Legittimazione processuale attiva dell’amministratore di Condominio a proporre la lite: cosa deve verificare il giudice?

Alcuni condomini ricorrono in Cassazione contestando la legittimazione processuale attiva dell’amministratore a proporre l’azione giudiziale, che si fonda su due distinte argomentazioni da un lato, la ricorrenza di un’azione con mera finalità conservativa, che non avrebbe richiesto l’autorizzazione dell’assemblea dall’altro, l’esistenza di un mandato dell’assemblea a proporre l’azione.

Nel caso di specie, la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che l' azione proposta dall' amministratore avesse natura conservativa , sulla scorta della degradazione al ruolo di questione preliminare dell'accertamento della sussistenza o meno della proprietà del terrazzo in capo al Condominio , e – per altro verso – affermato, in via alternativa, la ricorrenza comunque di un mandato conferito dal Condominio, desumibile dalla combinata lettura delle due delibere richiamate . Gli istanti sostengono, invece , di essere in presenza di un' azione reale non conservativa e che non vi sarebbe stato alcun mandato dell' assemblea , la quale si sarebbe limitata a conferire al legale la mera autorizzazione ad esperire le azioni volte a far dichiarare l'inefficacia degli atti di vendita che attribuivano la proprietà del terrazzo, in via esclusiva, agli acquirenti, come sarebbe stato confermato dal tenore dell'ordine del giorno relativo alle due delibere indicate . Il Collegio, accogliendo il ricorso, ricorda a riguardo che le azioni reali – tra cui rientra quella di specie –, nei confronti dei singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali su cose o parti dell'edificio condominiale, che esulino dal novero degli atti meramente conservativi, possono essere esperite dall'amministratore solo previa autorizzazione dell'assemblea, ex art. 1131, primo comma, c.c. Cass. n. 23190 e 21533/2020 e n. 40/2015 . Inoltre, solo limitatamente all'ipotesi in cui sussista un nesso di pregiudizialità-dipendenza rispetto alla domanda fatta valere nel merito e non già rispetto all'integrazione di un presupposto processuale dell'azione , vale il principio secondo cui il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento della domanda di pagamento, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell' art. 1137, secondo comma, c.c. , nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione con la conseguente inammissibilità, rilevabile d'ufficio, dell'eccezione con la quale l'opponente a decreto ingiuntivo deduca solo l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento Cass. n. 9839/2021 . Ne consegue che ai fini della verifica della legittimazione processuale attiva dell' amministratore del Condominio a proporre la lite che non rientri nei limiti delle sue attribuzioni, il giudice adito deve verificare , anche d'ufficio, seppure incidenter tantum , che la delibera autorizzativa sia stata adottata con la maggioranza qualificata di cui all' art. 1136 c.c. .

