Respinta la tesi difensiva secondo cui i minori non hanno subito la privazione della loro libertà personale, essendo rimasti liberi di circolare in casa e non avendo manifestato in alcun modo il loro dissenso a restare all’interno della casa. Palese, invece, la coazione esercitata dall’uomo e consistita, tra l’altro, nel creare condizioni mirate ad ostacolare qualsiasi libera determinazione dei figli.
Va punita la reazione rabbiosa del padre che non accetta la decisione che i figli vengano affidati a una comunità e li trattiene con sé in casa. Sacrosanto addebitare all'uomo il reato di sequestro di persona . Delicata la vicenda sottoposta all'esame dei giudici di Cassazione a loro viene chiesto di decidere sulla condanna di un uomo finito sotto processo per avere sequestrato, in sostanza, i figli per impedire che gli fossero portati via per essere affidati a una comunità . Netta l'accusa a carico dell'uomo gli viene contestato di avere privato della libertà personale i propri figli minori, barricandosi con loro nell'abitazione familiare e minacciando di gettarsi assieme a loro nel vuoto dal settimo piano del palazzo e di avere poi opposto resistenza ai vigili del fuoco e ai carabinieri, intervenuti per liberare i ragazzini . Per i giudici di merito il quadro probatorio è chiarissimo. Così l'uomo si ritrova condannato, sia in primo che in secondo grado, per sequestro di persona . In Cassazione il legale che rappresenta l'uomo contesta la decisione dei giudici d'Appello e sostiene che sia illogico ipotizzare il reato di sequestro di persona a fronte dell'azione compiuta dal suo cliente, cioè l'essersi chiuso, unitamente ai tre figli minori, in casa e l'avere posizionato dei mobili davanti alla porta d'entrata . Questi elementi non sono sufficienti per sostenere che l'uomo abbia sequestrato i figli, soprattutto perché questi ultimi non ha subito la privazione della loro libertà personale , essendo essi rimasti liberi di circolare in casa e, soprattutto, non avendo essi manifestato in alcun modo il loro dissenso a restare all'interno della casa . Per corroborare la linea difensiva, infine, il legale sottolinea che il suo cliente ha agito non per privare i figli minori della libertà personale bensì per compiere un atto dimostrativo per protestare contro un provvedimento ritenuto ingiusto , ossia il provvedimento di un Tribunale che aveva disposto il collocamento dei ragazzini in una comunità . Alla ricostruzione proposta dalla difesa, però, i giudici di Cassazione ribattono mostrando di ritenere corretta la chiave di lettura fornita in Appello. In sostanza, la coazione esercitata dall'uomo sui figli è stata duplice in prima battuta è stata fisica e si è concretizzata accatastando i mobili dietro la porta d'ingresso, in modo tale da impedire l'uscita dall'appartamento in seconda battuta è stata psicologica, poiché l'uomo ha creato condizioni mirate ad ostacolare qualsiasi libera determinazione dei figli . Su quest'ultimo punto viene sottolineato che i minori si trovavano in totale balia del padre , il quale si era spinto fino al gesto estremo di minacciarne il lancio dal balcone, conferendo forza a tale intenzione sporgendo uno dei figli oltre la ringhiera i minori erano stati suggestionati al punto tale che loro stessi affermavano di volersi ammazzare e, infine, al termine della drammatica vicenda , i minori erano stati trovati in evidente stato di alterazione psichica a causa dell'assunzione di psicofarmaci . Tirando le somme, la coazione psicologica esercitata dall'uomo sui figli minorenni era tale da impedire loro qualsiasi libera manifestazione di dissenso , chiosano i magistrati di Cassazione, i quali precisano, inoltre, che le ragioni personali che avevano indotto l'uomo a tenere la condotta oggetto del processo non escludevano che egli avesse consapevolmente e volontariamente costretto i figli entro lo spazio domestico .
Presidente Pezzullo Relatore Cirillo Ritenuto in fatto 1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 22 novembre 2021 dalla Corte di appello di Milano, che ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Milano aveva condannato A.A. per i delitti di cui agli arti. 605 e 337 c.p Secondo l'ipotesi accusatoria, l'imputato avrebbe privato della libertà personale i propri figli minori, barricandosi con loro nell'abitazione familiare e minacciando di gettarsi assieme a loro nel vuoto dal settimo piano. Nella medesima occasione, avrebbe, inoltre, opposto resistenza ai vigili del fuoco e ai carabinieri, intervenuti per liberare i figli minori. 2. Contro la sentenza della Corte di appello, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia. 2.1. Con un primo motivo, deduce l'erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione, in relazione all' art. 605 c.p. . Sostiene che la Corte di appello avrebbe ritenuto sussistente l'elemento costitutivo del reato sulla base del solo fatto che l'imputato si fosse chiuso, unitamente ai tre figli minori, in casa e avesse posizionato dei mobili davanti alla porta d'entrata. Tali elementi, tuttavia, a parere del ricorrente, non sarebbero sufficienti a integrare l'elemento oggettivo del reato, ossia la privazione della libertà personale, poiché i minori erano rimasti liberi di circolare in casa e, soprattutto, non avevano manifestato in alcun modo il loro dissenso a restare all'interno dell'abitazione. Il ricorrente, inoltre, sostiene che mancherebbe l'elemento soggettivo del reato, atteso che l'intento dell'imputato non era quello di privare i minori della libertà personale, ma quello di compiere un atto dimostrativo per protestare contro un provvedimento ritenuto ingiusto il provvedimento del Tribunale di Pavia che aveva disposto il collocamento in comunità dei minori. 2.2. Con un secondo motivo, deduce l'erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione, in relazione all' art. 89 c.p. . Sostiene che la Corte di appello avrebbe riconosciuto la capacità dell'imputato di intendere e volere nonostante che sia il perito che i consulenti tecnici di parte avessero ritenuto che, durante la commissione dei reati, l'A. si trovasse in uno stato di alterazione psichica. La Corte territoriale, a parere del ricorrente, sarebbe incorsa nel vizio di motivazione, contraddicendo una valutazione tecnica di soggetti esperti, senza avere una pari competenza e in difetto di argomentazioni di maggior pregio rispetto a quelle esposte dal perito e dai consulenti. 1.3. Con un terzo motivo, deduce l'erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione, in relazione all' art. 62-bis c.p. . Lamenta l'eccessiva entità della pena inflitta nonché il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. 2. Il Procuratore generale, nelle conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 1.1. Il primo motivo è inammissibile, perché meramente reiterativo di identiche doglianze proposte con i motivi di appello, disattese nella sentenza impugnata con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto cfr. pagine 8 e ss. della sentenza impugnata , con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato. La Corte d'appello, invero, con motivazione adeguata coerente e priva di vizi logici, ha evidenziato che la coazione esercitata dall'imputato era duplice fisica , realizzata accatastando i mobili dietro la porta d'ingresso, in modo tale da impedire l'uscita dall'appartamento psicologica , realizzata creando le condizioni ostative a qualsiasi libera determinazione dei minori. Sotto quest'ultimo profilo, la Corte territoriale ha posto in rilievo che i minori si trovavano in totale balia del padre, che si era spinto fino al gesto estremo di minacciarne il lancio dal balcone, conferendo forza a tale intenzione sporgendo uno dei minori oltre la ringhiera i minori erano stati suggestionati al punto tale che loro stessi affermavano di volersi ammazzare al termine della vicenda, i minori erano stati trovati in evidente stato di alterazione psichica a causa dell'assunzione di psicofarmaci. La coazione psicologica esercitata sui minori era tale da impedire loro qualsiasi libera manifestazione di dissenso. Quanto all'elemento soggettivo, la Corte di appello ha correttamente evidenziato che le ragioni personali che avevano indotto l'imputato a commettere il reato non escludevano che quest'ultimo avesse consapevolmente e volontariamente costretto i figli entro lo spazio domestico. 1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La Corte di appello, infatti, ha basato la propria decisione sulle conclusioni della perizia che era stata disposta nel corso del giudizio di secondo grado. Il perito, invero, aveva concluso che il signor A. , al momento dei fatti, era capace di intendere e di volere, in quanto le alterazioni psichiche da lui presentate - consistenti in agitazione psicomotoria, rabbia, reattività, probabilmente alonate da teatralità - non erano sufficienti a determinare neppure una parziale incapacità. La Corte territoriale ha sottoposto a esaustiva valutazione la perizia, ritenendola pienamente condivisibile con motivazione adeguata, coerente e priva di vizi logici, con la quale il ricorrente non si è effettivamente confrontato, rendendo il motivo di ricorso carente anche sotto il profilo della specificità estrinseca. 1.3. Il terzo motivo è inammissibile. Con tale motivo, il ricorrente prospetta questioni non consentite nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondate, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che l'esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p. , con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità, ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142 Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Rv. 238851 , come nel caso di specie cfr. pagina 12 della sentenza impugnata . Per la consolidata giurisprudenza di legittimità, poi, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come parimenti avvenuto nel caso che occupa cfr. pagina 12 della sentenza impugnata . 2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che deve determinarsi in Euro 3.000,00. 3. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52 , in quanto imposto dalla legge.