Confisca di prevenzione nelle imprese a partecipazione mafiosa: necessario l’accertamento di un effettivo inquinamento del ciclo aziendale e del relativo arco temporale

La Suprema Corte ha evidenziato la rilevanza di una necessaria verifica dei beni acquisiti dal G.U. ricadenti nell’arco temporale della pericolosità del medesimo e del momento iniziale del rapporto con il sodalizio mafioso.

In questo senso si è espressa la Quinta Sezione della Corte di Cassazione nella sentenza in commento, disponendo l'annullamento con rinvio del decreto della Corte d'Appello di Torino limitatamente alla misura ablativa. Il caso. Con decreto dell'11 novembre 2021 la Corte d'Appello di Torino confermava il decreto del Tribunale di Torino – Sezione misure di prevenzione del 18 gennaio 2021, con il quale è stata applicata al G.U. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di anni quattro con obbligo di soggiorno e disposta la confisca dei beni di proprietà del medesimo e della consorte. L'applicazione delle misure di prevenzione, personali e patrimoniali, di cui al d.lgs. n. 159/2011 avveniva a seguito della riconducibilità del G.U. all'associazione di tipo mafioso, accertata con sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 416- bis c.p. Avverso il decreto de quo proponevano ricorso per Cassazione il G.U. e la consorte, E.Z. Il primo proponeva tre motivi di ricorso i primi due, afferenti l'applicazione della misura di prevenzione personale, il terzo inerente la confisca. Più nello specifico, con i primi due motivi di ricorso, il G.U. censurava l'erronea valutazione del requisito della pericolosità sociale, posto a fondamento della misura di prevenzione personale, reputato sussistente alla sola stregua della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 416- bis c.p. Con il terzo motivo, relativo alla misura ablatoria della confisca, il G.U. evidenziava come, per alcune delle imprese oggetto della misura de qua , la Corte non avesse considerato la natura prettamente familiare della gestione delle stesse e gli elementi, prodotti dalla difesa, volti a dimostrare l'origine lecita della provvista inizialmente utilizzata per l'acquisto. La seconda, invece, proponeva un solo motivo di ricorso deducendo la violazione di legge in riferimento alla ritenuta riconducibilità al coniuge dei cespiti alla stessa intestati ed oggetto della misura ablatoria. Il 6 ottobre 2022, il difensore dell'imputato depositava una memoria contenente due motivi nuovi con il primo motivo, inerente il requisito della pericolosità sociale, se ne evidenziava la mancanza del postulato dell'attualità con il secondo, relativo alla confisca, si rappresentava che il G.U., in data 31 maggio 2022, veniva assolto dalla Corte d'Appello di Torino per il reato di intestazione fittizia relativamente al contratto di affitto di due delle aziende oggetto di misura ablatoria. Si evidenziava, pertanto, la mancanza dei requisiti di legge posti a fondamento della misura patrimoniale. La decisione della Corte. La Suprema Corte ha rilevato la fondatezza dei motivi presentati dal G.U. esclusivamente per ciò che attiene l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale , con assorbimento delle correlate censure proposte dalla E.Z. Il Supremo Consesso ha analizzato primariamente l'oggetto della misura di prevenzione patrimoniale , costituito dai beni che costituiscono frutto di attività illecite , evidenziando come debba sussistere in maniera imprescindibile un nesso di derivazione causale tra l'attività illegale e l'acquisizione del bene . L'attività imprenditoriale, in altri termini, pur non giovandosi direttamente di capitali di provenienza illecita, deve trarre dal rapporto con il sodalizio mafioso rilevanti vantaggi nel relativo svolgimento. Tale assunto solleva la questione, attenzionata dalla Suprema Corte, della delimitazione dell'ambito di estensione della misura di prevenzione patrimoniale . Facendo applicazione dei principi enucleati dalle Sezioni Unite nella sentenza Spinelli” n. 4880/2014 , volti ad apportare un correttivo al nesso di derivazione causale tra attività illecita e acquisizione del bene, la Corte ha ribadito la necessità di individuare un momento inziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato. Pertanto, come avallato dalla giurisprudenza più recente Cass. pen., n. 10983/2019 , Lo