Sinistro stradale: i danni al veicolo e alla persona devono essere oggetto di un’unica domanda di risarcimento

La Cassazione torna sul tema del frazionamento del credito, ricordando che è configurabile un abuso dello strumento processuale laddove il danneggiato proponga due azioni diverse, riferite alle cose e alla persona, per i danni derivanti da un unico fatto illecito.

A seguito di una caduta dalla moto, causata dalle radici degli alberi presenti sul manto stradale ma non segnalate, il centauro chiedeva a Roma Capitale il risarcimento dei danni personali subiti. Il Tribunale, in virtù del fatto che l'uomo avesse già proposto giudizio dinanzi al Giudice di Pace per i danni subiti dal veicolo giudizio concluso con sentenza di condanna al risarcimento passata in giudicato , dichiarava improponibile la domanda per illegittimo frazionamento del credito. La decisione è stata confermata anche in appello. Secondo la Corte territoriale il fatto che l'uomo durante il giudizio dinanzi al Giudice di Pace dovesse ancora sottoporsi a visite mediche non escludeva che i postumi si fossero già verificati. Il soccombente ha proposto ricorso in Cassazione. Sul tema del frazionamento del credito le Sezioni Unite hanno sent. numero 4090/2017 già avuto modo di chiarire che «le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi ove le suddette pretese creditorie, però, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo – così da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata». Il Collegio dà continuità a tale affermazione precisando che «non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l'azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento. Tale disarticolazione dell'unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, infatti, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l'aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale». In conclusione, la Corte non può che rigettare il ricorso.

Presidente Rubino – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. S.S. convenne in giudizio Roma Capitale, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni personali da lui subiti in conseguenza del sinistro stradale verificatosi in Roma, in data omissis , a causa di radici di alberi presenti sul manto stradale, non segnalate, che avevano provocato la sua caduta dalla moto. A sostegno della domanda espose, tra l'altro, di aver in precedenza già promosso un separato giudizio, davanti al Giudice di pace di Roma, per i danni alla moto derivanti dal medesimo incidente, giudizio che si era concluso con una sentenza di condanna di Roma Capitale ormai passata in giudicato. Si costituì in giudizio la parte convenuta, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, chiedendo il rigetto della domanda e sollecitando inoltre la chiamata in giudizio, a titolo di manleva, della società Le Assicurazioni di Roma la quale si costituì chiedendo pure il rigetto della domanda. Nel giudizio intervennero poi anche il omissis e la società di assicurazione Zurich, chiamata in causa dal Consorzio. Il Tribunale rigettò la domanda ritenendo che la stessa fosse improponibile per l'illegittimo frazionamento del credito. 2. La pronuncia è stata impugnata dall'attore soccombente e la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 9 aprile 2019, ha rigettato il gravame e ha compensato le ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale che nel momento in cui era stata proposta la domanda risarcitoria davanti al Giudice di pace di Roma omissis , la cui decisione era passata in giudicato, il danno alla persona lamentato dall'attore si era già verificato nella sua interezza. Il fatto che lo S. in data omissis dovesse ancora sottoporsi ad una visita per il successivo omissis non dimostrava che i postumi non si fossero già verificati integralmente a quella data. Era significativo, d'altronde, che l'attore avesse notificato il proprio atto di citazione davanti al Giudice di pace in data omissis senza attendere gli esiti di un'ulteriore visita per lui fissata per il successivo omissis . La documentazione sanitaria prodotta dall'attore e successiva al omissis non dimostrava alcun aggravamento dei postumi ed escludeva la necessità di un ulteriore intervento chirurgico. La scelta di agire separatamente per il danno al motociclo e per il danno alla persona non era stata determinata, quindi, dall'effettiva incertezza sul consolidamento degli esiti negativi della sua malattia per cui la proposizione in due diversi giudizi delle domande di risarcimento dei danni derivanti da un unico incidente si risolveva in un abuso dello strumento processuale. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Roma propone ricorso S.S. con affidato a quattro motivi. Resistono Roma Capitale, le Assicurazioni di Roma, il omissis e la Zurich Insurance con quattro separati controricorsi, proponendo il solo Consorzio anche un ricorso incidentale condizionato. Il ricorrente, le Assicurazioni di Roma e la Zurich Insurance hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , violazione della Cost., articolo 2 e 111 e degli articolo 2043,2054 e 2059 c.c., per avere la Corte di merito emesso una decisione in contrasto con la consolidata giurisprudenza in argomento. Osserva il ricorrente che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che egli aveva fatto espressa riserva, nel proporre il primo giudizio davanti al Giudice di pace, di agire con un autonomo giudizio per il risarcimento dei danni fisici subiti, in quanto gli stessi non si erano ancora stabilizzati. Per costante giurisprudenza in argomento, la seconda domanda risarcitoria può essere proposta separatamente in presenza di un dubbio circa la stabilizzazione degli esiti dannosi, elemento che la sentenza impugnata non avrebbe considerato. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, comma 1, numero 3 e numero 4 , c.p.c., violazione degli articolo 112,115,116 e 132, numero 4 , c.p.c., con conseguente nullità della sentenza. Il ricorrente rileva che, al fine di accertare la sussistenza della correttezza e buona fede da parte del danneggiato che abbia promosso due diversi giudizi risarcitori, bisognava tener conto non della situazione che si sarebbe venuta a manifestare in un momento successivo, bensì di quelle che erano le conoscenze del danneggiato nel momento in cui egli diede inizio al primo giudizio. Nella visita del omissis , infatti, gli erano stati richiesti ulteriori accertamenti, per cui la Corte d'appello non avrebbe potuto affermare che già al momento della proposizione del primo giudizio egli fosse pienamente consapevole dei postumi lesivi riportati. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, comma 1, numero 3 e numero 5 , c.p.c., omessa pronuncia ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, con conseguente violazione degli articolo 112, 115, 116 e 132, numero 4 , del codice di rito. La sentenza impugnata, osserva il ricorrente, avrebbe omesso di pronunciarsi sulla questione, posta nei motivi di appello, relativa al momento esatto in cui egli aveva effettivamente avuto consapevolezza della stabilizzazione dei postumi. La Corte d'appello, inoltre, non avrebbe esaminato l'espressa riserva che l'odierno ricorrente aveva posto, nel momento in cui aveva inoltrato la prima domanda risarcitoria davanti al Giudice di pace, di agire separatamente per i danni alla persona. Si tratta, nella prospettazione del ricorrente, di omissioni decisive che rendono viziata la sentenza impugnata. 4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, comma 1, numero 3 e numero 4 , c.p.c., violazione degli articolo 115, 116 e 132, numero 4 , in relazione all'apparente o contraddittoria motivazione resa dalla sentenza in esame. Osserva il ricorrente che la sentenza impugnata non avrebbe fornito alcuna valida motivazione in ordine ai criteri adottati per individuare il momento in cui i postumi invalidanti si erano effettivamente stabilizzati a suo carico, dal momento che era stato dimostrato che il percorso di cura da lui intrapreso era ancora in corso quando fu promosso il primo giudizio. 5. Osserva la Corte che i motivi di ricorso, pur tra loro formalmente differenti, possono essere trattati congiuntamente, in quanto pongono censure strettamente connesse tra di loro e in qualche misura anche ripetitive. 5.1. La questione giuridica posta all'esame del Collegio riguarda il c.d. frazionamento del credito. Le Sezioni Unite di questa Corte, dopo essersi già pronunciate con la sentenza 15 novembre 2007, numero 23726, sono tornate sull'argomento con la più recente sentenza 16 febbraio 2017, numero 4090, citata nel ricorso. In questa seconda decisione è stato stabilito che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi ove le suddette pretese creditorie, però, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo - così da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. Tale principio è stato in seguito più volte ribadito e ad esso il Collegio intende dare ulteriore continuità. Giova poi ricordare che nella materia specifica che costituisce oggetto