Come si calcola il valore della causa in cui sono cumulate alcune domande di valore determinato e altre di valore indeterminabile? Risponde la Cassazione decidendo su un ricorso contro la condanna al pagamento dei compensi professionali di un avvocato.
L'avvocato protagonista della vicenda giunta fino in Cassazione otteneva la condanna al pagamento dei compensi professionali nei confronti di una Società, propria cliente, per la quale aveva espletato molteplici prestazioni . Il decreto ingiuntivo precedentemente emesso veniva revocato con ordinanza per via dell'errato conteggio degli interessi, che erano stati fatti decorrere dalla domanda e non dalla liquidazione giudiziale. Con la medesima ordinanza, ritenendo provata l'esecuzione della prestazione, si condannava la Società al pagamento delle spettanze. Quest'ultima ricorreva quindi per la cassazione del provvedimento, lamentando come la determinazione del compenso da liquidare fosse stata fatta con riferimento allo scaglione di valore indeterminabile pur essendo lo stesso determinabile. La Suprema Corte, nel ritenere infondato il motivo specifico di ricorso, valuta corretta la determinazione fatta dal Tribunale e ricorda che a fronte di una pluralità di domande , alcune delle quali di valore determinato e altre di valore indeterminabile, il compenso è correttamente liquidato riconducendo l'attività professionale allo scaglio di valore indeterminabile. Ciò è stato ribadito in una recente sentenza della Suprema Corte, ricordando che in tema di liquidazione dei compensi del difensore, il valore della causa in cui siano cumulate le domande di valore determinato e altre di valore indeterminabile deve essere individuato con riferimento alla domanda o al cumulo delle domande di valore determinato solo se ciò comporti il riconoscimento di un importo superiore a quello calcolato in relazione allo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile Cass. civ. n. 22719/2022 . La Corte ricorda anche, infine, che l' art. 636, comma 1 c.p.c. , nel disciplinare i presupposti per l'emissione di un decreto ingiuntivo a favore di un professionista, assegna alla parcella professionale corredata del parere del Consiglio dell'Ordine di appartenenza una valenza probatoria privilegiata a carattere vincolante e ai fini della sola pronuncia di ingiunzione, mentre tale valore probatorio non permane anche nella fase di opposizione, nella quale il giudice deve valutare la congruità degli importi richiesti. Il ricorso viene rigettato.
Presidente Frasca Relatore Rubino Fatti di causa 1. La omissis s.r.l. propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi ed illustrato da memoria, nei confronti dell'Avv. N.G. , per la cassazione dell'ordinanza definitiva n. 2721/2019, depositata dal Tribunale di Lamezia Terme in data 22.03.2019 e notificata il 2.04.2019, avverso l'opposizione a decreto ingiuntivo D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 in materia di liquidazione dei compensi professionali di avvocato. 2. Resiste l'Avv. N.G. con controricorso anch'esso illustrato da memoria. 3. Questa la vicenda processuale - con ricorso per decreto ingiuntivo l'Avv. N.G. chiedeva al Tribunale di Lamezia Terme di ingiungere alla omissis il pagamento della somma di Euro 5.962,00, oltre accessori e spese del procedimento monitorio, a titolo di compensi professionali per l'assistenza prestata in favore della stessa società nel giudizio dinanzi il Tribunale di Catania - Sez. Lavoro - recante il n. R.G. 119/2013, che la vedeva contrapposta al Sig. F.D. . - Il Tribunale di Lamezia Terme ingiungeva, pertanto, alla omissis di pagare la somma complessiva suindicata con il decreto ingiuntivo n. 366/2018 del 2.07.2018, notificato unitamente al ricorso in data 16.07.2018. - Avverso tale decreto ingiuntivo la omissis proponeva opposizione con ricorso ex artt. 645 e 702 bis c.p.c. e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 eccependo l'illegittimità dell'ingiunzione di pagamento, e, in particolare, la mancata produzione, a corredo del ricorso monitorio, della parcella relativa alle spese e alle prestazioni, come previsto dall' art. 636 c.p.c. , nonché l'erroneità dell'importo ingiunto. - Si costituiva in giudizio l'Avv. N.G. il quale contestava la fondatezza dell'opposizione di controparte chiedendo la concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto e, nel merito, la conferma dell'ingiunzione di pagamento e la reiezione di tutte le domande avanzate dall'opponente. 