Gefro Cass. pen., n. 32688/2018 , Isgrò , nelle imprese a partecipazione mafiosa”, in cui il titolare non è un prestanome ma rappresenta i propri interessi, bisogna accertare, ai fini dell'applicazione della confisca, se vi sia stato effettivamente un inquinamento aziendale e da quale momento ciò sia avvenuto . Sulla base di tali assunti, la Suprema Corte ha evidenziato la rilevanza di una necessaria verifica dei beni acquisiti dal G.U. ricadenti nell'arco temporale della pericolosità del medesimo e del momento iniziale del rapporto con il sodalizio mafioso. La Corte d'Appello di Torino, al contrario, non ha operato tale verifica, quantomeno in punto di appartenenza delle plurime operazioni societarie al contesto mafioso. Di talché non risulta specificato se, e in che misura, acquisti originariamente leciti o cessioni in ambito familiare da danti causa estranei ad attività illecite si siano giovati dell'ausilio e della protezione mafiosa. Siffatti motivi di criticità impongono la loro risoluzione al fine di precisare fino a che punto la misura ablatoria possa estendersi a tutti i beni in disamina. La confisca di prevenzione di un complesso aziendale, infatti, non può essere disposta solo con riferimento alla quota ideale riconducibile all'utilizzo di risorse illecite, non potendosi distinguere l'apporto di componenti lecite, riferibili all'iniziativa imprenditoriale, da quello imputabile a mezzi illeciti. Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha annullato il provvedimento impugnato limitatamente alle misure di prevenzione reali con rinvio per un nuovo esame alla Corte d'Appello di Torino sui punti indicati.

Presidente Sabeone – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1.Con il decreto impugnato dell'11 novembre 2021, la Corte d'appello di Torino ha confermato il decreto del Tribunale di Torino-Sezione misure di prevenzione del 18 gennaio 2021, con il quale è stata applicata a U.G. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di anni quattro con obbligo di soggiorno e disposta la confisca dei beni, di proprietà del medesimo e della consorte, già oggetto di sequestro anticipato del 12 febbraio 2020 e, segnatamente 1 ristorante pizzeria omissis s.r.l.s. con sede in omissis e relativo compendio aziendale 2 ristorante pizzeria omissis con sede legale in omissis e sede operativa in omissis e relativo compendio aziendale 3 omissis s.r.l. con sede legale in omissis e relativo compendio aziendale 4 […] s.r.l. con sede legale in omissis , proprietaria della pizzeria omissis 5 […] di U.G. & C. s.a.s. con sede legale in Bardonecchia, omissis , proprietaria del bar […] 6 Smart. Cabrio MHD tg. omissis 7 conto corrente di omissis , acceso il 21 ottobre 2016, intestato a omissis s.r.l.s. e sul quale Z.E. è delegata ad operare 8 conto corrente di omissis , acceso il 1 aprile 2015, intestato a omissis s.r.l. e sul quale Z.E. e U.G. sono delegati ad operare 9 conto corrente di omissis , acceso il 29 maggio 2015, intestato a Z.E. 10 carta Enjoy n. omissis di omissis intestata a Z.E. 11 libretto di deposito al portatore n. […] di omissis intestato a U.G. 12 Postepay Evolution n. omissis intestata a C.G. ed in uso a U.G. 13 conto corrente di omissis acceso il 26 maggio 2016, intestato a U.G. 14 conto corrente di intestato a […] s.r.l. 15 conto corrente di omissis acceso il 26 maggio 2016, intestato a […] s.r.l. 2. Avverso il decreto indicato della Corte di appello di Torino hanno proposto ricorso U.G. ed il terzo interessato, Z.E., affidando le rispettive censure a plurimi motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all' art. 173 disp. att. c.p.p. , comma 1. 2.1. Con il ricorso, proposto a firma dei difensori, Avv. omissis e omissis , U.G. articola due motivi. 2.1.1. Con il primo motivo, si deduce violazione di legge in riferimento all' art. 521 c.p.p. , per avere la Corte territoriale attribuito al proposto il profilo di pericolosità di cui all'art. 4, lett. c in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b , a fronte dell'esclusivo riferimento - nella richiesta di applicazione della misura personale e negli atti successivi - alla categoria di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, lett. a . 