La delibera assembleare che neghi al condomino un intervento per lesività dell’estetica, se il parere vincolante è richiesto da una clausola del regolamento condominiale, può essere oggetto di sindacato da parte del giudice?
Un condomino, protagonista della vicenda su cui si è pronunciata la seconda Sezione della Corte di Cassazione, aveva impugnato la delibera assembleare con la quale gli era stata negata la possibilità di ampliare la sua unità immobiliare. Il regolamento condominiale prevedeva espressamente la previsione per la quale “i condomini si obbligano reciprocamente a richiedere il parere vincolante della assemblea per i lavori da svolgere nelle parti private che riguardano la facciata dell'edificio e le parti esterne che concorrono all'estetica ed al decoro dell'intero immobile”. Il Tribunale accoglieva l'istanza del condomino e annullava la delibera con la quale l'assemblea, ritenendo “troppo invasivo per l'estetica e l'unità del complesso” il nuovo ampliamento, non lo approvava a maggioranza. Sul gravame proposto dal Condominio, anche la Corte d'appello condivideva la statuizione di primo grado e aggiungeva che «viene solamente imposto un onere di informativa preventiva degli interventi all'assemblea il cui parere vincolante non può … rivolgersi in una compressione del diritto di proprietà dei singoli basato esclusivamente su una mera valutazione di gradimento personale senza alcuna espressa motivazione dalla quale si possa desumere quale sia stata la ritenuta lesione al decoro architettonico vietata ai sensi della legge, non potendo pertanto soddisfare tale requisito l'espressione generica e di stile utilizzata a corredo del diniego formulato dall'assemblea». Il Condominio ricorreva per la cassazione della sentenza d'appello alla Suprema Corte, la quale ritiene meritevoli di accoglimento le doglianze prospettate e, a seguito della disamina sia giurisprudenziale che codicistica, enuncia il seguente principio di diritto «allorché una clausola del regolamento di condominio, di natura convenzionale, obblighi i condomini a richiedere il parere vincolante della assemblea per l'esecuzione di opere che possano pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio, la deliberazione che deneghi al singolo partecipante il consenso all'intervento progettato, ritenendo lo stesso lesivo della estetica del complesso, può essere oggetto del sindacato dell'autorità giudiziaria, agli effetti dell'articolo 1137 c.c., soltanto al fine di accertare la situazione di fatto che è alla base della determinazione collegiale, costituendo tale accertamento il presupposto indefettibile per controllare la legittimità della delibera». La Corte accoglie parzialmente il ricorso e cassa con rinvio il provvedimento impugnato.
Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa Il Condominio omissis , ha proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza numero 492/2018 della Corte d'appello di Brescia, depositata il 23 marzo 2018. Resiste con controricorso V.E. . La Corte d'appello di Brescia ha respinto il gravame avanzato dal Condominio omissis contro la sentenza resa dal Tribunale di Brescia in data 23 gennaio 2015, che aveva annullato la deliberazione assembleare approvata il 17 maggio 2013 dal condominio appellante limitatamente al punto sette, oggetto di impugnazione ex articolo 1137 c.c., formulata dal condomino V.E. . Il V. aveva impugnato tale delibera nella parte in cui gli negava la possibilità di un ampliamento della sua unità immobiliare, giacché contraddittoria rispetto a precedente deliberazione del 21 giugno 2012 e viziata da eccesso di potere. La Corte d'appello ha evidenziato che l'assemblea nella delibera del 17 maggio 2013 aveva rigettato la richiesta del condomino con tale affermazione l'assemblea a maggioranza non approva il nuovo ampliamento ritenendolo troppo invasivo per l'estetica e l'unità del complesso , senza sollevare alcuna contestazione in merito alla mancata allegazione dei progetti presentati al Comune per ottenere l'autorizzazione amministrativa in sanatoria. I giudici di secondo grado hanno poi negato che il Tribunale avesse espresso un giudizio di opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'assemblea, avendo esso piuttosto esercitato un controllo di legittimità legato al vizio ed alla mancanza di motivazione del diniego. Si aggiunge che già nella assemblea del 22 giugno 2012 il condominio aveva deliberato di autorizzare i condomini che lo desiderino ad effettuare un incremento, secondo le normative vigenti rapportato al volume individuale, che nelle villette centrali si realizza chiudendo i portici frontali, mentre per le villette di testata l'incremento si può realizzare anche lateralmente, previa visione in assemblea dei progetti da presentare in comune che verranno accettati in ultima istanza dall'assemblea . Di tal che, prosegue la Corte d'appello, l 'incremento laterale delle villette di testa in conformità alle norme vigenti che consentono un ampliamento del 