4. Il Tribunale di Lamezia Terme, con l'ordinanza definitiva qui impugnata, ha revocato il decreto ingiuntivo n. 366/2018 emesso il 2.07.2018 e ha condannato la omissis , in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dell'Avv. N.G. della somma di Euro 5.962,00 a titolo di compenso per l'attività difensiva prestata nel procedimento n. R.G. 119/2013 svoltosi dinanzi al Tribunale di Catania Sez. Lavoro. Nel caso di specie, il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo opposto accogliendo la censura dell'opponente omissis in relazione all'errato conteggio degli interessi, ritenendo che erroneamente il giudice del monitorio, nell'ingiunzione di pagamento, avesse liquidato gli interessi in materia di compensi agli avvocati facendoli decorrere dalla domanda e non dalla liquidazione giudiziale, sulla base di un consolidato principio già enunciato da questa Corte di legittimità cfr. Cass. n. 17655/2018 Cass. n. 11777/2005 . Per il resto, ha ritenuto provata l'esecuzione della prestazione professionale e congrui gli importi richiesti. 5. La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale. Il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 10 e 12 c.p.c. , art. 2697 c.c. , D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 5, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 14 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, censurando l'impugnata ordinanza nella parte in cui il Giudice di merito ha ritenuto che la liquidazione dei compensi professionali dovesse essere effettuata facendo riferimento allo scaglione di valore indeterminabile. Sostiene la ricorrente che il valore sarebbe stato determinabile con precisione all'esito dell'istruttoria, mentre diverso è il concetto di valore indeterminabile, che attiene alle pretese il cui controvalore non è comunque quantificabile con esattezza anche all'esito del giudizio. 2. Il motivo è infondato. Il tribunale ha ritenuto che correttamente il valore fosse stato qualificato come indeterminabile in quanto le prestazioni professionali espletate, delle quali si richiedeva il pagamento, erano relative a molteplici domande in relazione alle quali l'avv. N. aveva difeso la società ricorrente, alcune di valore determinato, altre indeterminato e indeterminabile al momento della domanda, in quanto volte all'accertamento tra la società controricorrente, assistita dall'avv. N. , e un terzo, di un rapporto di agenzia protrattosi per quattro anni, in riferimento al quale erano chiesti, previo l'accertamento del rapporto stesso, il riconoscimento di provvigioni, l'indennità di cessazione del rapporto, l'indennità di sostituzione del preavviso e in relazione al quale il corrispettivo da corrispondere al soggetto che assumeva di aver svolto attività di agenzia era tutto da determinare, nonché l'indennità di trasferta da liquidarsi equitativamente. Pertanto,a fronte di una pluralità di domande, alcune delle quali di valore determinato altre di valore indeterminabile, correttamente il compenso è stato liquidato riconducendo l'attività professionale svolta allo scaglione previsto per le causa di valore indeterminabile, atteso che, come ribadito anche di recente da questa Corte, In tema di liquidazione dei compensi del difensore, il valore della causa in cui siano cumulate domande di valore determinato e altre di valore indeterminabile deve essere individuato con riferimento alla domanda o al cumulo delle domande di valore determinato solo se ciò comporti il riconoscimento di un importo superiore a quello calcolato in relazione allo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile Cass. n. 22719 del 2022 . 3. Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione di legge ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 in merito all' art. 115 c.p.c. e la violazione dell' art. 2697 c.c. , art. 113 c.p.c. e D.M. 10 marzo 2014, n. 55, artt. 11 e 27 in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. Sottolinea come il Tribunale lametino abbia erroneamente applicato i principi in materia di distribuzione dell'onere della prova, in particolare abbia errato nell'aver considerato irrilevante la mancata produzione della parcella asseverata nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, avendo peraltro l'avvocato prodotto, a corredo del ricorso per provvedimento monitorio, il parere del Consiglio dell'Ordine unitamente non ad una vera e propria parcella, ma una generica richiesta di liquidazione di spese e compensi. Lamenta poi che il tribunale abbia riconosciuto all'avvocato N. 300 Euro per indennità di trasferta in difetto di prova delle spese sostenute, senza rispettare la regola di distribuzione degli oneri probatori rileva che nel giudizio di opposizione era l'opposto a dover provare di aver effettivamente svolto le prestazioni e sostenuto le spese di cui chiedeva la rifusione, e che pertanto le spese di trasferta, non documentate, non erano dovute. 