2.1.2. Con il secondo, articolato, motivo, si deduce violazione di legge in relazione alla valutazione di pericolosità sociale di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, lett. a , reputata sussistente alla sola stregua della sentenza di condanna, tra l'altro, per il reato di cui all'art. 416 bis c.p., senza alcun apprezzamento del requisito dell'attualità ed in violazione dei principi enunciati dal diritto vivente e dal giudice delle leggi, ed alla disposta confisca. Quanto alla misura personale, si evidenzia, in particolare, come le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia nel procedimento indicato a carico dell'U. siano state generiche, imprecise e, comunque, relative ad epoca risalente, in tal modo precludendo una prognosi di attuale e concreta pericolosità a carico del proposto. In ordine alla confisca, si deduce violazione di legge in riferimento al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24 a Quanto al omissis s.a.s. ora omissis , si evidenzia come la società sia stata acquistata nel 1988 dai fratelli U.G. e L., quest'ultimo non interessato da misure di prevenzione, nella misura del 50% ciascuno delle quote, e che l'attività abbia prodotto utili leciti documentati, con conseguente apoditticità della ritenuta genesi illecita. Quanto alle vicende successive cessione delle quote di U.L. ai genitori nel 2008 cessione di ramo d'azienda in favore di omissis s.r.l. nel 2014 affitto di ramo d'azienda in favore di […] s.r.l. nel 2016 , si evidenzia la gestione familiare dell'impresa, l'assoluzione di M.F. gestore del bar […] e C.G. amministratore di […] s.r.l. dal reato di interposizione fittizia, la sottovalutazione degli elementi difensivi finalizzati alla dimostrazione sia dell'origine lecita della provvista inizialmente utilizzata per l'acquisto, che della ininterrotta ed effettiva gestione familiare della medesima b Quanto a […] s.r.l. - omissis poi omissis , si evidenzia come omissis s.r.l. sia stata costituita nel 2005 dai genitori del proposto e che, dopo la cessione di quote in favore di U.L. e Ma.Ca. che, nel 2008, avrebbe ceduto la propria partecipazione a L.P.R. , madre dell'U. nel 2006, la denominazione della società era stata modificata in […] s.r.l., in seguito all'acquisto dell'omonima pizzeria che l'azienda veniva data in gestione nel 2014 a omissis s.r.l. e subito dopo a Ma.Fa. che U.G. diveniva socio di […] s.r.l. solo nel 2017, a fronte della cessione in suo favore delle quote della madre e del fratello e, dunque, in un contesto di avvicendamento familiare che non aveva comportato esborsi che i titolari di omissis s.r.l., beneficiaria del contratto di affitto d'azienda, non sono mai stati condannati per il delitto di intestazione fittizia, mentre in relazione alla condanna del proposto, la sentenza è stata annullata con rinvio c Quanto a omissis , si evidenzia l'effettività dell'acquisto della società da parte della Z. senza esborsi, bensì mediante l'assunzione di ingenti debiti dei cedenti B. e Mo., che l'avevano effettivamente gestita, e l'omessa valutazione della sentenza di assoluzione di Ma.Ni. e dello stesso proposto dal reato di interposizione fittizia. 2.2. Con il ricorso, proposto a firma del difensore e procuratore speciale, A.R., il terzo interessato Z.E. svolge un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge in riferimento alla ritenuta riconducibilità al coniuge, U.G., dei cespiti alla stessa intestati ed oggetto della misura ablatoria. Evidenzia, in particolare, la sottovalutazione degli elementi addotti a riprova della prestazione del proprio contributo nella gestione delle imprese familiari, in tal modo superando la presunzione di intestazione fittizia dei beni alla medesima ricondotti. 3. Il 6 ottobre 2022, l'Avv. omissis ha depositato una memoria contenente motivi nuovi. 3.1. Con il primo motivo nuovo si evidenzia - sul punto della pericolosità sociale - l'assoluzione resa dal Tribunale di Torino il 6 ottobre 2021 in favore di T.E. e R.T. per il reato di cui al D.L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies , con conseguente ulteriore deficit del postulato dell'attualità. 3.2. Con il secondo motivo nuovo, si rappresenta - quanto alla confisca che la Corte d'appello di Torino, decidendo in sede di rinvio in seguito ad annullamento statuito da questa Corte, ha assolto il 31 maggio 2022 U.G. dal delitto di intestazione fittizia relativamente al contratto di affitto d'azienda tra […] s.r.l. e omissis s.r.l. Si evidenzia, conclusivamente, che la misura patrimoniale è stata adottata alla stregua della ritenuta mafiosità delle imprese dell'U., in violazione dei requisiti richiesti dalla legge. Considerato in diritto I ricorsi sono fondati limitatamente alla confisca. 