La mamma è una sola, quella partoriente. Niente doppio cognome per i figli nati da PMA

In applicazione della normativa italiana attualmente in vigore, ovvero della legge n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita e della legge n. 76/2016 in materia di unioni civili, resta allo stato esclusa, in Italia, la possibilità di riconoscere la filiazione da parte di genitori dello stesso sesso e, quindi, di attribuire ai figli il doppio cognome.

Nella fattispecie in esame, la questione giuridica sottesa al procedimento è quella relativa alle conseguenze della nascita, in Italia, di bambini concepiti all'estero, a seguito del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita da parte di una coppia di donne, unite civilmente. Il caso. Due donne, unite civilmente e con una relazione ultradecennale alle spalle, nel mese di ottobre 2021, si erano recate in Spagna, a Barcellona, al fine di intraprendere un procedimento di procreazione medicalmente assistita c.d. PMA , presso una clinica autorizzata, la quale avrebbe sottoposto a fecondazione i gameti depositati da una delle due per poi impiantarli, per il compimento della gravidanza, nell'utero dell'altra. A seguito della nascita dei figli della coppia, avvenuta a giugno, in Italia, l'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Anghiari AR , nella formazione dell'atto di nascita dei minori, attribuiva la qualità di madre unicamente a colei che li aveva partoriti , rifiutando di attribuire simile qualità anche all'altra donna e, dunque, di aggiungere il cognome di quest'ultima. Di qui, quindi, il ricorso presentato dalla due donne con cui chiedevano al Tribunale di riconoscere il legame di filiazione intercorrente fra i figli e tanto la madre partoriente , che quella biologica e, per l'effetto, di ordinare all'Ufficiale di Stato Civile, ex artt. 95 e 96, d.P.R. n. 396/2000 l'integrazione dell'atto di nascita dei figli minori mediante l'aggiunta del cognome della madre biologica. Nel giudizio così instaurato, il Ministero dell'Interno e il Comune resistevano al ricorso e ne chiedevano il rigetto. La normativa di riferimento. Il Tribunale ripercorre il panorama normativo attualmente vigente con cui fare i conti, nel caso in cui, in una coppia omosessuale , composta da due donne , una delle due decida di sottoporre a fecondazione i propri ovociti e l'altra di portare a termine la gravidanza derivante dall'impianto dei medesimi ovociti fecondati. In primo luogo, ricorda come la legge n. 40/2004, all'art. 5, non consenta l'accesso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali, prevedendo sanzioni amministrative a carico di chi applichi le tecniche di PMA a coppie dello stesso sesso cfr. art. 12 . Una scelta legislativa, questa, che ha trovato conferma anche di fronte alla Consulta, la quale, pur confermando che l'unione omosessuale rientra nella nozione di formazione sociale di cui all' art. 2 Cost. , ha osservato, da un lato, che l'infertilità fisiologica della coppia omosessuale non è omologabile a quella della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive e, dall'altro, che la Costituzione non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli cfr. Corte Cost. n. 221/2019 . In secondo luogo, la legge n. 76/2016 , sebbene riconosca dignità sociale delle coppie omosessuali, non consente comunque la filiazione , adottiva o per fecondazione assistita, in loro favore, dato che dal rinvio alle disposizioni sul matrimonio contenuto nell' art. 1, comma 20, l. 76/2016 , restano escluse, in quanto non richiamate, proprio quelle regolanti la paternità, la maternità e l'adozione legittimante cfr. Cass. civ., sent., n. 23321/2021 . Il giudice non può sostituire il legislatore. A fronte dello stato dell'arte, il Tribunale di Arezzo, pur nella consapevolezza della sussistenza, sul piano fattuale, di un concreto rapporto genitoriale non solo intenzionale ed affettivo ma anche biologico tra i minori e le ricorrenti, afferma di non poter conferire allo stesso il riconoscimento sul piano giuridico richiesto, data la mancanza , allo stato attuale, di strumenti normativi tali da consentire l'accoglimento della domanda. Al riguardo, i giudici aretini ricordano che il Tribunale non può assumere una funzione normativa estranea alle sue attribuzioni il potere giudiziario, infatti, non può sostituire le proprie valutazioni con quelle spettanti a quello legislativo, cui solo compete l'individuazione degli strumenti giuridici più idonei allo scopo, e necessari anche al fine di assicurare uniformità di tutela su tutto il territorio nazionale.

