Fatturato in calo: vacilla il licenziamento deciso dalla società che ha precedentemente inserito altre tre dipendenti

Riprendono vigore le contestazioni proposte dalla lavoratrice a fronte della condotta tenuta dalla datrice di lavoro, proprietaria di una struttura alberghiera di lusso. I numeri messi sul tavolo dalla società, e relativi ad un calo del fatturato e ad un aumento dei costi del personale, non sono sufficienti per rendere legittimo l’allontanamento della dipendente.

Fortemente in dubbio la correttezza del licenziamento di una dipendente motivato dalla società con una forte contrazione dei ricavi, accompagnata, peraltro, da un aumento dei costi relativi al personale, ma contraddetto dalla quasi contemporanea assunzione di altre tre lavoratrici. Scenario della vicenda è una struttura alberghiera di lusso. Sotto i riflettori il licenziamento, deciso dalla società proprietaria dell’hotel, di una dipendente addetta a mansioni di estetista – con orario part-time pari a ventiquattro ore settimanali – e operativa nella Spa presente all’interno della struttura. Sotto i riflettori è soprattutto la ragione economica con cui la società ha dato il via all’allontanamento della lavoratrice. Nello specifico, la società ha fatto riferimento alla necessità di ridurre i costi di gestione e di procedere alla riorganizzazione dell’azienda . E questi due riferimenti sono ritenuti sufficienti dai giudici d’Appello, i quali, ribaltando la decisione pronunciata dai colleghi del Tribunale, respingono la domanda di annullamento del licenziamento per giustificato motivo proposta dalla lavoratrice. Per i giudici di secondo grado non vi sono dubbi sulla ragione organizzativa addotta dalla società, posto che l’istruttoria condotta ha dimostrato il calo dei ricavi nell’anno 2017 con proseguimento negativo, in linea tendenziale, anche per il primo semestre del 2018 , con incidenza di circa il 10 per cento sul fatturato complessivo, l’ incremento dei costi del personale . A fronte di questo quadro, poi, l’attuazione di nuove assunzioni nel periodo precedente il licenziamento – dicembre del 2016 per una apprendista e aprile del 2017 per due lavoratrici – è spiegabile , secondo i giudici d’Appello, sia con la mancata manifestazione della crisi aziendale , all’epoca, sia con l’esigenza di sopperire all’assenza della lavoratrice poi licenziata, che era rientrata a settembre del 2017 da un periodo di astensione per maternità . Per chiudere il cerchio, infine, i giudici d’Appello aggiungono che la scelta di licenziare la dipendente con mansioni di estetista, rispetto ad altre lavoratrici e a parità di carichi di famiglia e di qualifica professionale, appare corretta e in buonafede, a fronte del minor monte ore di lavoro svolto dalla dipendente rispetto alle colleghe . Per i Magistrati di Cassazione, però, non è così solido il ragionamento che ha spinto i giudici d’Appello a ritenere legittimo il licenziamento deciso dalla società proprietaria della struttura alberghiera. In premessa, comunque, viene sottolineato che in secondo grado si è preso atto di una necessità riorganizzativa della società , necessità dovuta alla riduzione dei ricavi , passati da quasi 180mila euro nel 2016 a poco più di 160mila euro nel 2017, e ad una congiuntura negativa proseguita, in linea tendenziale, anche nel primo semestre del 2018 . E in questo contesto si è inserito, secondo i giudici d’Appello, anche un incremento dei costi del personale, passato dai 90mila euro del 2016 a quasi 103mila euro nel 2017 . Per quanto concerne la contraddizione tra il licenziamento della lavoratrice e alcune precedenti assunzioni, i giudici d’Appello hanno osservato che nell’ottobre del 2016 è stata assunta un’apprendista mentre altre due lavoratrici a chiamata sono state assunte nell’aprile del 2017, prima che venisse intimato il licenziamento oggetto del processo, e hanno sostenuto poi che tali inserimenti di nuove dipendenti fosse mirato a sopperire, probabilmente, all’assenza della dipendente poi licenziata e che era, all’epoca, in maternità. In aggiunta, poi, i giudici d’Appello hanno anche osservato che il calo del fatturato , così come lamentato dalla società, ha comportato