La S.C. sull’utilizzabilità delle intercettazioni di un procedimento poi stralciato

Partendo dal concetto di “procedimento diverso”, la Suprema Corte enuncia un importante principio sull’utilizzabilità delle intercettazioni autorizzate ab origine in un procedimento a cui è seguito lo stralcio e avente ad oggetto misure cautelari. Tornando sulla normativa emergenziale da Covid-19, ricorda poi a quale giudice deve essere trasmessa la richiesta di riesame della misura.

Nel caso recentemente giunto fino ai banchi della Cassazione, il Tribunale, in sede di riesame, confermava l'ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere per un uomo imputato di una pluralità di furti. Il Gip emetteva l'ordinanza cautelare dichiarandosi contestualmente territorialmente incompetente ex articolo 22 c.p.p Il Giudice per le indagini competente applicava la nuova misura cautelare per gli stessi fatti di cui alla precedente ordinanza e utilizzando anche gli elementi emergenti dalle indagini tecniche. L'imputato ricorreva per la cassazione della sentenza, affidando a due motivi il proprio ricorso. Con il primo motivo denunciava che il Tribunale sarebbe incorso in errore nell'aver escluso la perdita di efficacia della misura coercitiva quale conseguenza del mancato rispetto del termine per l'adozione della decisione sull'istanza di riesame, depositata presso il Tribunale di Piacenza ex articolo 582 c.p.p. e trasmessa dalla cancelleria a mezzo PEC a quello di Firenze competente per il giudizio di riesame. Considerati i termini di cui all'articolo 309, commi 5 e 9 c.p.p., la decisione sul riesame sarebbe stata adottata oltre il termine finale, con conseguente perdita di efficacia della misura coercitiva. Errando, il giudice del riesame, avrebbe ritenuto dies a quo del termine per l'adozione della decisione non quello di ricezione della PEC inoltrata dalla cancelleria, bensì la data della ricezione da parte della propria cancelleria dell'originale del ricorso inoltrato via posta. Oltre alla violazione delle norme codicistiche il Tribunale avrebbe quindi violato anche l'articolo 24, comma 6-quinques, d.l. numero 137/2010 che prevede la trasmissione dell'istanza all'indirizzo PEC del Tribunale di cui all'articolo 309, comma 7 c.p.p La Corte di Cassazione non ravvede alcuna violazione ed enuncia il principio di diritto per il quale «in tema di disciplina emergenziale da Covid-19, ai sensi dell'articolo 24 d.l. numero 137 del 2020 conv., con modif., dalla l. 18 dicembre 2020, numero 176 , la richiesta di riesame deve essere trasmessa non all'indirizzo PEC del Tribunale in funzione di giudice del riesame, non potendo l'atto essere presentato presso la cancelleria del Tribunale o del giudice di pace del luogo ove si trova l'impugnante, ferma restando la possibilità di proporla a mezzo posta mediante l'inoltro dell'atto presso il Tribunale in funzione di giudice del riesame». Con il secondo motivo di ricorso, l'imputato deduceva la violazione dell'articolo 270 c.p.p. perché il giudice del riesame avrebbe errato nel ritenere utilizzabili i risultati delle intercettazioni disposte nel procedimento nel corso del quale è stata emessa la misura cautelare e contestuale declaratoria di incompetenza, ciò in ragione della nozione sostanzialistica di “procedimenti diversi” di cui all'articolo 270 c.p.p A tal proposito la Suprema Corte ha affermato un ulteriore principio, per il quale «in ragione del descritto criterio di natura – almeno tendenzialmente – sostanzialistica, che non si versa in ipotesi di “procedimento diverso” ex articolo 270 cod. proc. penumero nel caso in cui, come nella specie, si tratti di risultati di intercettazioni disposte in un procedimento instaurato in relazione a reato per il quale l'autorizzazione era stata ab origine disposta e ad essa sia seguito lo stralcio ex articolo 22 cod. proc. penumero , trattandosi, piuttosto, di esiti di intercettazioni relative a reato per il quale l'autorizzazione era stata ab origine disposta». Il ricorso viene interamente rigettato.

