Condominio: la siepe non si tocca!

La rimozione della siepe condominiale, oltre a necessitare dell'unanime consenso di tutti i condòmini, non deve pregiudicare la stabilità e sicurezza dell'edificio. In difetto di tali condizioni, l'innovazione si considererà vietata ex art. 1120, comma 4, c.c. e la conseguente delibera assembleare nulla ed impugnabile sine die .

È quanto stabilito dal Tribunale di Tivoli con l'importante sentenza n. 1513/2022. Il caso. Una condomina, proprietaria di una villa facente parte di un complesso condominiale, impugnava la delibera con cui l'assemblea aveva approvato, per ragioni di sicurezza, la rimozione di una siepe, evidenziando i gravi pericoli che sarebbero derivati dal suo sradicamento e il conseguente danneggiamento del decoro architettonico del condominio. Nel costituirsi in giudizio, il Condominio adduceva che la rimozione della siepe, oltre a non procurare alcun danno al decoro dell'edificio, avrebbe restituito ai condomini una visuale estesa sulla circostante area boschiva. La decisione del Tribunale. La delibera impugnata è nulla. In primis , infatti, il Giudice chiarisce che nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi - che, sebbene non menzionati espressamente nell' art. 1117 c.c. , vanno ritenuti comuni a norma della suddetta disposizione Cass. civ., n. 7889/2000 . Il Tribunale ha quindi ritenuto che l'abbattimento di un albero comune possa essere validamente assimilato all'abbattimento della siepe, elementi, entrambi, certamente rientranti nella categoria delle cose comuni di cui all' art. 1117 c.c. . Pertanto, è da considerarsi altrettanto pacifico che l'amministratore, in caso di necessità ed urgenza, come ad esempio nel caso in cui l'albero rischi di cadere o di recare pregiudizio a costruzioni ad esso adiacenti, abbia la facoltà di provvedere all'abbattimento, sottoponendo, con l'ordine del giorno della prima assemblea utile ai condomini la ratifica del proprio operato . Ma, nel caso in cui lo sradicamento della siepe condominiale non pregiudichi la stabilità e la sicurezza dell'edificio, l'innovazione si considera vietata ex art. 1120, comma 4, c.c., e la conseguente delibera assembleare nulla ed impugnabile senza limiti temporali. Tenendo conto di ciò e della relazione del CTU, il Giudice ha sottolineato come nel caso in esame l'eliminazione della siepe potesse comportare un ipotetico ma fondato pregiudizio della stessa stabilità del fabbricato, così da far risultare integrato almeno uno dei requisiti necessari a sancire il divieto dell'innovazione ai sensi del quinto comma dell' art. 1120 c.c. Vittoria, dunque, per la condomina.

Giudice Piovano Fatto e diritto L'attrice deduceva di essere proprietaria di una villa facente parte del condominio convenuto che l'assemblea condominiale convocata in data 17.1.2019 aveva deliberato positivamente sul punto 4 dell'odg decidendo la rimozione, per ragioni di sicurezza, di una siepe situata nella zona inferiore del condominio, di fronte ad alcune ville, tra le quali la sua di essersi già in precedenza opposta a tale ipotizzato lavoro evidenziando il grave pericolo che sarebbe derivato dalla suddetta rimozione abbassamento livello terreno, importante fuoriuscita di acqua, difficoltà di drenaggio della stessa, cedimento terreno, ecc. . Eccepiva, quindi, la nullità/annullabilità della delibera A. perché riguardando l'eliminazione di un bene comune, avrebbe dovuto essere assunta all'unanimità B. perché dalla stessa sarebbe derivato il danneggiamento del decoro architettonico del condominio C. per i gravi danni e pregiudizi che sarebbero potuti derivare alla proprietà comune ed alla sua D. per violazione dell'art. 11, lettera F del regolamento condominiale, che vietava opere di disboscamento invece necessarie per la rimozione decisa. Su tali basi, concludeva in conformità. Si costituiva in giudizio il Condominio omissis contestando la domanda e replicando quanto ai motivi di impugnazione quanto a quello sub A, che l'abbattimento della siepe non poteva essere considerata come innovazione ai sensi dell' art. 1120 