Presidente Faltoni - Relatore Caprio Fatto e diritto Con ricorso ex art 95, co. 1 DPR 3 novembre 2000, n. 396 depositato in data 08.09.2022, le ricorrenti omissis e omissis hanno proposto opposizione contro il rifiuto dell'Ufficiale dello Stato civile del Comune di omissis AR di procedere al riconoscimento del rapporto di filiazione tra omissis e i minori omissis e omissis partoriti ad Arezzo in data da omissis previo impianto degli ovociti di omissis all'esito di procedimento di procreazione medicalmente assistita effettuato in Spagna. Nello specifico, le ricorrenti, già conviventi ed unite sentimentalmente da oltre dieci anni, hanno dedotto di essersi unite civilmente in data nel Comune di omissis mediante unione civile registrata con atto omissis dall'Ufficio di Stato civile e di essersi successivamente recate in Spagna, a Barcellona, nel mese di ottobre 2021, al fine di intraprendere un procedimento di procreazione medicalmente assistita c.d. PMA , presso una clinica autorizzata, la quale avrebbe sottoposto a fecondazione i gameti depositati dalla omissis per poi impiantarli, per il compimento della gravidanza, nell'utero della omissis . A seguito della nascita dei figli minori omissis e omissis in data omissis , avvenuta in Italia, l'Ufficiale di Stato civile del Comune di omissis AR , nella formazione dell'atto di nascita dei minori, ha attribuito la qualità di madre unicamente alla omissis rifiutando di attribuire la qualità di madre anche alla omissis dunque senza aggiungere il cognome di quest'ultima a quello dei figli minori omissis e omissis . A fronte di tale provvedimento di diniego motivato, le ricorrenti hanno proposto opposizione nelle forme di legge, chiedendo in primo luogo che il Tribunale riconoscesse il legame di filiazione esistente fra i minori omissis e omissis ed entrambe le ricorrenti e che, in secondo luogo, ordinasse, ai sensi degli artt. 95 e 96 DPR n. 396/2000 e ss.mm.ii. all'Ufficiale di Stato civile del Comune di omissis AR di rettificare l'atto di nascita di omissis e omissis mediante l'integrazione del con il cognome attualmente attribuito omissis con il cognome omissis essendo la omissis e la omissis rispettivamente la prima madre partoriente e la seconda madre biologica dei figli minori. Le ricorrenti, hanno lamentato in primo luogo, che il vuoto normativo esistente ed il conseguente mancato riconoscimento della qualità di madre alla omissis ha obbligato di fatto la omissis a dichiarare all'Ufficio di Stato civile, al momento della formazione dell'atto di nascita dei minori, che gli stessi sarebbero nati da una presunta relazione extraconiugale, in quanto, allo stato della legislazione vigente omissis quale madre partoriente sarebbe l'unica che potrebbe essere riconosciuta quale madre dei due bambini, benché i figli siano nati in costanza di unione civile con la omissis in attuazione di un progetto familiare condiviso e nonostante i figli condividano un legame genetico con la madre non partoriente essendo nati dalla fecondazione degli ovuli di quest'ultima. Le ricorrenti, pertanto, hanno posto in risalto le conseguenze contraddittorie di tale vuoto di tutela normativa, dal momento che, allo stato attuale, la legislazione vigente imporrebbe alla madre che condivide con i minori il proprio patrimonio genetico di non godere di alcun riconoscimento giuridico della propria figura, ribadendo che la regolamentazione del rapporto di filiazione in caso di coppie omogenitoriali, anche secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, deve guardare all'interesse superiore del minore. Di conseguenza, le ricorrenti hanno chiesto che il Tribunale, in primo luogo, riconoscesse il legame di filiazione intercorrente fra omissis e omissis sia con la madre partoriente omissis che la madre biologica omissis e per l'effetto ordina, all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di omissis AR , ex artt. 95 e 96 DPR n. 396/2000 e ss.mm.ii. l'integrazione dell'atto di nascita di omissis e omissis nati ad Arezzo il omissis mediante l'aggiunta del cognome della omissis . Il tribunale, con decreto del 15.09.2022, ha disposto la trasmissione degli atti al Giudice tutelare e al