11.52, inoltre, il Collegio avrebbe dato lettura del dispositivo e della motivazione contestuale della sentenza. Precisa, inoltre, il difensore di aver appreso, successivamente, dalla consultazione del provvedimento emesso dalla Corte di appello, che l'istanza di differimento era stata consegnata al Presidente alle ore 9,57, ma il verbale dell'udienza risultava essere stato chiuso solo alle successive ore 11.53. Ad avviso, del difensore, dunque, la sentenza impugnata sarebbe nulla per violazione delle disposizioni concernenti l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato nel giudizio. 4.2. Con il secondo motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato. La Corte di appello, infatti, richiamandosi acriticamente alle statuizioni della sentenza di primo grado, avrebbe omesso di considerare l'abbondante documentazione prodotta, atta a comprovare lo stato di incapacità economica dell'imputato nell'adempiere e, dunque, la carenza del dolo. L'imputato, infatti, colpito da vicissitudini economiche nel succedere al padre defunto nella gestione di un'armeria, avrebbe posto in essere adempimenti parziali, per quanto gli era stato possibile. Rileva il difensore che un sereno esame degli atti causa da parte della Corte di appello non avrebbe potuto che condurre all'assoluzione dell'imputato, in ossequio al canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio. 4.3. Con il terzo motivo, il difensore censura la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio irrogato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata non consentirebbe di comprendere il percorso logico che avrebbe indotto la Corte di appello a ritenere congrua la pena inflitta. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi proposti sono diversi da quelli consentiti dalla legge e, comunque, manifestamente infondati. 2. Con il primo motivo, il difensore deduce l'inosservanza degli artt. 178, lett. c , e 179 c.p.p., in quanto l'udienza di appello sarebbe stata celebrata nonostante il difensore avesse presentato una richiesta di differimento ad horas sulla quale la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi, obliterando l'impedimento del difensore di fiducia a comparire in udienza all'orario fissato. 3. Il motivo è manifestamente infondato. Il ricorrente deduce la violazione del diritto di assistenza dell'imputato per erronea esclusione del legittimo impedimento del difensore. Il difensore dell'imputato nel giudizio di appello, tuttavia non ha presentato una richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento, ma si è limitato a rappresentare un possibile ritardo, chiedendo il differimento dell'orario di trattazione dell'udienza. Perché sussista un legittimo impedimento del difensore, secondo quanto previsto dall' art. 420-ter, comma 5, c.p.p. , occorre, infatti, che l'assenza del difensore risulti dovuta ad assoluta impossibilità di comparire. L'impedimento a comparire del difensore deve, infatti, risolversi in una situazione tale da impedire all'interessato di partecipare all'udienza e non già in una mera difficoltà quale quella che ricorre nella specie, prospettata peraltro come meramente eventuale e, comunque, superabile a mezzo della predisposizione di accorgimenti anche nella scelta dell'orario di partenza che certamente non esorbitano l'ordinaria diligenza. Non essendo stata dedotta, dunque, una situazione neppure astrattamente sussumibile nella fattispecie di cui all' art. 420-ter, comma 5, c.p.p. non sussisteva un obbligo della Corte di appello di rinviare l'udienza o, comunque, di differire l'orario della trattazione dell'udienza. Lo stesso difensore, del resto, non ha dimostrato di aver tempestivamente comunicato la propria richiesta di differimento dell'orario della trattazione del processo, in quanto la stessa risulta essere stata inviata a mezzo posta elettronica certificata solo alle ore 21.21 del 28 settembre 2021 e, dunque, in orario di chiusura della cancelleria della Corte di appello e ormai a poche ore dall'orario fissato per la celebrazione dell'udienza. Legittimamente, dunque, la Corte di appello, accertata l'assenza del difensore di fiducia dell'imputato all'orario fissato per la celebrazione dell'udienza, ha nominato un sostituto ai sensi dell' art. 97, comma 4, c.p.p. e ha disposto la trattazione del processo. 4. Con il secondo motivo, il difensore deduce la mancanza di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità rispetto all'elemento soggettivo del reato. 5. Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente, non confrontandosi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, si è limitato a sollecitare la Corte di legittimità a un rinnovato esame degli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio, mediante un confronto diretto con gli stessi. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944 . Sono, infatti, precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1 Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 . E', infatti, inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l'omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito Sez. 2, n. 30918 del 7/5/2015, Rv. 264441 . La Corte di appello, peraltro, a pag. 4 della sentenza impugnata, ha stigmatizzato il carattere generico della deduzione di carenza di dolo operata dalla difesa nell'atto di appello, rilevando come dai documenti acquisiti risulterebbe che l'imputato abbia percepito redditi, per quanto esigui, e che abbia posto in essere versamenti in favore del figlio solo saltuari e parziali nell'ordine di 50 Euro in alcuni periodi . 6. Con il terzo motivo il difensore censura la manifesta illogicità della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, in quanto la motivazione della sentenza impugnata non consentirebbe di comprendere il percorso logico che avrebbe indotto la Corte di appello a ritenere congrua la pena inflitta 7. Anche questo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente si è limitato a dolersi dell'asserita illogicità delle statuizioni della sentenza impugnata in ordine alla pena inflitta, senza confrontarsi specificamente con le stesse. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Guardiano, Rv. 255568 Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849 Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230631 Sez. 6, n. 49 del 08/10/2002, Notaristefano, Rv. 223217 Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., 281521 . 8. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186 , e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende. 9. In caso di diffusione del presente provvedimento devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, ai sensi dell' art. 52 del D.Lgs. n. 30 giugno 2003, n. 196 , in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.