20% dell'unità immobiliare era già stato previsto ed autorizzato dall'assemblea e la successiva accettazione menzionata contemplava una presa di visione del progetto ma non le attribuiva certo una mera potestà di gradimento svincolandola da un obbligo di motivazione. Il successivo diniego in contrasto con la decisione già presa in precedenza doveva essere ricondotto inevitabilmente alle ipotesi di legge stabilità, sicurezza, decoro risolvendosi in una compressione del diritto di proprietà dei singoli e come tale doveva essere adeguatamente motivata . Quanto, infine, alla portata dell'articolo 13 del regolamento condominiale, che prevede che i condomini si obbligano reciprocamente a richiedere il parere vincolante della assemblea per i lavori da svolgere nelle parti private che riguardano la facciata dell'edificio e le parti esterne che concorrono all'estetica ed al decoro dell'intero immobile , la Corte d'appello di Brescia ha affermato che in tale clausola regolamentare non è previsto alcun limite ulteriore rispetto al dettato dell'articolo 1122 c.c., nè tantomeno è sancito pattiziamente un divieto di eseguire sulle parti private una qualsiasi opera modificativa , ma viene solamente imposto un onere di informativa preventiva degli interventi all'assemblea il cui parere vincolante non può risolversi in una compressione del diritto di proprietà dei singoli basato esclusivamente su una mera valutazione di gradimento personale senza alcuna espressa motivazione dalla quale si possa desumere quale sia la ritenuta lesione al decoro architettonico vietata ai sensi di legge , non potendo pertanto soddisfare tale requisito l'espressione generica e di stile utilizzata a corredo del diniego formulato dall'assemblea . Il ricorso è stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176. Le parti hanno presentato memorie. Motivi della decisione 1. Il primo motivo del ricorso del Condominio omissis deduce la falsa applicazione da parte del Giudice di secondo grado dell'articolo 1137 c.c., e la violazione dell'articolo 1109 c.c., avendo la Corte di Brescia esercitato un controllo nel merito della deliberazione impugnata. Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione dell'articolo 1362 c.c., non avendo la Corte di Brescia applicato tale norma nella interpretazione dell'articolo 13 del regolamento in riferimento all'articolo 1122 c.c., ed in particolare avendo stravolto il significato letterale delle due disposizioni, ove ha affermato che nel regolamento non è previsto alcun limite ulteriore rispetto al dettato dell'articolo 1122 c.c., e che l'articolo 13 prevederebbe solo un obbligo di informativa preventiva degli interventi alla assemblea. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articolo 1322 c.c. e 1372 c. c., avendo la sentenza impugnata negato efficacia al patto con il quale i condomini avevano attribuito all'assemblea il potere di manifestare un parere vincolante sulle opere private che concorrono all'estetica, violando con ciò il principio di libera autonomia e di efficacia del patto avente forza di legge tra le parti. Il quarto motivo del ricorso del Condominio omissis denuncia la nullità della sentenza per omissione di pronuncia in violazione dell'articolo 112 c.p.c., avendo la Corte d'appello ritenuto che il Tribunale non fosse tenuto ad argomentare sulla mancata pronuncia in ordine alla eccezione del Condominio secondo cui dai disegni presentati in assemblea l'ampliamento che intendeva realizzare il condomino V.E. era abnorme. Il quinto motivo di ricorso deduce, infine, l'omesso esame del fatto che dai disegni allegati emerge ictu oculi un ampliamento superiore alla metà della costruzione esistente, senza nessun raffronto con il resto degli edifici e le aree verdi, nonché i materiali e l finiture. 2. Il controricorrente afferma che i primi quattro motivi di ricorso sono infondati, mentre il quinto è inammissibile. 3. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso del Condominio Residence, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono fondati nei sensi di seguito indicati, rimanendo assorbite le restanti censure che, per effetto dell'accoglimento del secondo e del terzo motivo, risultano prive di immediata rilevanza decisoria. 3.1. È noto come le modifiche alle parti comuni dell'edificio, contemplate dall'articolo 1102 c.c., che possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non impediscano l'altrui pari uso, non richiedono alcuna preventiva autorizzazione dell'assemblea, salvo che tale autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condomini nell'interesse comune mediante esercizio dell'autonomia privata ad esempio, Cass. Sez. 2, 21/05/1997, numero 4509 . Alla eventuale autorizzazione ad apportare tali modifiche concessa o negata dall'assemblea, in difetto di apposito vincolo contrattuale a premunirsene, deve quindi attribuirsi il valore di mero riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto alla concreta utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante Cass. Sez. 2, 20/02/1997, numero 1554 . Il condomino che intenda procedere ad una modificazione delle parti comuni, in assenza di obbligo di preventiva autorizzazione assembleare imposto per contratto, non ha dunque neppure interesse ad agire per l'impugnazione della deliberazione dell'assemblea che abbia espresso un parere contrario all'intervento, non generando la stessa alcun concreto pregiudizio ai suoi diritti, tale da legittimare la pretesa ad un diverso contenuto dell'assetto organizzativo della materia regolata dalla maggioranza assembleare. 