In tema di sottrazione internazionale di minore, le condizioni che ostano al provvedimento di ritorno del minore non fanno alcun riferimento all’eventuale radicamento nel luogo in cui egli sia stato condotto.
Il pubblico ministero minorile del Tribunale di Lecce ordinava l'immediato rientro in Belgio di una minore che era stata portata dalla madre in Italia, inizialmente con il consenso del marito, per farle conoscere i propri familiari. La donna si era poi però trattenuta nella provincia leccese e l'uomo aveva dunque avviato il procedimento per sottrazione internazionale di minore . La donna ha proposto ricorso contro il provvedimento sostenendo di essere stata vittima di vessazioni, umiliazioni, violenze fisiche e verbali da parte del marito e di essersi perciò risolta a rimanere in Italia. Tali affermazioni risultano però totalmente prive di riscontro probatorio. La vicenda è dunque giunta all'attenzione della Cassazione. La ricorrente sostiene l'erroneità della pronuncia di merito laddove ha ritenuto che la figlia fosse stata affidata al padre in quanto egli, all'epoca del trasferimento, lavorava dalla mattina alla sera . L'argomento dedotto non risulta però specificamente trattato dal decreto impugnato, né in sede di merito la ricorrente aveva messo in discussione il fatto che il marito esercitasse la custodia della bimba. Precisa sul punto la pronuncia che nel caso in cui il genitore svolga attività lavorativa per molte ore fuori casa , non perde per questo motivo il rapporto di custodia del figlio minore. Il ricorso lamenta inoltre la mancata indagine sul pregiudizio che subirebbe la bambina in caso di un suo rientro in Belgio con sradicamento dall' ambiente in cui vive da ormai 8 mesi con la madre e la famiglia materna. L'argomento si rivela però inammissibile, avendo i servizi sociali esaminato la situazione in cui la piccola si trova attualmente, ma anche erroneo in punto di diritto. L'art. 12 della Convenzione dell'Aja prevede infatti che qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell'articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno , a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell'istanza presso l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l'autorità adita ordina il suo ritorno immediato . In altre parole, ci che rileva è il lasso di tempo intercorso tra la sottrazione del minore e la proposizione della domanda senza che possa assumere rilievo il fatto che il minore, a seguito dell'illecita sottrazione, si sia radicato nel luogo in cui per effetto di essa sia stato condotto, con il che verrebbe evidentemente premiata la condotta che gli ordinamenti partecipanti della Convenzione hanno inteso contrastare e reprimere . Le condizioni che invece ostano al provvedimento di ritorno del minore, sottratto dal luogo di provenienza, sono elencate dal successivo art. 13 e cioè la dimostrazione a che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno b che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile. Vi è poi il caso del minore che si opponga egli stesso al ritorno, il che evidentemente non attiene alla vicenda in discorso tenuto conto dell'età della bambina . In conclusione, avendo il Tribunale correttamente verificato sia la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda di rientro, sia l'insussistenza di fattori impeditivi, la Cassazione non può che dichiarare inammissibile il ricorso.
Presidente Genovese Relatore Di Marzio Rilevato che 1. - P.A. ricorre per due mezzi, nei confronti del coniuge D.P.S. , nonché del pubblico ministero minorile presso il Tribunale di Lecce, contro il decreto del 5 luglio 2021 con cui lo stesso Tribunale, provvedendo in esito ad un procedimento instaurato dal locale pubblico ministero per sottrazione internazionale di minore, ha ordinato l'immediato ritorno in Belgio, nel luogo di abituale residenza, della minore R.D.M. . 2. - Gli intimati non spiegano difese. Considerato che 3. - Il primo mezzo denuncia Violazione dell' art. 360 c.p.c. , n. 3, per violazione e falsa applicazione dell'art. 12 e art. 13, comma 1, lett. A della Convenzione Aja del 25 ottobre 1980, resa esecutiva in Italia nel 1994 e violazione dell' art. 360 c.p.c. , n. 5, per omesso esame delle dichiarazioni rese da R.D.P.S. . Il secondo mezzo denuncia Violazione dell' art. 360 c.p.c. , n. 5, per omesso esame della denunzia all'autorità belga presentata da E.S. , nonché per carenza di adeguate indagini istruttorie . Ritenuto che 4. - Il ricorso è inammissibile. 