La somma a titolo di regresso alla quale ha diritto il garante si calcola con riferimento al valore di mercato del bene oggetto di garanzia o nei limiti del prezzo ricavato dalla vendita forzata? La Corte di Cassazione enuncia un importante principio di diritto in tema di garanzie immobiliari.
In una recente sentenza in tema azione di regresso del prestatore di garanzia immobiliare, la Corte di Cassazione ha pronunciato un importante principio con specifico riferimento alla quantificazione dell'importo dovuto a titolo di restituzione. Il protagonista della vicenda e odierno ricorrente concedeva ipoteca su un immobile di cui era proprietario per il 50% a garanzia di un debito e, avendo subito l'escussione della garanzia da parte del creditore ipotecario con la vendita coattiva dell'immobile, agiva nei confronti del garantito per ottenere il regresso ex articolo 2871, comma 1 c.c La domanda veniva accolta gli veniva riconosciuta una somma pari alla metà del valore dell'immobile ipotecato stimato in sede esecutiva. La Corte d'appello riformava la sentenza di primo grado e riduceva l'importo della condanna, portandolo alla metà della somma effettivamente ricavata e distribuita in sede esecutiva in seguito alla vendita dell'immobile. Il garante ricorreva per la cassazione della sentenza sostenendo che avrebbe dovuto ottenere l'effettivo valore di mercato del bene e non il solo importo ricavato dalla vendita forzata. La Suprema Corte non ritiene tuttavia fondati i motivi di ricorso. L'articolo 1950 c.c. detta una norma in tema di fideiussione che può trovare applicazione anche per altre forme di garanzia e stabilisce che il fideiussore che paga il creditore ha diritto di regresso contro il debitore principale per un importo che comprende capitale, interessi e spese fatte dopo la denunzia al creditore principale delle istanze a lui rivolte, nonché gli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento. Da ciò deriva, prosegue la Cassazione, che l'azione di regresso, anche in caso di ipoteca concessa per un debito altrui ed escussa con l'espropriazione dell'immobile ipotecato, comunque ha ad oggetto l'importo pagato a soddisfazione del debito garantito, non il valore effettivo dell'immobile o del danno subito dal terzo datore di ipoteca, non essendo il regresso un'azione risarcitoria, ma un'obbligazione restitutoria. La Suprema Corte afferma quindi un principio di diritto secondo il quale «l'azione di regresso è esercitabile dal garante per ottenere la restituzione dell'importo pagato al creditore ipotecario all'esito dell'escussione della garanzia e, dunque, opera nei limiti del prezzo ricavato e distribuito a seguito dalla vendita del bene ipotecato per la soddisfazione del predetto creditore garantito, mentre non dà diritto a pretendere il preteso effettivo valore di mercato dello stesso». Inoltre, tale principio trova anche indiretta conferma nella circostanza che lo stesso importo ricavato dalla liquidazione dell'immobile ipotecato ed espropriato potrebbe essere ben superiore a quello del credito oggetto di garanzia in tale ultimo caso, l'attribuzione del ricavato residuo della vendita, spetta al terzo datore espropriato ovvero ai suoi crediti personali eventualmente intervenuti nell'esecuzione e, a maggior ragione, non si giustificherebbe il riconoscimento in suo favore dell'intero valore dell'immobile “perduto”, a carico del debitore. Il ricorso viene rigettato.