Presidente Ciampi – Relatore Antezza Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Firenze ha confermato l'ordinanza con la quale il G.i.p del Tribunale di Pisa ha applicato a carico di C.E. la misura della custodia cautelare in carcere per una pluralità di furti aventi ad oggetto un furgone, una vettura nonché calzature griffate per 150.000,00 Euro . Nel dettaglio, per quanto emerge dall'ordinanza emessa in sede di riesame, le indagini, caratterizzate da intercettazioni di comunicazioni e conversazioni oltre che da servizi di polizia giudiziaria, hanno preso le mosse dall'esecuzione di furti aventi ad oggetto beni griffati e veicoli, così conducendo all'adozione di misure cautelari nei confronti di diversi indagati, tra cui C.E Con riferimento alla sua posizione però, il primo G.i.p., non ravvisando gravità indiziaria anche in merito alla fattispecie di cui all'articolo 416 c.p. invece ascritta in capo ad altri indagati, ha emesso ordinanza cautelare contestualmente dichiarandosi territorialmente incompetente ex articolo 22 c.p.p. All'esito, ex articolo 27 e 291 c.p.p., il competente G.i.p. del Tribunale di Pisa ha provveduto all'emanazione nei confronti dell'indagato della nuova misura cautelare, per gli stessi fatti di cui alla precedente ordinanza ed utilizzando anche gli elementi emergenti dalle indicate indagini tecniche. 2. Avverso l'ordinanza emessa all'esito del giudizio di riesame, C.E. ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore di fiducia, articolando due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. . 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli articolo 309, comma 10, 582 e 583 c.p.p. nonché dell'articolo 24, comma 6-quinques, D.L. 28 ottobre 2020, numero 137 conv., con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176 , in materia di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il Tribunale, in sostanza, sarebbe incorso in errore nell'aver escluso, nonostante le deduzioni difensive, la perdita di efficacia della misura coercitiva quale conseguenza del mancato rispetto del termine per l'adozione della decisione sull'istanza di riesame di cui all'articolo 309, comma 10, c.p.p. . 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell'articolo 270 c.p.p Il giudice del riesame, peraltro con motivazione illogica, avrebbe errato nel ritenere utilizzabili i risultati delle intercettazioni disposte nel procedimento nel corso del quale è stata emessa la misura cautelare con contestuale declaratoria d'incompetenza, da parte del G.i.p. del Tribunale di Monza, nel diverso procedimento in seno al quale è stata emessa, ex articolo 27 c.p.p., la misura cautelare dal G.i.p. del Tribunale di Pisa. L'inutilizzabilità si argomenta in particolare in ragione del mancato deposito presso l'autorità competente per il diverso procedimento dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni nonché dei decreti autorizzativi e di quelli di proroga. 3. Hanno concluso per iscritto la Procura generale della Repubblica presso la Suprema Corte, in persona del Sostituto Procuratore Giulio Romano, nel senso del rigetto del ricorso, e la difesa dell'indagato che ha insistito nell'accoglimento dell'impugnazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Con il primo motivo si deduce la violazione degli articolo 309, comma 10, 582 e 583 c.p.p. nonché del D.L. numero 28 ottobre 2020, numero 137 articolo 24, comma 6-quinques, conv., con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176 , in materia di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il Tribunale, in sostanza, sarebbe incorso in errore nell'aver escluso, nonostante le deduzioni difensive, la perdita di efficacia della misura coercitiva quale conseguenza del mancato rispetto del termine per l'adozione della decisione sull'istanza di riesame di cui all'articolo 309, comma 10, c.p.p. . A dire del ricorrente, l'istanza di riesame sarebbe stata depositata presso il Tribunale di Piacenza ex articolo 582 c.p.p. e trasmessa, a cura della cancelleria, al Tribunale di Firenze competente per il giudizio di riesame a mezzo PEC ricevuta il 9 maggio 2022 . Sicché, considerati i termini di cui all'articolo 309, commi 5 e 9, c.p.p., la decisione sull'istanza di riesame, intervenuta il 25 maggio 2022, sarebbe stata adottata oltre il termine