Ingegnere contro il Comune per indebito arricchimento: come si calcola l’indennizzo dovuto?

A seguito della prestazione professionale resa ad un Comune per la predisposizione del Piano per gli insediamenti produttivi, un ingegnere ha chiesto in sede giurisdizionale il pagamento dell’indennizzo per indebito arricchimento, chiedendo anche gli interessi di mora. La richiesta non può però essere totalmente accolta.

Un ingegnere chiedeva al Comune per cui aveva curato il Piano per gli insediamenti produttivi il pagamento dell' indebito arricchimento corrispondente al valore della prestazione professionale resa. I giudici di merito accoglievano la domanda con sentenza passata in giudicato. A fronte del mancato adempimento del Comune, l'ingegnere chiedeva al Tribunale la condanna al pagamento assumendo inoltre la spettanza degli interessi di mora dalla data del dovuto al saldo . La domanda veniva però accolta solo parzialmente. La questione è dunque giunta all'attenzione della Suprema Corte. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia escluso il cumulo di rivalutazione e interessi facendo inoltre decorrere gli stessi dal momento della domanda giudiziale. La doglianza risulta fondata. Ricordando il presupposto per cui il debito di chi si arricchisce senza causa è di valore e non di valuta, per cui nel ristabilire l'equivalenza dovuta occorre tenere conto anche della minore capacità di acquisto della moneta, la Cassazione conferma che al pari di ogni obbligazione pecuniaria di valore”, anche quella ex art. 2041 c.c., è soggetta al regime del c.d. cumulo” di rivalutazione e interessi , essendosi, peraltro, precisato – quanto alle modalità di operatività dello stesso – che il credito indennitario va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio v. Cass. sez. III, n. 1889/2013 . Risulta invece infondato il secondo motivo di ricorso che invoca la necessità di ragguagliare gli interessi a quelli di cui all' art. 9 l. n. 143/1949 interessi di mora previsti dalla tariffa professionale . La giurisprudenza ha infatti affermato che in caso di ritardo nel pagamento dei compensi professionali dovuti ad ingegneri e architetti p configurabile il diritto, oltre agli interessi legali secondo la disciplina di cui all'art. 9 cit., al maggior danno ex art. 1224 c.c. Cass. sez. II, n. 1833/2003 . Trattandosi però nel caso di specie di indennità liquidata in via equitativa ex art. 2041 c.c. non siamo in presenza di un compenso” per il quale gli interessi andrebbero a maturare come previsto dalla legge professionale . In conclusione, la Cassazione accoglie parzialmente il ricorso con rinvio alla Corte d'Appello che dovrà attenersi al principio secondo cui il credito indennitario ex art. 2041 c.c. per espletamento di prestazioni professionali in favore della pubblica amministrazione in assenza di valido contratto scritto, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia , dovendo il giudice tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell'interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell'indennizzo medesimo, producendo, inoltre, la somma così liquidata interessi da liquidarsi al tasso legale , e non ai sensi dell'art. 9 della legge 2 marzo 1949m n, 143, decorrenti dalla data dell'arricchimento della pubblica amministrazione ovvero dal momento del completo espletamento della prestazione in suo favore .

Presidente Cirillo – Relatore Guizzi Ritenuto in fatto - che C.G. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 442/21, del 30 marzo 2021, della Corte di Appello di Catanzaro, che - accogliendone solo parzialmente il gravame avverso la sentenza n. 137/17, del 16 febbraio 2017, del Tribunale di Vibo Valentia - ha condannato il Comune di Stefanaconi a pagare al C. la somma di Euro 5.469,65, a titolo di indennizzo ex art. 2041 c.c. , con interessi nella misura legale dalla domanda sino al soddisfo - che, in punto di fatto, l'odierno ricorrente riferisce aver convenuto in giudizio il predetto Comune, per chiederne la condanna al pagamento della somma di E 83.092,31, comprensiva degli interessi moratori di cui alla L. 2 marzo 1949, n. 143 , calcolati sul capitale originario di Euro 9.116,09, dovuto a titolo di indennizzo per indebito arricchimento - che, difatti, la debenza di tale indennizzo risultava già accertata giudizialmente, in forza di altra sentenza resa dalla stessa Corte di Appello di Catanzaro, passata in giudicato, la quale - in relazione all'attività professionale espletata dal C. e consistita nella redazione del Piano per gli insediamenti produttivi del predetto Comune - aveva riconosciuto l'ingiustificato arricchimento goduto dal predetto ente municipale, pronunciandosi, tuttavia, solo sull'an del credito indennitario - che