Edilizia popolare: quando il coniuge separato può subentrare all’assegnatario defunto?

Alla donna veniva ordinato il rilascio dell’alloggio di edilizia popolare a seguito della morte del coniuge assegnatario dal quale era separata. La stessa non risultava essere infatti parte del nucleo familiare di quest’ultimo, benché fosse provata la convivenza. Sulla questione si è pronunciata la Suprema Corte.

Alla ricorrente veniva notificato un ordine di rilascio dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica dal Comune di Genova in quanto era accertata la mancanza del possesso dei requisiti per il suo subentro all'assegnatario, coniuge defunto dal quale si era separata e nella residenza del quale aveva trasferito la propria residenza dopo un mese e mezzo dal decesso. A seguito di opposizione, il Tribunale rigettava le doglianze della donna e la Corte d'appello il relativo gravame, non ritenendo anch'essa sussistenti i presupposti del subentro contenuti nell'articolo 12 della Legge regionale della Liguria numero 10/2004 nella versione applicabile ratione temporis e anteriore rispetto alle modifiche apportare dalla Legge regionale 3/2014, rilevando in particolare che la donna non risultava essere parte del nucleo familiare dell'assegnatario al momento dell'assegnazione, che non rilevasse come dopo la separazione essa avesse continuato a convivere col marito anche al momento dell'assegnazione dell'appartamento, in quanto tale convivenza doveva risultare anagraficamente. L'appellante non poteva rientrare nemmeno tra i soggetti con diritto di subentrare in quanto parte del nucleo familiare dell'assegnatario perché tale diritto resta subordinato tanto alla presentazione della domanda di ampliamento per consentire all'ente la verifica dei requisiti di permanenza quanto alla dimostrazione della convivenza. La donna ricorreva quindi per la cassazione della sentenza della Corte territoriale sostenendo che la legge regionale summenzionata del 2004 non prevedesse alcuna domanda di ampliamento da presentare all'Ente, ma quest'ultimo avesse solo un potere di controllo e verifica circa la sussistenza dei requisiti per la permanenza. La Suprema Corte non ha tuttavia ritenuto fondata tale doglianza, ritenendo che l'obbligo di presentazione della domanda di ampliamento, benché non espressamente previsto, fosse da ritenersi sussistente sulla base della norma che richiede la previa verifica dei requisiti da parte dell'Ente, tanto che «essendo interesse della parte, che pretende di aver diritto al subentro, ottenere tale «previa verifica», appare del tutto evidente che altrimenti tale obiettivo non possa essere conseguito se non attraverso la presentazione di una istanza o domanda di ampliamento». Tale assunto è già idoneo a condurre a un rigetto del ricorso. Con riferimento al requisito della residenza poi, la Cassazione non ravvede alcuna contraddizione tra le norme della suddetta Legge, che anzi prevede che la convivenza vada dimostrata anagraficamente. Il ricorso viene interamente rigettato.