finale segnato dal 24 maggio 2022 , con conseguente perdita di efficacia della misura coercitiva ex articolo 309, comma 10, c.p.p. . Il giudice del riesame, invece, errando, avrebbe ritenuto il dies a quò del termine per l'adozione della decisione coincidente non con la ricezione della PEC inoltrata dalla Cancelleria del Tribunale di Piacenza, non operando il disposto di cui all'articolo 64 disp. att. c.p.p. relativo solo alla comunicazione di atti del giudice , bensì con la data il 16 maggio 2022 della ricezione da parte della propria cancelleria dell'originale del ricorso inoltrato via posta. A dire del ricorrente, quindi, oltre alla violazione delle citate norme codicistiche, il Tribunale avrebbe violato D.L. numero 28 ottobre 2020, numero 137 articolo 24, comma 6-quinques, che invece contempla la trasmissione dell'istanza di riesame all'indirizzo PEC del Tribunale di cui all'articolo 309, comma 7, c.p.p 2.1. Orbene, diversamente da quanto prospettato, non vi è stata nè violazione nè del citato D.L. numero 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 24, comma 6-quinques, nè perdita di efficacia della misura cautelare, ex articolo 309, comma 10, c.p.p. in relazione ai precedenti commi 5 e 9 , ai sensi del quale l'ordinanza che dispone la misura perde efficacia se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 del medesimo articolo o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell'ordinanza del Tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti salva la rinnovabilità in forza di eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate . 2.1.1. D.L. numero 137 del 2020 articolo 24, applicabile, ratione temporis, alla fattispecie , per finalità di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevede, al comma 6-ter, che l'impugnazione debba essere trasmessa tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'Ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche indicate al precedente comma 4. Non si applica, altresì, per esplicita previsione del citato comma 6-ter, la disposizione di cui all'articolo 582, comma 2, cond. proc. penumero circa la presentazione dell'atto d'impugnazione nella cancelleria del Tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova l'impugnate, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento ovvero davanti a un agente consolare all'estero . Per il caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanza in materia di misure cautelari personali come nella specie o reali, al successivo D.L. numero 137 del 2020 articolo 24 comma 6-quinquies prevede che l'atto d'impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 6-ter, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del Tribunale di cui all'articolo 309, comma 7, c.p.p. In forza dell'esplicita deroga al disposto del precedente comma 6-ter, quindi, l'atto d'impugnazione, dunque, deve essere trasmesso non all'indirizzo di PEC dell'Ufficio che ha emesso il provvedimento cautelare oggetto d'istanza di riesame cancelleria del G.i.p. ma direttamente al Tribunale in funzione di giudice del riesame o dell'appello cautelare , ferma sempre restando l'inapplicabilità come previsto dal comma 6-ter dell'articolo 582, comma 2, c.p.p., in ragione delle medesime finalità di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Ne consegue dunque l'impossibilità di presentazione dell'atto d'impugnazione nella cancelleria del Tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova il difensore, rimanendo ferma la possibilità di proporre il gravame a mezzo posta mediante inoltro dell'atto presso il Tribunale in funzione del giudice del riesame o dell'appello cautelare competente ai sensi dell'articolo 309, comma 7, c.p.p. , in applicazione dell'articolo 583, in quanto norma, quest'ultima, non ricompresa nella previsione di esclusione di cui al D.L. 137 del 2020 articolo 24, comma 6-ter, perché, diversamente da quella di cui all'articolo 582, comma 2, c.p.p., funzionale alle dette esigenze di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19. 2.1.2. Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto In tema di disciplina emergenziale da Covid-19, ai sensi del D.L. numero 137 del 2020 articolo 24 conv., con modif., dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176 , la richiesta di riesame deve essere trasmessa non all'indirizzo di PEC dell'ufficio che ha emesso il provvedimento cautelare ma direttamente all'indirizzo di PEC del Tribunale in funzione di giudice del riesame, non potendo l'atto essere presentato presso la cancelleria del Tribunale o del giudice di pace del luogo ove si trova l'impugnante, ferma restando la possibilità di proporla a mezzo posta mediante l'inoltro dell'atto presso il Tribunale in funzione di giudice del riesame . 2.1.3. Ne consegue che, correttamente, ancorché per il principio di diritto di cui innanzi, il Tribunale in funzione di giudice del riesame ha escluso la rilevanza nella specie, ai fini dell'articolo 309, comma 10, c.p.p., della ricezione del ricorso tramite PEC inoltrata dalla cancelleria del Tribunale, ove era stato in origine depositato dal difensore del ricorrente, bensì dalla data dell'effettivo pervenimento del piego cartaceo spedito a mezzo posta. 3. Parimenti infondato, per le ragioni di seguito esplicitate, è il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione dell'articolo 270 c.p.p., in ragione della nozione sostanzialistica di procedimenti diversi , di cui alla citata norma, già oggetto della tesi maggioritaria in sede di legittimità e successivamente convalidato e specificato da Sez. U, numero 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395. 3.1. Trattasi di orientamento che, come chiarito dalla Sezioni Unite, fa leva, nella definizione della nozione di procedimento diverso di cui all'articolo 270, comma 1, c.p.p., su un criterio di natura - almeno tendenzialmente -sostanzialistica. Fin dalle più risalenti pronunce, i profili essenziali dell'orientamento sono stati messi a fuoco dalla giurisprudenza di legittimità nei seguenti termini. La nozione di procedimento diverso non coincide con quella di diverso reato essendo la prima più ampia della seconda ex plurimis, Sez. 6, numero 1972 del 16/05/1997, Pacini Battaglia, Rv. 210044 Sez. 2, numero 9579 del 19/01/2004, Amato, Rv. 228384 Sez. 4, numero 7320 del 19/01/2010, Verdoscia, Rv. 246697 più di recente, Sez. 3, numero 52503 del 23/09/2014, Sarantsev, Rv. 261971 Sez. 2, numero 43434 del 05/07/2013, Bianco, Rv. 257834 . La detta nozione non è stata altresì ritenuta ricollegata a un dato di ordine meramente formale, quale il numero di iscrizione nell'apposito registro della notizia di reato ex plurimis, Sez. 6, numero 1972 del 1997, Pacini Battaglia, cit. Sez. 1, numero 46075 del 04/11/2004, Kunsmonas, Rv. 230505 Sez. 2, numero 7995 del 03/02/2006, Polignano Sez. 3, numero 29473 del 09/05/2012, Rv. 253161 più di recente, Sez. 2, numero 3253 del 10/10/2013, dep. 2014, Costa, Rv. 258591 Sez. 2, numero 27473 del 29/05/2014, Lo Re , posto che la formale unità dei procedimenti, sotto un unico numero di registro generale, non può fungere da schermo per l'utilizzabilità indiscriminata delle intercettazioni, facendo convivere tra di loro procedimenti privi di collegamento reale Sez. 3, numero 33598 del 08/04/2015, Vasilas . Decisivo è stato invece ritenuto il riferimento al contenuto della notizia di reato, ossia al fatto-reato in relazione al quale il Pubblico Ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale ex plurimis, Sez. 6, numero 5192 del 25/02/1997, Gunnella, Rv. 209306 Sez. 3, numero 29856 del 24/04/2018, La Volla, Rv. 275389 . Il legame tra la notizia di reato in relazione alla quale è stata autorizzata l'intercettazione e quella emersa dai risultati dell'intercettazione che, se riconosciuto, esclude la diversità dei procedimenti e, con essa, il divieto di utilizzazione di cui all'articolo 270, comma 1, c.p.p., è stato altresì delineato facendo riferimento ad indagini strettamente connesse e collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato alla cui definizione il mezzo di ricerca della prova è stato autorizzato ex plurimis, Sez. 6, numero 2135 del 10/05/1994, Rizzo, Rv. 199917 Sez. 3, numero 1208 del 14/04/1998, Romagnolo, Rv. 210950 Sez. 1, numero 2930 del 17/12/2002, dep. 2003, Semeraro, Rv. 223170 Sez. 3, numero 348 del 13/11/2007, dep. 2008, Ndoja, Rv. 238779 Sez. 6, numero 11472 del 02/12/2009, dep. 2010, Paviglianiti, Rv. 246524 più di recente, Sez. 6, numero 46244 del 15/11/2012, Filippi, Rv. 254285 Sez. 6, numero 20910 del 15/03/2012, Avena, Rv. 252863 Sez. 5, numero 26693 del 