4.Il motivo è infondato. L' art. 636 c.p.c. , comma 1, nel disciplinare i presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo in favore dei professionisti ai sensi dell' art. 633 c.p.c. , comma 1, nn. 2 e 3, assegna alla parcella professionale corredata dal parere del Consiglio dell'ordine di appartenenza una valenza probatoria privilegiata a carattere vincolante e ai fini della sola pronuncia dell'ingiunzione, mentre tale valore probatorio non permane anche nella fase di opposizione, nel quale è il giudice a dover valutare la congruità degli importi richiesti - o a stabilire quanto competa al professionista - sulla base degli atti di causa Cass. 15.1.2018, n. 712 Cass. 11.1.2016, n. 430 Cass. 13.4.2015, n. 7413 . Difatti, l'opposizione ex art. 645 c.p.c. dà luogo ad un autonomo giudizio di cognizione che si svolge secondo le norme del procedimento ordinario, con la conseguenza che il giudice dell'opposizione è investito del potere - dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione, ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio Cass. 29.1.1999, n. 807 . La mancanza del parere dell'ordine professionale e della parcella contenente l'esposizione delle spese e dei diritti, può - perciò - essere eventualmente valutata sotto il solo profilo del regolamento delle spese processuali, ma non impedisce al giudice dell'opposizione di valutare autonomamente la fondatezza della pretesa creditoria cfr. Cass. 12.2.1998, n. 1505 Cass. n. 17911 del 2018 , richiamata nello stesso provvedimento impugnato . Nel caso di specie, l'avvenuta esecuzione delle prestazioni da parte dell'avv. N. non è mai stata posta in dubbio dalla società ricorrente, che non le ha pagate e ne ha contestato solo la quantificazione. Quanto alle spese di trasferta, esse non corrispondono alle spese vive sostenute per i trasferimenti bensì alle spese per l'impegno profuso fuori dal proprio studio professionale e dagli uffici giudiziari che hanno sede nel luogo ove si trova lo studio, e come tali possono essere liquidate equitativamente. Il tribunale ha ritenuto provato che l'attività sia stata svolta, congruo il rimborso spese richiesto per la trasferta e lo ha pertanto retribuito, nè era dovuta una prova scritta di esse. 5.Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 636 e 112 c.p.c. in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4 critica l'ordinanza impugnata perché il Tribunale ha compreso nel compenso per l'attività difensiva prestata nel procedimento oggetto di causa, n. R.G. 119/2013, la spesa sostenuta per il rilascio del parere del Consiglio dell'Ordine, attinente al procedimento monitorio, sottraendola in tal modo alla parziale compensazione delle spese processuali ivi disposte. 6. Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato, in quanto il decreto ingiuntivo è stato revocato, e la liquidazione delle spese ivi contenuta è caduta nel nulla. Il Tribunale, accogliendo comunque la domanda dell'avv. N. in relazione ai compensi professionali dovutigli dalla società ricorrente, ha provveduto ad una nuova e del tutto autonoma liquidazione delle spese di giudizio, comprensiva anche di una parziale compensazione di esse, nella misura di un quarto. 7. Con il quarto motivo il ricorrente rileva la violazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 20 in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, ritenendo errata la decisione nella parte in cui il Giudice di merito ha reputato infondata l'eccezione di pagamento sollevata da omissis nel giudizio di opposizione, in particolare per non aver ridotto il compenso ancora da liquidare espungendone l'importo di Euro 318,92, indicato nella fattura n. [ ] del 6.12.2013, pagato dalla società, in quanto ricondotto e imputato all'attività stragiudiziale svolta nell'interesse di omissis prima del giudizio n. R.G. 119/2013 e svincolata da esso, anche in ragione del fatto che la fattura fosse stata pagata molti mesi prima dell'inizio della causa. Deduce che non può correttamente qualificarsi attività stragiudiziale, liquidata separatamente dalla liquidazione di un'attività giudiziale, l'attività professionale strettamente funzionale, anche se precedente, allo svolgimento dell'attività giudiziale. Il motivo è inammissibile, in quanto tendente alla rinnovazione della valutazione in fatto, già eseguita dal tribunale, che non ha ritenuto raggiunta la prova che quell'attività preliminare dovesse essere considerata unitariamente all'attività giudiziale successivamente svolta e ad essa funzionale, anche perché svolta, come detto, mesi prima dell'instaurazione della controversia e relativa a missive inviate a nome della società ricorrente non al soggetto che pretendeva il riconoscimento del rapporto di agenzia, sig. F. , sua controparte in giudizio ma alla associazione di categoria del F. . Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.500,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto.