Detenzione domiciliare e sopravvenuta custodia cautelare: è necessario rivalutare la meritevolezza?

Il Tribunale di sorveglianza, a seguito di una sopravvenuta ordinanza cautelare per reati della stessa specie, revocava la detenzione domiciliare. La Cassazione, investita del ricorso proposto dalla difesa, non ha ravvisato però alcuna violazione di legge nella rivalutazione dell’originaria prognosi positiva circa l’ammissione al beneficio.

Il Tribunale di sorveglianza rigettava la misura della detenzione domiciliare nei confronti di un condannato per il periodo residuo di due anni e dieci mesi con riferimento ai delitti ricompresi nel cumulo emesso dalla Procura. Lo stesso veniva ammesso a tale forma di detenzione nell’agosto 2021 e il provvedimento veniva revocato nel novembre successivo in seguito all’arresto in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere relativa a più ipotesi di reati fallimentari, reati della stessa specie di quelli già in espiazione. A detta del Giudice, l’assenza di volontà collaborativa e consapevolezza del percorso di recupero rendevano impossibile una prognosi positiva e imponevano l’integrale travolgimento del quadro di unicità e occasionalità valutato in sede di applicazione provvisoria. Il condannato ricorreva quindi per la cassazione dell’ordinanza. La Suprema Corte ha però ritenuto che l’ordinanza abbia fatto corretta applicazione del principio di diritto, affermato con riferimento all’affidamento in prova, ma valido per tutte le misure alternative al carcere, secondo cui i benefici penitenziari sono soggetti a una valutazione discrezionale del Tribunale di sorveglianza , che ha il potere-dovere di valutare la compatibilità della misura alternativa in relazione alla finalità rieducativa e alla necessaria esigenza di prevenzione del pericolo che vengano commessi reati ulteriori. È stato poi già affermato che il sopraggiungere di una nuova misura cautelare nei confronti del sottoposto a detenzione domiciliare impone al giudice di esprimere una nuova valutazione circa la meritevolezza della misura alternativa, soprattutto se i fatti per i quali la misura cautelare è stata applicata sono antecedenti a quelli per cui si sta espiando la condanna. Nel caso di specie la Corte ricorda poi che il Magistrato di sorveglianza, nell’ammettere il ricorrente al beneficio non fosse a conoscenza dei reati oggetto dell’ordinanza cautelare sopravvenuta. In nessuna violazione di legge è incorso il Tribunale rivalutando la prognosi positiva fatta dal Giudice e pertanto il ricorso viene rigettato.

Presidente Mancuso – Relatore Toscani Ritenuto in diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha rigettato la misura della detenzione domiciliare nei confronti di P.M. , in relazione al residuo pena, di due anni e dieci mesi di reclusione, relativamente alla condanna alla pena di cinque anni e dieci mesi di reclusione, per i delitti ricompresi nel provvedimento di cumulo emesso dalla Procura di Bolzano in data 16 settembre 2020. Il giudice specializzato, in via preliminare, segnalava che P. era stato ammesso in via provvisoria alla detenzione domiciliare, con provvedimento del 18 agosto 2021 del Magistrato di sorveglianza di Avellino, provvedimento revocato il 25 novembre 2021 in seguito all'arresto in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere relativa a più ipotesi di reati fallimentari. Evidenziava, dunque, che si trattava di reati della stessa specie di quelli in espiazione e che P. risultava, inoltre, condannato per reiterate ipotesi di omesso versamento di ritenute previdenziali e di violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, infine che a suo carico vi erano tre procedimenti pendenti per i reati di bancarotta, art. 316-ter cod. pen e violazioni finanziarie. Concludeva che tutte le suindicate condotte, complessivamente valutate, impedivano una prognosi positiva perché univocamente sintomatiche di assenza di volontà collaborativa e mancata acquisizione della consapevolezza del, percorso di recupero al quale il condannato è stato ammesso in via provvisoria. In particolare, rimarcava il Tribunale, i fatti sopravvenuti imponevano l'integrale travolgimento del quadro di unicità e occasionalità valutato in sede di applicazione provvisoria, contraddicendo la prognosi favorevole posta a base del provvedimento interina le e smentendo qualsiasi resipiscenza del condannato. Particolare rilievo era attribuito, sotto tale ultimo profilo, alla gravità della condotta descritta nell'ordinanza cautelare, secondo la quale il condannato per un lungo periodo dodici anni e sino ad epoca prossima alla data di fallimento, si era appropriato di ingenti somme della società altà. Spa, ponendo in essere complesse operazioni illecite, sintomatiche di notevole capacità e pervicacia criminale. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di P.M. , affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale, contraddicendo il giudizio prognostico favorevole espresso dal Magistrato di sorveglianza che aveva originariamente concesso in via provvisoria la misura alternativa della detenzione domiciliare, sulla sola scorta di un'ordinanza cautelare sopravvenuta, avente per oggetto fatti attinenti al periodo antecedente alla condanna in espiazione, ha ritenuto di non poterformulare un giudizio prognostico favorevole sull'idoneità della misura invocata a scongiurare il pericolo di reiterazione di reati. Il Tribunale ha omesso di apprezzare gli elementi, evincibili anche dalle memoria depositate, che attestano la correttezza della condotta serbata da P.M. tanto intramuraria, quanto nel corso dell'esecuzione della misura provvisoria, in uno con la positività del percorso critico intrapreso che l'ha condotto a emanciparsi dalla pregressa ed occasionale esperienza delinquenziale. 2.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge per avere il Tribunale di sorveglianza ratificato i provvedimenti provvisori, di ammissione al beneficio e di revoca dello stesso, reputando erroneamente applicabile la procedura di controllo di cui all' art. 51-ter Ord. pen. , essendo la revoca della misura provvisoria diversa dalla sospensione cautelativa disposta nell'ambito del procedimento di revoca o sostituzione della misura definitivamente concessa per comportamenti incompatibili con la sua prosecuzione, non dovendo nel primo caso il Tribunale procedere alla ratifica della revoca della misura concessa Sez. 1, n. 38100 del 28/09/2021, Corona, non mass . 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha prospettato la declaratoria d'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato. 2. Quanto al primo motivo, l'ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, affermato da questa Corte con riferimento all'affidamento in prova in casi particolari ma valido - stante l'identità di ratio e di presupposti - per tutte le misure alternative alla detenzione in carcere previste dalla L. 26 luglio 1975, n. 354 artt. 47 Ord. pen. , secondo cui i benefici penitenziari in esame, che non costituiscono oggetto di un diritto soggettivo del condannato, essendo la possibilità di espiare la pena in modo diverso dalla detenzione in carcere subordinata a una valutazione discrezionale ma pur sempre ancorata alla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge affidata al tribunale di sorveglianza, il quale è investito del potere-dovere di valutare la compatibilità della misura alternativa con la duplice finalità di contribuire alla rieducazione del reo e di assicurare la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Si è dunque precisato che il provvedimento concessivo del beneficio è naturalmente connotato da una stabilità relativa, allo stato degli atti Sez. 1 n. 636 del 1/02/1993, Rv. 196861 , non assimilabile al giudicato, ma suscettibile di revoca o modifica in presenza di elementi di novità destinati a incidere in misura determinante sulla sussistenza delle condizioni che legittimano la misura alternativa e la sua permanenza in funzione delle finalità perseguite elementi di novità che possono essere sia sopravvenuti che preesistenti, sempreché - in questo secondo caso - fossero non conosciuti dal tribunale di sorveglianza così da non averne tenuto conto nella sua decisione. Conseguentemente, in tema di revoca di misura alternativa già concessa dal Tribunale di sorveglianza, si è affermato che il sopraggiungere di una nuova misura cautelare nei confronti di un soggetto sottoposto alla misura alternativa della detenzione domiciliare impone al giudice di esprimere una valutazione sulla meritevolezza della stessa misura alternativa, soprattutto se i fatti per i quali è stata applicata la misura cautelare sono antecedenti a quelli per cui è stata irrogata la pena in esecuzione Sez. 1, n. 38453 del 01/10/2008, Imperatori, Rv. 241308 , con l'opportuna precisazione