Peresidente Frasca – Relatore Iannello Fatti di causa 1. Con determinazione dirigenziale notificata il 24 marzo 2016 il Comune di Genova ordinò a A.M. il rilascio di alloggio di edilizia residenziale pubblica avendo verificato il mancato possesso dei requisiti per il suo subentro, in quanto coniuge separata dell'assegnatario, F.S., priva del requisito anagrafico, posto che aveva trasferito la residenza nell'alloggio un mese e mezzo dopo il decesso di quest'ultimo. Vi si oppose l'ingiunta deducendo che in realtà, fin dal 2003, non aveva mai cessato di vivere insieme con il marito, che la convivenza era continuata anche a dicembre 2010, data in cui era stato assegnato al F. l'alloggio popolare, ed era proseguita fino al 9 marzo 2013, data di decesso dello stesso. Il Tribunale rigettò l'opposizione condannando la ricorrente alle spese. 2. Con sentenza numero 432/2018, depositata il 21 maggio 2018, la Corte d'appello di Genova ha rigettato il gravame interposto dalla soccombente, confermando per intero la decisione di primo grado. Ha ritenuto insussistenti i presupposti del subentro quali previsti dalla L.R. Liguria numero 10 del 2004, articolo 12 nel testo - applicabile ratione temporis - anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. Liguria numero 3 del 2014, osservando in particolare che a l'A. non risultava far parte del nucleo familiare dell'assegnatario al momento dell'assegnazione b non poteva aver rilievo che di fatto, dopo la separazione, essa avesse continuato a convivere con il marito e che ciò avesse fatto anche al momento dell'assegnazione in favore dello stesso e sino al suo decesso, in quanto, in base all'articolo 12 cit., comma 3 alla data di tale evento la convivenza doveva risultare anagraficamente presupposto, questo, pacificamente insussistente, avendo l'A. ottenuto la residenza anagrafica all'indirizzo dell'alloggio solo dopo la morte del F. c nemmeno poteva ritenersi che l'appellante avesse diritto al subentro in quanto compresa, quale coniuge, tra i soggetti che fanno parte di diritto del nucleo familiare dell'assegnatario e che, come tali, in base all'articolo 12 cit., commi 1, 2 e 3 hanno diritto a subentrare ciò in quanto tale diritto resta comunque subordinato c1 alla presentazione di domanda di ampliamento per consentire all'ente preposto la necessaria verifica dei requisiti per la permanenza nel rapporto di assegnazione c2 alla dimostrazione anagrafica della convivenza con l'assegnatario condizioni entrambe nella specie insussistenti. 3. Per la cassazione di tale sentenza A.M. propone ricorso affidato a unico mezzo, cui resiste il Comune di Genova, depositando controricorso. La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della L.R. Liguria 29 giugno 2004, numero 10, articolo 12 nella versione, applicabile nella specie ratione temporis, antecedente alle modifiche apportate dalla L.R. Liguria 11 marzo 2014, numero 3. Questi gli argomenti esposti in ricorso - ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lett. a il coniuge dell'assegnatario fra gli altri entra far parte di diritto del nucleo familiare assegnatario - solo con la modifica dell'articolo 12 avvenuta con la L.R. 11 marzo 2014, numero 3, è stato previsto che il coniuge o il convivente di fatto dell'assegnatario ed i figli siano con lo stesso residenti. Quindi nella dizione precedente valevole nel caso de quo , il requisito della stessa residenza non era previsto - non era prevista alcuna domanda da presentare all'ente per richiedere l'ampliamento perché tale ampliamento era previsto di diritto l'ente aveva solamente un potere di controllo e verifica circa la sussistenza dei requisiti previsti per la permanenza nel rapporto di assegnazione - è stato dimostrato in via istruttoria che la Sig.ra A. conviveva con l'assegnatario F. in epoca antecedente al suo decesso con conseguente ampliamento del nucleo familiare - la previsione di cui all'articolo 12, comma 3 secondo cui i soggetti di cui al comma 1, in caso di decesso dell'assegnatario, subentrano nell'assegnazione purché la convivenza risulti dimostrata anagraficamente al verificarsi di tale evento è contraddittoria con quella del comma 1 che non prevedeva, per i soggetti ivi contemplati, il requisito della residenza. 2. Il motivo è manifestamente infondato. La sentenza - posto il dato incontestato che l'istante non faceva parte del nucleo originario dell'assegnatario e ricondotto dunque il thema decidendum solo alla verifica della alternativa ipotesi di subentro consentito ai soggetti compresi nel nucleo successivamente ampliato dell'assegnatario - pone a fondamento del confermato rigetto dell'opposizione al provvedimento di rilascio, due distinte considerazioni non era stata presentata domanda di ampliamento mancava comunque il requisito della residenza anagraficamente documentata. Il motivo attinge, formalmente, entrambe le rationes decidendi. 