Danno biologico terminale e danno catastrofale vanno distintamente liquidati

Decidendo una causa avente ad oggetto il risarcimento agli eredi del lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico, la Corte di Cassazione ribadisce la distinzione e separata liquidazione del danno biologico terminale e del danno catastrofale.

La Corte d'appello, riformando in parte la sentenza del Giudice di prime cure, condannava una società al pagamento agli eredi di un suo dipendente deceduto per mesotelioma pleurico riconosciuto dall'INAIL come malattia professionale , di una somma a titolo del danno iure hereditatis , oltre ad un'ulteriore somma ciascuno a titolo di risarcimento del danno iure proprio . Gli eredi ricorrevano per la cassazione della sentenza d'appello, denunciando la violazione del principio di integralità e adeguatezza del risarcimento del danno non patrimoniale, errata applicazione delle tabelle di liquidazione del tanno non patrimoniale terminale e temporaneo, inidoneità del criterio liquidatorio adottato. La Società proponeva ricorso incidentale, dichiarato interamente inammissibile dalla Suprema Corte. La Corte di Cassazione riconosce che il danno subito dalla vittima, nell'ipotesi in cui la morte sopravventa dopo un apprezzabile arco temporale dall'effetto lesivo, è trasmissibile agli eredi nella duplice componente del danno biologico terminale , cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, e di danno morale consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che con lucidità assiste allo spegnersi della propria vita Cass. civ. n. 17577/2019 . Con la Cass. civ. n. 12041/2020 è stata poi confermata la correttezza delle tecniche di liquidazione del danno terminale commisurate alle Tabelle che stimano l'inabilità temporanea assoluta con opportune personalizzazioni che tengano conto dell'entità e dell'intensità delle conseguenze derivanti dalla lesione della salute prima del decesso. La medesima pronuncia ha chiarito che in caso di malattia professionale o infortunio sul lavoro, che abbia determinato il decesso non immediato della vittima, al danno biologico terminale, consistente in un danno biologico da invalidità temporanea totale sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso , può sommarsi una componente di sofferenza psichica danno catastrofale , sicché, mentre nel primo caso la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare del pregiudizio comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un criterio equitativo puro, che tenga conto della enormità” del pregiudizio, giacché tale danno, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte . Si tratta quindi di danni separati per quello biologico da invalidità temporanea totale, la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle e deve essere effettuata in relazione alla menomazione dell'integrità fisica patita dal danneggiato fino al decesso tale danno biologico terminale dà luogo a pretesa risarcitoria trasmissibile agli eredi. Il danno catastrofale invece è un danno non patrimoniale consistente nella sofferenza causata dal rendersi conto del progressivo spegnimento della propria vita e necessita un criterio di quantificazione equitativo puro” che sappia tener conto della sofferenza interiore. Per ottenere uniformità di trattamento a livello nazionale, si fa sempre riferimento al criterio adottato dalle Tabelle di Milano . Nel caso in esame, la Corte d'appello ha ricondotto a nozione unitaria il pregiudizio sofferto dal lavoratore venuto a mancare quale danno biologico terminale ricomprendente sia il danno da lucida agonia o morale catastrofale, che quello biologico unitario. La Corte ha quindi fatto errata applicazione dei suddetti principi e pertanto la Suprema Corte cassa la sentenza rinviando al giudice con l'indicazione di procedere a riliquidare il danno non patrimoniale agli eredi.