1. Il primo motivo - ed il primo motivo nuovo - proposto nell'interesse di U.G. Ndr testo originale non comprensibile manifestamente infondato. 1.1. Premesso che nel procedimento di prevenzione non si configura la violazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione qualora il provvedimento applicativo della misura ritenga sussistente una categoria di pericolosità sociale diversa da quella indicata nella proposta, purché la nuova definizione giuridica sia fondata sui medesimi elementi di fatto posti a fondamento della proposta, in relazione ai quali sia stato assicurato alla difesa un contraddittorio effettivo e congruo Sez. 1, n. 8038 del 05/02/2019, Manauro, Rv. 274915 , il provvedimento impugnato ha chiarito come i profili di pericolosità ritenuti sussistenti a carico dell'U. si connotassero, dal settembre 1991 al 2001, ai sensi dell'art. 1 lett. b e, per il periodo successivo, D.Lgs. n. 159 del 2001, ex art. 4, lett. a , e fossero fondati su di un compendio ben noto al proposto e sul quale il medesimo aveva avuto modo di esplicare appieno le prerogative difensive. Nel decreto impugnato, la base cognitiva sulla quale è stata costruita la valutazione di pericolosità sociale è, difatti, delimitata dalle sentenze di condanna riportate dall'U. , ben note al medesimo e sulla cui rilevanza, nel giudizio di prevenzione, lo stesso ricorrente ha analiticamente interloquito il che sterilizza in radice ogni obiezione sostanziale riguardo la conoscibilità della categoria di pericolosità ravvisabile a suo carico. Per altro verso, deve escludersi l'applicabilità, nel procedimento di prevenzione, dei principi affermati dalla Corte Edu nella sentenza Drassich c. Italia del 11 dicembre 2007 e, dunque, la necessità che la difesa sia chiamata ad interloquire sulla diversa qualificazione della categoria di pericolosità sociale, trattandosi di classificazione del tutto prevedibile ed anzi nel caso al vaglio prevista, in quanto correlata a condanne fondate su addebiti accertati, nel processo penale, nelle forme del contraddittorio. 1.2. Sono, del pari, manifestamente infondate o non deducibili in questa sede le doglianze svolte sul punto della pericolosità sociale. Va in proposito anzitutto ricordato come, per il consolidato orientamento di questa Corte - asseverato anche dal giudice delle leggi con le sent. n. 321/2004 , n. 80/2011 e n. 106/2015 - in tema di misure di prevenzione, la riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre vizi di motivazione, ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , sicché il controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza degli elementi esaminati ai parametri legali, imposti per l'applicazione delle singole misure e vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di legge sub specie di motivazione apparente ex multis Sez. 5, n. 19598 dell'8 aprile 2010, Palermo, Rv. 247514 . In tal senso, deve dunque ribadirsi che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente, come tale refluente per l'appunto in violazione di legge, la sottovalutazione di argomenti difensivi in realtà presi in considerazione dal giudice o comunque assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez. Un., n. 33451 del 29 maggio 2014, Repaci e altri, Rv. 260246 . Ciò premesso, il ricorrente, con il motivo in esame, cerca di aggirare il ricordato vincolo normativo al sindacato di legittimità lamentando la natura meramente apparente della motivazione del provvedimento impugnato in punto di giustificazione del giudizio di attualità della pericolosità dell'U. In proposito, la Corte non si è trincerata genericamente dietro la presunzione relativa di stabilità del vincolo associativo, ma ha corroborato tale presunzione in ragione del contenuto della base fattuale che ha sostenuto il giudizio di pericolosità e, in particolare, della natura strutturale e di lungo corso dell'appartenenza del proposto al sodalizio mafioso, certificata dalla condanna definitiva del medesimo per il reato di cui all'art. 416 bis c.p., nonché dell'accertato ruolo di rilievo espletato dal medesimo nel contesto associativo