Pubblico Ministero, per quanto di loro competenza, ed ha contestualmente fissato udienza per la comparizione delle parti per la data del 03.11.2022, previa concessione di termine per notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza al Comune di omissis AR , nella persona del Sindaco pro tempore, ordinando altresì, ex art 107 cpc , l'intervento nel procedimento del Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, stante la materia oggetto del procedimento e la delicatezza degli interessi coinvolti. Con comparsa di costituzione depositata in data 18.10.2022, si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto, con vittoria delle spese. Nello specifico il Ministero dell'Interno ha chiesto il rigetto della domanda delle ricorrenti richiamando quanto disposto dagli artt. 4, co. 3, e 5 della legge n. 40/2004 , i quali, nel vietare il ricorso, in Italia a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, non consentono il ricorso a tali tecniche anche alle coppie omosessuali, pure in presenza di un legame genetico tra il nato e la donna partoriente, ammettendo quale unica eccezione solo i casi di condizioni di sterilità ed infertilità patologiche di coppie non omosessuali. La parte intervenuta ha altresì evidenziato che nel caso in esame non sarebbe neppure ammissibile una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina vigente, essendo la materia in oggetto riservata alle scelte discrezionali del legislatore Con memoria di costituzione depositata in data 31.10.2022, si è costituito in giudizio il Comune di omissis AR , resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto, con vittoria di spese. Il Comune, in particolare, ha ribadito la legittimità del rifiuto opposto dall'Ufficiale dello Stato civile nel caso di specie stante la legislazione vigente e rilevando altresì che gli atti dello stato civile sono tipici e a contenuto vincolato, come indicato dall' art. 11, co. 1, 2 e 3 del DPR. N. 396/2000 , e l'Ufficiale dello Stato civile non gode di alcuna discrezionalità nella loro formazione, oltre a doversi uniformare alle istruzioni impartite dal Ministero dell'Interno. Il Pubblico Ministero ha apposto il proprio visto in data 19.09.2022, ed il Giudice Tutelare, in data 27.10 .2022 ha espresso parere contrario all'accoglimento del ricorso. All'udienza del 03.11.2022, esaurita la discussione, il Giudice relatore si è riservato di riferire al Collegio in Camera di consiglio. Ciò posto, rileva il Collegio quanto segue. L'Ufficiale di Stato civile del Comune di omissis AR con atto ex art. 7 DPR n. 396/2000 , allegato al ricorso, ha opposto un rifiuto motivato al ricevimento della dichiarazione di riconoscimento del rapporto di filiazione da parte di entrambe le ricorrenti in quanto, in applicazione della normativa italiana in vigore, ovvero della legge n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita e della legge n. 76/2016 in materia di unioni civili, resta allo stato esclusa, in Italia, la possibilità di riconoscere la filiazione da parte di genitori dello stesso sesso. La questione giuridica sottesa all'odierno procedimento, in particolare, non attiene alla trascrizione di atti di nascita formati all'estero, già attributivi secondo la legislazione straniera, di uno status filiationis rispetto a due genitori del medesimo sesso, ma riguarda le conseguenze della nascita, in Italia, di bambini concepiti all'estero, a seguito del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita da parte di una coppia di donne, unite civilmente, in attuazione di un condiviso progetto di geni tonalità, ed in cui una delle due donne abbia sottoposto a fecondazione i propri ovociti e l'altra abbia portato a termine la gravidanza derivante dall'impianto dei medesimi ovociti fecondati. Sul punto, la Corte Costituzionale ha avuto modo di evidenziare che la legge n. 40 del 2004 , in materia di PMA, rappresenta la prima legislazione organica relativa ad un delicato settore che indubbiamente coinvolge una pluralità di rilevanti interessi costituzionali, i quali, nel loro complesso, postulano quanto meno un bilanciamento tra di essi che assicuri un livello minimo di tutela legislativa, dovendo