Con riferimento ai casi di appalto, il termine previsto dall’art. 29 d.lgs. n. 276/2003 deve essere interpretato nel senso di estendere all’INPS la decadenza dal diritto di agire nei confronti del committente quale responsabile solidale?
Il Tribunale, a seguito di opposizione, revocava il decreto ingiuntivo emesso a favore dell'INPS per contributi previdenziali e assistenziali non corrisposti da una Società, dichiarando che nulla era dovuto dall'opponente, quale obbligata solidale, poiché era maturata la decadenza di cui all' art. 29 d.lgs. n. 276/2003 in quanto l'azione era stata proposta oltre il biennio dalla cessazione dell'appalto. La Corte d'appello escludeva sia l'applicabilità del termine di decadenza sia la maturazione della prescrizione pertanto, rideterminava l'importo dovuto dalla Società obbligata solidalmente. Quest'ultima ricorreva per la cassazione della sentenza di secondo grado sostenendo che l'art. 29 debba interpretarsi del senso di estendere all'INPS la decadenza dal diritto di agire nei confronti del committente quale responsabile solidale ciò in base al tenore della norma che, diversamente dalla previgente l. n. 1369/1960 , non contiene alcuna esclusione in riferimento agli enti previdenziali. La Suprema Corte ha tuttavia ritenuto infondato il ricorso e a tal proposito ha richiamato diversi precedenti tra i quali, più recentemente, Cass. civ. n. 14700/2021 , Cass. civ. n. 18562/2022 , Cass. civ. n. 30602/2021 che hanno affermato il principio secondo cui il termine previsto dall' art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 non è applicabile all'azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione . L 'obbligazione contributiva , derivante dalla legge e che fa capo all'INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva Cass. 8662 del 2019 , essa Cass. n. 13650 del 2019 ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente cd. minimale contributivo . Può dunque affermarsi, prosegue la Corte, che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la < retribuzione> dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell'ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale . Dalla peculiarità dell'oggetto dell'obbligazione contributiva, discende la considerazione di rilievo sistematico che fa ritenere non coerente con tale assetto l'interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla corresponsione di una retribuzione a seguito dell'azione tempestivamente proposta dal lavoratore non possa seguire il soddisfacimento anche dell'obbligo contributivo solo perché l'ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell'appalto . Il ricorso viene rigettato.
Presidente Di Paolantonio Relatore Ponterio Rilevato che 1. Con decreto ingiuntivo n. 217/17 emesso su ricorso dell'INPS, il Tribunale di Terni ha ingiunto alla TIM spa già Telecom Italia spa di pagare la somma di Euro 1.108.739,00 quale committente obbligata solidale, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, per i contributi previdenziali e assistenziali non corrisposti dalla appaltatrice Key for up srl. 2. A seguito di opposizione proposta dalla TIM spa, il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo e dichiarato che nulla era dovuto dalla opponente all'INPS poiché era maturata la decadenza di cui all'art. 29 cit. in quanto l'azione era stata proposta oltre il biennio dalla cessazione dell'appalto. 3. La Corte d'Appello di Perugia, per quanto ancora rileva, richiamati i principi affermati da questa S.C. sentenza n. 18004 del 2019 , ha escluso che il citato termine di decadenza fosse applicabile alle pretese dell'Istituto ed ha anche escluso che fosse maturata la prescrizione in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo e rideterminato in Euro 692.837,00 l'importo dovuto dalla TIM spa, a titolo di contributi, quale obbligata solidale della società appaltatrice. 4. Avverso tale sentenza la TIM spa ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria. L'INPS ha resistito con controricorso. 5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c Considerato che 6. con l'unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma, nonché artt. 12 e 14 preleggi, per avere la Corte di merito escluso l'applicazione all'INPS del termine di decadenza previsto dall'art. 29 cit 7. Si sostiene che l'art. 29 debba essere interpretato nel senso di estendere all'INPS la decadenza dal diritto di agire nei confronti del committente quale responsabile solidale ciò in base al tenore della norma che, diversamente dalla previgente L. n. 1369 del 1960 , non contiene alcuna esclusione in riferimento agli enti previdenziali. 8. Il motivo di ricorso è infondato, alla luce dei precedenti di questa Corte, a cui si intende dare continuità Cass. n. 18004 del 2019 n. 22110 del 2019 n. 26459 del 2019 v. più recentemente, Cass. n. 28694 del 2020 Cass. n. 470 del 2021 Cass. n. 14700 del 2021 Cass. n. 30602 del 2021 Cass. n. 37985 del 2021 Cass. n. 18562 del 2022 , e che hanno affermato, in analogia all'orientamento formatosi nel vigore della L. n. 1369 del 1960, il principio secondo cui il termine di due anni previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non è applicabile all'azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione . 9. Nei citati precedenti si è considerato che l'obbligazione contributiva non si confonde con l'obbligo retributivo, posto che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo consolidato il principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi v., ex multis, Cass. n. 5353 del 2004 Cass. nn. 15979, 6673 del 2003 . 10. L'obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all'INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva Cass. 8662 del 2019 , essa Cass. n. 13650 del 2019 ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente cd. minimale contributivo . 11. Dunque, può affermarsi che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la retribuzione dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell'ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale. 12. Proprio dalla peculiarità dell'oggetto dell'obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di minimale contributivo strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale assetto l'interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla corresponsione di una retribuzione - a seguito dell'azione tempestivamente proposta dal lavoratore - non possa seguire il soddisfacimento anche dell'obbligo contributivo solo perché l'ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell'appalto. 13. Si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra retribuzione dovuta in ipotesi addirittura effettivamente erogata e adempimento dell'obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l'art. 29 cit. ha voluto potenziare. 14. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto. 15. La spese processuali sono regolate secondo il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. 16. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 , comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.