C.G. - individuata in Euro 9.116,09 la somma dovuta a titolo di indennizzo ex art. 2041 c.c. corrispondente al valore della prestazione professionale resa, stimato in 17.651.214, come accertato e liquidato dal Consiglio dell'Ordine degli Ingegneri di Catanzaro - si rivolgeva al Tribunale di Vibo Valentia per ottenerne il pagamento, assumendo che su tale importo fossero da corrispondere gli interessi di mora dalla data del dovuto 22 gennaio 1983 al saldo - all'esito del primo grado di giudizio - nel quale spiegavano intervento peraltro, ritenuto in sentenza inammissibile C.P. e F. , per chiedere la liquidazione in proprio favore del 50% delle somme spettanti all'attore, sul presupposto dell'esistenza, con lo stesso, di un'associazione professionale, della quale gli intervenienti asserivano essere partecipi nella misura, ciascuno, del 25% - la domanda veniva rigettata, perché ritenuta sfornita di prova - che il gravame proposto dall'attore soccombente veniva accolto solo parzialmente, dato che l'indennizzo spettante all'attore/appellante veniva liquidato equitativamente in soli 5.469,65 ovvero, nella misura del 60% dei compensi richiesti e indicati, come detto, in 9.116,09 , negandosi, però, la corresponsione degli interessi moratori connessi alle tariffe professionali, nella specie ritenute non applicabili, ma stabilendosi la debenza degli interessi moratori dalla domanda al soddisfo - che il giudice di appello osservava, infatti, che - in assenza di contratto scritto, ciò che aveva reso necessario per il C. agire a norma dell' art. 2041 c.c. - il compenso non potesse essere liquidato secondo la tariffa professionale richiamandosi a Cass. Sez. Un., sent. 27 gennaio 2009, n. 1875 e che, per la stessa ragione, non potessero riconoscersi gli interessi di cui alla L. n. 143 del 1949 - che avverso la sentenza della Corte calabrese ricorre per cassazione il C. , sulla base - come detto - di due motivi - che il primo motivo denuncia - ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - violazione dell' art. 2041 c.c. e art. 1219 c.c. , comma 2, censurandosi la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che sulla somma, liquidata equitativamente a titolo di indennizzo, dovessero applicarsi, anche d'ufficio, interessi e rivalutazione monetaria - che il secondo motivo denuncia - sempre relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - violazione degli artt. 2041 e 1224 c.c. , nonché della L. 2 marzo 1949, n. 143, art. 9 censurando la sentenza impugnata nella parte in cui esclude l'applicabilità degli interessi di mora previsti dalla tariffa professionale - che sono rimasti solo intimati il Comune di Stefanaconi, nonché C.F. e P. - che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata al ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio per il 13 settembre 2022 - che il ricorrente ha depositato memoria. Considerato in diritto - che il ricorso va accolto, limitatamente al suo primo motivo - che ritiene, infatti, questo Collegio che le conclusioni in tal senso rassegnate nella proposta del Consigliere relatore non siano state superate dai rilievi svolti dal ricorrente nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, tesi a conseguire l'accoglimento anche del secondo motivo di ricorso - che il primo motivo di ricorso è, infatti, fondato, avendo errato la sentenza impugnata nell'escludere il cumulo di rivalutazione e interessi, facendo, oltretutto, decorrere gli stessi - pure in questo caso, erratamente - dal momento della domanda giudiziale - che, sul punto, occorre muovere dalla premessa - incontestata, nella giurisprudenza di questa Corte - secondo cui il debito di chi si arricchisce senza causa è di valore e non di valuta, perché ha per contenuto o l'adempimento specifico o la rifusione del valore venuto meno nel patrimonio dell'impoverito, per cui, nel ristabilire l'equivalenza dovuta o la relativa diminuzione patrimoniale, devesi tenere conto anche della minore capacità di acquisto della moneta così già Cass. Sez. 2, sent. 27 ottobre 1973, n. 2794, Rv. 366348-01 in senso conforme, successivamente, Cass. Sez. 1, sent. 4 novembre 1980, n. 5916 , Rv. 409710-01 Cass. Sez. 1, sent. 28 marzo 1984, n. 2039 , Rv. 434105-01 Cass. Sez. 2, sent. 18 febbraio 1987, n. 1753 , Rv. 45112701 Cass. Sez. 2, sent. 23 giugno 1992, n. 7694 , Rv. 477884-01 Cass. Sez. 2, sent. 11 febbraio 2002, n. 1884 , Rv. 552157-01 Cass. Sez. 1, sent. 11 maggio 2007, n. 10884 , Rv. 597524-01 - che, dunque, al pari di ogni obbligazione pecuniaria di valore , anche quella ex art. 2041 c.c. è soggetta al regime del c.d. cumulo di rivalutazione e interessi, essendosi, peraltro, precisato - quanto alle modalità di operatività dello stesso - che il credito indennitario