2.1. Con riferimento alla prima la critica si appalesa però inconferente e contraddittoria. La necessaria condizione della presentazione di domanda di ampliamento è affermata in sentenza non sul rilievo che tale condizione sia espressamente prevista nella norma donde l'inconferenza dell'argomento fondato su tale dato testuale ma perché ricavata induttivamente dalla previsione contenuta nel comma 2, questa sì chiaramente espressa, secondo cui l'ampliamento avviene previa verifica da parte dell'ente gestore della sussistenza dei requisiti previsti per la permanenza nel rapporto di assegnazione . Diversamente da quanto sostenuto in ricorso si tratta, evidentemente, di verifica da compiersi preventivamente e, dunque, condizionante l'ampliamento del nucleo familiare. È dunque la fattispecie legale a prevedere che, a fini del subentro, non è sufficiente la mera qualità di coniuge dell'assegnatario o l'esistenza degli altri legami di parentela previsti dal comma 1, essendo necessaria anche la previa verifica , da parte dell'ente gestore, della sussistenza dei requisiti previsti per la permanenza nel rapporto di assegnazione . Essendo interesse della parte, che pretende di aver diritto al subentro, ottenere tale previa verifica , appare del tutto evidente che altrimenti tale obiettivo non possa essere conseguito se non attraverso la presentazione di una istanza o domanda di ampliamento. Tale rilievo conduce già di per sé al rigetto del ricorso, restando assorbito l'esame degli altri argomenti di critica, dal momento che, quand'anche potessero ritenersi fondati, non varrebbero comunque a privare la sentenza del primo, testé visto, fondamento giustificativo. 2.2. Può comunque incidentalmente rilevarsi l'infondatezza o inammissibilità di detti ulteriori argomenti. Nessuna intrinseca contraddizione può vedersi, nel testo normativo evocato, tra la previsione di cui al comma 1, che nell'elencare i soggetti che entrano a far parte di diritto del nucleo familiare assegnatario vi comprende anche il coniuge, senza per esso indicare anche il requisito della residenza, e quella di cui al comma 3 che condiziona il diritto di detti soggetti al subentro nell'assegnazione alla morte dell'assegnatario espressamente al fatto che la convivenza risulti dimostrata anagraficamente al verificarsi di tale evento . La contraddizione è esclusa perché il comma 1 non dice affatto che la residenza del coniuge nello stesso alloggio non è richiesta, ma semplicemente tace sul punto, lasciando evidentemente al comma 3 di disciplinare tale aspetto. Il fatto che poi, con la modifica apportata nel 2014, l'originario comma 3 sia stato interamente sostituito ed il testo del comma 1 sia stato modificato, con l'inserimento in esso del requisito della residenza riferito però solo al coniuge, al convivente di fatto dell'assegnatario ed ai figli non dimostra affatto che si sia inteso correggere una contraddizione intrinseca nel precedente testo contraddizione, come detto, in realtà insussistente , ma piuttosto che, attraverso una diversa tecnica redazionale, si sia inteso, da un lato, mantenere il requisito della residenza, dall'altro, limitarlo per l'appunto solo ad una più ristretta cerchia di familiari aventi diritto all'ampliamento. 2.3. Del tutto inconferente, infine, rispetto alle esposte rationes decidendi, si appalesa l'insistita allegazione della circostanza fattuale, in sé del tutto irrilevante a fronte dei diversi requisiti suindicati, della acquisita dimostrazione della conviveva con l'assegnatario F. in epoca antecedente al suo decesso. 3. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo. 4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'articolo 1-bis dello stesso articolo 13. A tale attestazione non può ostare l'attuale condizione della ricorrente, risultante dagli atti, di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, occorrendo al riguardo rammentare che, secondo principio affermato dalle Sezioni Unite e che deve qui essere ribadito, il giudice dell'impugnazione, ogni volta che pronunci l'integrale rigetto o l'inammissibilità o la improcedibilità dell'impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest'ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo Cass. Sez. U. 20/02/2020, numero 4315 . Spetterà dunque all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'articolo 1-bis dello stesso articolo 13.