considerarsi una legge costituzionalmente necessaria cfr. sul punto, Corte Cost. sent. n. 45/2005 , sent. n. 151/2009 Infatti, la stessa Corte Costituzionale ha rappresentato che la materia tocca temi eticamente sensibili, in relazione ai quali l'individuazione di un ragionevole punto di equilibrio fra le contrapposte esigenze, nel rispetto della dignità della persona umana, appartiene primariamente alla valutazione del legislatore cfr. Corte Cost. sent. n. 347/1998 L' art. 5 della legge n. 40/2004 sancisce che possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, non consentendo, dunque l'accesso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali. In particolare, la Corte Costituzionale ha rilevato che, stabilendo che alle tecniche di PMA possano accedere solo coppie formate da persone di sesso diverso art. 5 e prevedendo sanzioni amministrative a carico di chi le applica a coppie composte da soggetti dello stesso sesso art 12, comma 2 , la legge n. 40 del 2004 nega in modo puntuale e inequivocabile alle coppie omosessuali la fruizione delle tecniche considerate così Corte Cost. n. 221/2019 La legittimità costituzionale di tale scelta legislativa e già stata affermata dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n 221/2019 , ha chiarito che Nella specie, non vi è, d'altronde alcuna incongruenza interna alla disciplina legislativa della materia alla quale occorra por rimedio. Contrariamente a quanto mostrano di ritenere i giudici a quibus, l'infertilità fisiologica della coppia omosessuale femminile non è affatto omologabile all'infertilità di tipo assoluto e irreversibile della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive così come non lo è l'infertilità fisiologica della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata Si tratta di fenomeni chiaramente e ontologicamente distinti. L'esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è, dunque, fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull'orientamento sessuale. La Corte Costituzionale, infatti, ha considerato che la scelta espressa dal legislatore nella legge n. 40/2004 si riveli non eccedente il margine di discrezionalità del quale il legislatore fruisce in subiecta materia pur rimanendo quest'ultima aperta a soluzioni di segno diverso, in parallelo all'evolversi deli apprezzamento sociale della fenomenologia considerata . La stessa Corte Costituzionale, con la medesima sentenza n. 221/2019, ha altresì rammentato che anche la Corte Europea dei diritti dell'Uomo ha affermato che una legge nazionale che riservi l'inseminazione artificiale a coppie eterosessuali sterili, attribuendole una finalità terapeutica, non può essere considerata fonte di una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti delle coppie omosessuali, rilevante agli effetti degli artt. 8 e 14 CEDU ciò, proprio perché la situazione delle seconde non è paragonabile a quella delle prime cfr Corte CEDU , sent. 15.03.2012. Gas e Dubois c Francia Nello specifico, con la sentenza su richiamata, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale della legge n. 40 del 2004, artt. 5 e 12, nella parte in cui precludono alle coppie omosessuali l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. La Corte infatti, pur confermando che l'unione omosessuale rientra nella nozione di formazione sociale di cui all' art. 2 Cost. ha osservato che l'infertilita fisiologica della coppia omosessuale non e omologabile a quella della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive, aggiungendo, inoltre, che la Costituzione non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli. Nella successiva sentenza n. 237/2019, la Corte Costituzionale ha altresì precisato che Ad opposte conclusioni neppure può poi condurre la successiva legge 20 maggio 2016, n. 76 Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze , che pur riconoscendo la dignità sociale e giuridica delle coppie formate da persone dello stesso sesso - non consente, comunque, la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita, in loro favore. Dal rinvio che il comma 20 dell'art. 1 di detta legge opera alle disposizioni sul matrimonio cosiddetta clausola di