Presidente Rubino – Relatore Tatangelo Fatti di causa B.C. , avendo concesso ipoteca su un immobile di cui era proprietario per il 50% a garanzia di un debito di D.G. ed avendo subito l'escussione della garanzia da parte del creditore ipotecario, con la vendita coattiva dell'immobile stesso, ha agito in giudizio nei confronti della D. onde ottenere il regresso. La domanda è stata accolta dal Tribunale di Livorno, il quale ha condannato la D. a pagare al B. l'importo di Euro 29.000,00, pari alla metà del valore dell'immobile ipotecato stimato in sede esecutiva. La Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto l'importo della condanna in favore del B. ad Euro 7.500,00, pari alla metà della somma effettivamente ricavata e distribuita in sede esecutiva in seguito alla vendita dell'immobile ipotecato. Ricorre il B. , sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la D. . È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 375 e 380 bis.1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia Violazione e falsa applicazione dell'articolo 2871 c.c., comma 1, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 . Con il secondo motivo si denunzia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, contraddittoria e insufficiente motivazione su un fatto decisivo della causa . I due motivi del ricorso esprimono una censura sostanzialmente unitaria, sono connessi giuridicamente e logicamente e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente. Essi sono infondati. Il ricorrente sostiene che, in sede di regresso nei confronti del debitore, il terzo datore di ipoteca che abbia subito l'escussione della garanzia avrebbe diritto ad ottenere l'effettivo valore di mercato del bene ipotecato e non, come ritenuto dalla corte di appello, il solo importo ricavato dalla vendita forzata dello stesso e oggetto di distribuzione all'esito dell'espropriazione promossa per la soddisfazione del credito oggetto di garanzia. Va condivisa, a giudizio della Corte, la statuizione impugnata. Nella specie, non vi è dubbio, ed è anzi pacifico, che il B. abbia esercitato nei confronti della D. l'azione di regresso di cui all'articolo 2871 c.c., comma 1, ai sensi del quale il terzo datore che ha pagato i creditori iscritti o ha sofferto l'espropriazione ha regresso contro il debitore . In base a tale disposizione, sia in caso di pagamento spontaneo dei creditori iscritti, sia in caso di pagamento coattivamente eseguito a seguito di espropriazione dell'immobile ipotecato, al terzo datore di ipoteca spetta l'azione di regresso contro il debitore la norma - dettata in tema di ipoteca concessa su un proprio immobile da un terzo non debitore equipara le due indicate situazioni, attribuendo al terzo datore, in entrambi i casi, la medesima azione di regresso nei confronti del debitore. L'oggetto dell'azione di regresso da parte del garante nei confronti del debitore è specificato, in via generale, nell'articolo 1950 c.c., norma dettata in tema di fideiussione, ma che esprime un principio generale applicabile anche per altre forme di garanzia , il quale stabilisce che il fideiussore che paga il creditore ha diritto al regresso contro il debitore principale e che tale regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese fatte dopo la denunzia al creditore principale delle istanze a lui rivolte, nonché gli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento. Si deve concludere che l'azione di regresso, anche in caso di ipoteca concessa per un debito altrui ed escussa con l'espropriazione dell'immobile ipotecato, ha comunque ad oggetto l'importo pagato a soddisfazione del debito garantito, oltre gli accessori cioè il capitale, gli interessi e le spese , non il valore effettivo dell'immobile ipotecato ed espropriato o, in generale, il danno subito dal terzo datore di ipoteca, non trattandosi di un'azione risarcitoria ma sostanzialmente di un'obbligazione restitutoria. In proposito, va quindi affermato il seguente principio di diritto l'azione di regresso è esercitabile dal garante per ottenere la restituzione dell'importo pagato al creditore ipotecario all'esito dell'escussione della garanzia e, dunque, opera nei limiti del prezzo ricavato e distribuito a seguito dalla vendita del bene ipotecato per la soddisfazione del predetto creditore garantito, mentre non dà diritto a pretendere il preteso effettivo valore di mercato dello stesso. Che il regresso si possa esercitare esclusivamente per le somme di danaro erogate ai fini della soddisfazione del credito garantito e dei relativi accessori, trattandosi di azione avente ad oggetto il recupero di quanto corrisposto dal garante al creditore spontaneamente o coattivamente , in luogo e nell'interesse del debitore, non di un'azione risarcitoria e, quindi, che ai suoi fini non rilevi il valore effettivo dell'immobile ipotecato ed eventualmente espropriato, trova indiretta conferma anche nella circostanza che lo stesso importo ricavato dalla liquidazione dell'immobile ipotecato ed espropriato potrebbe essere ben superiore a quello del credito oggetto di garanzia in tale ultimo caso, l'attribuzione del ricavato residuo della vendita, dopo la soddisfazione del creditore garantito, spetta al terzo datore espropriato ovvero ai suoi creditori personali eventualmente intervenuti nell'esecuzione e, a maggior ragione, non si giustificherebbe il riconoscimento in suo favore dell'intero valore dell'immobile perduto , a carico del debitore. La prospettazione posta alla base del ricorso finisce, in altri termini, per confondere l'azione di regresso prevista dall'articolo 2871 c.c., con una vera e propria azione risarcitoria, azione che certamente non spetta al terzo datore di ipoteca in virtù del mero pagamento del creditore garantito spontaneo o coatto che sia , quanto meno in difetto dei presupposti di cui all'articolo 2043 c.c., e che, nella specie, non risulta comunque essere stata esercitata in concreto, essendo pacifico che il B. ha semplicemente agito in regresso ai sensi dell'articolo 2871 c.c D'altra parte, è agevole osservare ulteriormente, in proposito, che il terzo datore di ipoteca potrebbe sempre evitare l'espropriazione dell'immobile e il conseguente danno, estinguendo il debito garantito anche eventualmente mediante richiesta di conversione del pignoramento ed esercitando poi l'azione di regresso in relazione all'intera somma pagata, nei confronti del debitore. Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso non può trovare accoglimento. 2. Il ricorso è rigettato. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.