che nel caso di sopravvenienza di una misura cautelare per fatti commessi prima della concessione del beneficio penitenziario, la revoca è consentita solo qualora dall'esame del provvedimento cautelare emergano nuovi elementi capaci di modificare il quadro delle conoscenze utilizzate al momento in cui fu formulata la prognosi favorevole alla sua concessione Sez. 1, n. 35781 del 27/11/2020, Russo, Rv. 280095, in tema di affidamento in prova al servizio sociale . E, d'altro canto, la causa che giustifica la revoca della misura non deve verificarsi necessariamente in epoca successiva alla sua concessione, perché la revoca del beneficio penitenziario non è collegata al momento dell'insorgenza del comportamento che la produce, ma bensì alla natura negativa - ai fini della permanenza della misura premiale - del comportamento stesso, il quale può essere sconosciuto, e perciò non valutabile dal tribunale di sorveglianza, al momento della concessione della misura, per essersi verificato prima della relativa decisione Sez. 1 n. 774 del 6/02/1996, Rv. 203979 Sez. 1, n. 28841 del 17/05/2019, Tinnirello, RV. 276394 . 3. In detta cornice, va osservato come - nel caso che ci occupa - il ricorrente non contesta il dato di fatto che il Magistrato di Sorveglianza, nel momento in cui aveva ammesso P. al beneficio della detenzione domiciliare in relazione alla condanna da espiare per le plurime condanne ricomprese nel provvedimento di cumulo, non fosse a conoscenza dei reati oggetto dell'ordinanza cautelare successivamente eseguita nei suoi riguardi. La conseguente, motivata, rivalutazione della congruenza alle finalità perseguite della misura alternativa in atto, compiuta sulla scorta della sopravvenienza di tale nuovo - e rilevante - elemento di giudizio, che ha determinato il rigetto dell'istanza di ammissione alla detenzione domiciliare, non è dunque incorsa nella violazione di legge lamentata dal ricorrente, ma ha costituito legittima esplicazione di un potere-dovere riconosciuto al tribunale di sorveglianza. Il Giudice specializzato, invero, lungi dal far discendere il proprio provvedimento di rigetto quale automatismo rispetto all'emissione dell'ordinanza cautelare, ha adeguatamente esaminato i fatti posti a fondamento di quest'ultima, inferendo - con motivazione non manifestamente illogica - che dal provvedimento emergevano elementi di novità senz'altro capaci di modificare il quadro delle conoscenze utilizzate dal Magistrato di sorveglianza al momento in cui aveva formulato la prognosi favorevole con applicazione provvisoria del beneficio. 4. Privo di pregio è il secondo motivo, con il quale la difesa lamenta l'erroneità del provvedimento di ratifica da parte del Tribunale di sorveglianza in riferimento a quelli precedentemente emessi applicazione provvisoria e revoca dal Magistrato di sorveglianza. 4.1. L'intervento del Magistrato di sorveglianza, nel caso dell'ammissione provvisoria alla detenzione domiciliare, assume una marcata connotazione cautelare, oltre che una funzione strettamente interlocutoria essendo stabilito che esso, in un tempo comunque rapido, elevato peraltro a sessanta giorni dal D.L. n. 146 del 2013, art. 3, comma 1, lett. d, conv. dalla L. n. 10 del 2014, sia seguito dalla decisione dell'organo giudiziario ordinariamente competente presupposto sul quale la giurisprudenza di legittimità ne nega l'autonoma ricorribilità per cassazione Sez. 1, n. 22881 del 27/06/2006 , Sachespi, Rv. 234291 . Caratteristica coessenziale all'esercizio di ogni attribuzione cautelare è la doverosità del suo costante adattamento alle necessità imposte dalla modificazione delle situazioni nel tempo. Il potere cautelare si giustifica, anche in materia penale, in relazione all'esigenza di preservare la fruttuosità dell'emananda pronuncia, sia essa ampliativa o restrittiva dell'ambito della libertà personale. Esso è inoltre strettamente calibrato sui profili inerenti alla pericolosità sociale della persona e il suo grado. Specularmente, nello stesso settore, se intervengono sopravvenienze che contraddicono la prognosi favorevole già posta a base del provvedimento interinale, e sorge altresì il pericolo che il suo mantenimento metta in pericolo la sicurezza sociale, al giudice non può essere sottratta la possibilità di adottare provvedimenti cautelari di rigore, sino al ritiro del beneficio provvisoriamente concesso, fatta salva la deliberazione definitiva su di esso da parte dell'organo collegiale a ciò deputato. A tale compito è senz'altro chiamato il giudice titolare della potestà cautelare, ossia il Magistrato di sorveglianza che ha disposto la misura provvisoria e che è indefettibilmente competente, sino alla decisione collegiale, a controllarne l'esecuzione anche se questa avvenga in circoscrizione territoriale diversa dalla propria Sez. 1, n. 1800 del 09/12/2003, dep. 2004, confl. comp. in proc. Castoldi Rv. 227129 Sez. 1, n. 276 del 13/01/2000, confl. comp. in proc. Campagna, Rv. 215383 . Il provvedimento così adottato è atto di esercizio di potestà cautelare, di segno eguale e contrario a quello precedentemente emesso, che resta privato di effetto. Onde il venir meno del titolo, che precariamente giustificava la misura alternativa, e la riconduzione del condannato in istituto penitenziario, ove egli attenderà, in stato di detenzione, la decisione collegiale per la quale è stabilito l'anzidetto termine, non perentorio, di sessanta giorni dalla originaria provvisoria concessione , come l'avrebbe attesa - senza peraltro beneficiare di tempi esattamente scanditi dalla legge - se non avesse ottenuto l'ammissione provvisoria. Il provvedimento di revoca della misura provvisoria sarà trasmesso, per opportuna conoscenza, al Tribunale di sorveglianza, dal Magistrato già interessato all'atto della provvisoria concessione. Ciò non determinerà l'instaurazione di un diverso procedimento dinanzi all'organo collegiale, il quale è già investito della titolarità della decisione se concedere o meno il beneficio penitenziario decisione che sarà ancora da prendere, secondo le modalità e i tempi già stabiliti, anche alla luce della sopravvenienza costituita dal provvedimento monocraticamente assunto, e delle ragioni ivi esposte, peraltro per il Tribunale di sorveglianza non vincolanti. 4.2. Le considerazioni sin qui svolte consentono di respingere il motivo di ricorso, per il quale difetta l'interesse a impugnare. Se è infatti corretta l'affermazione in esso contenuta secondo cui, nel caso che ci occupa, la natura interinale del provvedimento impedisce che possa applicarsi la disciplina di cui all'art. 51-ter Ord, pen., disposizione che regola il procedimento di revoca della misura alternativa alla detenzione cui il condannato sia stato già ordinariamente ammesso dal Tribunale di sorveglianza competente Sez. 1, n. 57540 del 14/09/2018, D'Antonio, Rv. 276599 , è altrettanto innegabile come il pur adottato provvedimento di ratifica da parte del Tribunale di sorveglianza è tam quam non esset, siccome privo di concreta incidenza nell'economia complessiva del provvedimento di definitivo rigetto dell'istanza di detenzione domiciliare da quest'ultimo adottato. Il provvedimento di rigetto, invero, fa venir meno l'interesse a impugnare, non ravvisandosi alcun interesse immediato, concreto e attuale in capo al ricorrente a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante dalla decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un'utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente stesso un risultato più vantaggioso. È appena il caso di evidenziare, per completezza, come l'arresto citato nel ricorso Sez. 1, n. 38100 del 28/09/2021, n. m. è qui inconferente, riguardando la diversa ipotesi nella quale il Tribunale di sorveglianza - investito sia della domanda di concessione del differimento in via definitiva della pena che della successiva proposta del magistrato di sorveglianza di revoca dell'applicazione provvisoria della stessa - aveva accolto la proposta del magistrato di sorveglianza di revoca del differimento della pena e rigettato in via definitiva l'istanza di differimento della pena nella medesima forma. La Corte ha stabilito che, in detta ipotesi, il Tribunale di sorveglianza deve decidere soltanto sulla prima domanda, accogliendo o rigettando, in via definitiva, la richiesta di applicazione della misura della detenzione domiciliare in surroga del differimento della pena, a seconda se riscontri l'attuale sussistenza dei presupposti dell'istituto o meno. E, coerentemente con i principi sin qui espressi, anche in tema d'inapplicabilità dell' art. 51-ter Ord. pen. , ha annullato senza rinvio il provvedimento di revoca del provvedimento provvisorio i cui effetti vengono meno ex nunc al momento dell'emanazione del provvedimento definitivo. 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.