salvaguardia restano, infatti, escluse, perché non richiamate, quelle, appunto, che regolano la paternità, la maternità e l'adozione legittimante cfr Corte Cost .n. 237/2019 . Infatti, la legge n. 76 del 2016 , pur riconoscendo la dignità sociale e giuridica delle coppie formale da persone dello stesso sesso, non consente comunque la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita, in loro favore, poiché dal rinvio alle disposizioni sul matrimonio, contenuto nell' art. 1, co 20, della legge n. 76 del 2016 , restano escluse, in quanto non richiamate, proprio quelle che regolano la paternità la maternità e l'adozione legittimante cfr sul punto anche Cass. civ. sent, n. 23321/2021 . Anche la Corte E. D.U. ha da tempo affermato che gli Stati godono di un ampio margine di apprezzamento, sia nell'autorizzare o meno la pratica di PMA, sia con riguardo alla determinazione degli effetti da ricollegare ad essa sul piano giuridico. Infatti, la Corte EDU, pur osservando che il mancato riconoscimento del rapporto di filiazione e destinato inevitabilmente ad incidere sulla vita familiare del minore, ha escluso la configurabilità di una violazione del diritto al rispetto della stessa, ove sia assicurata in concreto la possibilità di condurre un'esistenza paragonabile a quella delle altre famiglie cfr. Corte EDU, sent. 26.06 .2014, Menneson e Labassee c. Francia, cfr anche sent 28.08t2012, Costa e Pavan c Italia, nonché Grande Camera, 03.11 2011, S II e altri c Austria Sulla materia de quo si è anche pronunciata a più riprese la Suprema Corte di Cassazione. In particolare, la giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso che qualora il minore sia nato in Italia e concepito mediante l'impiego di tecniche di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo praticate all'estero, non è accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto italiano di nascita tesa ad ottenere l'indicazione, in qualità di madre del bambino, non solo di quella che lo ha partorito, ma anche della donna a colei legata da stabile relazione affettiva poiché in contrasto con l' art. 4, co. 3, della legge n. 40 del 2004 che esclude il ricorso alle tecniche di PMA da parte di coppie dello stesso sesso, non essendo consentite, al di fuori dei casi previsti dalla legge, forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto cfr Cass. n. 7668/2020 , Cass. n. 8029/2020 e Cass. n. 7413/2022 . Neppure la circostanza che le ricorrenti fossero unite civilmente è stata considerata rilevante, dalla giurisprudenza di legittimità, al fine di una differente soluzione interpretativa. Sul punto, la Corte di Cassazione si è recentemente espressa nel senso che il principio di diritto secondo cui il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con la L. n. 40 del 2004 , art. 4, comma 3, e con l'esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto cfr Cass. civ. sent. n. 23321/2021 , cfr anche Cass. civ. sent. n. 8029/2020 , Cass. civ. sent. n. 7668/2020 Tale orientamento, tuttavia, è stato confermato dalla Suprema Corte non solo nei casi di maternità puramente intenzionale , ma anche nel caso in cui, come quello di specie, il ricorso tenda ad accertare il rapporto di filiazione ed i suoi effetti giuridici con il genitore che non è tale solo intenzionalmente , nel senso di aver prestato il proprio consenso alla tecnica di fecondazione assistita, ma anche geneticamente nel senso che i figli nati da tale procedura di procreazione medicalmente assistita condividano con la donna che chiede di essere riconosciuta anch'essa come madre il patrimonio genetico, avendo quest'ultima sottoposto al procedimento di fecondazione medicalmente assistita i propri ovuli, poi impiantati nella donna che ha portato avanti la gestazione ed il parto. Nello specifico, con la sentenza n. 6383 del 25/02/2022 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da una coppia di donne e teso alla rettifica dell'atto di nascita della minore concepita con tecniche di procreazione medicalmente assistita all'estero e nata in Italia, con il consenso della donna non partoriente cui apparteneva l'ovulo che, una volta fecondato, era stato impiantato nell'utero della