Molteplici condanne per abuso edilizio: a quale giudice spetta decidere?

Un imputato, accusato di abuso edilizio, ricorre in Cassazione lamentandosi dell’incompetenza, in sede esecutiva, della Procura della Repubblica di Nola.

La doglianza è però infondata. Il Collegio ricorda che con riferimento all'individuazione del giudice competente in sede esecutiva a conoscere del titolo esecutivo soccorre la previsione di cui all' art. 665 c.p.p. che, nel dettare le regole in termini di competenza funzionale e, perciò, assoluta e inderogabile, stabilisce essa appartiene, indipendentemente dall'oggetto della domanda e dall'attinenza della questione proposta a decisione adottata da altro giudice, al giudice che ha deliberato il provvedimento . Nel secondo comma dell'art. cit. si dispone, inoltre che, nel chiarire quale sia il giudice che abbia deliberato il provvedimento allorquando alla sentenza di primo grado abbia fatto seguito quella di appello, differenzia l'ipotesi in cui il provvedimento sia stato confermato o riformato solo in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle statuizioni civili assegnando la competenza al giudice di primo grado , da tutti gli altri casi in cui chiamato a conoscere dell'esecuzione è il giudice d'appello . Ma il discrimen nell'individuazione del parametro in forza del quale si determina la competenza funzionale del giudice dell'esecuzione si appunta sulla portata della pronuncia di secondo grado rispetto a quella impugnata, nel senso che quando il giudice del gravame opera una rielaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice con un intervento concretamente riformatore si determina per effetto di detto intervento, indipendentemente dal suo riflesso in concreto sulla quantificazione della pena, lo spostamento della competenza in executivis in favore del giudice di secondo grado . Ne consegue che nel procedimento di esecuzione la competenza del giudice di primo grado permane anche nel caso in cui quello di appello abbia riformato la sentenza solo in relazione alla pena , dovendosi invece escludere da tale previsione i casi in cui la modificazione della pena sia stata la conseguenza di un'elaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice […] Cass. n. 3818/1991 . Nel caso di specie, la Corte territoriale non ha per nulla rielaborato sostanzialmente la pronuncia del primo giudice, ma si è limitata unicamente ad applicare la sentenza della Corte Costituzionale medio tempore intervenuta. Invero, la pena dell'arresto e dell'ammenda in luogo della reclusione disposta dal giudice di primo grado, lungi dall'essere il portato di una mutata qualificazione giuridica del fatto conseguente ad una diversa valutazione della condotta incriminata da parte del giudice d'appello e della conseguente individuazione di una diversa norma regolatrice da applicarsi alla fattispecie concreta, si sostanza, invece, nella presa d'atto della mutata natura del reato ab origine contestato all'imputato, modificato da delitto in contravvenzione la semplice riforma della sentenza quoad poenam lascia ferma perciò la competenza del primo giudice . Pertanto, il Tribunale di Nola si è correttamente pronunciato quale giudice dell'esecuzione sull'incidente di esecuzione proposto dall'accusato protagonista della vicenda , ritenendo eseguibili entrambe le pronunce menzionate nell'ordinanza in questione. Indi per cui, ne consegue il rigetto del ricorso.

Presidente Ramacci – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 13.7.2022 il Tribunale di Nola, adito in sede di incidente di esecuzione, ha rigettato la richiesta di sospensione dell'ordine di sgombero notificata in data 25.3.2022 all'istante R.C. , con la quale costui lamentava che si stesse procedendo alla demolizione dell'intero immobile e non già soltanto delle opere abusive accertate con sentenza emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Nola con sentenza del 12.5.2008, diventata irrevocabile il 6.7.2008. Nel rilevare come la richiesta in esame fosse reiterativa di analoghe istanze presentate in sede esecutiva, tutte rigettate, il G.E. ha ritenuto che correttamente si stesse procedendo all'esecuzione anche dell'ulteriore titolo, costituito dalla sentenza emessa dal Tribunale di Nola in data 8.6.2015, passata in giudicato l'8.3.2017 in mancanza di elementi addotti dalla difesa in ordine alla violazione dei suddetti titoli esecutivi o alla emanazione di successivi provvedimenti amministrativi incompatibili con l'ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'istante ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale deduce, in relazione al vizio di violazione di legge processuale, che era stato precisato nei precedenti provvedimenti del G.E., seppur di rigetto della richiesta di revoca avanzata dal condannato, che l'ingiunzione demolitoria aveva ad oggetto esclusivamente la muratura perimetrale posta