e del coinvolgimento nei reati scopo del clan omissis , nel quadro delle ulteriori condanne definitive per i delitti lucrogenetici di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ed usura. In siffatto contesto, una volta rilevata l'assenza di elementi di disgregazione del sodalizio o di recesso da parte del proposto, la Corte di merito ha in maniera tutt'altro che apparente - o anche solo illogica - ritenuto che la naturale proiezione nel futuro del vincolo associativo non sia stato intaccato dal tempo trascorso tra l'accertamento processuale della partecipazione al sodalizio, nè dal fatto che nelle more l'U. sia stato sottoposto ad un lungo periodo di detenzione. Per altro verso, la verifica di perdurante attualità è stata correlata a specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso, Rv. 271511 , letti alla luce del pericolo di reiterazione della condotta associativa che ha sostenuto la misura cautelare a carico dell'U. sino all'anno 2021 ed analiticamente indicati ff. 9-11 decreto impugnato , che risultano avversati nel ricorso attraverso la proposta di rilettura dei fatti accertati nella sentenza irrevocabile della Corte d'appello di Torino. Nè, del resto, dispiega alcuna criticità sulla valutazione di attuale pericolosità la sentenza di assoluzione emessa nei confronti dei coimputati R. e T. segnalata nel primo motivo nuovo - in merito ad un singolo segmento della ben più ampia cornice fattuale alla quale si riferisce la condanna per partecipazione mafiosa del ricorrente. Il primo motivo ed il primo motivo nuovo sono, pertanto, proposti fuori dei casi previsti e manifestamente infondati. 2. Sono, invece, fondati, nei termini che seguono, i motivi svolti dall'U. in riferimento alla misura patrimoniale, con assorbimento delle correlate censure proposte dalla terza interessata Z. 2.1. Il tema che le censure impongono prioritariamente di affrontare investe la delimitazione dell'àmbito di estensione della misura di prevenzione patrimoniale. Il ricorso in rassegna, in particolare, ne lamenta la dilatazione a cespiti di terzi, acquistati in epoca antecedente l'insorgenza della pericolosità ed a beni di cui è risultata smentita, in sede processuale, l'interposizione fittizia. La soluzione delle questioni implicate non può che muovere dal dato normativo. 2.1.1. Secondo il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 1, la confisca può attingere - per quanto interessa nel caso di specie - i beni che costituiscano frutto di attività illecite dizione invero più ampia rispetto alle tradizionali categorie del prezzo, prodotto, profitto , ma che indubbiamente segnala la necessità di un legame di derivazione causale tra l'attività illegale e l'acquisizione del bene o la formazione della provvista per essa impiegata. In tale cornice, va qui sottolineato come, nella interpretazione di questa Corte, si ascrivono a siffatta categoria i beni derivanti da un'attività imprenditoriale che, pur non giovandosi direttamente di immissioni di capitali di origine illecita, tragga dal rapporto con il sodalizio mafioso rilevanti vantaggi nel relativo svolgimento, giacché, in tal caso, l'impresa funge da strumento per il perseguimento dei fini delittuosi dell'associazione mafiosa, operando al contempo nell'interesse del sodalizio. Al fine di apportare un correttivo a siffatto criterio di derivazione, di tipo causale, che, se applicato in modo assoluto ed acritico, condurrebbe ad un'indiscriminata estensione delle misure ablative, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza Spinelli n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Rv. 262605 , hanno affermato come la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, sia anche misura temporale del suo àmbito applicativo ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità qualificata , il giudice dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l'intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato. 2.1.2. La più recente giurisprudenza di legittimità, in coerenza con lo scopo ultimo del sistema delle misure di prevenzione reali, che è quello di eliminare dal circuito dell'economia legale le ricchezze comunque di matrice illecita, ha ulteriormente precisato l'enunciato delle Sezioni unite è opinione ormai condivisa, infatti, che, nei confronti dell'indiziato di appartenere ad un'associazione