Presidente Tria – Relatore Michelini Rilevato in fatto che 1. la Corte d'Appello di Genova, in parziale riforma di sentenza del locale Tribunale, ha condannato omissis S.p.A. al pagamento in favore degli eredi di S.N. , dipendente dal 6 agosto 1943 al 30 novembre 1982 come operaio presso lo stabilimento di Sampierdarena, deceduto il 17/02/2006 per mesotelioma pleurico diagnosticatogli all'inizio del 2005 e riconosciuto dall'INAIL come malattia professionale, della somma complessiva di Euro 79.213,44 a titolo di risarcimento del danno iure hereditatis in luogo della somma complessiva di Euro 634.299,05 liquidata a tale titolo dal Tribunale e confermato la condanna della società al pagamento delle rispettive somme di Euro 200.000 in favore della vedova e di Euro 163.990 ciascuno in favore dei tre figli a titolo di risarcimento del danno iure proprio 2. avverso la predetta sentenza propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, gli eredi di S.N. resiste con controricorso la società, proponendo inoltre ricorso incidentale con tre motivi resistono con controricorso al ricorso incidentale le controparti, che hanno altresì depositato memoria. Considerato in diritto che 1. con il primo motivo di ricorso, gli eredi del lavoratore deceduto denunciano, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3, violazione del principio di specificità dei motivi di appello ex art. 342 c.p.c. , del principio dell'appello come revisio prioris instantiae, dell' art. 112 c.p.c. , per mancata ed errata considerazione della ratio decidendi seguita dal Tribunale 2. con il secondo art. 360 c.p.c. , n. 3 , denunciano violazione o falsa applicazione dell' art. 1226 c.c. , in relazione all' art. 2059 c.c. , violazione del principio di integralità ed adeguatezza del risarcimento del danno non patrimoniale, errata e falsa applicazione delle Tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale terminale e temporaneo, inidoneità ed irrazionalità del criterio liquidatorio adottato dalla sentenza impugnata 3. con il primo motivo di ricorso incidentale, la società censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2087 e 2697, D.P.R. n. 303 del 1956, art. 21, art. 115 c.p.c. art. 360 c.p.c. , n. 3 4. con il secondo, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. , artt. 2727 e 2729 c.c. , artt. 40 e 41 c.p. art. 360 c.p.c. , n. 3 5. con il terzo, violazione e falsa applicazione degli artt. 2059, 2697 e 1223 c.c. art. 360 c.p.c. , n. 3 6. per motivi di pregiudizialità logico-giuridica devono essere preventivamente trattati i motivi di ricorso incidentale 7. il primo motivo, con il quale la società ricorda che il dovere di prevenzione imposto al datore di lavoro dall' art. 2087 c.c. , non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, è inammissibile, in quanto in realtà diretto ad una rivisitazione in fatto delle risultanze probatorie acquisite nei gradi di merito ciò al di fuori del perimetro del giudizio di legittimità, posto che la Corte di merito, esaminando il quinto motivo di appello, ha sottolineato la conoscibilità della dannosità dell'inalazione di polveri di amianto già all'epoca dell'esposizione del lavoratore deceduto e l'omissione di adozione di adeguate misure di protezione 8. parimenti inammissibile risulta il secondo motivo, con cui la società contesta l'accertamento del nesso di causalità tra lavoro e malattia, posto che la sentenza impugnata ha dato compiutamente conto degli esiti della consulenza tecnica d'ufficio svolta in primo grado, sottoponendola ad analisi critica, ed evidenziando gli elementi di riscontro del nesso eziologico con la patologia, in base al principio di equivalenza delle cause di cui all' art. 41 c.p. 9. egualmente inammissibile si profila il terzo motivo di ricorso incidentale, in quanto non si confronta con la ratio decidendi della decisione impugnata, che non ha proceduto ad automatico riconoscimento di danni in favore dei superstiti in assenza di allegazioni concrete e personalizzanti e di prove relative ai fissi pregiudizievoli dispiegati dall'evento lesivo, ma ha valutato come da risarcire nella misura indicata il danno non patrimoniale dei congiunti, comprensivo della sofferenza interiore e dei pregiudizi di tipo esistenziale, anche in base a presunzioni ricavate, da una parte, dalla lunga durata del rapporto di coniugio, e d'altra parte, dalla considerazione della effettiva autonomizzazione dei figli dalla famiglia di origine, su base equitativa parametrata alle cd. tabelle di Milano 10. il primo motivo di ricorso principale non è ammissibile 11. la Corte di merito è pervenuta all'accoglimento, per quanto di ragione, del sesto motivo di appello della società, tenendo conto dei dati sullo sviluppo della patologia riportati nella CTU e specificando che si trattava di questione di quantificazione del danno iure hereditatis in proposito, questa Corte ha chiarito che gli artt. 342 e 434 c.p.c. , nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012 , conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012 , vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata Cass. n. 29177/2017 conf. Cass. n. 13535/2018 12. è invece fondato, per quanto di ragione, il secondo motivo di ricorso principale 13. questa Corte si è espressa, in materia v. Cass. n. 17577/2019 , nel senso che il danno subito dalla vittima, nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo, è configurabile e trasmissibile agli eredi nella duplice componente di danno biologico terminale , cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, e di danno morale consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita la liquidazione equitativa del danno in questione va effettuata commisurando la componente del danno biologico all'indennizzo da invalidità temporanea assoluta e valutando la componente morale del danno non patrimoniale mediante una personalizzazione che tenga