Operazioni sul libretto di risparmio di un cliente deceduto: solo sanzione disciplinare per il dipendente di Poste Italiane

Confermata in Cassazione la valutazione compiuta dai giudici d’appello, i quali hanno sottolineato che il lavoratore finito nel mirino si è reso protagonista di una scelta consapevole, quella cioè di non osservare le regole de servizio, ma non si è dimostrato incapace. Mancata, poi, la prova del danno arrecato dalla condotta che l’azienda ha utilizzato per motivare il licenziamento del dipendente.

Solo una tirata d’orecchie – cioè una sanzione disciplinare – per il direttore della filiale di Poste Italiane che, secondo quanto accertato dall’azienda, ha effettuato operazioni di vendita titoli, rimborsi ed accrediti su un libretto di risparmio cointestato a un cliente deceduto e lo ha fatto sì sulla base di disposizioni scritte a firma del cliente ma successive al decesso del cliente medesimo. Per i Giudici, difatti, il licenziamento è eccessivo, checché ne dica Poste Italiane, a fronte di un lavoratore che sceglie consapevolmente di non attenersi alle regole. A finire nel mirino di Poste Italiane è il direttore di un ufficio in Sicilia. A lui vengono contestate alcune operazioni irregolari , che, secondo l’azienda, sono sufficienti a legittimarne il licenziamento. Questa tesi viene però respinta dai giudici di merito, sia in Tribunale che in Corte d’Appello. In sostanza, pacifica la condotta di rilievo disciplinare posta in essere dal lavoratore e consistita nell’avere consentito l’esecuzione di operazioni di investimento e disinvestimento di prodotti finanziari in momenti successivi al decesso di colui che figurava sempre come il nominale sottoscrittore e disponente , i giudici ritengono tale condotta contraria alle regole basilari esigibili dal direttore di filiale, che non può ignorare la necessità della presenza fisica o per delega del soggetto a cui le operazioni si riferiscono ma aggiungono che va esclusa la cacciata del dipendente , poiché la norma punisce con il licenziamento con preavviso la condotta del lavoratore ove, per irregolarità, trascuratezza o negligenza, ovvero per inosservanza di leggi o di regolamenti o degli obblighi di servizio sia derivato pregiudizio alla sicurezza e alla regolarità del servizio con gravi danni alla società o a terzi o anche con gravi danni alle persone , mentre in questa vicenda è mancata la prova del danno . Secondo i giudici, poi, non può neppure farsi riferimento al licenziamento con preavviso che sanziona il dipendente per comprovata incapacità o per persistente insufficiente rendimento, ovvero per qualsiasi fatto che ne dimostri piena incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio . Su questo fronte, in particolare, i giudici osservano che i fatti addebitati al lavoratore non sono indice di incapacità bensì di una consapevole scelta di non attenersi alle regole di servizio . Impossibile, poi, anche ritenere, secondo i Giudici, connotata di particolare gravità la condotta di rilievo disciplinare . Tirando le somme, per i giudici la condotta contestata al dipendente, e accertata come effettivamente posta in essere, va ricondotta, come già sostenuto dal Tribunale, alla previsione punita con la sanzione conservativa della sospensione con privazione della retribuzione per un massimo di dieci giorni , poiché il lavoratore finito nel mirino si è reso responsabile di inosservanza di leggi o di regolamenti o degli obblighi di servizio deliberatamente commessa ma non caratterizzata da particolare gravità , con conseguente applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Inutile il ricorso in Cassazione proposto dai legali che hanno rappresentato Poste Italiane. I magistrati richiamano le valutazioni compiute in appello, e sottolineano, in particolare, che gli accertati fatti addebitati al lavoratore non sono indice di incapacità . Ciò perché la condotta contestata al dipendente di Poste Italiane non è caratterizzata dall’ elemento costitutivo della incapacità del lavoratore e della mancanza in lui delle necessarie competenze , essendo emerso, invece, emerso che la condotta sanzionata dall’azienda col licenziamento è stata frutto di una scelta consapevole di non attenersi alle regole del servizio . Inutile, poi, il riferimento fatto dai legali di Poste Italiane alla nozione di incapacità per catalogare il lavoratore come non in grado di compiere adeguatamente tutti gli obblighi di servizio . Secondo la lettura fornita dai legali della società l’incapacità è sinonimo di mancanza di attitudine e di adeguatezza al ruolo . I Giudici di Cassazione ribattono richiamando la ratio della disposizione contrattuale e osservando che il termine incapacità, riferito agli obblighi di servizio, è adoperato in connessione col rendimento insufficiente, e quindi come relativo al livello delle competenze e di utile apporto al servizio da svolgere . Di conseguenza, la visione proposta dai legali della società e volta ad intendere il termine incapacità come sinonimo di inadeguatezza al ruolo condurrebbe, spiegano i Giudici, a sovrapporre il parametro della incapacità a quello della negligenza o della inosservanza di leggi e regolamenti, invece espressamente contemplati da altre previsioni del contratto collettivo .

