Nessuna condanna per sfruttamento della prostituzione se la teste sparisce

Sporge denuncia per essere stata obbligata ad esercitare la prostituzione, ma poi si rende irreperibile. La Corte d’appello acquisisce le dichiarazioni della vittima rumena, ritenendo che sia sparita per paura di ritorsioni. Ma i due accusati non ci stanno e ricorrono in Cassazione.

La decisione della Corte territoriale sarebbe in contrasto con gli elementi acquisiti nel processo. Infatti, risulterebbe che la persona offesa non si sarebbe allontanata immediatamente ma avrebbe vissuto per un certo lasso di tempo dal cugino, sicchè l'irreperibilità immediata sarebbe smentita da una prova acquisita durante il procedimento. Per quanto riguarda il timore della ritorsione , quest'ultimo collide con l'arresto e lo stato di custodia cautelare dei due imputati protagonisti della vicenda. Quest'ultimi sostengono, quindi, che la vittima si sarebbe sottratta all'esame volontariamente e per libera scelta. La doglianza è fondata. Il Collegio ribadisce che in tema di letture ex art. 512 c.p.c., l' irreperibilità del testimone integra il presupposto della sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova in dibattimento solo nel caso di effettiva impossibilità di notificare la citazione a comparire in giudizio, ovvero quando risulti impossibile assicurare la presenza del teste in udienza, a seguito dell'infruttuoso esperimento di tutti gli adempimenti a tal fine imposti dalla legge […] Cass. n. 35579/2021 . Inoltre, ai sensi dell' art. 512 c.p.c. , l'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni testimoniali rese in sede di indagini preliminari, è consentita a condizione che il teste abbia avuto effettiva cortezza della citazione e la sua assenza non sia frutto di una libera scelta di sottrarsi all'esame Cass. n. 57243/2017 . E la nozione di irreperibilità è confermata anche dal contenuto dell' art. 513, comma 2, c.p.c. che ricollega l'applicazione dell' art. 512 c.p.c. proprio all'impossibilità di esaminare il dichiarante dopo aver sperimentato le soluzioni dell'accompagnamento forzoso, dell'esame a domicilio, della rogatoria internazionale, dell'audizione a distanza ex art. 147- bis disp. att. c.p.p., nonché del testo dell'art. 512- bis c.p.p. La Corte d'appello non ha applicato correttamente tali principi di diritto, indi per cui ne segue l'accoglimento del ricorso in esame.

Presidente Marini – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 8 febbraio 2022 la Corte di appello di L'Aquila ha confermato la condanna inflitta a K.E. e Z.J. il 18 marzo 2019 dal Tribunale di Pescara alla pena di 6 anni di reclusione ed Euro 1.200 di multa, per i reati ex artt. 3, n. 4, 5, e 4, n. 1. L. n. 75 del 1958 , per avere, con violenza e minaccia, reclutato C.M. al fine di farle esercitare la prostituzione ed indotto la stessa alla prostituzione in omissis fino al omissis . 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati. 2.1. Con il primo motivo si deducono i vizi di violazione degli art. 191, 512, 512-bis , 526, comma 1-bis, c.p.p. , e della motivazione e la conseguente l'inutilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa del omissis acquisite in dibattimento. 2.1.1. Rappresentano i ricorrenti che la denuncia della persona offesa fu presentata il omissis il 4 dicembre 2007 fu richiesto l'incidente probatorio, fissato al 10 gennaio 2008 e non eseguito per l'irreperibilità della persona offesa. Nel primo giudizio dinanzi al Tribunale fu accertata il 25 dicembre 2009 l'irreperibilità della persona offesa, che fu cercata presso l'abitazione di un suo cugino. Dopo l'annullamento della sentenza di primo grado da parte della Corte di appello, si svolse un secondo giudizio dinanzi al Tribunale di Pescara nel quale, il 16 gennaio 2016, fu acquisita la denuncia della persona offesa, senza che fossero svolti ulteriori accertamenti per verificare l'irreperibilità della persona offesa. La Corte di appello avrebbe rigettato l'eccezione di inutilizzabilità in violazione di legge perché avrebbe fondato la valutazione della reperibilità sull'unico accertamento eseguito il 25 dicembre 2009. Il decorso del tempo tra i vari giudizi di merito avrebbe imposto nuovi accertamenti sulla irreperibilità, considerato che la persona offesa si sarebbe resa irreperibile immediatamente. L' art. 512 c.p.p. consentirebbe la lettura delle dichiarazioni della persona offesa solo quando sia divenuta impossibile la ripetizione. L'irreperibilità, però, sarebbe una circostanza di fatto, a differenza della morte, che va verificata nel tempo, come la malattia, che ha una sua durata. Sul punto si richiamano la sentenza di Sez. 3 del 19 aprile 2018 n. 34130, riportata nel ricorso, le norme sull'irreperibilità dell'imputato - che impongono accertamenti in ogni fase del giudizio - e sul processo in assenza. L'irreperibilità della testimone avrebbe dovuto essere deve essere valutata all'attualità il tempo decorso tra le prime ricerche e l'acquisizione del verbale sarebbe tale da far ritenere insussistente l'attualità ed avrebbe dovuto imporre le nuove ricerche prima di acquisire la denuncia della persona offesa. 2.1.2. Con il secondo punto del motivo si contesta la legittimità delle modalità con cui sono state acquisite le dichiarazioni della persona offesa. Nel corso del giudizio di primo grado, all'udienza del 24 marzo 2015, il Tribunale avrebbe contraddittoriamente ritenuto da un lato allo stato non reperibile la persona offesa dall'altro/avrebbe disposto che il pubblico ministero procedesse alla citazione del teste presso l'indirizzo di residenza in Romania, trattandosi di cittadina comunitaria. All'udienza del 8 gennaio 2016 il pubblico ministero ribadì la validità delle dichiarazioni acquisite ex art. 512 c.p.p. e, nonostante l'opposizione della difesa, il Tribunale acquisì la denuncia della persona offesa revocando l'ordinanza che imponeva al pubblico ministero di citarla presso il luogo di residenza in Romania. L'acquisizione delle dichiarazioni della persona offesa sarebbe avvenuta, pertanto, in violazione dei principi della giurisprudenza che impongono di effettuare un concreto accertamento dell'irreperibilità del teste, almeno nei luoghi indicati nell' art. 159 c.p.p. , ed anche nella residenza all'estero ove nota, affinché l'accertamento dell'irreperibilità sia congruo e ragionevole, anche mediante le utenze telefoniche note della persona offesa e presso la madre. Tali accertamenti si imponevano, inoltre, perché dalle sentenze di merito emergevano riferimenti ai contatti con la madre ed una zia, ed erano note le utenze a loro in uso e le loro residenze. Dopo i richiami giurisprudenziali, si afferma che il Tribunale e la Corte di appello non avrebbero svolto nessun accertamento per assicurare la presenza della testimone al dibattimento, in violazione dell' art. 512 c.p.p. Inoltre, le ricerche sarebbero state effettuate in violazione dell' art. 512 c.p.p. . Dalle dichiarazioni rese il 15 aprile 2010 dal luogotenente C. , acquisite nel secondo giudizio di primo grado per essere state confermate all'udienza del 18 gennaio 2016, risulterebbe che i Carabinieri accertarono esclusivamente da un cugino della persona offesa che la donna non era più soggiornante presso di lui e che ignoti cittadini rumeni avrebbero riferito che la persona offesa si era allontanata da circa un anno per la Germania. Pertanto, l'irreperibilità fu constatata senza che fossero svolte reali ricerche. 2.1.3. L'inutilizzabilità delle dichiarazioni emergerebbe anche dalla violazione degli artt. 526, comma 1-bis, 500, comma 4, c.p.p. . Secondo la giurisprudenza, per poter utilizzare le dichiarazioni predibattimentali di soggetti divenuti successivamente irreperibili sarebbe necessario non solo svolgere accertamenti sulla reperibilità ma anche sulla sua causa attraverso rigorose ed accurate ricerche, se del caso da effettuarsi anche in campo internazionale. Il Tribunale non avrebbe svolto alcuna indagine sulla causa dell'irreperibilità limitandosi ad argomentare sull'impossibilità di svolgimento dell'incidente probatorio nel 2007. 