Gli autisti dei mezzi della società non pagano il casello: l’imprenditrice viene condannata per truffa

Ad inchiodare la titolare della società di trasporti è la condotta uniforme e consolidata tenuta dai diversi autisti dei vari mezzi aziendali e consistente nel regolare passaggio ai caselli senza pagare ma in condizioni tali da determinare comunque l’apertura della sbarra di uscita.

Colpevole di truffa la titolare della società di trasporti i cui dipendenti autisti hanno ripetutamente omesso di pagare il pedaggio autostradale alla guida dei mezzi aziendali. All’origine del procedimento penale ci sono plurimi e illegittimi passaggi del casello autostradale nella corsia riservata ai possessori di tessera o impianto Telepass . Una volta identificati i mezzi e i relativi conducenti, emerge un elemento comune, una sorta di filo roso che lega i vari episodi i veicoli appartengono tutti alla stessa azienda di trasporti. E così a finire sotto accusa è la legale rappresentante della società. In primo grado, però, l’imprenditrice si salva, grazie all’assoluzione emessa dai giudici del Tribunale. In secondo grado, però, la situazione muta radicalmente i giudici d’appello la dichiarano colpevole del reato di truffa . Il legale che rappresenta la donna sostiene in Cassazione la non colpevolezza della sua cliente. In questa ottica egli ritiene non si possa ipotizzare alcun tipo di partecipazione dell’imprenditrice, perché sono stati dismessi molteplici mezzi e quegli stessi mezzi hanno continuato a non pagare il pedaggio autostradale . Il legale sottolinea poi la mancanza della prova provata dell’ esistenza di alcuna direttiva fornita dell’imprenditrice, legale rappresentante della società, ai conducenti degli automezzi , e in questa ottica egli aggiunge che è significativo il pagamento del pedaggio in altre occasioni , così come è rilevante il fatto che la stessa imprenditrice abbia riferito di un uso illecito del Telepass da parte degli autisti della società. Per i Giudici di Cassazione non ci sono dubbi sulla lettura dei molteplici episodi oggetto del processo si deve parlare di truffa, e non di insolvenza fraudolenta, a fronte della presenza di raggiri finalizzati ad evitare il pagamento del pedaggio , quando si prende in esame la condotta di chi transita con l’autoveicolo aziendale attraverso il varco autostradale riservato ai possessori di Telepass pur essendo egli sprovvisto della relativa tessera ‘Viacard’ . Per quanto concerne poi la posizione della titolare della società di trasporti, la condotta uniforme e consolidata tenuta dai diversi autisti dei vari mezzi della società e consistente nel regolare passaggio ai caselli senza pagare ma in condizioni tali da determinare comunque l’apertura della sbarra di uscita rende palese la colpevolezza dell’imprenditrice , secondo i Giudici. A corroborare questa valutazione sono anche i numeri quasi tremila e duecento solleciti di pagamento e ben duemila passaggi senza pagamento al casello autostradale. Consequenziale e logica, secondo i magistrati, l’affermazione della presenza di una vera e propria prassi aziendale , oggetto di rappresentazione e di volizione anche da parte della legale rappresentante della società . Irrilevante, invece, il riferimento difensivo ad inadempimenti successivi commessi a bordo dei medesimi automezzi e al pagamento del pedaggio in altre occasioni .