Presidente Raimondi – Relatore Ponterio Considerato che 1. La Corte d'appello di Palermo, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione sentenza n. 3079/2020 , ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Termini Imerese, di rigetto dell'opposizione proposta da Poste Italiane spa avverso l'ordinanza, pronunciata all'esito della fase sommaria, che aveva annullato il licenziamento disciplinare con preavviso intimato al dipendente D.G.R. , con lettera del 2.4.2015, per avere effettuato operazioni di vendita titoli, rimborsi ed accrediti su libretto di risparmio postale cointestato a D.P. , cliente di Poste e deceduto in data omissis , sulla base di disposizioni scritte a firma del predetto cliente ma successive al decesso del medesimo. 2. La Corte in sede di rinvio ha dato atto che il Tribunale, in fase di opposizione, aveva escluso che la condotta contestata ed accertata integrasse l'illecito disciplinare richiamato nella lettera di licenziamento, di cui all'art. 54, comma 5, lett. c del c.c.n.l. per il personale non dirigente di Poste Italiane spa ed ha ritenuto che la condotta del dipendente fosse sanzionata con la misura conservativa prevista dall'art. 54, comma 4, lett. n la Corte d'appello aveva invece respinto la domanda del lavoratore ritenendo integrata l'ipotesi di cui all'art. 54, comma 6, lett. c del c.c.n.l. che punisce con il licenziamento le violazioni dolose di leggi o regolamenti o dei doveri d'ufficio che possono arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla società o a terzi la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3079 del 2020, richiamato il principio di immutabilità della contestazione dell'addebito disciplinare e la giurisprudenza sul punto, ha accolto il primo motivo del ricorso proposto dal lavoratore rilevando che nel caso in esame la Corte di appello, esclusa la prova del danno concreto correlato alla fattispecie disciplinare contestata art. 54 comma 5 lett. c irregolarità, trascuratezza o negligenza, ovvero inosservanza di leggi o di regolamenti o degli obblighi di servizio con gravi danni alla società o a terzi, o anche con gravi danni alla persona , sanzionata con il licenziamento con preavviso , ha applicato di ufficio la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso ex art. 54 comma 6 lett. c violazioni dolose di leggi o regolamenti o dei doveri di ufficio che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla Società o a terzi . Procedendo, quindi, ad una modifica della contestazione disciplinare, ha alterato il thema decidendum, statuendo all'esterno del perimento delimitato dalle parti in causa mediante l'esame di fatti nuovi forte pregiudizio per la Società o terzi , ravvisato nell'avere il dipendente pregiudicato l'immagine e la reputazione di Poste italiane spa che non era stato addotto dal datore di lavoro a sostegno del recesso ed incorrendo, pertanto, nel vizio denunciato . 3. La sentenza emessa dal giudice del rinvio ha ritenuto pacifica la condotta di rilievo disciplinare posta in essere dal D.G. e consistita nell'avere consentito l'esecuzione di operazioni di investimento e disinvestimento di prodotti finanziari in momenti successivi al decesso di colui che figurava sempre come il nominale sottoscrittore e disponente ha rilevato come tale condotta fosse contraria alle regole basilari esigibili dal direttore di filiale che non può ignorare la necessità della presenza fisica o per delega del soggetto a cui le operazioni si riferiscono ha ritenuto che tale condotta non potesse integrare la fattispecie di cui all'art. 54, comma 5, lett. c del c.c.n.l. che punisce con il licenziamento con preavviso la condotta del lavoratore ove per irregolarità, trascuratezza o negligenza, ovvero per inosservanza di leggi o di regolamenti o degli obblighi di servizio sia derivato pregiudizio alla sicurezza e alla regolarità del servizio con gravi danni alla società o a terzi o anche con gravi danni alle persone per mancata contestazione e mancata prova del danno che neppure potesse invocarsi la fattispecie di cui all'art. 54, comma 5, lett g che sanziona con il licenziamento con preavviso il dipendente per comprovata incapacità o persistente insufficiente rendimento, ovvero per qualsiasi fatto che dimostri piena incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio sia perché descrittiva di una condotta non previamente contestata e, comunque, perché i infatti addebitati non erano indice di incapacità bensì della consapevole scelta del dipendente di non attenersi alle regole di servizio che la recidiva generica contestata non fosse idonea, ai sensi dell'art. 53, punto IV u.c., a connotare di particolare gravità la condotta di rilievo disciplinare. 4. Secondo i giudici di rinvio, la condotta contestata al dipendente e accertata come effettivamente posta in essere doveva essere ricondotta, come già statuito dal Tribunale, alla previsione dell'art. 54, comma 4, lett. n , che punisce con la sanzione conservativa della sospensione e privazione della retribuzione per un massimo di dieci giorni il dipendente responsabile di inosservanza di leggi o regolamenti o degli obblighi di servizio deliberatamente commessa, anche per procurare indebiti vantaggi a sé o a terzi, ancorché l'effetto voluto non si sia verificato e sempre che la mancanza non abbia carattere di particolare gravità, altrimenti sanzionabile , con conseguente applicazione della tutela reintegratoria di cui all'art. 18, comma 4 cit. 5. Avverso tale sentenza Poste Italiane spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. D.G.R. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell'art. 380 bis.l. c.p.c. Rilevato che 6. Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell' art. 384 c.p.c. , della L. 300 del 1970 art. 7, e falsa applicazione del principio di immutabilità del fatto contestato. 7. Si censura la sentenza impugnata là dove ha respinto anche la tesi di Poste sulla riconducibilità dell'addebito alla previsione di cui all'art. 54, comma 5, lett. g c.c.n.l. sanzionata con il licenziamento con preavviso e non richiedente quale elemento costitutivo il verificarsi di alcun danno ritenendo tale opzione non percorribile in quanto anch'essa lesiva del principio di immutabilità della contestazione, perché introdotta da Poste solo in sede giudiziale . 8. Il motivo di ricorso è inammissibile poiché non si confronta con la complessiva ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha respinto l'ipotesi di qualificazione della condotta contestata ai sensi dell'art. 54, comma 5, lett. g non solo in ragione della violazione del principio di immutabilità ma in quanto in ogni caso priva di fondamento per non essere i fatti addebitati e accertati indice di incapacità del dipendente. 9. La Corte d'appello, in sede di rinvio, ha quindi e in modo assorbente statuito l'inapplicabilità dell'art. 54, comma 5, lett. g c.c.n.l. per non essere la condotta del D.G. , come pacificamente ricostruita, sussumibile in tale fattispecie disciplinare per difetto dell'elemento costitutivo della incapacità del dipendente e della mancanza delle necessarie competenze, avendo invece valutato la condotta in oggetto come consapevole” scelta di non attenersi alle regole del servizio . 10. Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 54, comma 5, lett. g c.c.n.l. del 2011, dell'art. 1362 c.c., de lla L. 300 del 1970 art . 7, dell'art. 53, punto IV, u.c. c.c.n.l. del 2011. 11. Si contesta l'interpretazione data dai giudici di appello all'art. 54, comma 5, lett. g per avere essi inteso la nozione di incapacità come legata alle conoscenze generali, alla perizia e all'abilità del lavoratore, senza considerare che la lettera della disposizione consente di desumere l'incapacità anche da un singolo fatto che deve essere talmente grave da far ritenere piena l'incapacità e quindi il lavoratore non in grado di compiere adeguatamente tutti gli obblighi di servizio. L'incapacità, secondo la lettura della società ricorrente, sarebbe sinonimo di mancanza di attitudine e di adeguatezza al ruolo. Si assume che ai fini di tale valutazione di adeguatezza assume rilievo anche la contestata recidiva generica invece erroneamente giudicata irrilevante nella sentenza impugnata. 12. Il motivo è infondato. 13. Questa Corte ha stabilito Cass. n. 6335 del 2014 Cass. n. 13860 del 2019 che la denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006 art. 2, è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicché anch'essa comporta, in sede di legittimità, l'interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale artt. 1362 ss. c.c. come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell'esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, nè della deviazione da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. 14. Nel caso di specie, l'interpretazione data dalla Corte di rinvio è assolutamente coerente alla lettera e alla ratio della disposizione contrattuale in esame, in cui il termine incapacità , riferito agli obblighi di servizio, è adoperato in connessione col rendimento insufficiente e quindi come relativo al livello delle competenze e di utile apporto al servizio da svolgere. La pretesa di parte ricorrente, volta ad intendere il termine incapacità come sinonimo di adeguatezza al ruolo, appare contraria al criterio di interpretazione sistematica poiché porterebbe a sovrapporre il parametro della incapacità a quello della negligenza o della inosservanza di leggi e regolamenti, invece espressamente contemplati da altre previsioni del contratto collettivo. 15. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto. 16. La regolazione delle spese del giudizio segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo e raddoppio del contributo unificato, se dovuto, ricorrendone i presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 art. 13, comma 1 quater, del v. Cass., S.U. n. 23535 del 2019 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 , comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.