2.1.4. La Corte di appello avrebbe acquisito le dichiarazioni ritenendo che la persona offesa si sia resa irreperibile in quanto costretta a farlo per paura di ritorsioni. Tale motivazione sarebbe, però, in contrasto con gli elementi acquisiti nel processo. In particolare, dalle dichiarazioni del luogotenente C. risulterebbe che la persona offesa non si sarebbe allontanata immediatamente ma avrebbe vissuto per un certo tempo nell'abitazione del cugino, sicché l'irreperibilità immediata sarebbe smentita da una prova acquisita nel processo. In secondo luogo, il timore della ritorsione da parte di due imputati collide 410 con la circostanza che costoro furono tratti in arresto e detenuti in stato di custodia cautelare. In ogni caso, tali elementi di fatto si riferirebbero all'immediatezza dell'arresto, non alla partecipazione al dibattimento nel 2015 sarebbe, pertanto, insussistente l'accertamento dell'attualità dell'irreperibilità della persona offesa. Secondo i ricorrenti, invece, la persona offesa si sarebbe sottratta all'esame volontariamente e per libera scelta la sussistenza dei presupposti ex art. 526, comma 1-bis c.p.p. , andrebbe valutata non al momento in cui furono rese le dichiarazioni nella fase delle indagini preliminari ma al momento dell'acquisizione del verbale, avvenuto nel 2016 a distanza di 9 anni, quando ormai la donna aveva circa trent'anni. I giudici di merito, poi, avrebbero dovuto escludere la volontarietà dell'omessa presentazione mentre le argomentazioni della Corte di appello ipotizzano soltanto il timore. La decisione della Corte di appello sarebbe anche contraria ai principi della giurisprudenza indicati nel ricorso a pagina 22. La denuncia orale della persona offesa, tra l'altro raccolta con la traduzione del cugino, senza adeguate garanzie procedurali, non avrebbe dovuto essere acquisita secondo gli artt. 512, 512, comma 1-bis, c.p.p. . 2.2. Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge, in relazione agli art. 192 e 512 c.p.p. , e della motivazione, anche per il travisamento della prova. La responsabilità degli imputati sarebbe stata ritenuta sussistente soprattutto in base alle dichiarazioni della persona offesa. Le sentenze di merito non avrebbero applicato la giurisprudenza secondo cui le prove acquisite ex art. 512 c.p.p. possono essere poste a fondamento della condanna solo in presenza di altri elementi di prova e sempre che le prime dichiarazioni siano state rese in presenza di adeguate garanzie procedurali, sicché è necessario effettuare anche lo scrutinio sulle modalità di raccolta. Tali presupposti non sussisterebbero nel processo perché le dichiarazioni della persona offesa sarebbero state raccolte attraverso la traduzione effettuata dal cugino, R.L. , che avrebbe dettato ai verbalizzanti una dichiarazione succinta e priva di specificazioni. Inoltre, le dichiarazioni sarebbero prive di circostanze dimostrative del reclutamento effettuato per indurre la vittima all'esercizio del meretricio. Ciò risulterebbe confermato dalle dichiarazioni rese in dibattimento da R.L. , cfr. pag. 12 del verbale di udienza del 30 settembre 2010, utilizzabile per il rinnovo dell'istruttoria nel secondo giudizio di primo grado con conferma delle dichiarazioni precedentemente rese . In particolare, la Corte di appello non avrebbe sanato il travisamento della prova effettuato dalla sentenza di primo grado quanto alle dichiarazioni del teste R.L. che, invece, non conterrebbe alcun riferimento alla condotta di reclutamento, non specificamente descritta nella denuncia della persona offesa. Il vizio della motivazione riguarderebbe anche i tempi della vicenda, nonché la circostanza che la donna sarebbe stata venduta a due albanesi. La genericità della denuncia non potrebbe essere sanata nè dalle dichiarazioni del teste R.L. , perché de relato e generiche, nè dalla denuncia della persona offesa che sul punto sarebbe generica. Non sarebbero state, poi, valutate delle dichiarazioni delle testi T. e A. che supporterebbero la versione alternativa della difesa. Sarebbe stata travisata anche la ricostruzione dei contatti telefonici della persona offesa effettuata dal maresciallo S.S. all'udienza del 15 aprile 2010. Tali contatti sarebbero stati tenuti dalla persona offesa durante il periodo in cui la donna avrebbe dovuto essere stata segregata. 2.3. Con il terzo motivo si deduce la mancanza della motivazione sulla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche effettuata sia con l'atto d'appello che dal pubblico ministero in sede di conclusioni. L'obbligo di motivazione, peraltro, deriverebbe anche dall' art. 597, comma 5, c.p.p. , poiché l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche può essere disposta anche di ufficio. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è fondato. 1.1. Sull'ambito applicativo dell' art. 512 c.p.p. vanno ribaditi i principi espressi da Sez. 6, n. 35579 del 29/04/2021, C., Rv. 282182 - 01, secondo cui in tema di letture di atti ex art. 512 c.p.p. , l'irreperibilità del testimone integra il presupposto della sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova in dibattimento solo nel caso di effettiva impossibilità di notificare la citazione a comparire in giudizio, ovvero quando risulti impossibile assicurare la presenza del teste in udienza, a seguito dell'infruttuoso esperimento di tutti gli adempimenti a tal fine imposti dalla legge fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato, per non aver compiuto il giudice di merito nessun accertamento volto a verificare, anche tramite rogatoria internazionale, il luogo di residenza della teste, di cui era noto solo un domicilio estero, e la oggettiva impossibilità di esaminarla in giudizio . Si è affermato che l'acquisizione al fascicolo del dibattimento, ai sensi dell' art. 512 c.p.p. , delle dichiarazioni testimoniali rese in sede di indagini preliminari, è consentita a condizione che il teste abbia avuto effettiva contezza della citazione e la sua assenza non sia frutto di una libera scelta di sottrarsi all'esame fattispecie nella quale la Corte ritenuto correttamente acquisite le dichiarazioni rese dal teste risultato irreperibile in dibattimento Sez. 6, n. 57243 del 15/11/2017, Afif, Rv. 271713 - 01 . Sez. 3, n. 25327 del 19/02/2019, S., Rv. 276040 - 01, ha affermato che, ai fini della legittimità della lettura in dibattimento di dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari da cittadina straniera alla polizia giudiziaria e della valutazione circa l'impossibilità della loro ripetizione, la mera irreperibilità del teste non determina automaticamente, nè l'acquisizione, nè l'inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni, costituendo un dato neutro che assume valenza solo qualora sia connotata dalla provata volontà del testimone di sottrarsi all'esame in motivazione, la sentenza C. ha rilevato che la nozione di irreperibilità del teste, ai fini dell' art. 512 c.p.p. , nel silenzio della legge, deve essere ricostruita in via interpretativa . 