va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell'interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell'indennizzo medesimo e che la somma così liquidata produce interessi compensativi , i quali decorrono da data coincidente con quella dell'arricchimento da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 28 gennaio 2013, n. 1889 , Rv. 624953-01 nello stesso senso la già citata Sez. 1, sent. 11 maggio 2007, n. 10884, Rv. 597524-01 - che il secondo motivo, che assume la necessità di ragguagliare tali interessi a quelli di cui alla della L. 2 marzo 1949, n. 143, art. 9 non è, invece, fondato - che è vero, infatti, come evidenzia il ricorrente, che costituiscono interessi legali non soltanto quelli stabiliti dall' art. 1284 c.c. , ma anche qualsiasi interesse che, ancorché in misura diversa, sia previsto dalla legge , ivi compresi, pertanto, quelli di cui alla L. n. 143 del 1949, art. 9 Cass. Sez. 2, sent. 4 luglio 2012, n. 11187 , Rv. 623134-01 , ma resta inteso che è nel caso di ritardato pagamento dei compensi dovuti per prestazioni professionali ad ingegneri ed architetti che è configurabile il diritto, oltre che agli interessi legali secondo la disciplina di cui alla L. 2 marzo 1949, n. 143, art. 9 di approvazione della tariffa professionale, al maggior danno ex art. 1224 c.c. Cass. Sez. 2, sent. 7 febbraio 2003, n. 1833 , Rv. 560305-01 - che, nella specie, trattandosi di indennità liquidata, in via equitativa, a norma dell' art. 2041 c.c. il cui importo, peraltro, neppure è stato interamente ragguagliato al valore della prestazione professionale resa dall'Ingegner C. , come stimata dal competente Consiglio dell'Ordine, profilo in relazione al quale non vi è contestazione con il presente ricorso , non si è in presenza di un compenso per il quale gli interessi di diritto , di cui alla L. n. 143 del 1949, citato art. 9 potrebbero cumularsi - ma sempre purché sia fornita la relativa prova, che non è in re ipsa così Cass. Sez. 2, sent. n. 1833 del 2003 , cit. - al danno maggiore ex art. 1224 c.c. , comma 2 - che diversamente opinando, infatti, si verrebbe, appunto, a contraddire la natura indennitaria dell'obbligazione de quo”, e quindi a considerare, sebbene solo quoad effectum vale a dire, ai fini dell'individuazione del tasso di interesse applicabile , quello dovuto al C. come un compenso per prestazione professionale, difettandone però - come bene ha osservato la Corte catanzarese - il presupposto, giacché il contratto in esecuzione del quale quell'attività venne espletata, in favore del Comune di Stafanaconi, risultava privo della necessaria forma scritta - che, in conclusione, la scelta di escludere l'applicazione della L. n. 143 del 1949, art. 9 deve considerarsi alla stregua di un corollario della decisione del giudice di appello di liquidare equitativamente l'indennizzo, attenendosi al principio - ancora di recente ribadito da questa Corte e, come detto, non contestato dall'odierno ricorrente - secondo cui, in tema di azione generale di arricchimento, l'indennizzo dovuto al professionista che abbia svolto la propria attività in favore della pubblica amministrazione, ma in difetto di un contratto scritto, non può essere determinato in base alla tariffa professionale, neppure indirettamente quale parametro del compenso che il professionista avrebbe potuto ottenere se avesse svolto la sua opera a favore di un privato, nè in base all'onorario che la P.A. avrebbe dovuto pagare, se la prestazione ricevuta avesse formato oggetto di un contratto valido così, da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 4 aprile 2019, n. 9317 , Rv. 653420-01 - che, pertanto, la sentenza impugnata, in accoglimento solo del primo motivo di ricorso, va cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione, per la decisione nel merito oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità , alla stregua del seguente principio di diritto il credito indennitario ex art. 2041 c.c. , per espletamento di prestazioni professionali in favore della pubblica amministrazione in assenza di valido contratto scritto, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia, dovendo il giudice tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell'interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell'indennizzo medesimo, producendo, inoltre, la somma così liquidata interessi da liquidarsi al tasso legale, e non ai sensi della L. 2 marzo 1949, n. 143, art. 9 decorrenti dalla data dell'arricchimento della pubblica amministrazione, ovvero dal momento del completo espletamento della prestazione in suo favore . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo, cassando, in relazione, la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.