4.1. - I coniugi P.A. e D.P.S. , che hanno fissato la residenza familiare in Belgio, hanno avuto una figlia minore, R.D.M. , nata il omissis , che la donna ha condotto in Italia, nel settembre dello stesso anno, riferisce con l'accordo del marito e per farla tra l'altro conoscere ai propri familiari, rimanendo poi in Italia, presso omissis , per propria unilaterale decisione. Di qui è sorto un procedimento per sottrazione internazionale di minore che ha condotto il Tribunale dei minori di Lecce a pronunciare il provvedimento qui impugnato. Nel corso di esso P.A. ha resistito, sostenendo di essere stata vittima di vessazioni, umiliazioni, violenze fisiche e verbali da parte del marito e di essersi perciò risolta a rimanere in Italia. Il giudice di merito, effettuata l'istruttoria ritenuta necessaria, attraverso indagini del competente servizio sociale ed audizione dei coniugi, verificata la sussistenza dei presupposti di legge perché fosse ordinato il ritorno della bambina in Belgio, ha osservato che i fatti dedotti dalla donna erano totalmente privi di qualunque prova. 4.2. - Ciò detto, il primo mezzo è inammissibile. 4.2.1. - Esso è volto a sostenere, anzitutto, che il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto che la circostanza che la minore vivesse con il padre e che questi ha avuto l'affidamento congiunto del figlio minore, con collocazione proprio presso di sé, come emergeva dal tenore letterale del provvedimento giudiziario belga costituisse la prova del continuo ed effettivo esercizio della responsabilità genitoriale, sicché sarebbe stata omessa la verifica di una custodia effettiva da parte del padre all'epoca del trasferimento, custodia che non vi poteva essere, dal momento che il padre - questo in breve l'argomento svolto - lavorava dalla mattina alla sera. Orbene, al di là dell'errore contenuto nella rubrica, che denuncia violazione dell' art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 5 norma diretta non al giudice di merito, ma volta a delimitare l'ambito del sindacato della Corte di cassazione, l'argomento centrale svolto nel primo mezzo non risulta specificamente trattato dal decreto impugnato, nè risulta che la P. , nella fase di merito, avesse messo in discussione che D.P.S. esercitasse la custodia sulla minore figlia, del resto convivente con la coppia coniugata nella loro abitazione belga fino alla sottrazione operata dalla madre. Ciò rende per tale aspetto il motivo inammissibile giacché concernente una questione nuova non deducibile in sede di legittimità tra le innumerevoli Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675 . 4.2.2. - Ciò esime dall'osservare che ciascuno dei genitori, avvinti - come in questo caso, pacifico essendo che i coniugi convivessero con la bambina - dalla comunione di vita che connota il consorzio familiare, il quale genitore svolga attività lavorativa per molte ore fuori casa, non per questo perde il rapporto di custodia cui la norma si riferisce. Va da sé che del tutto legittimamente il giudice di merito ha desunto la sussistenza del presupposto della custodia di cui all'art. 3 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, dal provvedimento di affidamento della bambina al padre disposto dal giudice belga, tenuto conto che, ai sensi della norma Il diritto di custodia può in particolare derivare da una decisione giudiziaria in base alla legislazione del predetto Stato . 4.2.3. - Nel corpo del medesimo motivo si lamenta che nessuna indagine sarebbe stata svolta sulla condizione attuale della minore e neppure sul fatto se lo sradicamento della medesima dall'ambiente in cui vive da oramai 8 mesi con la madre e la famiglia materna, sarebbe pregiudizievole per il suo equilibrio psico-fisico ma questa affermazione prescinde dal reale svolgimento del processo nella fase di merito e dal contenuto del provvedimento impugnato, nel quale si dà atto dell'indagine dei servizi sociali, che hanno esaminato la situazione in cui la bambina attualmente si trova. Il che vuol dire che sotto tale aspetto il motivo è inammissibile perché non si misura con la ratio decidendi che sostiene la decisione impugnata. 4.2.4. - Ciò rende superfluo sottolineare l'erroneità in diritto dell'argomento speso dalla ricorrente, tenuto conto del disposto dell'art. 12 della Convenzione secondo cui Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell'art. 