partoriente affermando che nel caso di minore concepita mediante l'impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e nata in Italia, non è accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto di nascita volta ad ottenere l'indicazione in qualità di madre della bambina, accanto a quella che l'ha partorita, anche della donna cui è appartenuto l'ovulo poi impiantato nella partoriente, poiché in contrasto con l'art. 4, comma 3, della l. n. 40 del 2004, che esclude il ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, anche in presenza di un legame genetico tra il nato e la donna sentimentalmente legata a colei che ha partorito. La scelta del legislatore, ha ribadito la Suprema Corte, è stata quella di limitare l'accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita alle situazioni di infertilità patologica, alle quali non è omologabile quella delle coppie omosessuali, non potendo neppure invocarsi un'applicazione costituzionalmente orientata dell' art. 8 della legge n. 40/2004 , in quanto una diversa interpretazione delle norme relative alla formazione dell'atto di nascita non è affatto imposta dalla necessità di colmare in via giurisprudenziale un vuoto di tutela colmare il quale implica pur sempre fin questa materia eticamente sensibile scelte legislative di riscontro in base all'equilibrio di diversi valori costituzionali - tutti coinvolti e tutti in gioco a fronte delle quali scelte non sarebbe ammissibile, perché potenzialmente finanche arbitraria, una qualsivoglia attività di supplenza in termini solo giurisprudenziali cfr Cass. n. 6383/2022 Tali principi appaiono confermati anche dalla giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione. In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7413/2022, pronunciandosi in un caso in cui la corte territoriale aveva affermato la legittimità dell'iscrizione della doppia maternità, ha avuto modo di ribadire che in caso di concepimento all'estero mediante l'impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, deve essere rettificato l'atto di nascita del minore, nato in Italia, che indichi quale madre, oltre alla donna che ha partorito, l'altra componente la coppia quale madre intenzionale, poiché il legislatore ha inteso limitare l'accesso a tali tecniche di procreazione medicalmente assistita alle situazioni di infertilità patologica, alle quali non è equiparabile l'infertilità della coppia omoaffettiva, né può invocarsi un'interpretazione costituzionalmente orientata dell' art. 8 l. n. 40 del 2004 , non potendosi ritenere tale operazione ermeneutica imposta dalla necessità di colmare in via giurisprudenziale un vuoto di tutela che richiede, in una materia eticamente sensibile, necessariamente l'intervento del legislatore. L'orientamento su richiamato è stato ulteriormente ribadito dalla sentenza n. 10844/2022 della Corte di Cassazione , che ha confermato l'equiparazione quanto agli effetti, della situazione nella quale il genitore cd intenzionale ha solamente dato il suo consenso alla procreazione medicalmente assistita praticata sull'altro genitore e la situazione nella quale la madre cd intenzionale ha dato un apporto biologico a tale procreazione, donando l'ovulo poi impiantato nella madre partoriente . Nello specifico, la Suprema Corte, rigettando il ricorso proposto da una coppia di donne di procedere alla rettifica dell'atto di nascita di un minore concepito all'estero con tecniche di PMA e nato in Italia, con il consenso della donna non partoriente cui apparteneva l'ovulo che, fecondato, era stato impiantato nell'utero della donna partoriente, ha confermato che non è accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto di nascita volta ad ottenere l'indicazione in qualità di madre del minore, accanto a quella che l'ha partorito, anche della donna cui appartiene l'ovulo fecondato medicalmente, poiché in contrasto con l'art. 4 comma 3, della legge n. 40 del 2004 , che esclude il ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, anche in presenza di un legame genetico tra il nato e la donna sentimentalmente legata a colei che ha partorito cfr Cass. n. 10844/2022 , nonché, ancor più di recente, Cass. n. 