del giudizio odierno, cioè il risarcimento dei danni da responsabilità civile, è stato in più occasioni affermato il principio per cui non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l'azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento. Tale disarticolazione dell'unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, infatti, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l'aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale così la sentenza 22 dicembre 2011, numero 28286, ribadita dalla sentenza 21 ottobre 2015, numero 21318, dalle ordinanze 4 novembre 2016, numero 22503, e 28 giugno 2018, numero 17019, nonché, sulla stessa lunghezza d'onda, dalla sentenza 6 maggio 2020, numero 8530 . Da tale ricostruzione del quadro giurisprudenziale si trae la logica conclusione per cui, pur non essendo totalmente precluso al danneggiato, in astratto, di agire separatamente per due diversi danni che derivano dal medesimo fatto illecito, ciò può avvenire solo in presenza dell'effettiva dimostrazione, da parte dell'attore, della sussistenza di un interesse obiettivo al frazionamento. Interesse che - è bene ribadirlo - non può consistere in una scelta soggettiva dettata da criteri di mera opportunità e neppure dalla prospettata maggiore speditezza del procedimento davanti ad uno piuttosto che ad un altro dei giudici aditi v. in tal senso l'ordinanza 2 maggio 2022, numero 13732 . 5.2. Tutto ciò premesso, è evidente che i motivi dell'odierno ricorso, inammissibili sotto certi profili in quanto tendenti ad ottenere in questa sede un riesame del merito, sono comunque privi di fondamento. La Corte d'appello, infatti, già sollecitata all'esame del problema dai motivi di gravame, ha fornito un'argomentata risposta, osservando che il danno alla persona si era già palesato nel momento in cui fu proposto il primo giudizio, dato che la documentazione sanitaria successiva al 2008 non evidenziava alcun aggravamento dei postumi. L'odierno giudizio ebbe inizio nel 2011, quando il quadro era delineato da tempo lo stesso ricorso dice che il danneggiato fu dimesso dall'ospedale, subito dopo l'incidente, con una prognosi di 30 giorni . Con un accertamento di merito non più sindacabile in questa sede, infatti, la Corte romana ha ricostruito la cronistoria delle due cause e, valutando in modo globale le prove, ha escluso che lo S. avesse dimostrato la sussistenza di una qualche incertezza sui residui postumi dell'incidente allorquando decise di dare inizio alla prima causa davanti al Giudice di pace di Roma omissis . In motivazione, anzi, la sentenza impugnata ha posto in luce la singolarità della scelta dell'odierno ricorrente di intraprendere il primo giudizio pochissimi giorni prima di una visita medica già fissata proprio per accertare le sue condizioni di salute. Ne consegue che rimane priva di pregio la tesi del ricorrente, più volte ribadita nei motivi di ricorso, relativa alla necessità di una valutazione ex ante e non ex post circa la stabilizzazione delle conseguenze dannose del sinistro, proprio perché sul punto la Corte di merito ha compiuto un preciso accertamento. Ininfluenti sono, poi, le ulteriori pronunce di questa Corte alle quali il ricorrente si è richiamato nella memoria ordinanze 22 giugno 2020, numero 12140, e 20 settembre 2021, numero 25413 . Entrambe queste ordinanze, infatti, non si discostano affatto dall'orientamento giurisprudenziale suindicato, limitandosi a porre in luce quali siano le ragioni che in determinate situazioni possono giustificare il ricorso alla tutela frazionata. Ragioni che, proprio in base alle precedenti considerazioni, certamente non sussistevano nel caso in esame. 6. Il ricorso principale, pertanto, è rigettato. Il ricorso incidentale condizionato proposto dal omissis , che peraltro è una riproposizione delle eccezioni e delle domande dichiarate assorbite in appello a causa del rigetto della domanda principale, rimane assorbito. A tale esito segue la condanna del ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. numero 13 agosto 2022, numero 147, che ha modificato il D.M. 10 marzo 2014, numero 55, ed è applicabile nella fattispecie ratione temporis. Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.800, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore rispettivamente delle Assicurazioni di Roma e della Zurich Insurance, e in complessivi Euro 2.300, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore rispettivamente di Roma Capitale e del omissis . Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.