3.2. A sua volta, l'articolo 1122 c.c., tanto nella formulazione vigente all'epoca della deliberazione assembleare qui impugnata 17 maggio 2013 , che nella formulazione conseguente alla novella di cui alla L. numero 220 del 2012, fa divieto al singolo condomino di eseguire nell'unità immobiliare di sua proprietà esclusiva opere che rechino danno alle parti comuni, ovvero che determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico. Il vigente articolo 1122 c.c., comma 2, dispone che il condomino che intenda procedere ad opere su parti di sua proprietà o uso individuale ne dia preventiva notizia all'amministratore, il quale possa così riferirne in assemblea perché siano adottate le eventuali iniziative conservative volte a preservare l'integrità delle cose comuni e non dunque perché tali opere siano doverosamente autorizzate dagli altri partecipanti . 3.3. Diverso è il caso in cui una convenzione adottata in sede di regolamento di condominio imponga il consenso dell'assemblea per qualsiasi opera compiuta dai singoli condomini che possa modificare le parti comuni dell'edificio. La giurisprudenza riconosce, infatti, all'autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà. Inoltre, il regolamento può validamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dagli articolo 1120 e 1122 c.c., e supposta dal medesimo articolo 1102 c.c., arrivando al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio ovvero richiedere, per le modifiche incidenti sulle facciate dell'edificio o su altre superfici che concorrano a delineare il decoro del fabbricato, il benestare dell'assemblea, mediante predisposizione di una disciplina di fonte convenzionale, che pone nell'interesse comune una peculiare modalità di definizione dell'indice del decoro architettonico. Ne consegue che i singoli condomini non possono sottarsi all'obbligo, di carattere negoziale, derivante dalle disposizioni del regolamento che impongono di richiedere la preventiva autorizzazione dell'assemblea per eseguire qualsiasi lavoro sulle cose comuni o sulle parti esclusive cfr. indicativamente Cass. Sez. 2, 21/05/1997, numero 4509 Cass. Sez. 2, 02/05/1975, numero 1680 Cass. Sez. 2, 29/04/2005, numero 8883 Cass. Sez. 2, 24/01/2013, numero 1748 Cass. Sez. 2, 19/12/2017, numero 30528 Cass. Sez. 6 - 2, 18/11/2019, numero 29924 Cass. Sez. 6 - 2, 16/02/2021, numero 4024 Cass. Sez. 2, 08/07/2021, numero 19435 Cass. Sez. 6 - 2, 08/04/2022, numero 11502 . L'elaborazione della giurisprudenza spiega altresì che le modificazioni apportate da uno dei condomini, in violazione del divieto previsto dal regolamento di condominio, connotano tali opere come abusive e pregiudizievoli e configurano l'interesse degli altri partecipanti al condominio ad agire a tutela della cosa comune cfr. Cass. Sez. 2, 09/06/1988, numero 3927 Cass. Sez. 2, 15/01/1986, numero 175 . 3.4. La Corte d'appello di Brescia ha errato, allora, nell'affermare che l'articolo 13 del regolamento del Condominio omissis , il quale prevede che i condomini si obbligano reciprocamente a richiedere il parere vincolante della assemblea per i lavori da svolgere nelle parti private che riguardano la facciata dell'edificio e le parti esterne che concorrono all'estetica ed al decoro dell'intero immobile , non configura alcun limite ulteriore rispetto al dettato dell'articolo 1122 c.c. , nè tantomeno sancisce pattiziamente un divieto di eseguire sulle parti private una qualsiasi opera modificativa , venendo con esso solamente imposto un onere di informativa preventiva degli interventi all'assemblea il cui parere vincolante non può risolversi in una compressione del diritto di proprietà dei singoli basato esclusivamente su una mera valutazione di gradimento personale senza alcuna espressa motivazione dalla quale si possa desumere quale sia la ritenuta lesione al decoro architettonico vietata ai sensi di legge , nè potendo pertanto soddisfare tale requisito l'espressione generica e di stile utilizzata a corredo del diniego formulato dall'assemblea . 3.4.1. In tal modo, i giudici del merito non hanno fatto corretto uso dell'articolo 1362 c.c., che nel comma 1, pur prescrivendo all'interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso delle parole, non svaluta l'elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile Cass. Sez. 3, 27/07/2001, numero 10290 Cass. Sez. 2, 22/08/2019, numero 21576 . Il senso letterale delle parole contenute nell'articolo 13 del regolamento del Condominio omissis subordina, per forza di contratto, la legittima esecuzione individuale di opere che incidano sulla facciata o comunque sull'aspetto esteriore del fabbricato, e quindi sul suo decoro architettonico, al parere vincolante della assemblea , parere che dunque obbliga ciascuno condomino, oltre che alla relativa richiesta, a uniformarsi al suo contenuto. 3.4.2. Non è quindi ex se contraria a legge nè al regolamento, ed in particolare al menzionato articolo 13 del regolamento del Condominio omissis , agli effetti dell'articolo 1137 c.c., la delibera impugnata, che rigettava la richiesta del condomino V. di eseguire il nuovo ampliamento ritenendolo troppo invasivo per l'estetica e l'unità del complesso . In tal modo, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d'appello di Brescia, l'assemblea ha esercitato la prerogativa, attribuitale dalla convenzione adottata in sede di regolamento, di esprimere il consenso alle opere eseguite dai singoli condomini riguardanti la facciata e le superfici esterne, a salvaguardia del decoro architettonico. Neppure è decisivo il rilievo che l'assemblea avesse in precedenza, con la delibera del 22 giugno 2012, già autorizzato l 'incremento laterale delle villette di testa , avendo la stessa assemblea sempre il potere di decidere le modalità concrete di utilizzazione dei beni comuni, nonché di modificare quelle in atto, anche revocando una o precedenti delibere, benché non impugnate da alcuno dei partecipanti, e stabilendone liberamente gli effetti, sulla base di una rivalutazione dei dati ed apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione degli interessi comuni ed alla buona gestione dell'amministrazione Cass. Sez. 2, 04/02/2021, numero 2636 . 3.4.5. Anche, peraltro, le deliberazioni dell'assemblea condominiale aventi contenuto negativo sono legittimamente impugnabili dinanzi all'autorità giudiziaria al pari di tutte le altre, limitandosi l'articolo 1137 c.c., a stabilire la possibilità del ricorso all'autorità giudiziaria contro le delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio, senza operare nessuna distinzione tra quelle che abbiano approvato proposte o richieste e quelle che le abbiano, invece, respinte così Cass. Sez. 2, 14/01/1999, numero 313 Cass. Sez. 2, 29/01/2021, numero 2127 Cass. Sez. 6 - 2, 23/07/2020, numero 15697 . 3.4.6. Avendosi riguardo ad una azione di impugnazione di deliberazione dell'assemblea di condominio, ai sensi dell'articolo 1137 c.c., la quale, avvalendosi di clausola di natura contrattuale inserita nel regolamento di condominio, ha rigettato la richiesta di un condomino di eseguire opere di ampliamento della sua unità immobiliare, giacché arrecanti pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio, occorre altresì considerare che l'onere di provare il vizio di contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, da cui deriva l'invalidità della stessa, grava sul condomino che la impugna arg. da Cass. Sez. 1, 19/02/2018, numero 3946 Cass. Sez. 1, 10/11/2005, numero 21831 . Se, allora, è innegabile che il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea dei condomini, a fronte, come nel caso in esame, di una deliberazione che opponga un veto alle opere che voglia realizzare il singolo condomino, ritenendole lesive del decoro architettonico, la verifica di legittimità postulata dall'articolo 1137 c.c., non esclude, peraltro, la necessità di un accertamento della situazione di fatto che è alla base della determinazione collegiale, costituendo tale accertamento cui dovrà perciò provvedersi in sede di rinvio il presupposto indefettibile per controllare la rispondenza della delibera alla legge Cass. Sez. 6 - 2, 18/11/2019, numero 29924 arg. anche da Cass. Sez. 2, 07/07/1987, numero 5905 . 4. Deve pertanto enunciarsi il seguente principio allorché una clausola del regolamento di condominio, di natura convenzionale, obblighi i condomini a richiedere il parere vincolante della assemblea per l'esecuzione di opere che possano pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio, la deliberazione che deneghi al singolo partecipante il consenso all'intervento progettato, ritenendo lo stesso lesivo della estetica del complesso, può essere oggetto del sindacato dell'autorità giudiziaria, agli effetti dell'articolo 1137 c.c., soltanto al fine di accertare la situazione di fatto che è alla base della determinazione collegiale, costituendo tale accertamento il presupposto indefettibile per controllare la legittimità della delibera. 5. Conseguono l'accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, del secondo e del terzo motivo del ricorso, con assorbimento degli altri motivi, nonché la cassazione della sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d'appello di Brescia in diversa composizione, la quale riesaminerà la causa tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi all'enunciato principio, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione.