Reintegra del lavoratore e giustificato motivo di licenziamento alla luce dei recenti interventi della Corte Costituzionale

Richiamando due recenti pronunce della Corte Costituzionale, la Cassazione accoglie il ricorso di una lavoratrice licenziata volto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

La protagonista della recente vicenda impugnava il licenziamento, irrogato per giustificato motivo oggettivo dalla Società per la quale lavorava. In primo grado, il Giudice dichiarava risolto il rapporto con condanna della società datrice a corrispondere un'indennità risarcitoria pari a 15 mensilità. La Corte d'appello riformava parzialmente la sentenza riconoscendo la somma maggiore corrispondente a 18 mensilità. La lavoratrice licenziata proponeva quindi ricorso in Corte di Cassazione deducendo la mancata applicazione della tutela reintegratoria e un errato contemperamento degli interessi sulla bilancia, essendosi fatto prevalere l'eccesso di onerosità per il datore. La Suprema Corte ritiene di dover decidere la questione in conformità all'assetto normativo delineato dall' art. 18, l. n. 300/1970 come definito da due recenti sentenze della Corte Costituzionale . Con la Corte Cost., sent. n. 59/2021 è stata dichiarato illegittimo l' art. 18, l. n. 300/1970 , come modificato, nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo può altresì applicare invece che applica altresì la disciplina di cui all' art. 18, comma 4, l. n. 300/1970 . Con la Corte Cost., sent. n. 125/2022 si è dichiarata l'illegittimità dell' art. 18, comma 7, l. n. 300/1970 , come modificato, limitatamente alla parola manifesta . Il comma 7 comporta quindi che qualora non sussista il fatto alla base del giustificato motivo oggettivo, il giudice deve applicare la tutela di cui al comma 4 della reintegra del lavoratore oltre che del pagamento dell'indennità risarcitoria ivi prevista. Per consolidato orientamento giurisprudenziale, fatto costitutivo del giustificato motivo oggettivo è rappresentato sia dalle ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, sia dall'impossibilità di ricollocare il lavoratore, il cd. rep chage tra le tante, Cass. civ., 20 ottobre 2017, n. 24882 . La Corte Costituzionale, con la sentenza del 2022 sopra richiamata ha ricordato essere onere del datore di lavoro dimostrare i presupposti che rendono legittimo il licenziamento e con riferimento al quello intimato per ragioni inerenti l'attività produttiva, l'organizzazione del lavoro e al suo regolare funzionamento, ha precisato che il fatto che è all'origine del licenziamento per giustificato motivo oggettivo include tali ragioni e, in via prioritaria, il nesso causale tra le scelte organizzative del datore di lavoro e il recesso dal contratto, che si configura come extrema ratio , per l'impossibilità di collocare altrove il lavoratore . La Suprema Corte cassa la sentenza rinviando alla Corte d'appello.

Presidente Raimondi Relatore Pagetta Fatti di causa 1. P.E. impugnò il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatole da omissis s.p.a. con lettera del 15 giugno 2017. 2. Con ordinanza resa all'esito della fase sommaria, confermata nel giudizio di opposizione, il giudice di primo grado dichiarò risolto il rapporto di lavoro con effetto dal 28 aprile 2017 e condannò la società datrice di lavoro a corrispondere un'indennità risarcitoria omnicomprensiva pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori dal licenziamento al saldo. 3. La Corte di appello di Milano, pronunziando sul reclamo principale della lavoratrice e sul reclamo incidentale della società, in parziale riforma della sentenza di primo grado, nel resto confermata, rideterminò l'indennità risarcitoria omnicomprensiva in diciotto mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. 3.1. La Corte territoriale, premessa alla stregua delle emergenze istruttorie la effettività e non pretestuosità della soppressione del posto di lavoro della P., e premesso che nella nozione di giustificato motivo oggettivo rientra sia la soppressione del posto di lavoro che l'impossibilità di utile ricollocazione lavorativa del dipendente, con conseguente onere dimostrativo della sussistenza di entrambi gli elementi integranti il giustificato motivo oggettivo di licenziamento interamente a carico della parte datoriale, ha ritenuto che omissis s.p.a. non avesse offerto sicuri riscontri circa l'impossibilità di repechage della P. nell'ambito della compagine aziendale. Ha quindi escluso che la rilevata insufficienza probatoria potesse automaticamente tradursi nella manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo onde dare ingresso all'applicabilità della tutela reintegratoria ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 6, nel testo applicabile ratione temporis risultante dalla modifica introdotta dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42 ha ulteriormente osservato che alla luce della complessiva situazione aziendale la reintegrazione della lavoratrice sarebbe risultata eccessivamente onerosa per la Banca datrice di lavoro. Ha pertanto limitato le conseguenze dell'illegittimo licenziamento all'ambito della tutela indennitaria e, tenuto conto dei criteri di cui al novellato art. 18 cit., commi 5 e 7 rideterminato l'indennità risarcitoria in diciotto mensilità della retribuzione globale di fatto. 4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P.E. sulla base di due motivi la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso. 5. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta con la quale, modificando le precedenti conclusioni riferite all'adunanza del 4 novembre 2021 originariamente fissata per la trattazione del presente ricorso poi rinviato a nuovo ruolo, ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 6. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell' art. 378 c.p.c. . Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, e della L. n. 300 del 1970 , art. 18, commi 4, 5 e 7 censurando la sentenza impugnata per non avere applicato la tutela reintegratoria sostiene che, conformemente a quanto statuito da Cass. n. 17528/2017 , l'inesistenza del fatto a base del licenziamento imponeva al giudice, tenuto conto degli elementi del caso concreto, la reintegrazione della lavoratrice, dovendosi escludere ogni discrezionalità del giudice nella selezione delle tutele astrattamente possibili. 2. Con il secondo motivo di ricorso deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti e apparenza di motivazione in relazione alle condizioni personali, familiari e lavorative della ricorrente ai fini della scelta del regime di tutela applicabile ex art. 18, commi 4, 5 e 7 St. Lav . censura la sentenza impugnata per avere utilizzato a tal fine quale unico criterio guida quello della eccesiva onerosità della reintegra riferita alla situazione della parte datrice di lavoro sostiene che, viceversa, tale discrezionalità doveva essere orientata dall'adeguata comparazione dei contrapposti interessi, quello della lavoratrice alla ricostituzione del rapporto di lavoro, e quello del datore di lavoro ad una prestazione non eccessivamente onerosa mentre in concreto tale esame comparativo risultava del tutto omesso. 3. Il ricorso deve essere deciso in conformità dell'attuale assetto normativo delineato dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, quale definito dalle sentenze della Corte costituzionale n. 59 del 2021 e n. 125 del 2022, successive al deposito dell'impugnazione. 3.1. Costituisce infatti principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale l'efficacia delle sentenze dichiarative dell'illegittimità costituzionale di una norma di legge, quali quelle sopra citate, non si estende ai soli rapporti già esauriti per formazione del giudicato o per essersi comunque verificato altro evento cui l'ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto medesimo, mentre tale efficacia si dispiega pienamente in tutte le altre ipotesi Cass. 18/02/2003, n. 2406 Cass. 01/02/2002, n. 1277 Cass. 13/02/1999, n. 1203 Cass. 29/03/1974, n. 891 . 3.2. Le richiamate sentenze costituzionali sono intervenute sul precedente quadro normativo relativo alla tutela applicabile in presenza di licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo del quale sia dichiarata la illegittimità per insussistenza del fatto alla base dello stesso. In particolare, la sentenza della Corte costituzionale n. 59 del 2021 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, comma 7, secondo periodo, come modificato dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 42, lett. b nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, può altresì applicare invece che applica altresì - la disciplina di cui al medesimo art. 18, comma 4. La sentenza costituzionale n. 125/2022, con prospettiva ancor più radicale, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell' art. 18, comma 7, secondo periodo, della L. 20 maggio 1970, n. 300 , come modificato dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 42, let. b , limitatamente alla parola manifesta . 3.3. Il testo della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 7 quale risultante all'esito degli interventi della Corte costituzionale comporta quindi che in ipotesi di insussistenza del fatto alla base del giustificato motivo oggettivo il giudice deve applicare la tutela di cui all'art. 18 cit., comma 4 quale risultante dalla novella della L. n. 92 del 2012 implicante la reintegra del lavoratore ed il pagamento di un'indennità risarcitoria nei limiti definiti dal comma medesimo. 3.4. Per orientamento consolidato di questa Corte, riaffermato anche nel vigore della modifica al testo dell' art. 18, L. n. 300 del 1970 , introdotta dalla L. n. 92 del 2012 , fatto costitutivo del giustificato motivo oggettivo è rappresentato sia dalle ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa sia dall'impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore cd. repechage v. tra le altre, Cass. 20/10/2017 n. 24882 Cass. 05/01/2017, n. 160 Cass. 13/06/2016, n. 12101 e tale ricostruzione è stata avallata dalla Corte costituzionale la quale, nella sentenza n. 125/2022 cit., dopo avere ricordato che è onere del datore di lavoro dimostrare i presupposti legittimanti il licenziamento, alla luce della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 5 che completa e rafforza, sul versante processuale, la protezione del lavoratore contro i licenziamenti illegittimi, con riferimento al licenziamento intimato per ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa L. n. 604 del 1966, art. 3 ha precisato che II fatto che è all'origine del licenziamento per giustificato motivo oggettivo include tali ragioni e, in via prioritaria, il nesso causale tra le scelte organizzative del datore di lavoro e il recesso dal contratto, che si configura come extrema ratio, per l'impossibilità di collocare altrove il lavoratore . 4. In base alle considerazioni che precedono, assorbita ogni ulteriore censura, si impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Milano in diversa composizione per il riesame della concreta fattispecie alla luce del mutato quadro normativo. 5. Alla Corte di rinvio è demandato il regolamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione alla quale demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.