mafiosa, anche nel caso in cui la fattispecie concreta consenta di determinare il momento iniziale e finale della pericolosità qualificata, la confisca di prevenzione possa attingere anche beni acquisiti in periodo successivo a quello di cessazione della condotta permanente, laddove ricorra una pluralità di indici fattuali altamente dimostrativi della diretta derivazione causale delle acquisizioni patrimoniali dalla provvista formatasi nel periodo di compimento dell'attività delittuosa V. Sez. 2, n. 14165 del 13/03/2018, Alma, Rv. 272377, seguita da Sez. 5, n. 49479 del 13/11/2019, Caputo, Rv. 277909 Sez. 6, n. 5778 del 16/05/2019, dep. 2020, Cammarata, Rv. 278328 Sez. 5, n. 1543 del 23/11/2020, dep. 2021, Marotta, Rv. 280667 Sez. 6, n. 36421 del 06/09/2021, Palmeri, Rv. 281990 . Il dato cronologico svolge, dunque, una funzione eminentemente selettiva, ma, a meno che le risultanze probatorie non siano tali da consentire di fissare con precisione un inizio e/o una fine dell'esperienza criminale dell'interessato, non se ne può pretendere un'applicazione rigida, tanto più nel caso delle relazioni di natura mafiosa, che, come ordinariamente accade per usare le parole della sentenza Spinelli involgono l'intero percorso esistenziale del proposto o, per lo meno, quella parte preponderante e pluridecennale di esso durante la quale egli ha accumulato praticamente la totalità delle sue ricchezze. 2.1.3. In sintonia con tali premesse, la giurisprudenza di questa Corte è pressoché costante, quanto meno in tempi più recenti, nell'affermare che, per le imprese definite a partecipazione mafiosa , nelle quali il titolare non è un prestanome ma rappresenta anche i propri interessi, sia necessario accertare, ai fini della determinazione dei patrimoni confiscabili, se vi sia stato un inquinamento del ciclo aziendale e da quale momento ciò sia avvenuto Sez. 5, n. 10983 del 27/09/2019, dep. 2020, Lo Gerfo, Rv. 278884 Sez. 5, n. 32688 del 31/01/2018, Isgrò, Rv. 275225, in motivazione . Tuttavia, laddove la vita dell'impresa sia stata fin dall'inizio condotta con mezzi illeciti, nel senso che il consolidamento e l'espansione dell'attività imprenditoriale siano stati agevolati da un'organizzazione criminale, tutto il capitale sociale e l'intero patrimonio aziendale ne risultano contaminati, divenendo essi stessi parti dell'impresa mafiosa e, come tali, soggetti a confisca, a nulla rilevando l'iniziale carattere lecito della quote versate dai diversi soci Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, Diotallevi, Rv. 277438 . 2.2. Nel quadro così delineato, assume rilievo, allora, verificare i beni acquistati dall'U. ricadenti nell'arco temporale della pericolosità, scissa in due diverse declinazioni temporali, del medesimo e quando abbiano avuto inizio gli intrecci d'affari tra il medesimo ed il clan per la cui partecipazione lo stesso ha riportato condanna. Ora, come già supra rilevato, l'orizzonte temporale della pericolosità del proposto è stato delimitato dal settembre 1991 al 2001, nei termini di cui all'art. 1, lett. b , e, per il periodo successivo, D.Lgs. n. 159 del 2001, ex art. 4, lett. a . Nel confermare integralmente il decreto di primo grado, avente ad oggetto l'intero compendio indicato al p. 1. del Ritenuto in fatto, la Corte d'appello non ha in alcun punto verificato se i singoli beni oggetto di ablazione si riferissero ai diversi segmenti temporali connotati da diverso profilo di pericolosità, nè ha specificato se le plurime operazioni societarie, ricostruite nel decreto, presentassero una qualche aderenza al contesto mafioso. 2.2.1. In riferimento alla confisca di […] di U.G. & C. s.a.s. con sede legale in omissis , proprietaria del bar […], la Corte d'appello non si è confrontata con l'acquisto del 50% delle quote, effettuato da U.G. nell'anno 1988 e, dunque, antecedentemente all'insorgenza della sua pericolosità generica , nè ha spiegato in quale misura le vicende successive cessione delle quote di U.L. ai genitori nel 2008 cessione di ramo d'azienda in favore di omissis s.r.l. nel 2014 affitto di ramo d'azienda in favore di […] s.r.l. nel 2016 cessione della quota di L.P. al figlio U.G. nel 2017 , di cui è stata esclusa la natura fittizia, finiscano per connotare di illiceità la perdurante gestione del proposto e dei sui familiari. 