22179/2022 Dunque, in conclusione, deve affermarsi, allo stato della legislazione vigente, la legittimità del rifiuto dell'Ufficiale di Stato civile del Comune di omissis AR , oggetto del ricorso promosso da omissis e omissis . Questo Collegio, ciò nonostante, e pienamente consapevole della sussistenza, sul piano fattuale, di un concreto rapporto genitoriale non solo intenzionale ed affettivo ma anche biologico tra i minori ed entrambe le ricorrenti, non potendo tuttavia conferire allo stesso il riconoscimento sul piano giuridico richiesto, stante l'assenza, allo stato attuale, di strumenti normativi tali da consentire raccoglimento della domanda, dovendo rammentarsi che il Tribunale non può assumere una funzione normativa estranea alle sue attribuzioni. Infatti, l'esigenza di tutela dell'interesse dei minori allo stato della legislazione vigente, non può comunque legittimare il Tribunale a sostituire le proprie valutazioni con quelle spettanti esclusivamente al legislatore, cui solo compete l'individuazione degli strumenti giuridici più idonei allo scopo, e necessari anche al fine di assicurare uniformità di tutela su tutto il territorio nazionale. Proprio l'estrema rilevanza degli interessi coinvolti non può consentire di demandare alla discrezionalità di ciascun Tribunale la funzione di colmare un vuoto normativo che spetta solo al legislatore disciplinare a tal proposito, infatti, giova rammentare che anche la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi nuovamente in materia di tutela dei minori nati da coppie omosessuali che facciano ricorso alla PMA, con la sentenza n. 32/2021, ha ribadito che Al riscontrato vuoto di tutela dell'interesse del minore, che ha pieno riscontro nei richiamati principi costituzionali, questa Corte ritiene di non poter ora porre rimedio. Serve, ancora una volta, attirare su questa materia eticamente sensibile l'attenzione del legislatore, al fine di individuare, come già auspicato in passato, un ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana sentenza n. 347 del 1998 . Un intervento puntuale di questa Corte rischierebbe di generare disarmonie nel sistema complessivamente considerato. Il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, dovrà al più presto colmare il denunciato vuoto di tutela, a fronte di incomprimibili diritti dei minori. Si auspica una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da PMA praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale Corte Cost. n. 32/2021 , ma cfr anche sul diverso tema della tutela dell'interesse dei minori nati da maternità surrogata. Corte Cost n. 33/2021 Il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata nel contesto del difficile bilanciamento tra la legittima finalità di disincentivare il ricorso a questa pratica, e l'imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori, nei termini sopra precisati non può che spettare, in prima battuta, al legislatore, al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell'individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco. Di fronte al ventaglio delle opzioni possibili, tutte compatibili con la Costituzione e tutte implicanti interventi su materie di grande complessità sistematica, questa Corte non può, allo stato, che arrestarsi, e cedere doverosamente il passo alla discrezionalità del legislatore, nella ormai indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all'attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore . Dalle considerazioni sopra espresse consegue che, allo stato della legislazione attualmente vigente, che questo Tribunale e tenuto ad applicare, il ricorso non possa trovare accoglimento e debba pertanto essere respinto. Per quanto attiene alle spese di lite, stante la complessità e la delicatezza del caso in esame, si ravvisano giusti e gravi motivi per disporne l'integrale compensazione ex art 92 cpc. P.Q.M. Il Tribunale di Arezzo, in composizione collegiale, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così provvede - rigetta il ricorso, - compensa integralmente le spese. Manda la Cancelleria per gli adempimenti di competenza Arezzo, così deciso nella camera di consiglio del 10 novembre 2022