Cocktail fatale per la cliente minorenne: barista condannata

Responsabile per omicidio colposo la donna che, pur informata dalla vittima sul fatto di essere un soggetto allergico, ha servito ugualmente la batida de coco, evitando” di rappresentarsi mentalmente cosa sarebbe potuto accadere.

Inutile l’azione giudiziaria proposta da una barista romana finita sotto processo per aver causato con la propria condotta negligente, il decesso di una cliente, all’epoca dei fatti minorenne. Per i Giudici, sia di merito che di Cassazione, è indiscutibile la condanna per il reato di omicidio colposo . A nulla sono valse le argomentazioni della difesa della barista, infatti, mirate a contestare il nesso causale” ravvisato dai giudici di merito, indicando come responsabile dell’accaduto il gestore del locale per non avere egli posto in essere iniziative finalizzate all’accertamento della maggiore età degli avventori cui venivano somministrati alcolici . Per i Giudici di terzo grado, quello che rileva nella fattispecie in oggetto, di reato commissivo , è la condotta attiva e l’evento , dovendosi la barista rappresentarsi mentalmente cosa sarebbe potuto accadere, essendo il soggetto dichiaratamente allergico . Di fronte alle informazioni fornite dalla stessa vittima, in estrema sintesi, la barista doveva astenersi dal somministrarle la batida. Nei reati colposi di evento , chiariscono I Giudici, l’indagine deve indirizzarsi verso la ricostruzione del rapporto tra la condotta attiva e l’evento mediante un procedimento di eliminazione mentale , ossia rappresentandosi cosa sarebbe successo ove la condotta censurata non fosse stata posta in essere . Non è neppure rilevante il fatto che la reazione anafilattica, dovuta al latte vaccino presente nella batida, sia stata amplificata dalla presenza di alcool, pure contenuto nella bevanda, essendo di per sé già idonea e sufficiente – come risultato dalla perizia a cagionare la reazione sfociata poi nel decesso. I Giudici di Cassazione pertanto rigettano il ricorso.

Presidente Ferranti – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. V.A. ricorre avverso la sentenza con la quale la Corte d'appello di Roma, in data 14 dicembre 2021, ha parzialmente riformato nel solo trattamento sanzionatorio, e nel resto ha confermato, la condanna emessa a suo carico dal Tribunale capitolino, all'esito di giudizio abbreviato, in data 27 aprile 2021 per il delitto di omicidio colposo in danno di S.F., minorenne, commesso in data omissis . L'addebito viene mosso alla V. nella sua qualità di barista presso l'esercizio omissis sito in omissis secondo la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza impugnata, sostanzialmente non contestata, la S., recatasi per una consumazione presso il bar, si accingeva a consumare una batida de coco ma, essendo allergica, chiedeva alla V. unica barista presente nel locale se la bevanda contenesse latte, sostanza per lei nociva la V. a più riprese rassicurava la giovane, dicendole che la bevanda era a base di latte di cocco e quindi non conteneva sostanze pericolose. La S. consumava la bevanda che in realtà conteneva latte vaccino, oltre ad alcool sopravveniva la reazione allergica e, quindi, il decesso. La Corte di merito, pur evidenziando la sussistenza di un concorso di colpa della vittima che, pur consapevole di versare in condizioni critiche e rischiose a causa dell'allergia da cui era affetta, decise di consumare ugualmente la bevanda , ha attribuito alla V. la responsabilità dell'accaduto, non avendo la barista assunto un atteggiamento prudente di fronte a un soggetto che l'aveva messa al corrente del pericolo connesso alla consumazione di bevande contenenti latte il comportamento alternativo indicato dalla Corte territoriale era quello di astenersi dal somministrare la batida o, comunque, di interpellare il titolare dell'esercizio. Il convincimento della Corte distrettuale si è indirizzato verso l'affermazione di responsabilità anche sulla base degli esiti della perizia, che ha concluso per l'idoneità dell'assunzione della bevanda a cagionare la reazione anafilattica, reazione che potrebbe essere stata amplificata dalla presenza di alcool. 2. Due i motivi di doglianza articolati dalla ricorrente. 2.1. Nel primo motivo di ricorso, la V. denuncia violazione degli artt. 40 e 41 c.p. , contestando la sussistenza del nesso causale ravvisato dalla Corte di merito e indicando nel gestore del locale il responsabile dell'accaduto, per non avere egli posto in essere iniziative finalizzate all'accertamento della maggiore età degli avventori cui venivano somministrati alcolici, né di avere fornito le opportune istruzioni alla dipendente. La responsabilità dell'esercente, secondo la ricorrente, deve considerarsi diretta ed esclusiva sulla base della normativa interna D.L. n. 231 del 2017 ed Eurounitaria Regolamento CE n. 1169/2011 con conseguente esclusione dell'attribuibilità alla V. dell'accaduto. Conclude l'esponente richiamando principi affermati dalla giurisprudenza in tema di selezione del sapere scientifico sul quale fondare l'ipotesi causale. 2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione di legge con riguardo al trattamento sanzionatorio, argomentato esclusivamente sulla base di mere clausole di stile pur a fronte del superamento del minimo edittale. 3. All'odierna udienza, il difensore delle costituite parti civili P.L. e S.R. ha rassegnato conclusioni scritte e depositato nota spese. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Si premette che nella specie si versa in un'ipotesi di reato commissivo, consistito nella somministrazione alla persona offesa di una bevanda rivelatasi fatale, pur a fronte delle informazioni che la S. aveva fornito alla barista circa la propria condizione di soggetto allergico e che avrebbero dovuto suggerire maggiore prudenza e diligenza a quest'ultima in ordine ai rischi di conseguenze dannose per la giovane. Non si versa, dunque, in una situazione nella quale possa essere invocato l' art. 40, comma 2, c.p. , che presuppone la configurabilità, in capo al soggetto attivo, di una posizione di garanzia nella quale si sostanzia l'obbligo giuridico di impedire l'evento. Tanto premesso, deve muoversi dalla considerazione che, nei reati colposi d'evento, la natura commissiva della condotta implica, per l'accertamento del nesso causale, che il giudizio controfattuale sia effettuato valutando se l'evento si sarebbe ugualmente verificato eliminando l'azione dal contesto in cui è stata posta in essere principio affermato in Sez. 3, n. 47979 del 28/09/2016, Urru, Rv. 268658 . Dunque l'indagine non deve indirizzarsi verso l'individuazione di un soggetto su cui gravi un obbligo giuridico di impedimento dell'evento, ma piuttosto, ed esclusivamente, verso la ricostruzione del rapporto tra la condotta attiva e l'evento mediante un procedimento di eliminazione mentale, ossia rappresentandosi cosa sarebbe successo ove la condotta censurata non fosse stata posta in essere. Orbene, la motivazione della sentenza impugnata, sia nella descrizione della sequenza degli accadimenti, sia nel riportare gli esiti della perizia, ha fornito elementi valutativi corretti e non manifestamente illogici circa la riferibilità causale del decesso della S. alla somministrazione della bevanda da parte della V. il dato congetturale e ipotetico cui fa riferimento la ricorrente è riferito, unicamente, al fatto che la reazione anafilattica - che la bevanda somministrata era di per sé idonea e sufficiente a cagionare - sarebbe stata amplificata dall'assunzione di alcool ma tale elemento non intacca la ricostruzione operata dalla Corte di merito in ordine all'autonoma rilevanza causale del latte presente nella batida, che è ampiamente illustrata nel percorso argomentativo della sentenza, risultando assistita da coerenza e logicità e sottraendosi pertanto a censure esperibili in questa sede. Le censure riguardanti la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta della V. e l'evento letale devono perciò essere disattese. È appena il caso di osservare che alcuna specifica censura viene formulata dalla ricorrente in ordine all'elemento soggettivo, peraltro pacificamente ravvisabile nella condotta negligente dell'odierna ricorrente, che somministrò la batida pur a fronte delle informazioni a lei fornite dalla S. in ordine alla sua condizione di allergica e alle sostanze che sarebbero risultate per lei nocive. 2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, atteso che la pena applicata in appello alla V., peraltro sulla base di un più che adeguato percorso motivazionale, si colloca ampiamente al disotto della media edittale e che, pacificamente, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo per tutte vds. Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 . Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili P.L. e S.R., liquidate come da dispositivo. In relazione alla minore età della persona offesa, si dispone l'oscuramento dei dati personali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, P.L. e S.R., che liquida in complessivi Euro 3.600,00 oltre accessori come per legge.