c.c. e, in ogni caso, la delibera era stata adottata con la maggioranza qualificata di cui al quinto comma dell' art. 1136 c.c. che consente di disporre ogni innovazione diretta al miglioramento o all'uso più comodo dei beni comuni quanto a quello sub B, che dalla rimozione della siepe il condominio non avrebbe sofferto alcun danno sotto l'aspetto del decoro, anzi il contrario, proprio perché – a parte il vantaggio dell'eliminazione di un bene esso invece pericoloso perché facilmente oltrepassabile da numerosi animali – il complesso ne avrebbe guadagnato, per il maggior allargamento della vista sul bosco circostante quanto al punto sub C, che nessun pericolo potesse conseguire alla eliminazione della siepe che invece era – come detto – essa stessa fonte di pericolo quanto al punto sub D, che alcuna violazione del regolamento di condominio era ipotizzabile, posto che i lavori non avrebbero in alcun modo comportato interventi nel bosco circostante il complesso condominiale. Su tali basi, chiedeva il rigetto della domanda. Nel corso dell'istruttoria veniva svolta CTU alla cui conclusioni il Tribunale si riporta in quanto frutto di esaustiva indagine, condotta con metodo condivisibile e privo di errori logici e giuridici. Ritiene il Tribunale È pacifico che … nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio – quali gli spazi verdi – che, sebbene non menzionati espressamente nell' art. 1117 c.c. , vanno ritenuti comuni a norma della suddetta disposizione” Cass. 7889/2000 . Inoltre, è da considerarsi altrettanto pacifico che l'amministratore, in caso di necessità ed urgenza, come ad esempio nel caso in cui l'albero rischi di cadere o di recare pregiudizio a costruzioni ad esso adiacenti, abbia la facoltà di provvedere all'abbattimento, sottoponendo, con l'ordine del giorno della prima assemblea utile ai condomini la ratifica del proprio operato. Diverso è il caso – che a prima vista potrebbe essere assimilato a quello in esame – in cui si intenda approvare una delibera con la quale si richiede l'abbattimento di alberi che non rischino di arrecare alcun pregiudizio o comunque un pregiudizio talmente grave da dover imporre un intervento autonomo da parte dell'amministratore. Sul punto la Corte d'Appello di Roma con sentenza 478/2008 , più volte richiamata negli scritti difensivi delle parti, ha avuto modo di affermare che L'abbattimento di alberi, comportando la distruzione di un bene comune, deve considerarsi un'innovazione vietata e, in quanto tale, richiede l'unanime consenso di tutti i partecipanti al condominio né può ritenersi che la delibera di approvazione, a maggioranza, della spesa relativa all'abbattimento, possa costituire valida ratifica dell'opera fatta eseguire di propria iniziativa dall'amministratore”. Peraltro, va in tal senso preliminarmente verificato se all'abbattimento dell'albero di cui si parla nella sentenza possa essere validamente assimilato l'abbattimento della siepe, elementi, entrambi, certamente rientranti nella categoria delle cose comuni di cui all' art. 1117 c.c. Ritiene il Tribunale che tale assimilazione sia possibile, non rinvenendosi alcun motivo di regolamentare in modo diverso il destino di beni che, sia pur nella diversità di funzioni e di incidenza rispetto alle proprietà dei singoli, debbono incontestabilmente considerarsi comuni a tutti i condomini. Ciò detto, va rilevato come l'attuale impianto normativo codicistico abbia notevolmente ampliato i poteri deliberativi della maggioranza anche per quanto riguarda i beni comuni e le innovazioni in genere. In particolare, ai sensi dell'ultimo comma dell' art. 1120 c.c. , sono oggi vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, quelle che ne alterino il decoro architettonico e quelle che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento di un solo condomino”, mentre la decisione di tutte le altre innovazioni è regolamentata prevedendo, per la loro approvazione, determinate maggioranze e modalità di convocazione assembleare, consentendo altresì, ricorrendo particolari condizioni, anche l'approvazione di innovazioni gravose e voluttuarie” ai sensi dell' art. 1121 c.c. Quindi, ciò che deve essere fatto oggetto di verifica per i fini che qui interessano è se l'innovazione rappresentata dalla eliminazione della siepe integri o meno il divieto di cui al sopra citato ultimo comma dell' art. 1120 c.c. La risposta è positiva. Rispondendo ai quesiti posti relativamente allo stato dei luoghi ed alle conseguenze ipotizzabili dopo la rimozione della siepe, il CTU ha affermato che … Il percorso arboreo ha sicuramente sviluppato negli anni un intrico di radici di tipo superficiale e di profondità tale da opporsi al naturale dilavamento del terreno verso valle…” cfr. elaborato CTU, pag. 5 e che … si raccomanda di evitare la rimozione della siepe … in quanto l'esiguo spazio pianeggiante esistente tra il cordolo stradale ed il ciglio del terreno, che poi precipita a valle verso il fosso, è quasi interamente occupato dall'impianto vegetale con una sezione variabile di mt.1 c.a., risultando naturalmente consolidato dalla massa radicale, che frena l'erosione e smaltisce il deflusso delle acque, ormai a regime, con percorsi consolidati verso il recapito finale nel letto del torrente …” cfr. elaborato, pag. 5 , precisando altresì come … la scelta di posare una rete previo disboscamento della siepe, non potrebbe prescindere anche dal consolidamento del terreno, mediante carotaggi, della nuova sezione pianeggiante ottenuta. In assenza il declivio patirebbe un processo di dilavamento con le prime forti piogge e conseguente scorrimento del terreno. A causa dei ripetuti smottamenti, la stessa stabilità del passo carrabile risulterebbe compromessa …” cfr. elaborato pag. 6 . A prescindere da ogni altra considerazione, non vi è quindi chi non veda come l'ausiliario abbia messo in evidenza come l'eliminazione della siepe possa comportare un ipotetico ma fondato pregiudizio della stessa stabilità del fabbricato così da far risultare integrato almeno uno dei requisiti necessari a sancire il divieto dell'innovazione ai sensi del più volte rammentato quinto comma dell' art. 1120 c.c. L'accertamento di tale pregiudizio non può essere vinto da quello dedotto dal condominio convenuto infatti, la valutazione comparativa tra questo e quello rappresentato dall'intrusione di animali selvatici nella proprietà attraverso la siepe, non può consentire di ritenere quest'ultimo prevalente sul primo che, come visto, involge la stessa stabilità del fabbricato che potrebbe essere messa a rischio dalla eliminazione del bene e dalla sua sostituzione con la rete metallica, accorgimento peraltro considerato neanche decisivo dall'ausiliario, posto che … la soluzione della rete non sarebbe risolutiva, in quanto il cinghiale abituato a scavare per procurarsi tuberi e radici, non avrebbe insormontabili difficoltà ad aggirare col tempo l'ostacolo, violando il presidio da sotto …” cfr. elaborato, pag. 6 . Il primo motivo di impugnazione della delibera è dunque da ritenersi fondato ed assorbe i rimanenti. La domanda va quindi accolta. Le spese di CTU vanno poste a definitivo carico della parte convenuta, fermo il vincolo di solidarietà di tutte le parti in favore dell'ausiliario. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate sulla base del DM 147/2022 scaglione di valore dichiarato indeterminabile base tariffa media riduzione del 50% su tutte le fasi . P.Q.M. Il Tribunale di Tivoli, in persona del Giudice dott. Marco Piovano, definitivamente pronunciando sulla domanda avanzata da S.I. con atto di citazione ritualmente notificato nei confronti di Condominio omissis , così provvede 1 Accoglie la domanda 2 Per l'effetto, dichiara nulla la delibera assembleare adottata dal condominio convenuto in data 17.1.2019 limitatamente al punto 4 posto all'odg 3 Pone le spese di CTU a definitivo carico della parte convenuta, così come in motivazione 4 Condanna il Condominio omissis , in persona dell'amministratore pro tempore, al pagamento delle spese di giudizio in favore di S.I. che liquida in euro 545,00 per esborsi ed in euro 3.808,00 per onorari, oltre spese forfettarie, ca e iva se dovuta.