al lato ovest del restante manufatto e che ciò nonostante la Procura della Repubblica aveva arbitrariamente proceduto alla demolizione dell'intero immobile non rispettando il titolo esecutivo, costituito dalla sola sentenza emessa in data 12.5.2008 dal Tribunale di Nola. Afferma la difesa che non potesse farsi riferimento nell'ordinanza di sgombero all'ulteriore pronuncia resa dal medesimo Tribunale n. 1771/2015 atteso che, essendo stata la stessa riformata dalla Corte di appello di Napoli con sentenza dell'8.3.2017, diventata irrevocabile in data 13.7.2018, l'organo competente era esclusivamente la Procura Generale presso la Corte di appello di Napoli, tanto è vero che in data 3.2.2020 era stata notificata al R. autonoma ingiunzione demolitoria da parte della suddetta Procura Generale relativa all'esecuzione della sentenza di primo grado n. 1771/2015, avverso la quale l'ingiunto aveva proposto incidente di esecuzione senza che fosse stata ancora fissata la relativa udienza. Si assume in definitiva, in ciò compendiandosi il nucleo delle doglianze difensive, che l'ordinanza impugnata, nel rigettare la richiesta di sospensione concernente l'ordine di demolizione dell'intero manufatto, abbia debordato dalla propria sfera competenza invadendo quella della Procura Generale presso la Corte di appello. Considerato in diritto Occorre premettere, ai fini di un corretto inquadramento della questione oggetto delle dispiegate doglianze, che nel caso di specie duplice è il titolo esecutivo posto in esecuzione essendo stato fatto riferimento nell'ordinanza di sgombero emessa dalla Procura della Repubblica di Nola e notificata all'odierno ricorrente in data 25.3.2022 tanto alla sentenza del Tribunale di Nola n. 957 del 12.5.2008, diventata irrevocabile in data 6.7.2008 contenente l'ordine di demolizione dei lavori di completamento del manufatto di circa 100 mq sito in omissis consistiti nella realizzazione della muratura perimetrale lato ovest , quanto alla sentenza del Tribunale di Nola n. 1771 dell'8.6.2015, contenente l'ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi delle opere abusive relative al manufatto sito in omissis . Tale pronuncia, tuttavia, che dichiarava l'odierno ricorrente responsabile del reato edilizio di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, capo 1 e di quello paesaggistico D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 181, comma 1 bis, capo 2 , condannandolo, previo riconoscimento del concorso formale fra i due delitti, alla pena di un anno ed un mese di reclusione, è stata parzialmente riformata dalla sentenza di appello resa dalla Corte di Napoli che, riqualificato il reato di cui al capo 2 come contravvenzione, ha rideterminato la pena in sette mesi di arresto ed Euro 12.000 di ammenda. A fondamento della decisione il giudice del gravame ha preso atto dell'intervenuta pronuncia della Corte Costituzionale n. 56 del 2016 che, nel dichiarare la parziale illegittimità del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, per irragionevolezza del trattamento sanzionatorio, ha ricondotto all'area contravvenzionale i reati paesaggistici entro determinate soglie volumetriche, nelle quali rientrava il fatto contestato nel caso di specie all'imputato, confermandone in ogni caso l'affermazione di responsabilità, così come il diniego delle invocate attenuanti generiche. La suddetta pronuncia è diventata irrevocabile, come attestato dallo stesso G.E., in data 8.3.2017. Tutto ciò premesso, le doglianze del ricorrente in ordine alla ritenuta incompetenza della Procura della Repubblica di Nola per essere competente il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli, con conseguente pretesa inesiguibilità della pronuncia n. 1771/2015, non possono ritenersi fondate. Con riferimento all'individuazione del giudice competente in sede esecutiva a conoscere del titolo esecutivo soccorre la previsione di cui all' art. 665 c.p.p. , che, nel dettare le regole in termini di competenza funzionale e, perciò, assoluta e inderogabile, stabilisce essa appartiene, indipendentemente dall'oggetto della domanda e dall'attinenza della questione proposta a decisione adottata da altro giudice, al giudice che ha deliberato il provvedimento a tale previsione di ordine generale si aggancia quella contenuta nel comma 2, che, nel chiarire quale sia il giudice che abbia deliberato il provvedimento allorquando alla sentenza di primo grado abbia fatto seguito quella di appello, distingue l'ipotesi in cui il provvedimento sia stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle statuizioni civili assegnando la competenza al giudice di primo grado, da tutti gli altri casi in cui chiamato a conoscere dell'esecuzione è il giudice di appello. Tuttavia, il criterio discretivo, all'infuori del caso di doppia conforme sentenza di condanna, è meno intuitivo di quanto la lettura della norma sembra prima