la decisione di accorpare più mansioni in capo ad una lavoratrice il cui contratto già prevedeva un numero maggiore di ore settimanali, pari a trenta a fronte delle ventiquattro ore della dipendente poi licenziata . Tutti questi elementi, però, ribattono i Giudici di Cassazione, non bastano per ritenere certo e solido il nesso di causalità tra esigenze di riorganizzazione del personale, riferibili alla contrazione del fatturato, e il licenziamento della lavoratrice . Quest’ultimo provvedimento, difatti, non risulta coerente con l’assunzione, nell’aprile del 2017, di due lavoratrici, assunzione avvenuta proprio durante l’anno che ha presentato il calo dei ricavi, ossia del volume di affari sviluppato dalla società . I Giudici di terzo grado osservano poi che l’inserimento di due dipendenti, a pochi mesi dal rientro in azienda della lavoratrice in maternità, ha inevitabilmente determinato l’incremento dei costi del personale . Per i Magistrati di Cassazione, quindi, è parecchio fragile la posizione della società, anche perché essa non ha dato prova della esigenza di fare fronte a sfavorevoli e non contingenti situazioni economiche . Impossibile, infine, ritenere sufficiente ai fini della legittimità del licenziamento della lavoratrice la dimostrazione del minor ‘monte ore’ da lei svolto rispetto alle colleghe neoassunte, a parità di carichi di famiglia e di qualifica professionale .

Presidente Raimondi – Relatore Boghetich Fatti di causa 1. Con sentenza n. 176 depositata l'11.10.2019, la Corte di appello di Potenza, in riforma della sentenza del Tribunale di Matera, in sede di opposizione della L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 57, ha respinto la domanda di annullamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dalla società P.G. s.r.l. con lettera del Omissis a S.D., addetta a mansioni di estetista con orario part time pari a 24 ore settimanali, per esigenza di ridurre i costi di gestione e necessità di procedere alla riorganizzazione dell'azienda. 2. La Corte, esaminato preliminarmente il profilo della sussistenza di un giustificato motivo oggettivo rispetto alla dedotta ritorsività del recesso, ha ritenuto sussistente la ragione organizzativa addotta dalla società, posto che l'istruttoria condotta ha dimostrato il calo dei ricavi nell'anno 2017 con proseguimento negativo, in linea tendenziale, anche per il primo semestre 2018 , con incidenza di circa il 10% sul fatturato complessivo, l'incremento dei costi del personale e l'attuazione di nuove assunzioni nel periodo precedente il licenziamento dicembre 2016 per l'apprendista C. e aprile 2017 per le lavoratrici m. e g. era spiegabile sia con la mancata manifestazione della crisi aziendale sia con l'esigenza di sopperire all'assenza della S. rientrata a settembre 2017 da un periodo di astensione per maternità ha aggiunto che la scelta di licenziare la S. rispetto ad altre lavoratrici, a parità di carichi di famiglia e di qualifica professionale, appariva corretta e rispettosa dei principi di buona fede e correttezza, a fronte del minor monte ore di lavoro svolto dalla stessa rispetto alle colleghe. 3. Per la cassazione di tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso affidato a un motivo, illustrato da memoria. La società resiste con controricorso. 4. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 , 115 e 116 c.p.c. in distrettuale, erroneamente valutato la prova documentale consistente nello stato patrimoniale depositato dalla società per gli anni 2016 e 2017 il dato da valutare per verificare l'effettiva sopravvenuta congiuntura sfavorevole era, invero, corrispondente alla comparazione degli utili ottenuti nei due anni i sui quali influiscono i costi affrontati e non già alla comparazione dei ricavi. L'assunzione di tre lavoratrici, inoltre, spezza il nesso di causalità tra crisi economica e licenziamento della S 2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 3. In via generale, ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, giova ribadire che la L. n. 604 del 1966, art. 3 richiede a la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso b la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali - insindacabili dal giudice quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati - diretti ad incidere sulla struttura e sull'organizzazione dell'impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività c l'impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello normativo, trova giustificazione nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore. L'onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili v. per tutte Cass. n. 24882 del 2018 . 