conto dell'entità e dell'intensità delle conseguenze derivanti dalla lesione della salute in vista del prevedibile exitus 14. è stata poi confermata la correttezza Cass. n. 12041/2020 di tecniche di liquidazione del danno terminale commisurate alle tabelle che stimano l'inabilità temporanea assoluta con opportuni fattori di personalizzazione , i quali tengano conto dell'entità e dell'intensità delle conseguenze derivanti dalla lesione della salute in vista del prevedibile exitus Cass. n. 15491/2014 , n. 23053/2009 , n. 9959/2006 , n. 3549/2004 15. con la pronuncia n. 12041/2020 ora citata, cui il Collegio intende dare continuità, si è chiarito che a in caso di malattia professionale o infortunio sul lavoro con esito mortale, che abbia determinato il decesso non immediato della vittima, al danno biologico terminale, consistente in un danno biologico da invalidità temporanea totale sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso , può sommarsi una componente di sofferenza psichica danno catastrofale , sicché, mentre nel primo caso la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare del pregiudizio comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un criterio equitativo puro, che tenga conto della enormità del pregiudizio, giacché tale danno, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte cfr. Cass. n. 23183/2014 , n. 15491/2014 b si tratta di danni che vanno tenuti distinti e liquidati con criteri diversi c per il danno biologico da invalidità temporanea totale sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso la liquidazione può ben essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea e deve essere effettuata in relazione alla menomazione dell'integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso tale danno, qualificabile come danno biologico terminale , dà luogo ad una pretesa risarcitoria, trasmissibile iure hereditatis da commisurare soltanto all'inabilità temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte d invece il danno catastrofale - che integra un danno non patrimoniale di natura del tutto peculiare consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita - comporta la necessità di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo denominato puro - ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso - che sappia tener conto della sofferenza interiore psichica di massimo livello, correlata alla consapevolezza dell'approssimarsi della fine della vita, la quale deve essere misurata secondo criteri di proporzionalità e di equità adeguati alla sua particolare rilevanza ed entità, e all'enormità del pregiudizio sofferto a livello psichico in quella determinata circostanza vedi, tra le altre, Cass. n. 23183/2014 e ai fini della sussistenza del danno catastrofale, la durata di tale consapevolezza non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma per la sua quantificazione secondo i suindicati criteri di proporzionalità e di equità in termini Cass. n. 16592/2019 v. pure Cass. n. 23153/2019 , n. 21837/2019 f per ottenere uniformità di trattamento a livello nazionale, per questa ultima voce di danno si reputa comunemente necessario fare riferimento al criterio di liquidazione adottato dal Tribunale di Milano, per l'ampia diffusione sul territorio, appunto, nazionale e per il riconoscimento attribuito dalla giurisprudenza di legittimità, alla stregua, in linea generale e in applicazione dell' art. 3 Cost. , del parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico a norma degli artt. 1226 e 2056 c.c. , salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono cfr. Cass. n. 12408/2011 , n. 27562/2017 v. anche Cass. n. 9950/2017 16. osserva il Collegio che la disparità di trattamento in materia risulta tanto più irragionevole, perché destinata a consumarsi nella sfera protetta dal riconoscimento costituzionale del diritto alla salute quale diritto fondamentale ed inviolabile della persona umana proprio dal nucleo irriducibile di tale diritto discende il principio dell'integrale riparazione del pregiudizio quale aspetto essenziale della tutela risarcitoria dei valori non patrimoniali dell'individuo 17. nel caso di specie, invece, la Corte d'Appello di Genova ha ricondotto a nozione unitaria il pregiudizio del dante causa, quale danno biologico terminale ricomprendente sia il danno da lucida agonia o morale catastrofale, che quello biologico ordinario 18. la sentenza impugnata risulta, quindi, in contrasto con i principi di diritto su enunciati, perché non tiene conto del criterio di liquidazione individuato da questa Corte di legittimità nelle tabelle che stimano l'inabilità temporanea assoluta con opportuni fattori di personalizzazione , quale parametro di conformità della valutazione equitativa del danno alle disposizioni degli artt. 1226 e 2056 c.c. , e perché non considera la duplice componente fenomenologica del danno sottoposto al presente giudizio, avuto riguardo sia agli effetti che la lesione del diritto della salute ha comportato nella dimensione dinamico-relazionale del soggetto danneggiato, sia alle conseguenze subite dallo stesso nella sua sfera interiore, sub specie di sofferenza di paura, di angoscia, di disperazione, anche in considerazione del prevedibile esito letale 19. pertanto, per questo aspetto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che dovrà procedere a rinnovata liquidazione del danno non patrimoniale iure hereditatis, uniformandosi ai principi innanzi enunci ati, regolando anche le spese 20. il rigetto dell'impugnazione incidentale determina il raddoppio del contributo unificato per la società, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, inammissibile il primo. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'Appello di Genova in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per parte ricorrente incidentale per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.