2.2.2. In relazione alla confisca di omissis s.r.l.s. e […] s.r.l., proprietaria della pizzeria omissis , la difesa ha segnalato come quest'ultima società così denominata nel 2006 in seguito a modifica dell'originaria omissis s.r.l., costituita dai genitori del proposto nel 2005 fosse pervenuta a U.G. nel 2017 in seguito alla cessione di quote operata in suo favore dai genitori e dal fratello, mentre il decreto impugnato elude del tutto il tema dell'acquisizione, presumendone la natura onerosa e limitandosi a concentrarsi esclusivamente sulla riconducibilità al proposto della gestione, reputando fittizie le cessioni aziendali e le locazioni d'azienda che si sono succedute, con affermazione smentita in sede giudiziale i titolari di omissis s.r.l., beneficiaria del contratto di affitto d'azienda, non sono mai stati condannati per il delitto di intestazione fittizia, mentre lo stesso proposto è stato assolto dalla stessa imputazione. 2.2.3. Quanto a omissis e omissis , non è dato comprendere dal decreto impugnato - che riporta la sequenza degli avvicendamenti dei precedenti gestori e non precisa chi, tra questi, sia stato condannato irrevocabilmente per interposizione fittizia - a quale data risalga, effettivamente, l'acquisizione dell'attività da parte dell'U. e della Z. e quale provvista economica, sproporzionata rispetto al reddito di quel momento, sia stata effettivamente impiegata. In conclusione, non risulta specificato se acquisti originariamente leciti e se cessioni in ambito familiare da danti causa di cui non si paventa il coinvolgimento in attività illecite si siano giovati dell'ausilio e della protezione dell'associazione mafiosa o, comunque, in che misura risorse lecite abbiano finito per confondersi con il patrimonio di matrice illecita e per disperdersi in esso in che misura l'esclusione di rapporti derivati fittizi incida sull'origine illecita della provvista impiegata per l'acquisizione quale sia la specifica correlazione temporale tra le risorse effettivamente disponibili e reputate inadeguate e gli impieghi in ragione al loro valore. Siffatti profili di criticità impongono la loro soluzione, al fine di precisare fino a che punto la misura ablativa possa legittimamente estendersi a tutti i cespiti in disamina. E tanto a maggior ragione poiché, in tema di impresa mafiosa, questa Corte si è già espressa, concludendo per la legittimità della confisca del compendio aziendale e delle quote sociali, anche quando sia provato che il valore dei medesimi si sia formato, in via prevalente, e non necessariamente esclusiva, nel periodo di tempo correlato all'accertata pericolosità sociale qualificata del proposto, derivante dall'appartenenza del medesimo ad un sodalizio mafioso, che gli abbia consentito l'acquisto, a nulla rilevando la risalente costituzione di società ad un periodo antecedente a quello dell'accertata pericolosità in una tale situazione, infatti, il complesso aziendale è intrinsecamente connotato di mafiosità, poiché il proposto ha tratto vantaggio per le sue imprese e società dalle aderenze che aveva con esponenti dei sodalizi mafiosi Sez. 5, n. 8019 del 09/12/2020, dep. 2021, Crocè, non mass. Sez. 5, n. 19280 del 5/2/2019, Tarantole, Rv. 276247 . La confisca di prevenzione di un complesso aziendale, infatti, non può essere disposta solo con riferimento alla quota ideale riconducibile all'utilizzo di risorse illecite, non potendosi distinguere, in ragione del carattere unitario del bene, l'apporto di componenti lecite, riferibili alla capacità ed all'iniziativa imprenditoriale, da quello imputabile a mezzi illeciti, specie quando il consolidamento e l'espansione dell'attività economica siano stati agevolati dall'organizzazione criminale così, in motivazione, Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, cit. Sez. 6, n. 7072 del 14/07/2021, dep. 2022, Zummo, Rv. 283462 . 3. Alla luce di quanto premesso, il provvedimento impugnato deve essere annullato limitatamente alla misura ablativa perché il giudice del merito della prevenzione, in piena libertà di giudizio ma facendo corretta applicazione degli enunciati principi, proceda a nuovo esame sui punti indicati. P.Q.M. annulla il provvedimento impugnato limitatamente alle misure di prevenzione reali con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Torino. Dichiara inammissibili i ricorsi con riferimento alla misura di prevenzione personale.