Presidente Di Paola – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Torino, riqualificando il reato in contestazione in termini di truffa, ha dichiarato, ai soli effetti civili, la responsabilità da reato dell'odierna ricorrente così riformando la sentenza 10 dicembre 2018 del Tribunale di Torino che aveva invece disposto l'assoluzione dell'imputata. La vicenda oggetto del giudizio riguardava plurimi passaggi dal casello autostradale riservato ai possessori di tessera o impianto TELEPASS. 2. Propone ricorso per cassazione l'imputata P.E. con l'Avv. P.T 2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla operata riqualificazione dei fatti in contestazione in termini di truffa e non in termini di insolvenza fraudolenta. Avrebbe dovuto considerarsi, a parere della ricorrente, la prevalente giurisprudenza di legittimità, espressa da ultimo nella sentenza 16 aprile 2014 n. 45654, che valorizza l'affidamento ingenerato ab origine sulla propria solvibilità dell'imputato che dissimuli la propria condizione di insolvenza e la propria preordinata intenzione di non adempiere. La Corte territoriale nemmeno avrebbe considerato che, a caratterizzare il caso di specie, vi è la dichiarazione di non poter adempiere e che comunque, come specificato nel secondo motivo di ricorso, difetterebbe in radice la condizione di insolvenza. 2.2. Con il secondo motivo, si lamenta vizio di motivazione in ordine alla ritenuta penale responsabilità. In sostanza, non si potrebbe ipotizzare alcun tipo di partecipazione dell'imputata perché in quel periodo erano stati dismessi molteplici mezzi sebbene non rientranti tra quelli in relazione ai quali vi è stata condanna e, successivamente, gli stessi mezzi avrebbero continuato a non pagare il pedaggio come desumibile da documentazione allegata della difesa e non richiamata dalla Corte d'appello. Mancherebbe per altro verso la prova dell'esistenza di alcuna direttiva fornita dall'imputata, legale rappresentante della società, ai conducenti degli automezzi. Mancherebbe la prova del fatto che vi sia stata richiesta di pagamento dei 32 pedaggi autostradali per cui è intervenuta condanna, riguardando la documentazione passaggi diversi e periodi precedenti o ulteriori. Inoltre, qualificante sarebbe il pagamento del pedaggio in altre occasioni perché incompatibile con la preordinata volontà di non adempiere. Ancora, avrebbe dovuto considerarsi che la stessa imputata aveva riferito di un uso illecito del Telepass da parte degli autisti. Lo stesso valore irrisorio e, allo stato, indefinito dei pedaggi evasi dimostrerebbe la mancanza di alcun tipo di partecipazione e di interesse da parte dell'imputata. 2.3. Con il terzo motivo, la difesa lamenta la nullità del capo di imputazione in quanto formulato facendo richiamo a un foglio allegato e non ad un atto di indagine e perché tale foglio conteneva l'indicazione di condotte successive al 28 marzo 2013, indicato nel capo di imputazione come termine finale delle condotte medesime. 2.4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la mancanza di querela in relazione alle condotte poste in essere dall'automezzo avente targa EC 183 VJ che tra l'altro avrebbe compiuto il massimo numero di infrazioni. 2.5. Con il quinto motivo, si lamenta che il termine di prescrizione relativo alle condotte contestate sarebbe spirato prima della pronuncia di appello e segnatamente alla data 28 marzo 2019 con la conseguenza che -essendovi stata in primo grado l'assoluzione della ricorrente non sarebbe stato nemmeno applicabile il disposto dell' art. 578 c.p.p. . 3. La trattazione del ricorso è avvenuta con le forme previste dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 . Il Procuratore Generale in persona del sostituto Lidia Giorgio ha depositato conclusioni scritte chiedendo rigettarsi il ricorso. 4. Con memoria depositata il difensore dell'imputata, Avv. L.T., ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. il primo motivo di ricorso risulta essere manifestamente infondato essendosi la Corte conformata al principio di diritto espresso da questa Corte Sez.7, Ord. n. 33299 del 27 marzo 2018-Rv. 273701-01 Sez. 2, sentenza n. 26289 del 18 maggio 2007-Rv. 237150-01 per cui integra il delitto di truffa e non quello di insolvenza fraudolenta, per la presenza di raggiri finalizzati ad evitare il pagamento del pedaggio, la condotta di chi transita con l'autoveicolo attraverso il varco autostradale riservato ai possessori di tessera Viacard pur essendo sprovvisto di detta tessera. 3. Il secondo motivo di ricorso è parimenti manifestamente infondato. La sentenza impugnata desume dai documenti presenti nel fascicolo processuale la presenza di una condotta uniforme e consolidata, tenuta dai diversi autisti dei vari mezzi della società di cui l'imputata era legale rappresentate, consistente nel regolare passaggio ai caselli senza pagare ma in condizioni tali da determinare comunque l'apertura della sbarra di uscita. Le risultanze di tali documenti e della testimonianza S. non sono state contrastate in sede dibattimentale e sul punto le contestazioni contenute in ricorso risultano fattuali e generiche. Da essi risulta la presenza di 3154 solleciti nella massima parte precedenti ai fatti e 2001 passaggi senza pagamento tra il 2008 ed il Omissis . A fronte di tali evidenze, l'affermazione della presenza di una vera e propria prassi aziendale oggetto di rappresentazione e volizione anche da parte del legale rappresentante appare sorretta da motivazione logica, lineare, congrua, coerente con il contenuto del fascicolo processuale che per tali caratteri non risulta suscettibile di ulteriore sindacato in sede di legittimità. La fondatezza di tale motivazione, peraltro, non viene intaccata dalla presenza di inadempimenti successivi commessi a bordo dei medesimi automezzi. Irrilevante rimane il fatto che vi sia stato o meno il successivo sollecito di pagamento/ posto che la dichiarazione di non adempiere è risultata funzionale all'apertura della sbarra per uscire dall'autostrada. Altrettanto irrilevante risulta il pagamento del pedaggio in altre occasioni posto che trattasi di insolvenza non occasionale. Nemmeno è possibile valutare le condotte oggetto dell'odierna contestazione come casi isolati in conseguenza della presenza di paralleli procedimenti per condotte omologhe e svolte nella medesima qualità evocate nel provvedimento impugnato e con cui il difensore della ricorrente nemmeno si confronta. 4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. Risulta infatti del tutto priva di supporto ta lamentata nullità del capo di imputazione in quanto integrato da un foglio allegato. Nemmeno il ricorrente contesta che il foglio allegato sia stato notificato unitamente agli atti processuali che lo richiamavano. Il profilo relativo alle date contenute nel foglio allegato e nel capo di imputazione risulta ulteriormente privo di fondamento in quanto si tratta di contestazione avvenuta ab origine, non implicante alcun profilo di equivocità e su cui il ricorrente ha concretamente svolto le proprie difese. 5. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Dal tenore della querela, risulta che la richiesta di punizione si estende a tutte le infrazioni commesse da mezzi della società gestita dall'imputata e che l'indicazione delle targhe di alcuni degli automezzi è meramente esemplificativa. 6. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile. Infatti, la Corte territoriale si è conformata al consolidato principio di diritto per cui, all'esito del gravame proposto dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione, il giudice d'appello, anche qualora sia intervenuta la prescrizione del reato contestato, deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l'imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l'impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all'imputato Sez. 2 -, Sentenza n. 6568 del 26/01/2022 Rv. 282689 01 . 3. Le suesposte considerazioni fondano la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso si stima equa nella misura di Euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.