facie indicare. Passando in rassegna le plurime pronunce rese da questa Corte su tale questione, si è ritenuto che allorché la sentenza pronunciata nei confronti di più soggetti sia stata riformata in appello con l'assoluzione di taluno di essi, modificandosi per altri la pena per effetto di una diversa qualificazione giuridica di uno o più reati legati dal vincolo della continuazione, ricorre una modificazione della prima decisione che radica la competenza per l'esecuzione nel giudice di appello, dato che la diversa determinazione della pena non rappresenta la decisione principale di detto giudice, ma deriva da una diversa valutazione del fatto-reato originariamente contestato Sez. 1, n. 396 del 19/1/2000, confl. comp. in proc. Calderaro, Rv. 215370 . Così, in termini analoghi, è stata affermata la competenza del giudice di appello che abbia riconosciuto le attenuanti generiche Sez. 1, n. 34578 del 12/07/2017, Pg in proc. Morelli, Rv. 270833 , o che abbia modificato il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti Sez. 1, n. 32214 del 30/06/2015 confl. comp. in proc. Sciannamea, Rv. 264508 , o che abbia applicato la diminuente per il giudizio abbreviato dichiarato inammissibile in primo grado Sez. 1, Sentenza n. 16745 del 04/02/2014, Biffi, Rv. 259911 , o che abbia applicato la recidiva Sez. 1, Sentenza n. 20010 del 05/05/2010, P.M. in proc. Scotto, Rv. 247594 . Per converso, è stato tuttavia affermato che la competenza a provvedere quale giudice dell'esecuzione spetta al giudice di appello anche nei casi in cui, pur avendo in dispositivo confermato integralmente la sentenza impugnata abbia diversamente qualificato una circostanza aggravante, riconosciuta nella sentenza di primo grado Sez. 1, Sentenza n. 18850 del 25/05/2020, Pm in proc. Graviano, Rv. 279330 . Il discrimen nell'individuazione del parametro in forza del quale si determina la competenza funzionale del G.E. si appunta, a ben guardare, sulla portata della pronuncia di secondo grado rispetto a quella impugnata nel senso che quando il giudice del gravame opera una rielaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice con un intervento concretamente riformatore si determina, per effetto di detto intervento, indipendentemente dal suo riflesso in concreto sulla quantificazione della pena, lo spostamento della competenza in executivis in favore del giudice di secondo grado. Se quindi il criterio discretivo riposa sull'assunto che, come puntualizzato con sagace sintesi da un precedente arresto di questa Corte, la riqualificazione del fatto operata nel giudizio di appello - determini o meno una modifica della pena - quando incide in modo significativo sulla statuizione di primo grado comporta l'individuazione del giudice competente per l'esecuzione nel giudice di appello Sentenza n. 26692 del 23/05/2013 Palazzolo, rv. 256047 , occorre analizzare in concreto il portato della sentenza di secondo grado, al di là del suo formale intervento riformatore, rispetto alla pronuncia del primo giudice. Il che sta a significare, portando il ragionamento alle sue compiute conseguenze, che non è neppure il mutamento della pena da parte del giudice di secondo grado a determinarne la competenza funzionale in sede di esecuzione, dovendo valutarsi se alla pronuncia del secondo giudice si accompagni un effettivo intervento riformatore che si sostanzia nell'individuazione di una diversa norma regolatrice da applicarsi alla fattispecie concreta rispetto a quella applicata dalla sentenza impugnata, a prescindere dalla rimodulazione del trattamento sanzionatorio. Principio questo che è stato affermato in un risalente, ma tuttora ampiamente condivisibile arresto secondo il quale nel procedimento di esecuzione la competenza del giudice di primo grado permane anche nel caso in cui quello di appello abbia riformato la sentenza solo in relazione alla pena, dovendosi invece escludere da tale previsione i casi in cui la modificazione della pena sia stata la conseguenza di una elaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice, come per effetto dell'applicazione o esclusione di circostanze attenuanti aggravanti, del giudizio di prevalenza o equivalenza delle une sulle altre ovvero del riconoscimento o dell'esclusione del vincolo della continuazione tra più reati Sez. 1, Sentenza n. 3818 del 17/10/1991, confl. comp. in proc. Calì, Rv. 188801 . Nello stesso solco interpretativo si colloca altresì una successiva pronuncia con la quale si è affermato che, ai fini dell'individuazione del giudice dell'esecuzione, nel caso che il giudice di appello abbia inflitto, su gravame del P.M., la sanzione detentiva in luogo di quella pecuniaria in applicazione della L. n. 386 del 1990, art. 2, la modificazione così operata della sentenza di prime cure non costituisce mutamento della qualificazione giuridica del fatto conseguente alla ritenuta sussistenza di una circostanza aggravante come accadeva nel previgente sistema sanzionatorio dell'emissione di assegni senza copertura , ma semplice riforma della sentenza quoad poenam , che lascia ferma la competenza del giudice di primo grado Sez. 1, Sentenza n. 1808 del 04/03/1999, P.M. in proc. Maiello, Rv. 213061 . Orbene, nel caso di specie, la Corte partenopea nel riqualificare il reato contestato al capo 2 dell'imputazione come contravvenzione non ha affatto proceduto ad una rielaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice, ma si è soltanto limitata a fare applicazione della sentenza della Corte Costituzionale medio tempore intervenuta. Invero, la pena dell'arresto e dell'ammenda in luogo della reclusione disposta dal giudice di primo grado, lungi dall'essere il portato di una mutata qualificazione giuridica del fatto conseguente ad una diversa valutazione della condotta incriminata da parte del giudice di appello e della conseguente individuazione di una diversa norma regolatrice da applicarsi alla fattispecie concreta, si sostanzia, invece, nella presa d'atto della mutata natura del reato ab origine contestato all'imputato, modificato da delitto in contravvenzione la semplice riforma della sentenza quoad poenam lascia ferma perciò la competenza del primo giudice. Va infatti considerato che gli effetti della declaratoria di incostituzionalità, a differenza di quelli derivanti dallo ius superveniens , inficiano fin dall'origine, o, per le disposizioni anteriori alla Costituzione, fin dalla emanazione di questa, la norma costituzionalmente illegittima che viene espunta dall'ordinamento proprio perché affetta da una invalidità originaria. Come già affermato in una precedente sentenza pronunciata da questa Corte che, esaminando le varie ricadute che la pronuncia di incostituzionalità n. 56/2016 è destinata a produrre, affrontava il diverso tema della declaratoria della prescrizione del reato da parte del giudice dell'esecuzione per effetto dei più ridotti termini derivanti dalla mutata natura contravvenzionale a fronte di una sentenza diventata irrevocabile Sez. 3, Sentenza n. 52438 del 11/07/2017, Scamardella, Rv. 271879 , deve rilevarsi che quando successivamente alla pronuncia di una sentenza di condanna resa nel corso di un procedimento pendente, interviene la dichiarazione d'illegittimità costituzionale parziale della norma incriminatrice fondata, come nel caso di specie, nella irragionevolezza del trattamento sanzionatorio, è soltanto sulla pena che vanno a riverberarsene gli effetti, i quali, tuttavia, in quanto definitivi, ne impongono la rideterminazione in favore del condannato in tal caso è quindi la mutata configurazione normativa del reato ad incidere sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio. È proprio l'efficacia retroattiva della pronuncia di incostituzionalità che preclude al giudice l'applicazione di una norma di legge dichiarata parzialmente illegittima nella sua previgente formulazione, venendone per quella parte certificata dalla sentenza della Corte Costituzionale la definitiva fuoriuscita dall'ordinamento, senza che alcun margine di discrezionalità resti fruibile allorquando quello stesso giudice reputi che detta norma, non ritenendo di dover procedere ad alcuna diversa qualificazione giuridica del fatto, debba continuare a trovare applicazione. Poiché, dunque, secondo la regola generale la determinazione della posizione esecutiva di un soggetto nei cui confronti siano state pronunciate più sentenze di condanna, emesse da giudici diversi, deve essere necessariamente unitaria, per ragioni di economicità e di razionalità del sistema, e far capo, quindi, a un giudice unico da individuare sulla base del criterio fissato dall' art. 665 c.p.p. , comma 1, correttamente il Tribunale di Nola si è pronunciato in veste di G.E. sull'incidente di esecuzione proposto dall'istante ritenendo, in difetto di provvedimenti incompatibili con gli abusi accertati, così come di violazione, nell'esecuzione dell'ordine di demolizione, di quanto disposto dai suddetti titoli esecutivi, che entrambe le pronunce menzionate nell'ordinanza di sgombero, fossero eseguibili. Nè alcun rilievo riveste nella valutazione demandata a questa Corte di legittimità l'autonoma iniziativa assunta medio tempore dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Napoli con l'ordinanza di sgombero riferita alla sola sentenza di primo grado del 2008, di cui il ricorrente non risulta aver fatto alcuna menzione nell'incidente di esecuzione in esame, essendosi limitato a censurare l'ineseguibilità della demolizione dell'intero immobile in quanto non ricompresa nella prima pronuncia di condanna resa in data 12.5.2008 riferita alla sola muratura perimetrale del lato ovest. Segue alla rilevata infondatezza del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 c.p.p. . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.