20/01/2015, Catanzaro, Rv. 264001 Sez. 5, numero 32779 del 10/05/2016, Bacchi Sez. 3, numero 28516 del 28/02/2018, Marotta, Rv. 273226 nonché Sez. 4, numero 7320 del 2010, Verdoscia, cit. e Sez. 2, numero 19730 del 01/04/2015, Vassallo, Rv. 263527, che, peraltro, richiamano anche il principio di diritto proprio del terzo orientamento . Non potendosi difatti risolvere il detto legame nell'esistenza di un collegamento meramente fattuale ed occasionale Sez. 3, numero 2608 del 05/11/2015, dep. 2016, Pulvirenti, Rv. 266423 , ma essendo necessaria la sussistenza di una connessione ex articolo 12 c.p.p. o di un collegamento ex articolo 371, comma 2, lett. b e c , sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico ex plurimis, Sez. 6, numero 6702 del 16/12/2014, dep. 2015, La Volla, Rv. 262496 Sez. 3, numero 33598 del 08/04/2015, Vasilas . 3.2. A questo orientamento ha aderito Sez. U, numero 32697 del 26/06/2014, Floris che affrontò il tema qui di interesse in via pregiudiziale rispetto alla questione relativa alle condizioni per ritenere l'intercettazione utilizzabile in quanto corpo del reato, ma non esaminò i vari indirizzi formatisi sulla questione controversa oggi in esame, nè collocò la stessa nel quadro costituzionale di riferimento . Secondo la detta sentenza, difatti la, prevalente e più recente, giurisprudenza di legittimità ha ancorato la nozione di procedimento diverso ad un criterio di valutazione sostanzialistico, che prescinde da elementi formali, quale il numero di iscrizione del procedimento nel registro delle notizie di reato, in quanto considera decisiva, ai fini della individuazione della identità dei procedimenti, l'esistenza di una connessione tra il contenuto della originaria notizia di reato, per la quale sono state disposte le intercettazioni, ed i reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico . 3.3. Nel solco interpretativo i cui innanzi si è poi posta la citata Sez. U Cavallo del 2019 dep. 2020 . Essa ha difatti chiarito che Alla luce della nozione di procedimenti diversi delineata, deve pertanto concludersi che - ferma restando l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza - non rientrano nella sfera del divieto di cui all'articolo 270 c.p.p. di utilizzazione dei risultati di intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate solo i reati, accertati in virtù dei risultati delle intercettazioni, connessi ex articolo 12 c.p.p. a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta quando hanno ad oggetto reati connessi, i procedimenti non sono diversi a norma dell'articolo 270 c.p.p. . Sez. 6, numero 23148 del 20/01/2021, Bozzini, Rv. 281501, poi, nel fare riferimento alla citata sentenza Cavallo , ha evidenziato che il principio secondo cui l'utilizzabilità delle intercettazioni per un reato diverso, connesso con quello per il quale l'autorizzazione sia stata concessa, è subordinata alla condizione che il nuovo reato rientri nei limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 c.p.p., non si applica ai casi in cui lo stesso fatto-reato per il quale l'autorizzazione è stata concessa sia diversamente qualificato in seguito alle risultanze delle captazioni. In tale evenienza, ha precisato la sentenza da ultimo richiamata, non vi è elusione del divieto di cui all'articolo 270 c.p.p., attese l'intervenuta legittima autorizzazione dell'intercettazione e la modifica dell'addebito solo per sopravvenuti fisiologici motivi, legati alla naturale evoluzione del procedimento. 3.4. Deve dunque affermarsi, a fortiori, il principio per cui, in ragione del descritto criterio di natura - almeno tendenzialmente - sostanzialistica, che non si versa in ipotesi di procedimento diverso ex articolo 270 c.p.p. nel caso in cui, come nella specie, si tratti di risultati di intercettazioni disposte in un procedimento instaurato in relazione a reato per il quale l'autorizzazione era stata ab origine disposta e ad essa sia seguito lo stralcio ex articolo 22 c.p.p., trattandosi, piuttosto, di esiti di intercettazioni relative a reato per il quale l'autorizzazione era stata ab origine disposta . 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, dovendosi mandare alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, trattandosi di ricorrente detenuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.