Presidente Manna – Relatore Trapuzzano Fatti di causa 1.- Con citazione notificata il 19 marzo 2013, il Condominio omissis conveniva, davanti al Tribunale di Milano, B.M. e T.G.M. , chiedendo che fosse accertata la comproprietà condominiale pro indiviso del terrazzo a livello dell'ottavo piano, attiguo all'appartamento di proprietà dei convenuti, e la conseguente illegittimità delle opere eseguite dai medesimi sulle parti e i beni di proprietà comune, con la condanna a rimuovere le suddette opere, ripristinando lo status quo ante, oltre al risarcimento dei danni subiti dal Condominio, da liquidarsi in via equitativa. Si costituivano in giudizio B.M. e T.G.M. , i quali resistevano alla domanda avversaria, eccependo, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore, la mancanza di una valida Delib. assembleare nonché l'insussistenza di interesse ad agire in capo al Condominio. Nel merito, contestavano gli addebiti mossi nei loro confronti, assumendo di aver acquistato il terrazzo, unitamente all'appartamento cui esso accedeva, con atto notarile del omissis , da F.M. , F.L. e F.M. , dei quali chiedevano la chiamata in causa ai fini di essere manlevati da ogni eventuale pregiudizio conseguente all'eventuale accoglimento delle domande attoree. Disposta la chiamata in causa dei terzi, si costituivano in giudizio anche F.M. , F.L. e F.M. , i quali facevano proprie le contestazioni già esposte dai chiamanti e, in aggiunta, eccepivano l'intervenuto acquisto a titolo di usucapione per possesso ultradecennale del terrazzo a livello nonché la legittimità del trasferimento della proprietà del bene emarginato in favore dei chiamanti, con la conseguente nullità e/o inefficacia della norma del regolamento condominiale che riservava la proprietà di tale terrazzo al Condominio. Quindi, il Tribunale adito, con sentenza parziale n. 11565/2015, depositata il 15 ottobre 2015, in accoglimento della domanda di parte attrice, ritenuta la natura condominiale del terrazzo a livello sito all'ottavo piano, attiguo all'appartamento di proprietà dei convenuti, condannava questi ultimi, in solido, al ripristino dello status quo ante, mediante rimozione delle opere ivi realizzate secondo le modalità da determinarsi nel prosieguo del giudizio, disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione del processo. 2.- Con citazione notificata il 18 dicembre 2015, proponevano appello B.M. e T.G.M. , i quali deducevano che doveva essere accolta l'eccezione di carenza di legittimazione attiva dell'amministratore, per aver proposto una domanda di rivendica e non un'azione conservativa e per l'inesistenza di delibere condominiali legittimanti l'azione intrapresa che era abnorme la disposizione di un ordine di ripristino in assenza di qualsivoglia accertamento e contrastante con il titolo e il possesso ultra-quarantennale che vi era stata un'erronea valutazione e applicazione delle norme dettate in materia di compravendita e di trascrizione. Si costituiva nel giudizio di gravame il Condominio omissis , concludendo per l'inammissibilità dell'impugnazione o, in subordine, per la sua infondatezza nel merito. Ancora, si costituivano in appello F.M. , F.L. e F.M. , i quali spiegavano appello incidentale, proponendo le stesse censure degli appellanti principali. Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l'appello principale e l'appello incidentale e, per l'effetto, confermava la pronuncia impugnata. A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte territoriale sosteneva, per quanto interessa in questa sede a che, in ordine alla ribadita eccezione di carenza di legittimazione attiva dell'amministratore, dovevano essere confermati entrambi gli argomenti utilizzati dalla pronuncia di primo grado b che, in specie, assumeva una valenza centrale l'interesse fatto valere in giudizio, non già all'astratto accertamento della proprietà del terrazzo, bensì all'eliminazione dei manufatti che su di esso erano stati, in tesi, abusivamente realizzati, con la conseguenza che l'azione esercitata aveva una connotazione prettamente conservativa c che, in ogni caso, in via paritaria e anche di per sé sola, era dirimente la constatazione che effettivamente vi era stato un mandato dell'assemblea, atteso che la Delib. Assembleare 26 settembre 2012, al punto 5, rappresentava l'intenzione, espressa in modo unanime dai condomini presenti, di conferire all'avvocato incaricato ogni più ampio mandato affinché tutelasse i diritti del Condominio e dei singoli condomini d che tale conclusione era pienamente compatibile con la verbalizzazione di cui alla successiva assemblea del 14 marzo 2013, che, al punto 1, confermava, all'unanimità dei presenti, la volontà di ottenere il ripristino del terrazzo all'ottavo piano, secondo lo status esistente prima che iniziassero i lavori oggetto di causa e che ogni censura in ordine a tali delibere avrebbe dovuto essere formulata tramite la loro tempestiva impugnazione, non ravvisandosi in esse profili di nullità assoluta, cosicché doveva ritenersi esistente un pieno mandato ad agire in giudizio da parte del Condominio f che la proprietà condominiale del terrazzo in oggetto poteva essere desunta dalla inequivocabile determinazione di cui alla clausola 3, lett. c, del regolamento condominiale di origine contrattuale, la cui formazione era antecedente al titolo di acquisto, non solo degli appellanti, ma anche dei loro danti causa g che il possesso conforme al titolo esercitato sul terrazzo doveva ritenersi espressivo del diritto di uso esclusivo su tale cespite, in favore dei proprietari dell'adiacente appartamento, in ragione della richiamata clausola del regolamento h che il contenuto testuale del regolamento condominiale del 1956, espressamente e senza riserva recepito nella clausola 4 del primo atto notarile di vendita del 7 giugno 1957 e nella clausola 2 dell'atto di vendita in favore degli appellanti del omissis , prevaleva rispetto al tipo planimetrico allegato, la cui colorazione dava luogo ad equivoco i che, infatti, il regolamento di origine contrattuale - il quale attribuiva al Condominio la proprietà esclusiva del terrazzo de quo - costituiva parte integrante dei rogiti di acquisto, sicché, rispetto ad esso, non avrebbero potuto porsi in posizione di contrasto l che rientrava naturalmente nelle facoltà sottese al riconoscimento del diritto dominicale inibire a chiunque di manomettere lo stato del bene e, quindi, di realizzarvi interventi modificativi del suo stato originario m che la lamentata indeterminatezza dell'oggetto dell'ordine di abbattimento/rimozione era superata dalla natura non definitiva della pronuncia sul punto, che rinviava al prosieguo del giudizio tale specifica determinazione. 3.- Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, B.M. e T.G.M. . Ha resistito con controricorso l'intimato Condominio omissis . Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 948, 1130, 1131, 1136, 1708, 1711 c.c. e artt. 112, 115 c.p.c. , art. 163 c.p.c. , nn. 3 e 4, artt. 81 e 75 c.p.c. , per avere la Corte di merito - per un verso - ritenuto che l'azione proposta dall'amministratore avesse natura conservativa, sulla scorta della degradazione al ruolo di questione preliminare dell'accertamento della sussistenza o meno della proprietà del terrazzo in capo al Condominio, e - per altro verso - affermato, in via alternativa, la ricorrenza comunque di un mandato conferito dal Condominio, desumibile dalla combinata lettura delle due delibere richiamate. Al riguardo, gli istanti obiettano che l'accertamento della proprietà condominiale non avrebbe avuto una valenza meramente incidentale, ma avrebbe costituito il postulato della pretesa di rimessione in pristino, sicché si sarebbe trattato non già di azione conservativa, ma di azione reale. In secondo luogo, i ricorrenti osservano che non vi sarebbe stato alcun mandato dell'assemblea, la quale si sarebbe limitata a conferire al legale la mera autorizzazione ad esperire le azioni volte a far dichiarare l'inefficacia degli atti di vendita che attribuivano la proprietà del terrazzo, in via esclusiva, agli acquirenti, come sarebbe stato confermato dal tenore dell'ordine del giorno relativo alle due delibere indicate. Sostengono, in ogni caso, che non sarebbe sussistita la maggioranza prescritta dalla legge affinché potesse essere conferito un valido mandato, per difetto del quorum deliberativo segnatamente, non avendo i rispettivi ordini del giorno ad oggetto la convocazione delle assemblee per il conferimento del mandato alla proposizione della lite di specie, si sarebbero dovuti conteggiare i voti, anche ai fini del computo dei valori millesimali, dei soli presenti e non degli intervenuti per delega, con la conseguenza che sarebbero difettate le maggioranze richieste dal combinato disposto dell' art. 1136 c.c. , commi 2 e 4 , circostanza che la Corte di merito avrebbe dovuto accertare anche in difetto di una specifica impugnativa. 2.- Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 112, 115 c.p.c. , artt. 948, 1102, 1138, 1139, 1140, 1142, 1143, 1146, 1158, 1159, 1362, 1366, 1367, 2643, 2644 c.c. , art. 2659 c.c. , comma 1, n. 2, e art. 2665 c.c. , per avere la Corte distrettuale ritenuto inopponibili al Condominio gli stipulati atti di vendita della proprietà esclusiva del terrazzo, in ragione della previa trascrizione del regolamento contrattuale che individuava tale cespite come bene comune e dello specifico richiamo contenuto negli atti traslativi a tale regolamento. In proposito, gli istanti espongono che negli atti traslativi in consecuzione del 7 giugno 1957, del 16 luglio 1993 e del 14 febbraio 2011 sarebbe stato pacificamente disposto il trasferimento della proprietà esclusiva del terrazzo, conformemente alle risultanze delle allegate planimetrie sottoscritte dalle parti omologhe a quelle allegate al regolamento , in cui il terrazzo avrebbe riportato lo stesso colore dell'appartamento, quale diretta prosecuzione esterna del bene principale. 3.- Con il terzo motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. , 1158 e 1159 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che il possesso conforme al titolo esercitato dagli acquirenti, ai fini della maturazione dell'acquisto per usucapione decennale, dovesse essere commisurato all'esercizio di un diritto reale di uso, sulla scorta delle prescrizioni del regolamento condominiale recepito dagli atti di vendita e redatto dal venditore-costruttore, benché gli acquirenti avessero acquistato la piena proprietà del terrazzo. Obiettano, in proposito, gli istanti che l'animus possidendi che sarebbe emerso dall'interpretazione letterale di tali atti traslativi avrebbe dovuto orientare la qualificazione del potere di fatto attuato sulla res quale immagine dell'esercizio della piena proprietà. 4.- Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, della violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. , artt. 1102 e 1139 c.c. , per avere la Corte d'appello disposto la riduzione in pristino in assenza di qualsivoglia accertamento su un qualunque danno per i condomini, così violando il principio secondo cui non tutte le opere eseguite dal condomino sull'edificio condominiale per ciò solo sarebbero destinate all'abbattimento, perché effettuate in carenza di preventivo assenso. Rilevano, sul punto, gli istanti che - quand'anche si fosse ammesso che il terrazzo era di proprietà comune - l'uso esclusivo non sarebbe stato inibito ai singoli condomini, nè sarebbe stata legittima la disposizione dell'abbattimento di ogni cosa ivi realizzata e il ripristino dello status quo ante, in mancanza dell'accertamento di un diverso interesse del Condominio. 5.- La prima doglianza è fondata nei termini che seguono. L'affermazione della sentenza impugnata, circa la legittimazione processuale attiva dell'amministratore - a proporre l'azione giudiziale verso gli odierni ricorrenti -, si fonda su due distinte argomentazioni, ciascuna da sola sufficiente a sorreggere la decisione da un lato, la ricorrenza di un'azione con mera finalità conservativa, che non avrebbe richiesto l'autorizzazione dell'assemblea dall'altro, a fortiori, l'esistenza di un mandato dell'assemblea a proporre l'azione, come desumibile dal tenore delle deliberazioni del 26 settembre 2012 e del 14 marzo 2013. Gli istanti hanno contestato entrambe le argomentazioni. 5.1.- Sotto il primo profilo, non si può condividere l'assunto della Corte d'appello, secondo cui si sarebbe trattato di mera azione conservativa volta a salvaguardare l'integrità materiale del bene comune avverso la realizzazione di condotte lesive del decoro architettonico e dell'estetica. E tanto perché la pretesa volta ad ottenere la rimessione in pristino di detto bene è stata pacificamente subordinata al previo accertamento della proprietà condominiale del terrazzo a livello, che ha costituito il punto controverso su cui si è fondata la lite. Segnatamente il Condominio, nel giudizio di prime cure, ha testualmente richiesto che fosse accertata la comproprietà condominiale pro indiviso del terrazzo a livello dell'ottavo piano, attiguo all'appartamento di proprietà dei convenuti, e - all'esito - che fosse verificata l'illegittimità delle opere eseguite dai medesimi sulle parti e i beni di proprietà comune, con la condanna a rimuovere le suddette opere, ripristinando lo status quo ante, oltre al risarcimento dei danni per equivalente, secondo liquidazione in via equitativa. Siffatta domanda di accertamento del diritto dominicale sul bene è stata avanzata in via pregiudiziale rispetto alla domanda di condanna al ripristino dello status quo ante. Ora, le azioni reali nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, tendono ad ottenere statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi e, pertanto, esulando dall'ambito degli atti meramente conservativi, non possono essere proposte dall'amministratore del condominio. Infatti, mentre, secondo l' art. 1131 c.c. , comma 2, la legittimazione passiva è attribuita all'amministratore con riferimento a qualsiasi azione concernente le parti comuni, per converso, l' art. 1130 c.c. , n. 4, ne limita la legittimazione attiva agli atti conservativi delle parti comuni dell'edificio, come confermato da quelle norme come, ad esempio, l' art. 460 c.c. che, nel menzionare gli atti conservativi, escludono che fra di essi siano comprese le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui gli atti stessi si riferiscono. Pertanto, non rientra fra le attribuzioni dell'amministratore l'azione di natura reale con cui i condomini di un edificio chiedano l'accertamento della contitolarità della proprietà di un cespite, risultante dal regolamento redatto dal costruttore-venditore Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3044 del 06/02/2009 Sez. 2, Sentenza n. 23065 del 30/10/2009 Sez. 2, Sentenza n. 24764 del 24/11/2005 . Deve essere disatteso, dunque, il primo argomento su cui si impernia la pronuncia impugnata, posto che le azioni reali - tra cui rientra quella di specie -, nei confronti dei singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali su cose o parti dell'edificio condominiale, che esulino dal novero degli atti meramente conservativi, possono essere esperite dall'amministratore solo previa autorizzazione dell'assemblea, ex art. 1131 c.c. , comma 1 Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 23190 del 23/10/2020 Sez. 2, Ordinanza n. 21533 del 07/10/2020 Sez. 2, Sentenza n. 40 del 08/01/2015 . 5.2.- Prima di affrontare il secondo argomento su cui si incentra la pronuncia, occorre evidenziare l'inammissibilità della doglianza con cui si lamenta che il mandato conferito non avrebbe avuto ad oggetto la verifica della proprietà comune sul terrazzo a livello e l'ordine di ripristino del suo originario stato. Sul punto, la Corte di merito ha osservato, da un lato, che la delibera assembleare del 26 settembre 2012, al punto 5, rappresentava l'intenzione, espressa in modo unanime dai condomini presenti, di conferire all'avvocato incaricato ogni più ampio mandato affinché tutelasse i diritti del Condominio e dei singoli condomini e, dall'altro, che tale conclusione era pienamente compatibile con la verbalizzazione di cui alla successiva assemblea del 14 marzo 2013, che, al punto 1, confermava, all'unanimità dei presenti, la volontà di ottenere il ripristino del terrazzo all'ottavo piano, secondo lo status esistente prima che iniziassero i lavori oggetto di causa. Orbene, in adesione alla giurisprudenza di questa Suprema Corte, le deliberazioni dell'assemblea del Condominio devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 c.c. e segg., privilegiando, anzitutto, l'elemento letterale e, nel caso in cui tale elemento risulti insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli afferenti alla valutazione del comportamento delle parti e alla conservazione degli effetti dell'atto, che impongono all'interprete di attribuire alle espressioni letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante, anziché nessun effetto o un significato meramente programmatico Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28763 del 