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell'istanza presso l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l'autorità adita ordina il suo ritorno immediato . E cioè, ciò che rileva è di regola il tempo trascorso tra la sottrazione del minore e la proposizione della domanda, senza che possa assumere rilievo il fatto che il minore, a seguito dell'illecita sottrazione, si sia radicato nel luogo in cui per effetto di essa sia stato condotto, con il che verrebbe evidentemente premiata la condotta che gli ordinamenti partecipanti della Convenzione hanno inteso contrastare e reprimere. Solo se l'autorità giudiziaria è adita - il che non è quanto avvenuto nel nostro caso - dopo la scadenza del periodo di un anno, a mente dello stesso art. 12, essa deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente. 4.2.5. - Nella situazione considerata, dunque, come correttamente osservato dal giudice di merito, ciò che osta al provvedimento che ordina il ritorno del minore - come recita la Convenzione -sottratto presso il luogo di provenienza, ove ne sussistano i presupposti costitutivi, è la ricorrenza delle circostanze individuate al successivo art. 13, e cioè se l'interessato dimostri a che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno b che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile. Vi è poi il caso del minore che si opponga egli stesso al ritorno, il che evidentemente non attiene alla vicenda in discorso tenuto conto dell'età della bambina. Orbene, nel caso di specie il Tribunale ha rettamente verificato sia la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda di rientro, sia l'insussistenza di circostanze impeditive, che ha giudicato totalmente prive di prova, con valutazione sottratta al sindacato di questa Corte di legittimità. 4.3. - Il secondo mezzo è parimenti inammissibile. 4.3.1. - Esso come si è visto denuncia Violazione dell' art. 360 c.p.c. , n. 5, per omesso esame della denunzia all'autorità belga presentata da E.S. , nonché per carenza di adeguate indagini istruttorie . Ora, tralasciando nuovamente l'erroneità della rubrica, è agevole ricordare che il novellato testo dell' art. 360 c.p.c. , n. 5 ha introdotto nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo sicché non resta se non constatare che il motivo non ha ad oggetto un fatto storico, bensì la conduzione della fase istruttoria, a cagione della mancata acquisizione di denunce indirizzate al D.P.S. dalla di lui prima moglie E.S. e ciò basta alla dichiarazione di inammissibilità. 4.3.2. - Ma, al di là di quanto precede, il motivo è destituito di fondamento sol che si consideri che la documentazione in questione era nella disponibilità della P. tale documentazione, in lingua originale, era trattenuta dal proprio legale Avv. Katrien Vanhalle, la quale stava predisponendo il reclamo avverso il provvedimento emesso nel giudizio di separazione dal Tribunale di Anversa pagina 12 del ricorso , che per propria scelta non l'ha prodotta, visto che nulla le avrebbe impedito di farsene rilasciare copia dal proprio legale. Ed al riguardo merita precisare che, quantunque la norma poc'anzi richiamata stabilisca che debba essere l'interessato a dimostrare la sussistenza di circostanze ostative al rientro, la giurisprudenza di questa Corte è nel senso che ciò non impedisce al giudice di merito di effettuare indagini istruttorie anche officiose Cass. 26 settembre 2016, n. 18846 , in vista della tutela del superiore interesse del minore ma certo non può ritenersi che il giudice di merito sia perciò tenuto a dar corso ad indagini istruttorie volte a supplire alla colpevole inerzia dell'interessato, nel quadro di un procedimento in cui la superflua dilatazione della durata del processo va già di per sé ad intaccare la regola di fondo che presiede al funzionamento della disciplina dettata dalla Convenzione. 4.3.3. - Considerazioni analoghe possono svolgersi con riguardo all'affermazione della P. secondo cui il Tribunale dei Minorenni di Lecce aveva l'onere ed il dovere di ammettere d'ufficio l'escussione della sig.ra Pe.Ma. , la quale con messaggio di posta elettronica doc. n. 3 fascicolo di parte Sig.ra P. aveva inviato alla Sig.ra B. B. .9.hotmaildt la traduzione, naturalmente in italiano, della denunzia presentata dalla Sig.ra E.S. e cioè, a parte il fatto che dal ricorso non si comprende quando ed in qual modo la richiesta di escussione di tali P. e B. abbia fatto ingresso nel processo, sicché il motivo difetta sul punto di autosufficienza, il punto è che le dichiarazioni della prima moglie del controricorrente ammesso in astratto che potessero avere rilievo ai fini della prova di nefandezze in danno dell'odierna ricorrente erano della disponibilità della P. che, come si è detto, bene avrebbe potuto produrle se avesse ritenuto. 4.3.4. - Quanto poi all'affermazione secondo cui le risultanze della predetta documentazione non sono state in alcun modo contestate dal resistente , è appena il caso di osservare che nessuna contestazione poteva concernere documentazione non prodotta e che, quanto ai fatti menzionati nella querela sporta dalla P. nei confronti del marito, questi ha recisamente negato ogni addebito, sicché parlare di non contestazione è del tutto fuor d'opera. 5. - Nulla per le spese. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. Va disposta l'oscuramento dei dati. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso si dispone l'oscuramento dei dati personali in caso di diffusione del presente provvedimento.