4. Occorre pure ribadire che la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è sufficiente, per la legittimità del recesso, che le addotte ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, causalmente determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di un'individuata posizione lavorativa, non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto della Cost., art. 41 ove, però, il giudice accerti in concreto l'inesistenza della ragione organizzativa o produttiva, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità o la pretestuosità della causale addotta Cass. n. 10699 del 2017 , Cass. n. 9468 del 2019 . E' sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di un'individuata posizione lavorativa Cass. n. 25201 del 2017 . 5. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha dato atto di una necessità riorganizzativa della società dovuta alla riduzione dei ricavi da Euro 179.144,26 nell'anno 2016 a Euro 162.485,53 nell'anno 2017 , congiuntura negativa proseguita, in linea tendenziale, anche nel primo semestre del 2018 . Inoltre, la SPA ha registrato un incremento dei costi del personale, passato dagli Euro 90.852,42 del 2016 agli Euro 102.394,84 nel 2017 . Il giudice del merito ha aggiunto che nell'ottobre 2016 è stata assunta un'apprendista C. , mentre le lavoratrici a chiamata m. e g. sono state assunte in data 1 aprile 2017 e 4 aprile 2017, prima che venisse intimato il licenziamento alla S. e, probabilmente, per sopperire all'assenza dell'odierna reclamata infine, ha rilevato che il calo del fatturato ha determinato la società ad accorpare più mansioni in capo alla lavoratrice B., il cui contratto già prevedeva un numero maggiore di ore settimanali, pari a trenta a fronte delle ventiquattro ore della S. . 6. La valutazione del nesso di causalità tra esigenze di riorganizzazione del personale riferibili alla contrazione del fatturato e il licenziamento della lavoratrice non risulta coerente con l'assunzione aprile 2017 di due lavoratrici di cui la Corte territoriale non precisa né il tipo di contratto stipulato né la qualifica rivestita né l'orario di lavoro osservato, limitandosi a rilevare che probabilmente sostituivano la S. avvenuta proprio durante l'anno 2017 che ha presentato il calo dei ricavi ossia del volume di affari sviluppato dalla società , assunzioni effettuate a pochi mesi dal rientro della S. in azienda settembre 2017 e che hanno inevitabilmente determinato l'incremento dei costi del personale le gravi lacune di indagine in ordine alla coerenza logica ed al nesso di causalità intercorrente tra l'accertato calo di volume di affari posto che il riferimento ai ricavi rappresenta, pur sempre, un indice per valutare l'andamento dell'impresa e il licenziamento della S., a fronte dell'assunzione di due lavoratrici che, in un contesto di contrazione di attività, ha fatto lievitare i costi del personale ha compromesso la corretta verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla L. n. 604 del 1966,art. 3 che consentono al datore di lavoro di precedere al recesso. 7. Alla stregua delle esposte considerazioni la sentenza impugnata che, pur in mancanza di prova da parte del datore di lavoro dell'esigenza di fare fronte a sfavorevoli e non contingenti situazioni economiche, ha ritenuto sufficiente ai fini della legittimità del licenziamento della S. la dimostrazione del minor monte ore svolto dalla S. rispetto alle colleghe neoassunte a parità di carichi di famiglia e di qualifica professionale , deve essere cassata. 8. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Potenza, che provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Salerno, che provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità.