La disattenzione della persona caduta a causa di una buca sulla strada non basta ad escludere la corresponsabilità del Comune

Confermato il risarcimento a una donna, vittima di un capitombolo durante una passeggiata tra le bancarelle di un mercato rionale. Il fatto che quest’ultima avrebbe dovuto, con una maggiore diligenza ed attenzione, avvedersi della sconnessione, tra l’altro evidente, esistente sul tratto stradale percorso, non è dato sufficiente per escludere ogni responsabilità dell’ente locale.

Superficialità e scarsa attenzione attribuibili alla persona finita rovinosamente a terra a causa di una buca presente sul manto stradale di una via cittadina non bastano per escludere in automatico la responsabilità del Comune. Ricostruito l’episodio, verificatosi di mattina durante una camminata in strada tra le bancarelle di un mercato rionale , i giudici di merito accolgono in parte la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti del Comune dalla persona – una donna – rimasta vittima del brutto capitombolo. Nello specifico, pur essendo stato riconosciuto il concorso, nella misura del 50 per cento, del fatto colposo della danneggiata , il Comune viene condannato a pagare alla donna quasi 148mila euro per i danni da lei subiti a seguito dell’incidente occorsole una mattina di dicembre del 2006, allorquando ella, mentre camminava tra le bancarelle di un mercato rionale, era caduta rovinosamente a terra, a causa di una buca presente sul manto stradale . Nessun dubbio, in sostanza, sulle colpe attribuibili alla persona danneggiata, che, in forza del principio di autoresponsabilità , avrebbe dovuto, con una maggiore diligenza ed attenzione, avvedersi della sconnessione, tra l’altro evidente, esistente sul tratto stradale percorso . Tanto più che l’evento accadde in pieno giorno, in presenza di tanta gente, svolgendosi il mercato rionale . Tutti questi elementi avrebbero dovuto indurre la donna a prestare una maggiore prudenza nel percorrere la strada, anche in considerazione del fatto che procedendo a piedi e quindi a velocità assai ridotta , ella aveva la esatta percezione dello stato dei luoghi, peraltro affollato , rilevano i giudici d’appello. Ciò però non basta per escludere ogni responsabilità del Comune. Respinta, a questo proposito, la tesi proposta dal legale che ha rappresentato l’ente locale e ha sottolineato la condotta della persona danneggiata , colpevole, secondo il legale, di non avere prestato una maggiore prudenza nell’attraversare la strada pubblica, pur avendo la esatta percezione dello stato dei luoghi . Impossibile, chiariscono i Giudici di Cassazione, riconoscere il caso fortuito nella condotta autonoma e colposa della persona danneggiata , ed escludere, perciò, la responsabilità del Comune . In sostanza, non vi è alcuna intrinseca e irriducibile contraddittorietà nell’affermazione del carattere imprudente della condotta della persona danneggiata e nel riconoscimento di una corresponsabilità del Comune quale custode della cosa da cui è derivato il danno , chiariscono i Giudici, aggiungendo poi che in tema di responsabilità per danni da cosa in custodia, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano, non basta a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti come caso fortuito e, dunque, per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa . Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici sottolineano che la eterogeneità tra i concetti di negligenza della vittima e di imprevedibilità della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che la condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima non è di per sé sufficiente ad escludere del tutto la responsabilità del custode, occorrendo anche che si tratti di condotta non prevedibile né prevenibile .

Presidente Scoditti – Relatore Iannello Fatti di causa 1. La Corte d'appello di Bari, rigettando i contrapposti gravami, ha confermato la decisione di primo grado che, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria proposta da L.R.M.L. contro il Comune di omissis , riconosciuto il concorso del fatto colposo della danneggiata nella misura del 50%, aveva condannato l'ente al pagamento in favore della predetta della somma di Euro 147.875,10 per i danni subiti a seguito dell'incidente occorsole il giorno Omissis , alle ore 9,15, allorquando, mentre camminava tra le bancarelle del mercato rionale, cadeva rovinosamente a terra, a causa di una buca presente sul manto stradale. Per quanto in questa sede interessa ha in particolare rilevato, con riferimento alla condotta della danneggiata, che in forza del principio di autoresponsabilità, la L.R., con una maggiore diligenza ed attenzione, avrebbe dovuto avvedersi della sconnessione, tra l'altro evidente, esistente sul tratto stradale percorso tanto più che l'evento accadde in pieno giorno, in presenza di tanta gente svolgendosi il mercato rionale elementi, questi, che avrebbero dovuto indurre la L.R. a prestare una maggiore prudenza nel percorrere la strada di che trattasi, anche in considerazione del fatto che procedendo a piedi e quindi a velocità assai ridotta la predetta aveva la esatta percezione dello stato dei luoghi, peraltro affollato. 2. Avverso tale decisione il Comune di omissis propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono gli eredi di L.R.M.L., in epigrafe indicati, depositando controricorso. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte. I controricorrenti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4, la violazione dell' art. 2697 c.c. , nonché la contraddittorietà della sentenza, ex art. 132 c.p.c. , comma 2, n. 4, per avere la Corte d'appello affermato, da un lato, la responsabilità del Comune di omissis ex art. 2051 c.c. , e dall'altro, la sussistenza di una condotta colposa da parte di quest'ultima, la quale non avrebbe prestato una maggiore prudenza nell'attraversare la strada pubblica pur avendo la esatta percezione dello stato dei luoghi. 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell' art. 2051 c.c. per non avere la Corte di Appello ritenuto interrotto il nesso eziologico tra la condotta della danneggiata ed il danno, pur essendo stata fornita dall'ente locale la prova del fortuito consistita nella condotta autonoma e colposa della vittima. 3. Le censure, congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione, sono infondate. Come è noto, i più avanzati approdi della riflessione giurisprudenziale di questa Corte, sul tema della responsabilità per i danni da cosa in custodia art. 2051 c.c. sono in atto rappresentati dalle ordinanze della Terza Sezione Civile 1 febbraio 2018, nn. 2477 - 2483, nelle quali si sono stabiliti i seguenti principi, cui da ultimo ha prestato avallo anche Cass. Sez. U. n. 20943 del 30/06/2022 a l' art. 2051 c.c. , nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima b la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell' art. 2043 c.c. , salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l'evento dannoso c il caso fortuito, il quale può essere rappresentato da fatto naturale o del terzo, o dalla stessa condotta del danneggiato, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale o della causalità adeguata , senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall'accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere d la condotta del danneggiato, il quale entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell' art. 1227 c.c. , comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall' art. 2 Cost. e ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. 4. Alla luce di tali principi appare evidente che nessuna intrinseca e irriducibile contraddittorietà sussiste tra l'affermazione del carattere imprudente della condotta della danneggiata e il riconoscimento di una responsabilità, concorrente, del Comune quale custode della cosa da cui è derivato il danno, ex art. 2051 c.c. , la cui applicazione, nel caso concreto, risulta conforme alla consolidata interpretazione datane da questa Corte. In tema di responsabilità per danni da cosa in custodia, infatti, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l'agire umano, non basta a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti come caso fortuito e, dunque, per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa v. Cass. 16/02/2021, n. 4035 . La eterogeneità tra i concetti di negligenza della vittima e di imprevedibilità della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che la condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima, ferma la sua rilevanza ai sensi e per gli effetti di cui all' art. 1227 c.c. , comma 1, non è di per sé sufficiente ad escludere del tutto la responsabilità del custode, occorrendo anche che si tratti di condotta non prevedibile né prevenibile v. Cass. 31/10/2017, n. 25837 v. anche Cass. n. 26524 del 20/11/2020 . Stabilire se una certa condotta della vittima d'un danno arrecato da cose affidate alla custodia altrui sia o meno imprevedibile e non prevenibile è un giudizio di fatto, come tale riservato al giudice di merito. Nella specie tale valutazione deve ritenersi operata nel secondo senso dal giudice a quo, sia pure indirettamente o per implicito. Le censure sul punto svolte, lungi dall'individuare il dedotto error in iudicando, si risolvono nella inammissibile sollecitazione di una diversa valutazione di merito, certamente estranea al giudizio di legittimità. 5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo e distratte in favore del difensore dei controricorrenti che ne ha fatto rituale richiesta nel controricorso. 6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, distratte in favore del difensore antistatario, Avv. M.M Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.