Un imputato ricorre in Cassazione sostenendo l’erroneità del provvedimento con il quale è stato ammesso all’istituto della messa alla prova, in quanto i reati a lui contestati non rientrano nei limiti edittali previsti per la concessione del beneficio oggetto di causa.
La doglianza è fondata. E la Corte di Cassazione precisa a riguardo che «ai fini dell'individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all'articolo 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le riduzioni dovute all'applicazione delle circostanze attenuanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato».
Presidente Aceto – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza del 09/12/2021 il Gip presso il Tribunale di Rovereto ha sospeso il procedimento a carico di M.S. per i reati di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 2, disponendo ex articolo 168-bis, c.p. la messa alla prova dell'imputato con le modalità ivi prescritte. 2.Avverso tale provvedimento il ricorrente ha proposto ricorso articolato in un unico motivo in cui deduce l'erroneità del provvedimento con il quale l'imputato è stato ammesso all'istituto della messa alla prova, non rientrando i reati a lui contestati nei limiti edittali previsti per la concessione del beneficio, essendo puniti con la pena edittale superiore nel massimo a quattro anni. Nel medesimo motivo di ricorso il ricorrente censura l'erronea computazione nel calcolo, ai fini dell'ammissione alla messa alla prova, della riconosciuta circostanza attenuante prevista dall'articolo 13, comma 1. Lamenta, altresì, l'applicazione della circostanza nella sua massima estensione e non in quella minima di un giorno. 3.Nella memoria difensiva presentata nell'interesse dell'imputato si conclude per l'inammissibilità del ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni. Si osserva che pubblico ministero avrebbe errato nell'indicare quale disposizione di riferimento , D.Lgs. numero 74 del 2000, articolo 13, comma 1essendo stata, invece, concessa l'attenuante di cui all'articolo 13-bis del medesimo decreto. Si aggiunge che il ricorrente avrebbe altresì errato nel considerare oggetto di impugnazione l'ordinanza datata il 22/04/2021, essendo stata disposta l'ammissione al beneficio con ordinanza numero 09/12/2021. Si censura, poi, la dedotta violazione di legge in relazione all'articolo 168- bis c.p., atteso che, ad avviso della difesa, la decisione delle Sezioni Unite numero 36272 del 31/03/2016, che esclude le circostanze dal calcolo della pena edittale utile all'ammissione alla messa alla prova, si riferirebbe esclusivamente alle circostanze aggravanti e non a quelle attenuanti ad effetto speciale. Si lamenta l'infondatezza del motivo di ricorso afferente la concessione dell'attenuante - anche in tale ipotesi erroneamente indicata - nella sua estensione minima, trattandosi di decisione assunta dal Gip in data 22/4/2021 e pertanto non tempestivamente impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. In primo luogo va osservato che l'errata indicazione del riferimento normativo parte del Pubblico ministero appare chiaramente frutto di un errore materiale e che, a pag. 2 del ricorso, viene correttamente fatto riferimento al provvedimento ammissivo del 9/12/2021 e correttamente richiamato quello del 22/04/2021 nel quale il Gip specifica il calcolo della pena ai fini dell'ammissione alla messa alla prova. Nella fattispecie all'imputato è contesta la violazione, per due annualità di imposta, del D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 2 che, all'epoca della commissione dei fatti era punito con la pena della reclusione da anni uno e mesi sei ad anni sei, e dunque superiore al limite edittale imposto dall'articolo 168 bis c.p. per l'accesso al beneficio richiesto. Come infatti precisato dal Supremo Consesso di Questa Corte l'irrilevanza di qualunque tipologia di circostanze trova conferma nell'interpretazione letterale dell'articolo 168-bis, c.p., che pone in evidenza la mancanza di ogni riferimento agli accidentalia delicti, ma anche e soprattutto nell'intenzione del legislatore ricostruita attraverso i lavori parlamentari che hanno portato alla definitiva approvazione della legge. Giova ricordare, infatti, che nella formulazione originaria della disposizione contenuta nel disegno di L. numero 111 di iniziativa del senumero Palma articolo 1, comma 1, lett. c , vi era l'esplicito riferimento alle circostanze speciali e ad effetto speciale, ma esso è stato successivamente soppresso nel testo congiunto approvato dal Senato e trasmesso alla Camera dei deputati cfr. Dossier numero 89 della XVII Legislatura, a cura del Servizio Studi del Senato, 2013 . Tale eliminazione, posta in essere in maniera omnicomprensiva, senza alcuna distinzione tra circostanze attenuanti o aggravanti è chiara espressione della consapevole e chiara scelta in ordine alla irrilevanza delle stesse ai fini del computo dei limiti edittali previsti per l'ammissione del beneficio. Può pertanto affermarsi il principio di diritto secondo il quale ai fini dell'individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all'articolo 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le riduzioni dovute all'applicazioni delle circostanze attenuanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. 2.Per queste considerazioni l'ordinanza va annullata senza rinvio con restituzione degli atti al Tribunale di Rovereto. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza e ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Rovereto.