Nell'ordinanza numero 106/2023, la Terza Sezione della Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Cassa Forense, motivando la propria decisione con argomentazioni già enunciate in precedenti arresti di legittimità.
Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense Cassa Forense nel prosieguo consegue un decreto ingiuntivo nei confronti dell'Agente della riscossione in relazione al pagamento di somme iscritte a ruolo e non riversate. Il decreto ingiuntivo viene revocato all'esito del giudizio di appello contro il rigetto dell'opposizione. Confermata la giurisdizione del giudice ordinario, la controversia viene risolta sulla base dell'articolo 1, commi da 527 a 529, l. numero 228/2012 in base a tale disciplina, decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i crediti di importo fino a 2.000 euro , comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, sono automaticamente annullati, mentre per i crediti superiori a tale importo, esaurite le attività di competenza, l'agente della riscossione provvede a darne notizia all'ente creditore, anche in via telematica. Nell'ordinanza numero 106/2023, la Terza Sezione della Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Cassa Forense, con condanna al pagamento delle spese di giudizio e dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex articolo 13, comma 1- quater , d.P.R. numero 115/2022. Il Collegio motiva la propria decisione riproducendo le argomentazioni già enunciate in precedenti arresti di legittimità. Il quadro normativo. In base prima all' articolo 18, l. numero 576/1980 , e poi all' articolo 17, comma 3, d.lgs. numero 46/1999 , Cassa Forense provvede alla riscossione dei contributi previdenziali insoluti nei confronti degli avvocati iscritti alla gestione previdenziale a mezzi di ruoli secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette. Dopo l'abrogazione del meccanismo del “non riscosso per riscosso” ex articolo 32, comma 3, d.P.R. numero 43/1988, l'agente della riscossione, ricevuti i ruoli provvede alla riscossione dei relativi importi e, dopo averli riscossi, ha l'obbligo di riversarli alla Cassa ex articolo 2, d.lgs. numero 37/1999, ed articolo 22 d.lgs. numero 112/1999 . In caso di omessa riscossione, l'agente della riscossione può ottenere il “ discarico per inesigibilità ” - e quindi non ha l'obbligo di versare i relativi importi alla Cassa - solo ove abbia rispettato gli adempimenti di cui all'articolo 19, lett. a , b , c , d ed e , d.lgs. numero 112/1999 , mentre perde detto diritto al discarico - con conseguente obbligo di pagamento alla Cassa dei relativi importi - ove venga accertata una sua responsabilità in ordine alla mancata riscossione ex articolo 20 d.lgs. numero 112/1999 . Il condono automatico della Legge di Stabilità per il 2013. Sul tale impianto normativo si sono innestati l'articolo 1, commi da 527 a 529, l. numero 228/2012 e il relativo decreto attuativo 15 giugno 2015 del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Secondo la Corte di Cassazione, tale disciplina presenta un duplice profilo di ragionevolezza per i crediti inferiori ad euro 2.000,00 scongiura la antieconomicità della riscossione in ragione del presumibile rapporto negativo tra costi dell'esazione e benefici dell'eventuale riscossione, mentre per quelli superiori ad euro 2.000,00 non incide sui diritti di credito degli enti determinando, come sostenuto da Cassa Forense, un prelievo forzoso nei confronti dell'ente previdenziale, e cioè una indebita misura ablatoria o una forma di “condono occulto” , ma solo sulla procedura di riscossione, atteso che l'annullamento del ruolo non coincide con l'annullamento del credito sottostante , che ben potrà essere successivamente azionato dall'ente secondo l'ordinaria procedura. Non è violata la Carta Costituzionale . Come già rilevato nell'ordinanza numero 6767/2022, tali argomenti consentono di superare i dubbi di incostituzionalità della menzionata l. numero 228/2012 , sollevata da Cassa Forense sia in relazione alla previsione di un' espropriazione senza indennizzo dei crediti da essa vantati nei confronti dei propri iscritti e dell'idoneità di tale intervento a incidere sull'equilibrio finanziario dell'ente, sia in relazione alla disparità di trattamento introdotta tra i crediti delle casse previdenziali e quelli dell'Unione Europea, per i quali resta confermata l'operatività del sistema di riscossione a mezzo ruolo, anche se risalenti. La Suprema Corte nega altresì una lesione dell' articolo 117 Cost. in riferimento all'articolo 6 Cedu sotto il profilo dell'irragionevole incidenza delle disposizioni in esame sulla posizione di parità delle parti nei giudizi in corso, «non configurandosi le stesse come un intervento isolato ed inaspettato rispetto ad un quadro normativo idoneo ad ingenerare nelle parti un ragionevole affidamento in ordine alla sua immutabilità, ma come uno stadio ulteriore di un percorso normativo avviato fin dal 1999 con la riforma del sistema di riscossione a mezzo ruolo, e proseguito con la sostituzione dell'organizzazione di carattere pubblicistico degli agenti della riscossione ai rapporti di concessione precedentemente intrattenuti dagli enti creditori con società private» cfr. Cass. civ., numero 26531/2020 Cass. civ., numero 11972/2020 . Come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza numero 51/2019 , vi à una «netta distinzione tra le “proroghe cd. generiche” cui si riferiscono le norme richiamate da Cassa Forense che si applicano ai “vecchi concessionari nazionali o, per traslato, ai soggetti che da essi siano eventualmente scaturiti come le società cosiddette “scorporate”, cioè le società private cessionarie del ramo di azienda relativo alle attività concernenti i tributi locali e altre entrate di enti locali, ceduto dai concessionari nazionali [ ] ”, ed invece le “proroghe cd. specifiche” che si applicano esclusivamente a “Riscossione S.p.a. e le società dalla stessa partecipate ” che sono complessivamente denominate agenti della riscossione” cui è in seguito succeduta Agenzia delle Entrate-Riscossione subentrata, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia sciolte a decorrere dal 1 luglio 2017 ». Le proroghe generiche hanno operato esclusivamente attraverso l'introduzione nell' articolo 59 d.lgs. numero 112/1999 dei commi 4- bis e 4- ter , che hanno stabilito al 1 ottobre 2004 il termine per la presentazione delle “comunicazioni di inesigibilità” da parte dei Concessionari nazionali della riscossione, relativamente ai ruoli resi esecutivi prima del 30 settembre 1999, successivamente ancora modificati fino all'ultimo intervento di riforma che ha fissato il termine del 30 giugno 2006 per la presentazione della “comunicazioni di inesigibilità” relative ai ruoli consegnati fino al 30 giugno 2003. Al contrario le proroghe specifiche «hanno interessato i termini di presentazione delle “comunicazioni di inesigibilità” riguardanti i ruoli trasferiti dai vecchi concessionari nazionali alle società partecipate da Riscossione spa poi Gruppo Equitalia e, quindi, Agenzia delle Entrate-Riscossione , che a quelli sono subentrate ex lege in mancanza di una diversa determinazione degli enti creditori o della prosecuzione dell'attività di riscossione da parte di un'altra società cessionaria del ramo d'azienda “relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali” [ ], e la proroga è proseguita ininterrottamente [ ], trovando puntuale giustificazione nell'esigenza di tutelare il patrimonio pubblico in conseguenza, peraltro, dell'acquisizione delle società impegnate nella riscossione di entrate locali anche di dubbia e difficile esigibilità. Si è voluto, infatti, evitare che le ben note disfunzioni nell'attività di riscossione risalenti alle gestioni private, rivelatesi spesso inadeguate se non fallimentari, si riverberassero meccanicamente a carico del pubblico erario» cfr. Corte Cost., numero 51/2019 .
Presidente Sestini - Relatore Cirillo Fatti di causa 1. La Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ottenne un decreto ingiuntivo nei confronti di Equitalia Sestri s.p.a., agente della riscossione per la provincia di Novara, per il pagamento della somma di Euro 7.721,01, a titolo di somme iscritte a ruolo e non riversate dal concessionario. Avverso il decreto propose opposizione la Equitalia Sestri s.p.a. e il Tribunale di Roma, in contraddittorio con la Cassa opposta, rigettò l'opposizione, compensando le spese di lite. 2. La sentenza è stata impugnata dalla Equitalia Nord s.p.a., succeduta alla Equitalia Sestri s.p.a., poi divenuta Agenzia delle entrate Riscossione, e la Corte d'appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, con sentenza del 6 febbraio 2019 ha accolto l'appello e ha revocato il decreto ingiuntivo, con compensazione delle spese dei due gradi di giudizio. La Corte d'appello, dopo aver affermato la giurisdizione del giudice ordinario, avendo la contribuzione in questione ad oggetto unicamente il rapporto previdenziale privatistico tra la Cassa ed i propri iscritti, ha ricostruito la complessa trama normativa interessante ai fini della decisione ed ha affermato l'applicabilità alla controversia della L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, commi 527, 528 e 529, evidenziando che detta disciplina era immune dai vizi di illegittimità costituzionale prospettati dalla Cassa. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Roma ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense con atto affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l'ADER - Agenzia delle Entrate Riscossione. La parte ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 , violazione e falsa applicazione della L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 529, del D.Lgs. 30 giugno 1994, numero 509, articolo 1 e 2 nonché dell'articolo 3 Cost. , articolo 35 Cost. , comma 1, articolo 36 Cost. , comma 1, articolo 38 Cost. , articolo 42 Cost. , comma 3, articolo 97 Cost. , comma 2 e articolo 117 Cost. , comma 1, anche in relazione all'articolo 6 della CEDU . Sostiene la ricorrente che le disposizioni di cui alla L. numero 228 del 2012 non potrebbero ritenersi applicabili alla Cassa, in quanto ente di natura privata che non gode di sovvenzioni pubbliche, in base ad una lettura costituzionalmente orientata della normativa di riferimento, dal momento che le predette disposizioni determinerebbero sostanzialmente una sorta di espropriazione dei crediti iscritti a ruolo, in danno degli enti creditori, senza alcun indennizzo sul piano formale e sostanziale per i crediti inferiori ad Euro 2.000,00 e, quanto meno su quello sostanziale, per quelli di importo superiore . La Cassa rileva di aver fatto affidamento, nel corso degli anni, su un sistema normativo che le garantiva, qualora il concessionario alla riscossione fosse incorso nelle cause di perdita del diritto al discarico D.Lgs. 13 aprile 1999, numero 112, articolo 19 , di rivalersi sul medesimo per i carichi a ruolo oggetto di mancato riversamento. L'applicazione, in particolare, della L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 529, sancendo l'inapplicabilità del D.Lgs. numero 112 del 1999, articolo 19 e 20 aveva fortemente inciso sulla possibilità concreta, per la Cassa, di realizzare i crediti relativi ai contributi iscritti a ruolo. Segue poi l'illustrazione di una serie di ragioni per le quali l'indicata normativa sarebbe in contrasto con i parametri costituzionali suindicati. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 , violazione e falsa applicazione dell' articolo 132 c.p.c. , numero 4 , articolo 276 c.p.c. , comma 2, e dell'articolo 118 disp. att. c.p.c., per erroneo assorbimento, da parte della Corte d'appello, delle altre questioni poste alla sua attenzione. La ricorrente rileva che la sentenza, dopo aver ritenuto applicabile la normativa di cui alla L. numero 228 del 2012 , ha considerato che da quella conclusione derivasse l'assorbimento anche delle altre questioni. In particolare, la Cassa evidenzia di avere dedotto sia in primo grado che in grado di appello che i rapporti giuridici con l'agente della riscossione relativi ai crediti iscritti a ruolo negli anni 1998 e 1999 dovevano ritenersi ormai esauriti, con perdita per quest'ultimo del c.d. diritto al discarico a causa del mancato tempestivo invio delle comunicazioni di inesigibilità, non potendo i relativi termini ritenersi prorogati ininterrottamente fino al sopraggiungere della L. numero 228 del 2012 . Il termine per l'invio della comunicazione di inesigibilità era scaduto, secondo la ricorrente, al più tardi il 30 giugno 2006. L'accertamento dell'esaurimento del rapporto tra la Cassa e il concessionario per la Provincia di Novara avrebbe, secondo la ricorrente, carattere pregiudiziale rispetto all'operatività delle norme della L. numero 228 del 2012 il che viene a significare che la Corte d'appello non si sarebbe pronunciata su tale eccezione e che comunque, se anche lo avesse fatto implicitamente, la decisione dovrebbe ritenersi erronea. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 4 , violazione e falsa applicazione dell' articolo 112 c.p.c. , per omessa pronuncia. Ribadita la ricostruzione delle norme di cui al secondo motivo, la parte ricorrente obietta che, se non si ritenesse di accogliere le censure di quel motivo, la sentenza impugnata dovrebbe essere cassata per il vizio di omessa pronuncia. La Corte di merito, infatti, non avrebbe considerato che nella catena delle disposizioni di proroga per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità si riscontrano due vuoti normativi il primo, alla data del 1 ottobre 2004, essendo la proroga di cui al D.L. numero 282 del 2004 intervenuta solo il 29 novembre 2004 il secondo al 30 settembre 2005, perché il D.L. numero 203 del 2005 era entrato in vigore il 4 ottobre 2005. Vi sarebbe, dunque, un'omissione di pronuncia circa il consolidamento del credito in capo alla Cassa, con conseguente inapplicabilità della sopravvenuta L. numero 228 del 2012 . 4. Rileva il Collegio, preliminarmente, che la causa in esame è in tutto uguale ad altre sulle quali questa Corte si è già pronunciata. Occorre quindi muovere da tale giurisprudenza alla quale l'odierna pronuncia intende dare ulteriore continuità. 4.1. La sentenza 9 maggio 2019, numero 12229, che per prima si è pronunciata sulla complessa questione, ha ricostruito le principali tappe normative nei termini che seguono. Va innanzitutto precisato, in termini generali, che, ai sensi della L. numero 576 del 1980, articolo 18 riforma del sistema previdenziale forense , ribadito dal D.Lgs. numero 46 del 1999, articolo 17, comma 3, la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense provvede alla riscossione dei contributi insoluti a mezzi di ruoli da essa compilati, resi esecutivi dall'Intendenza di Finanza e da porre in riscossione secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette nello specifico, pertanto, la Cassa compila e trasmette all'Agente della riscossione i ruoli e cioè, come precisato dal D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 10 gli elenchi dei debitori della Cassa e del loro debito , i quali costituiscono il titolo esecutivo attraverso il quale effettuare la riscossione dei contributi previdenziali nei confronti degli avvocati iscritti alla gestione previdenziale che non li hanno corrisposti. Nello specifico va, poi, evidenziato che, ai sensi del D.P.R. numero 43 del 1988, articolo 32, comma 3, ora abrogato, la consegna dei ruoli faceva divenire il Concessionario addetto alla riscossione debitore dell'intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli, che dovevano essere dallo stesso Concessionario versate alla Cassa alle scadenze stabilite, ancorché non riscosse il concessionario aveva quindi l'obbligo di anticipare alla Cassa il gettito delle procedure di riscossione c.d. meccanismo del non riscosso come riscosso , con possibilità, secondo quanto previsto dal D.P.R. numero 43 del 1988, articolo 75 e 77 di recuperare il carico anticipato facendoselo rimborsare dalla Cassa o compensandolo con gli altri importi da anticipare solo ove avesse agito diligentemente nella procedura di riscossione senza però riuscire nell'esazione c.d. diritto al discarico o sistema del discarico . Il detto D.P.R. numero 43 del 1988 , e in particolare il meccanismo del non riscosso come riscosso , è stato, come detto, abrogato dal D.Lgs. numero 112 del 1999 , che ha quindi fatto venire meno l'obbligo dell'Agente di versare anticipatamente alla Cassa a scadenza fissa gli importi da riscuotere, ed ha introdotto un diverso sistema, in base al quale il Concessionario, una volta ricevuti i ruoli, provvede alla riscossione dei relativi importi e, dopo averli riscossi, ha l'obbligo di riversarli alla Cassa D.Lgs. numero 37 del 1999, articolo 2 D.Lgs. numero 112 del 1999, articolo 22 in caso di omessa riscossione, il Concessionario può ottenere il discarico per inesigibilità e quindi non ha