1.2. La mera difficoltà di assumere la testimonianza non è sufficiente ad integrare il presupposto della irreperibilità il sistema contempla una serie di strumenti finalizzati proprio a superare tali ostacoli notificazioni a seguito di accurate ricerche, accompagnamento coattivo, esame a domicilio, rogatorie . L'irreperibilità sopravvenuta del teste coincide con la materiale impossibilità di rintracciare fisicamente il soggetto, o di condurlo, anche coattivamente, in giudizio. L'irreperibilità del testimone si realizza sostanzialmente in due casi quando è impossibile notificare al teste la citazione a comparire in giudizio, o quando risulti impossibile esaminare questo soggetto nonostante la sua citazione e l'infruttuoso esperimento di tutti gli adempimenti imposti dalla legge al fine di assicurarne la comparizione in udienza. La nozione di irreperibilità sopravvenuta di cui all' art. 512 c.p.p. , è confermata anche dal contenuto dell' art. 513, comma 2, c.p.p. che, sebbene riferito alle dichiarazioni rese da un imputato di procedimento connesso, ricollega l'applicazione dell' art. 512 c.p.p. proprio all'impossibilità di esaminare il dichiarante dopo aver sperimentato le soluzioni dell'accompagnamento forzoso, dell'esame a domicilio, della rogatoria internazionale, dell'audizione a distanza ex art. 147-bis disp att. c.p.p., nonché dal testo dell' art. 512-bis c.p.p. . Si aggiunga che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, ai fini dell'acquisizione mediante lettura dibattimentale, ex art. 512-bis c.p.p. , delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini da persona residente all'estero, è necessario preliminarmente accertare l'effettiva e valida citazione del teste non comparso - secondo le modalità previste dall' art. 727 c.p.p. per le rogatorie internazionali o dalle convenzioni di cooperazione giudiziaria verificandone l'eventuale irreperibilità mediante tutti gli accertamenti opportuni. Occorre, inoltre, che l'impossibilità di assumere in dibattimento il teste sia assoluta ed oggettiva, non potendo essa consistere nella mera impossibilità giuridica di disporre l'accompagnamento coattivo occorre, cioè, che risulti assolutamente impossibile la escussione del dichiarante attraverso una rogatoria internazionale concelebrata o mista, secondo il modello previsto dall'art. 4 della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959 Sez. U., n. 27918 del 25/11/2010, dep. 2011, D.F., Rv. 250917, seppur con specifico riferimento alla disciplina prevista dall'art. 512-bis cod. proc. pen . 1.3. La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto indicati l'irreperibilità della teste è stata ritenuta in base agli accertamenti svolti dopo la richiesta di incidente probatorio e mai rinnovati. Tra la data di celebrazione dei giudizi di merito e l'accertata irreperibilità nella fase delle indagini preliminari sono trascorsi diversi anni sicché la valutazione di irreperibilità non era attuale. Non è stata neanche provata la citazione del teste per l'udienza anzi, l'ordinanza con cui si disponeva la citazione all'estero è stata erroneamente revocata nonostante l'opposizione della difesa. È pacifico che la persona offesa sia stata identificata mediante una carta di identità rumena e che è cittadina comunitaria non sono stati compiuti accertamenti per verificare, anche tramite rogatoria internazionale, se fosse possibile rintracciarla in Romania, nazione di nascita e residenza, - o se presso tale Stato risultasse la residenza in altro Stato. Esistevano dunque precisi elementi di collegamento tra la persona offesa ed il paese di origine che imponevano la citazione quale teste, anche previe ricerche all'estero, al fine di poter poi effettivamente verificare l'irreperibilità del teste e, solo successivamente, legittimamente utilizzare, mediante lettura, le dichiarazioni rese in sede predibattimentale dal cittadino straniero divenuto irreperibile Non è stata concretamente verificata l'oggettiva impossibilità di esaminare la persona offesa in giudizio. 2. L'accoglimento del primo motivo, restando assorbiti i successivi, determina l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia che dovrà nel giudizio di rinvio applicare i principi su esposti sull' art. 512 c.p.p. , tenuto conto altresì dell'ambito applicativo dell' art. 512-bis c.p.p. . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.