30/11/2017 Sez. 2, Sentenza n. 4501 del 28/02/2006 . Ed è altrettanto pacifico che l'interpretazione delle deliberazioni dell'assemblea condominiale spetta al giudice del merito e costituisce apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, purché risulti giustificato da motivazione immune da errori giuridici e da vizi logici Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12556 del 27/08/2002 . I vizi logici della sentenza, peraltro, sono ormai sindacabili in cassazione solo nei limiti consentiti dal nuovo testo dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 introdotto dal D.L. n. 83 del 2012 , convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 , applicabile ratione temporis, che ha escluso la censurabilità della sufficienza della motivazione, riducendo il controllo di legittimità sul giudizio di fatto al sindacato sull'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e sulla apparenza o manifesta illogicità della motivazione Cass. Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 . Nella specie, da un lato, il ricorrente non ha lamentato la violazione di alcuno dei canoni ermeneutici dettati dagli artt. 1362 c.c. e segg. dall'altro, la motivazione della sentenza impugnata, sull'inerenza delle delibere alla proposizione della lite attiva riguardante il terrazzo a livello controverso, non risulta apparente, nè viziata da manifesta illogicità. Pertanto, la censura, in realtà, si risolve in una critica dell'esito dell'interpretazione cui è pervenuta la Corte d'appello e nella sollecitazione di una interpretazione alternativa. Si ricade, perciò, nell'ambito di una censura di merito, che non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità. 5.3.- All'esito, anche il secondo punto su cui si basa la decisione non può trovare conferma. La Corte territoriale ha sostenuto che, in ogni caso, vi erano due delibere che avrebbero autorizzato l'amministratore a proporre la lite attiva, volta a verificare la contitolarità del terrazzo a livello e a richiederne la rimessione in pristino. In merito, le obiezioni dei ricorrenti si appuntano sulle ragioni espresse dalla sentenza d'appello in ordine alla contestata legittimità di dette delibere. Infatti, in ordine alle censure prospettate dagli appellanti circa l'invalidità delle stesse, perché adottate senza le maggioranze prescritte dall' art. 1136 c.c. , comma 4, il Giudice del gravame ha replicato che le contestazioni relative alla loro annullabilità avrebbero dovuto essere formulate tramite la tempestiva impugnazione delle delibere, non ravvisandosi - nel contenuto di siffatti deliberati - profili di nullità assoluta cosicché avrebbe dovuto ritenersi esistente un pieno mandato ad agire in giudizio da parte del Condominio. 5.3.1.- Per converso, a fronte della proposizione della specifica eccezione di carenza di legittimazione processuale attiva dell'amministratore del Condominio, per asserita invalidità della delibera presupposta recte delle delibere presupposte , il giudice adito avrebbe dovuto verificare, seppure incidenter tantum, che le delibere autorizzative fossero state adottate con la maggioranza qualificata di cui all' art. 1136 c.c. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21533 del 07/10/2020 Sez. 2, Sentenza n. 40 del 08/01/2015 Sez. 2, Sentenza n. 5147 del 03/04/2003 Sez. 2, Sentenza n. 4856 del 24/04/1993 Sez. 2, Sentenza n. 4136 del 28/09/1977 Sez. 2, Sentenza n. 3679 del 18/11/1974 . E ciò perché la spendita del nome dei condomini sottesa al mandato gestorio, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alle liti, può essere riconosciuta soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il difetto di detti poteri si pone come causa di esclusione anche della legitimatio ad processum del rappresentante. In questa prospettiva, la legittimità della Delib. autorizzativa costituisce elemento costitutivo indefettibile ex art. 34 c.p.c. , del potere rappresentativo conferito dall'assemblea all'amministratore Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27426 del 28/12/2009 Sez. 1, Ordinanza n. 12621 del 26/05/2006 , la cui verifica è indispensabile per ritenere integrata la legittimazione processuale attiva di quest'ultimo. Sicché il sindacato del giudice di merito si estende all'an ossia all'esistenza e al quomodo ossia alla regolarità della Delib. che conferisce il potere ad agire in giudizio. In altri termini, intanto l'amministratore potrà agire in giudizio per conto e in nome del Condominio - oltre le ipotesi che rientrano nelle sue attribuzioni - in quanto il relativo potere rappresentativo ex art. 1131 c.c. , comma 1, sia supportato da una Delib. idonea al suo conferimento. Ed invero, in base agli artt. 1130 e 1131 c.c. , la legittimazione processuale attiva dell'amministratore di un condominio è delimitata dai poteri sostanziali spettantigli per legge o ampliati, nell'ambito della realizzazione dell'interesse comune, dal regolamento condominiale o da valida Delib. dell'assemblea Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 5645 del 21/02/2022 Sez. 2, Sentenza n. 278 del 14/01/1997 Sez. 2, Sentenza n. 3655 del 29/10/1975 . Sicché l'accertamento incidentale della validità della Delib. autorizzativa costituisce un elemento della fattispecie integrativa di un presupposto processuale dell'azione in giudizio, attinente all'esistenza stessa del processo nonché alla sua procedibilità, che deve sussistere prima della proposizione della domanda. 5.3.2.- A questa ipotesi non può essere equiparata l'evenienza in cui la validità della sottostante Delib. rappresenti un elemento costitutivo della domanda di pagamento azionata verso singoli condomini, incidendo, in questo caso, la questione pregiudiziale in senso tecnico sul merito della lite ossia sulla ricorrenza del diritto dipendente e non sulla sussistenza di un presupposto processuale Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19832 del 23/07/2019 Sez. 2, Sentenza n. 305 del 12/01/2016 . In tale ultimo caso, la deliberazione costituisce un presupposto che attiene alla legittimazione processuale della parte attrice, la cui assenza, incidendo sulla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del processo, anche in sede di legittimità, fatta salva la formazione del giudicato interno, con la possibilità di diretta valutazione degli atti attributivi del potere rappresentativo Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 12568 del 12/05/2021 Sez. 5, Sentenza n. 5925 del 28/02/2019 Sez. 3, Sentenza n. 16274 del 31/07/2015 Sez. U., Sentenza n. 24179 del 16/11/2009 . Viceversa, allorché la Delib. costituisca fatto costitutivo di una pretesa di pagamento, il tema dei vizi della sottesa Delib. è governato dall'impulso di parte, in adesione al principio della domanda ex art. 99 c.p.c. , fatta salva la radicale nullità rilevabile d'ufficio della Delib. stessa, con la conseguente possibilità di esaminare i vizi della Delib. solo in presenza di apposita impugnazione. Per l'effetto, solo limitatamente all'ipotesi in cui sussista un nesso di pregiudizialità-dipendenza rispetto alla domanda fatta valere nel merito e non già rispetto all'integrazione di un presupposto processuale dell'azione , vale il principio secondo cui il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento della domanda di pagamento, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell' art. 1137 c.c. , comma 2, nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione con la conseguente inammissibilità, rilevabile d'ufficio, dell'eccezione con la quale l'opponente a decreto ingiuntivo deduca solo l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento Cass. Sez. U., Sentenza n. 9839 del 14/04/2021 . 6.- All'esito, i restanti mezzi di critica restano assorbiti dall'accoglimento della censura pregiudiziale sulla legittimazione processuale attiva dell'amministratore del Condominio. 7.- Conseguentemente, deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo, mentre i rimanenti motivi sono assorbiti. La sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione Ai fini della verifica della legittimazione processuale attiva dell'amministratore del Condominio a proporre la lite che non rientri nei limiti delle sue attribuzioni, il giudice adito deve verificare, anche d'ufficio, seppure incidenter tantum, che la Delib. autorizzativa sia stata adottata con la maggioranza qualificata di cui all' art. 1136 c.c. . P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo, dichiara assorbiti i rimanenti motivi del ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.