l'obbligo di versare i relativi importi alla Cassa solo ove abbia rispettato determinati adempimenti nello specifico quelli espressamente previsti dal D.Lgs. numero 112 del 1999, articolo 19, lett. a , b , c , d ed e , mentre perde detto diritto al discarico con conseguente obbligo di pagamento alla Cassa dei relativi importi ove, al termine della procedura di cui al D.Lgs. numero 112 del 1999, articolo 20 venga accertata una sua responsabilità in ordine alla mancata riscossione. In materia è poi intervenuta la L. numero 228 del 2012 , in vigore dal 1 gennaio 2013 legge di stabilità per il 2013 , in combinato con il decreto attuativo 15 giugno 2015 del Ministro dell'economia e delle finanze, che, per tutti i ruoli antecedenti al 31 dicembre 1999, ha stabilito 1 l'annullamento automatico dei crediti di importo sino ad Euro 2.000,00 iscritti in ruoli resi esecutivi sino al 31 dicembre 1999 articolo 1, comma 527, legge cit. in particolare, ai sensi del detto D.M. 15 giugno 2015, articolo 1 l'elenco delle quote riferite ai detti crediti è trasmesso dall'agente della riscossione all'ente creditore su supporto magnetico, ovvero in via telematica, e le dette quote sono automaticamente discaricate ed eliminate dalle scritture contabili dell'ente creditore 2 l'obbligo dell'Agente di riscossione, per i crediti di importo superiore ad Euro 2.000,00, di dare notizia all'ente impositore dell'esaurimento dell'attività di riscossione articolo 1, comma 528, legge cit. obbligo poi precisato D.M. 15 giugno 2015, articolo 2 e 3 cit. in quello di dare comunicazione, su supporto magnetico o comunque in via telematica, dell'elenco delle quote non interessate da procedure esecutive avviate o da contenzioso pendente o da accordi in corso o da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte o da dilazioni in corso, con conseguente automatico discarico anche di dette quote ed eliminazione dalle scritture contabili dell'ente creditore per i crediti superiori ad Euro 2.000,00, interessati invece dalle dette procedure o pendenze, rimasti in carico all'Agente della riscossione, obbligo di quest'ultimo di inserirli in un elenco, da trasmettere su supporto magnetico o comunque in via telematica all'ente creditore, entro due mesi dalla conclusione delle attività, con conseguente automatico discarico anche di dette quote ed eliminazione dalle scritture contabili dell'ente creditore 3 per tutti i crediti, indipendentemente dal valore, la non applicabilità D.Lgs. numero 112 del 1999, articolo 19 e 20 articolo 1, comma 529, legge cit. . La sentenza ora citata ha anche precisato che la L. numero 228 del 2012 - se, da un lato, per i crediti inferiori ad Euro 2.000, ha inteso scongiurare l'antieconomicità della riscossione in ragione del presumibile rapporto negativo tra costi dell'esazione e benefici dell'eventuale riscossione - non ha inciso, per quanto riguarda i crediti degli enti superiori ad Euro 2.000 come nel caso oggi in esame , sull'esistenza del diritto. Le modifiche introdotte dalla L. numero 228 del 2012 , cioè, per i crediti superiori a quella soglia hanno inciso solo sulla procedura di riscossione, atteso che il disposto annullamento del ruolo non coincide con l'annullamento del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato in proprio dall'ente creditore con l'ordinaria procedura possibilità, questa, che rende irrilevante, ai fini delle prospettate violazioni di legge, il fatto che la procedura di riscossione abbia scarse possibilità concrete di approdare ad un risultato fruttuoso. 4.2. Alla luce di siffatta ricostruzione vengono a cadere tutti i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla Cassa oggi ricorrente. Va innanzitutto rilevata la correttezza della sentenza impugnata là dove ha evidenziato che ogni del tutto ipotetico dubbio di legittimità costituzionale relativo all'annullamento dei crediti inferiori ad Euro 2.000 è privo di rilevanza, posto che nel giudizio odierno si discute di un credito di entità superiore. Ciò detto, il Collegio evidenzia come vadano richiamate, a questo proposito, le decisioni successive di questa Corte che hanno dato continuità alla citata sentenza numero 12229 del 2019. In particolare, l'ordinanza 1 marzo 2022, numero 6767, dopo aver ribadito che per i crediti di valore superiore ad Euro 2.000 non c'e' alcuna estinzione del credito, bensì soltanto il venir meno del titolo esecutivo costituito dal ruolo, ha osservato che risulta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme in esame, sollevata dalla ricorrente sia in relazione alla previsione di un'espropriazione senza indennizzo dei crediti da essa vantati nei confronti dei propri iscritti e dell'idoneità di tale intervento a incidere sull'equilibrio finanziario dell'ente, sia in relazione alla disparità di trattamento introdotta tra i crediti delle casse previdenziali e quelli dell'Unione Europea, per i quali resta confermata l'operatività del sistema di riscossione a mezzo ruolo, anche se risalenti . Detta pronuncia ha anche dichiarato che deve ritenersi altresì infondata la censura di violazione dell' articolo 117 Cost. , sollevata in riferimento all'articolo 6 della CEDU , sotto il profilo dell'irragionevole incidenza delle disposizioni in esame sulla posizione di parità delle parti nei giudizi in corso, non configurandosi le stesse come un intervento isolato ed inaspettato rispetto ad un quadro normativo idoneo ad ingenerare nelle parti un ragionevole affidamento in ordine alla sua immutabilità, ma come uno stadio ulteriore di un percorso normativo avviato fin dal 1999 con la riforma del sistema di riscossione a mezzo ruolo, e proseguito con la sostituzione dell'organizzazione di carattere pubblicistico degli agenti della riscossione ai rapporti di concessione precedentemente intrattenuti dagli enti creditori con società private . Anche il principio dell'affidamento, quindi, pure invocato dall'odierna ricorrente, non è stato leso dalla normativa qui in esame. 4.3. Residuano, a questo punto, le censure dei motivi secondo e terzo, che in sostanza coincidono, posto che la Cassa pone in essi la stessa questione, prima come contestazione di indebito assorbimento e poi di omessa pronuncia. 4.4. Anche tali questioni sono state affrontate da precedenti pronunce di questa Corte che giova a questo punto richiamare. In particolare, la sentenza 19 giugno 2020, numero 11972, ha chiarito che in tema di riscossione delle imposte mediante ruoli e di procedura di discarico dei crediti inesigibili, solo per l'agente della riscossione pubblico e quindi anche per i ruoli trasferiti ai soggetti del gruppo pubblico Equitalia - e, poi, ad Agenzia delle Entrate-Riscossione - in conseguenza della cessazione dell'affidamento in concessione del servizio di riscossione è stata prevista una proroga, ininterrottamente reiterata fino alla L. numero 228 del 2012 , del termine di decadenza per l'invio della comunicazione di inesigibilità di cui al D.Lgs. numero 112 del 1999, articolo 19 ne consegue l'inapplicabilità della disciplina di cui all'articolo 59, comma 4-quater, del citato decreto in quanto dettata esclusivamente per gli ex-concessionari privati e per le società private scorporate , resesi cessionarie del relativo ramo di azienda, in relazione ai quali soltanto viene in rilievo la questione della soluzione di continuità nelle proroghe dei detti termini determinatasi tra la scadenza del termine del 1 ottobre 2004 e la successiva proroga disposta con il D.L. numero 282 del 2004 . Questa sentenza ha chiarito che la tesi della Cassa oggi ricorrente secondo cui vi sarebbero interruzioni nella sequenza cronologica delle proroghe del temine per l'invio delle comunicazioni di inesigibilità e rivolta a contestare l'applicabilità ai soggetti pubblici della riscossione Riscossione s.p.a. e società da essa partecipate delle proroghe disposte dal D.L. numero 203 del 2005, articolo 3, comma 12, è da ritenere errata, in quanto non tiene conto delle distinte discipline normative delle proroghe dei termini dettate in concomitanza con il riordino del settore e la trasformazione del sistema organizzativo della riscossione a mezzo ruoli . Richiamando la sentenza numero 51 del 2019 della Corte costituzionale , la sentenza numero 11972 del 2020 ha evidenziato la netta distinzione tra le proroghe cd. generiche cui si riferiscono le norme richiamate da Cassa Forense che si applicano ai vecchi concessionari nazionali o, per traslato, ai soggetti che da essi siano eventualmente scaturiti come le società cosiddette scorporate, cioè le società private cessionarie del ramo di azienda relativo alle attività concernenti i tributi locali e altre entrate di enti locali, ceduto dai concessionari nazionali ai sensi del D.L. numero 203 del 2005, articolo 3, comma 24, primo periodo, come convertito nella L. numero 248 del 2005 , ed invece le proroghe cd. specifiche che si applicano esclusivamente a Riscossione S.p.a. e alle società dalla stessa partecipate che sono complessivamente denominate agenti della riscossione cui è in seguito succeduta Agenzia delle Entrate-Riscossione subentrata, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia sciolte a decorrere dal 10 luglio 2017 . Le proroghe c.d. generiche hanno operato esclusivamente attraverso l'originaria modifica del D.Lgs. 13 aprile 1999, numero 112, articolo 59 disposta dal D.Lgs. 27 aprile 2001, numero 193, articolo 3, comma 1, lett. l, con l'introduzione dei commi 4-bis e 4-ter, che hanno stabilito al 1 ottobre 2004 il termine per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte dei Concessionari nazionali della Riscossione . Le proroghe specifiche, invece, hanno interessato i termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità riguardanti i ruoli trasferiti dai vecchi concessionari nazionali alle società partecipate da Riscossione s.p.a. poi Gruppo Equitalia e, quindi, Agenzia delle Entrate-Riscossione , che a quelli sono subentrate ex lege in mancanza di una diversa determinazione degli enti creditori o della prosecuzione dell'attività di riscossione da parte di un'altra società cessionaria del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali D.L. numero 203 del 2005, articolo 3, commi 24 e 25 , e la proroga è proseguita ininterrottamente attraverso le continue modifiche del D.L. numero 203 del 2005, articolo 3, comma 12, convertito nella L. numero 248 del 2005 . La sentenza numero 11972 del 2020, dunque, ha chiarito in modo definitivo e pienamente condivisibile che la norma del D.Lgs. numero 112 del 1999, articolo 59, comma 4-quater, invocata dalla Cassa ricorrente, è stata dettata solo per gli ex concessionari privati e per le società private scorporate resesi cessionarie del relativo ramo di azienda per cui il problema della soluzione di continuità tra le proroghe non trova applicazione per l'Agenzia delle entrate-Riscossione che è controricorrente nel presente giudizio. I principi affermati dalla sentenza ora citata sono stati ulteriormente ribaditi dalle sentenze 20 novembre 2020, numero 26531, e 31 maggio 2021, numero 15094 tali decisioni, oltre ad escludere l'esistenza di una soluzione di continuità per le c.d. proroghe specifiche , relative ai rapporti interessanti i ruoli trasferiti ai soggetti del gruppo pubblico Equitalia - e, successivamente, all'Agenzia delle Entrate-Riscossione - in conseguenza della cessazione dell'affidamento in concessione del servizio di riscossione, hanno anche ulteriormente specificato le ragioni per le quali la normativa in esame non dà luogo a dubbi di legittimità costituzionale. 4.5. Dalla complessa ricostruzione qui sommariamente tratteggiata discende l'evidente infondatezza anche dei motivi secondo e terzo dell'odierno ricorso. 4.6. Nella memoria della parte ricorrente è stata richiamata, a supporto delle proprie tesi, la recente sentenza 18 marzo 2022, numero 8948, delle Sezioni Unite di questa Corte. Tale richiamo, però, non giova alla Cassa ricorrente. Pur trattandosi, infatti, per quanto è dato comprendere, di un caso in tutto simile a quello odierno, il Collegio rileva che la sentenza ora citata si è limitata ad esaminare il primo motivo del ricorso principale in quella sede proposto dall'Agenzia delle entrate, avente ad oggetto il presunto difetto in radice del potere giurisdizionale in capo al giudice ordinario adito. Esclusa la fondatezza di quel motivo, le Sezioni Unite hanno rimesso la causa alla Prima Sezione Civile per l'esame degli ulteriori motivi, il che esclude si possa ipotizzare un mutamento dell'ormai consolidata giurisprudenza in argomento. 5. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, numero 55 . Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.600, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.